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L'Apartheid di Mario Monti


dana74
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L'Apartheid di Mario Monti
di Anna Lami - 03/02/2012

Fonte: megachip [scheda fonte]

posto fixxo 20120202

«I giovani devono abituarsi all'idea che non avranno un posto fisso per tutta la vita. E poi, diciamolo, che monotonia. E' bello cambiare e accettare delle sfide». A parlare è il Presidente del Consiglio Mario Monti intervenendo in un dibattito televisivo sui temi del lavoro e dei giovani. «La riforma sulla quale il ministro Elsa Fornero e tutto il governo adesso è impegnato - ha spiegato- ha la finalità principale di ridurre il terribile apartheid che esiste nel mercato del lavoro tra chi per caso o per età è già dentro e chi giovane fa una terribile fatica ad entrare o entra in condizioni precarie».
In poche battute troviamo condensato tutto il pensiero, figlio delle peggiori teorie liberiste, che ispira Mario Monti.

“Che monotonia il posto fisso”: è vero, deve esser stata di una noia incredibile passare tanti anni nella stessa azienda, crescere professionalmente, man mano aumentare il proprio know how, e sulle basi di questa monotona sicurezza progettare un futuro, una casa, dei viaggi, farsi una famiglia. Ma Mario Monti ci tiene al divertimento degli italiani, giammai si impigriscano, quindi vuole renderci la vita ancor più avventurosa e flessibile di quanto già lo sia nella superprecaria Italia del 2012, che anche secondo l’Ocse è già il paese più flessibile del mondo, tanto che in Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca è molto più difficile licenziare che da noi.

Del resto, che gusto si può trovare nello svegliarsi la mattina per recarsi nella stessa azienda avendo la sera la certezza di poter pagare le bollette, e magari garantire una vita dignitosa ai propri figli? Molto meglio fare una giornata di volantinaggio pubblicitario fuori dalle Metro, il giorno dopo provare l’inebriante esperienza di lavorare in un call-center, e alla fine del mese con il contratto scaduto e non rinnovato girare per negozi non per fare shopping ma per portare il proprio curriculum vitae nella speranza che qualcuno cerchi una commessa extra almeno per il sabato pomeriggio. È infatti questa la vita che vivono i “fortunelli” di venti-trent’anni che, magari dopo una laurea ed un paio di master, entrano dalle finestre del mondo del lavoro. Ci si diverte come pazzi a cambiare occupazione cinque o sei volte l’anno, lo si capisce ascoltando ordinarie conversazioni tra i distributori dei quotidiani gratuiti nei pressi delle stazioni delle grandi città.

Eh si, perché il posto fisso potrebbe anche essere monotono, se l’alternativa fosse che un giorno si fa l’amministratore delegato di una società ed il giorno dopo il marketing manager di un’azienda ben quotata in borsa, non senza essersi fatti mancare una settimana da medico chirurgo. Invece, purtroppo per noi, eccessiva precarizzazione fa rima con lavori dequalificati (e sottopagati).

Hai una laurea in economia e commercio? Non solo è probabilmente inutile, in quanto solo nel 15% dei casi secondo una recente inchiesta di Unioncamere-Excelsior viene richiesta dalle (poche) aziende che assumono, ma può addirittura essere controproducente: tra le critiche - le più gettonate - che vengono rivolte ai neolaureati, c’è quella di “essere troppo pretenziosi”. Voglio dire, c’è ancora in giro chi crede di aver diritto ad aspirare a qualcosa che rientri nell’ambito dei propri studi. Del resto siamo nella stessa logica di pensiero del premier: così come è noioso il posto fisso, è triste pensare di insegnare quando si è laureati in Storia. Molto più all’altezza dei tempi provare a sentire se la nuova società ferroviaria di Montezemolo si affida a qualche cooperativa che assume ancora.

Monti invita i giovani ad accettare le sfide della flessibilità: è almeno dai tempi della Legge Biagi e del Pacchetto Treu che queste parole vengono spese, e non ci risulta ci siano ragazzi che vergognosamente si sottraggano a tali avvincenti sfide. In questa categoria infatti non solo si è ulteriormente contratto il flusso di ingresso nell’occupazione, ma è andata scemando la possibilità di transitare verso una condizione di maggiore stabilità lavorativa. Di quanto ci avvisa il premier, quindi, siamo già al corrente.

