La continuità uccid...
 
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La continuità uccide l'ignoranza


GioCo
Noble Member
Registrato: 2 anni fa
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Questa è di fatto la seconda parte di tre contributi (QUI il primo) di cui i primi due costituiscono in un certo senso la base teorica o meglio ancora la prospettiva con cui affronto poi il tema del terzo e ultimo contributo, più concentrato su fatti di cronaca.

Ho pensato di dividerli in questo modo perché a non tutti poteva interessare un polpettone di principi abbastanza ostici (semplici da intendere ma complessi nella portata) e descrizioni più aderenti al quotidiano. Tuttavia certi passaggi potevano essere chiariti meglio in questo modo, facilitando collegamenti non immediati.

In quel primo contributo parlavo del Bene e del Male, del fatto che essi rappresentano una dicotomia conflittuale e ho concluso che per me non sono nient'altro che due facce della stessa medaglia, non perchè ne disconosco presenza e valore, ma semplicemente perché rinunciando al conflitto, decade la necessità di sostenere la dicotomia. Inoltre accennavo a come la cristianità abbia contribuito in modo determinante a sbilanciare un rapporto che era visto in origine sostanzialmente in equilibrio e in favore del Bene, principalmente perché fuori dai monoteismi non c'era una posizione precisa a favore di un Bene o di un Male. La prima è più immediata conseguenza non facile da intuire di quello sbilancio è la "rivincita" del Male. Sbilanciando i rapporti in favore del Bene, il Male ci guadagna perché viene rarefatto e di conseguenza acquista fascino. Il sottostante è semplice: non ci attira ciò che abbondante ma ciò che è raro o comunque rarefatto e per questo prezioso. Da qui all'esaltazione del conflitto il passo è brevissimo.

Ora, non ci sono molti modi per esaltare il conflitto se non quello di portarlo verso le sue estreme conseguenze e non c'è niente che ci esalta di più. Un esempio? Beh è facile, basta un epica battaglia di fantasia, come "Star Wars" a innescare l'esaltazione. Tuttavia questo funziona tanto nella finzione come nella realtà: dalla bomba atomica alle guerre puniche il concetto sopravvive anche alle stragi (vere) degli innocenti. Se poi alla morte associo l'esaltazione eroica, rendo raro ciò che di più certo e comune possiamo sperimentare: la nostra fine. Attraverso la consacrazione della morte e di conseguenza anche ciò che si trova oltre la morte, intere civiltà (come quella egizia) hanno costruito un impero teocratico. Anche la cristianità dogmatica ha fatto lo stesso, dopo il suo primo concilio, esaltando la morte in croce del cristo rispetto l'intero suo insegnamento. Certo non è la stessa cosa una medaglia guadagnata in battaglia con il proprio sacrificio, quello di Cristo o un rito di mummificazione. Ma qui non sto cercando di mettere i significati sullo stesso piano, sto solo affermando l'evidenza evidente che la morte se intesa come eroica o leggendaria diventa rara e quindi acquista fascino.

A questo punto entra in @Gioco un altro concetto fondamentale che è quello della continuità. Questo concetto è legato a un sottostante che è l'identificazione. L'identificazione non è esattamente l'identità, almeno non è necessario sia l'identità, perché è l'equivalente di una maschera o un costume, una proiezione in cui ci identifichiamo rispetto la credenza di essere una esternazione del nostro corpo. Noi promuoviamo continuamente la nostra identità proprio attraverso l'identificazione quindi tramite il nostro corpo. In un certo senso diventiamo ciò che facciamo e ciò che facciamo diventa ciò che crediamo di essere. L'identificazione riguarda quindi il corpo fisico e la proiezione che esso costruisce nel mondo materiale per l'aspetto sensibile che ci vincola a quanto ci accade nella Vita. Da bambini che hanno una certa esperienza infantile diventiamo quindi adulti formati in un certo modo, magari medici o anche solo mantenuti. Noi crediamo quindi di essere queste vite e questi corpi più o meno come si può dimenticare che un personaggio di un film (mentre lo guardiamo) è prima di tutto un attore. Solo che a un certo punto il film finisce, la gente torna a casa quando ne l'attore, ne il personaggio sono fisicamente scomparsi. Riguardando il film possiamo ritrovare il personaggio oppure incontrare in altre occasioni l'attore dal vivo. Il punto però non è la fine del personaggio (che può avvenire nella storia) o dell'attore (che può avvenire nella vita reale) ma il fatto che  sia possibile per noi osservare una continuità che prescinde tanto dal personaggio (che essendo inventato in un certo senso è eterno) che dall'attore in carne (solo un possibile interprete). Ragioniamo un attimo: com'è possibile (se l'identità è nel corpo) concepire una continuità che non è legata al corpo?

La risposta può essere solo una: abbiamo un centro di attenzione che non è vincolato al corpo perché può osservarlo dall'esterno e considerarlo in modo distaccato, cioè come non esistesse. Si tratta di un evidenza evidente.

Questo vuol dire che il nostro centro d'attenzione (oltre ogni ragionevole dubbio) non è vincolato al corpo come invece siamo stati allenati a credere e di conseguenza nemmeno all'identificazione o alla morte. Da qui alla evidenza che la morte interessa esclusivamente l'identificazione, il passo è breve.


Hospiton e esca hanno apprezzato
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