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L’Ikea e la DDR


Tao
 Tao
Illustrious Member
Registrato: 2 anni fa
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“Non abbiamo fatto abbastanza”. È un dispiacere tattico e molto tardivo quello di Ikea dopo la conferma che il numero uno mondiale dei mobili di massa sfruttava i prigionieri politici della DDR, l’ex Germania comunista, per la produzione dei suoi mobili.

Conferma presentata ieri a Berlino dalla stessa azienda svedese che aveva commissionato, c’è da dire esitando, l’indagine alla società di revisione Ernst & Young per capire sino a che punto Ikea fosse coinvolta nello scandalo.

Il risultato dell’indagine parla chiaro e mal si concilia con le scuse e il dispiacere dichiarate da Ikea: il gruppo sapeva già da 30 anni, almeno dall’inizio degli anni ’80 che i suoi fornitori della Germania dell’est facevano ricorso a lavoratori condannati ai lavori forzati e a prigionieri politici del regime comunista.

Il rapporto di Ernst & Young non fa che confermare le accuse lanciate alcuni mesi fa dalla Svt, il canale televisivo pubblico svedese, e dimostra che i vertici di Ikea sapevano che l’azienda vendeva mobili – diffusi nelle case di milioni di clienti – prodotti anche dai prigionieri politici dell’ex-DDR.

Appare allora un azzardo dire che le misure adottate dall’azienda per evitare il ricorso ai prigionieri politici erano “insufficienti”. Di fatto Ikea continuò a lavorare con i suoi fornitori della DDR.

“Evidentemente non abbiamo fatto abbastanza per impedire tali metodi di produzione. Esprimo il mio più profondo dispiacere” ha detto Peter Betzel direttore di Ikea Germania.

Secondo informazioni dello Spiegel online, negli anni ’70 e ’80 aziende per il commercio con l’estero del regime DDR facevano affari fungendo da “prolungamento di aziende dell’occidente”. Esse utilizzavano non solo il lavoro di manodopera normale, ma anche quello forzato dei detenuti politici pratica molto diffusa nel sistema penitenziario della DDR. Le stime, ancora secondo Spiegel online, arrivano sino a 100.000 persone coinvolte.

Ikea ovviamente non era la sola azienda dell’occidente che faceva ricorso alla collaborazione con aziende dell’area comunista e ai lavoratori forzati.  Altri nomi di aziende verranno fuori anche grazie all’attività delle associazioni dei perseguitati politici e delle vittime della DDR.

“Allora non avevamo ancora il sistema di controllo rodato che abbiamo oggi” ha spiegato la manager di Ikea Jeanette Skjelmose.

Sistema di controllo non rodato? Misure di controllo insufficiente?

Il punto è un altro: Ikea faceva affari con aziende che utilizzavano prigionieri politici e lavoratori forzati e faceva affari con una dittatura comunista. E lo sapeva. Il muro di Berlino, ricordiamocelo, è caduto quasi dieci anni dopo che il colosso svedese è venuto a conoscenza dello scandalo.

E oggi? Chi produce per Ikea, dove e a quali condizioni? chiede un lettore dello Spiegel online.  Domanda più che legittima visto il passato poco nobile. Quali sono le condizioni di lavoro nelle fabbriche della Cina? Cosa farà Ikea per evitare condizioni di sfruttamento?

Tutte domande che attendono risposte nette e inequivocabili.

Marco Demontis
Fonte: www.esserecomunisti.it
Link: http://www.esserecomunisti.it/?p=50954
20.11.2012


Citazione
eresiarca
Prominent Member
Registrato: 2 anni fa
Post: 761
 

Va veramente sbellicare dalle risate vedere un sito "Essere comunisti" accusare l'Ikea per aver fatto affari con la DDR! Ma c'è di peggio. Vedo addensarsi grassi appetiti sull'Ikea, in vista della dipartita del fondatore, il quale - casualmente... - è stato accusato d'esser stato nazista da ragazzo e, in cuor suo, d'essere sempre rimasto filo-nazista. La solita tecnica di spargere zolfo per accreditare il diritto ad una rapina, meglio se con sconto dopo sentenza di un giudice accondiscente in servizio presso la nota "lobby".


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