Era diverso tempo che un esponente istituzionale di primo piano non ripescava lo slogan “precario è bello”. Negli ultimi anni ci eravamo abituati a Tremonti, che populisticamente riconosceva come negativa l’eccessiva precarizzazione, anche se poi continuava ad incentivarla nelle politiche ministeriali. Ma il tecnico dell’anno non ha un elettorato di riferimento, a lui basta rispondere ai diktat della BCE, quindi può permettersi un’ironia che sconfina nell’insulto. E l’insulto è rivolto soprattutto ai giovani, quelli a cui il Presidente Napolitano, padre morale dell’esecutivo, spera non “venga lasciato il debito in eredità”: conviene di più farglielo pagare adesso, avranno pensato, questo debito di cui ancora non si conoscono bene i creditori. Quindi, bisogna ridurre il “terribile apartheid” tra chi è già entrato nel mondo del lavoro con qualche diritto residuo e chi invece non ha più alcun diritto.

Come ridurre l’apartheid? Estendendo a tutti garanzie e tutele sociali? Macchè, troppo banale … meglio offrire a tutti l’avventura della precarizzazione totale. Così si contrastano le odiose discriminazioni socioeconomiche.
Perchè ammettere lavoratori di serie A e lavoratori di serie B? Trasformiamoli tutti in lavoratori di serie C, cosicchè se in una coppia lui aveva il “privilegio” di un contratto da operaio a tempo indeterminato e lei da insegnante ultraprecaria, finalmente non si sentiranno più in competizione e potranno vivere affamati e contenti.

Per fortuna c’è Mario Monti, a salvare noi giovani da una vita monotona.

http://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=42317


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dana74
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Mr Goldman Sachs: obiettivo distruggere la sicurezza del lavoro
di Federico Dal Cortivo - 03/02/2012

Mario Monti, meglio conosciuto come Mr Goldman Sachs cameriere dell’alta finanza anglosassone, prosegue nell’incarico affidatogli dai suoi padroni: la distruzione completa di ogni sicurezza sociale e lavorativa in Italia.

Intervistato dalle solite testate embedded come il Tg5 e nella trasmissione Matrix, Mr Monti si è profuso in una serie di teoremi sul posto fisso di lavoro, già cari da qualche tempo a Confindustria e alla sua “pasionaria” Marcegaglia, inneggiando alla mobilità in uscita, che tradotto in parole povere significa licenziamenti più facili e totale deregolamentazione delle attuali normative contenute nell’Art 18 della Legge 300 del 1970.

A Monti non par vero di poter parlare a tutto campo senza mai essere contestato dai sedicenti partiti politici che occupano le poltrone di un Parlamento oramai ridotto a dependance della BCE, nel quale si agitano privilegiati e parvenu d’ogni risma, e così straparla con frasi a effetto: “Sulla terribile noia che è rimanere tutta la vita ancorati al medesimo posto di lavoro”, oppure “di come è bello cambiare e accettare delle sfide…”, e del “terribile apartheid nel mercato del lavoro tra chi è già dentro e chi giovane fa fatica a entrare” e via con altre amenità del genere.

La disgustosa salsa Monti è una sola: Giovani e meno giovani scordatevi il posto fisso, io vi porterò tanta precarietà, tanta insicurezza, tanta miseria e vi ridurrò a semplice merce di scambio come una qualsiasi materia prima, pacchi pronti da usare e poi gettare all’occorrenza, secondo i bisogni del padrone e del grande capitale internazionale.

L’obiettivo si era capito da tempo e non solo con questo ultimo governo tecnico impostoci; già i precedenti esecutivi si erano prodigati anno dopo anno a distruggere le sicurezze sul lavoro, a depotenziare gli organi ispettivi, a tagliare la spesa nel campo sociale, a precarizzare le assunzioni con le varie Leggi Treu e Biagi, a bloccare i salari, a stravolgere la valenza dei Contratti Collettivi Nazionali a favore di trattative di secondo livello dove con la complicità dei maggiori sindacati si possono ora introdurre anche norme peggiorative rispetto ai CCNL ecc.

La finezza, se finezza la possiamo chiamare di Mr Monti, sta nel voler creare un conflitto generazionale tra i giovani che devono entrare nel lavoro e chi già vi è da tempo dentro, ingenerando tra i primi il sospetto che siano i secondi già tutelati dalle leggi ancora vigenti e determinati a mantenere le posizioni giustamente acquisite, a impedire quel cambiamento… che favorirebbe un maggiore flessibilità e quindi, sempre secondo i teoremi di Mr Goldman Sachs, facilità di assunzioni.

Sottile manovra da guerra psicologica tesa a mettere gli uni contro gli altri, come se i padri fossero responsabili della disoccupazione dei propri figli.

E di quali sfide i giovani dovrebbero farsi carico, parla poi spocchiosamente il capo del governo? Forse quelle di chiedere al ribasso un posto di lavoro mal pagato, insicuro, flessibile negli orari? Sono queste le illuminanti battaglie che i giovani italiani dovrebbero accettare per il futuro? Poi perché mai ci si dovrebbe abituare all’idea di non avere un posto di lavoro fisso, quindi sicuro e pertanto un valore stabile per la vita propria e famigliare? Ci dovrebbero dimostrate Monti, la Fornero e mettiamoci pure Napolitano, e tutta la razza padrona filo bancaria che siede indegnamente al governo, che con tanta sicumere si atteggia a salvatrice della Patria, dove questi cambiamenti hanno portato un maggior benessere civile ed economico, se per benessere probabilmente s’intende la ricchezza e i profitti per pochi e la miseria per tanti.

Gli “sciacalli” portino dati alla mano le prove che il liberismo selvaggio da loro invocato nel mondo del lavoro ha avuto benefiche ricadute sulle persone, sugli Stati, sulle famiglie, sulla sicurezza sociale, sulla minor criminalità, sulla salute ecc. Ci dicano dove tutti questi miracoli sono avvenuti e dove il tanto osannato “mercato” ha risolto i problemi dell’uomo proiettandolo in un’epoca di civiltà. Siamo ancora in attesa…

Oppure dietro tutto ciò si nasconde solo il degrado della figura del lavoratore, della sua dignità di uomo, messo in subordine del profitto ad ogni costo, ridotto a semplice ingranaggio di una macchina economica che invece di soddisfare i reali bisogni, deve inventarne di nuovi per poter produrre e consumare in un gioco perverso apparentemente senza fine, perché nulla può crescere all’infinito. Ma per fare ciò questo meccanismo ha la necessità di tanti schiavi, docili, sottomessi, che accentano di vivere consumando e consumano per vivere, l’“Homo economicus”per dirla alla Julius Evola.

Sul fronte che dovrebbe essere contrapposto, già da tempo sventola bandiera bianca. La risposta che fino ad oggi è arrivata dalle Confederazioni sindacali è stata flebile, balbettante, timorosa, quasi a non voler disturbare il “manovratore” e del resto sono proprio i maggiori sindacati italiani, complici con il nemico, i corresponsabili di questa situazione avendo accettato e sottoscritto negli ultimi anni contratti di lavoro sempre peggiorativi dei precedenti e aderendo a tutte le richieste dei governi liberal che si sono succeduti, sia di centro destra sia di centro sinistra. Gli unici a scendere in piazza e gridare la rabbia di tanti italiani sono stati i Sindacati di Base, debitamente oscurati dai mezzi d’informazione nazionali.

Già “l’uomo di Londra” vorrebbe far ripartire la crescita economica italiana e chiede a gran voce sessanta giorni di tempo per dare “una svolta” al Paese (così lo chiama chi non ha il senso della Nazione), perché lo spread lo impone e lo chiedono i suoi burattinai della City e di Wall Street che hanno fretta di chiudere la partita Italia, dopo aver commissariato la Grecia, per poi passare alla Spagna e così farci pagare a noi i conti della crisi statunitense.

La “banda” che sta portando l’Italia verso il baratro sociale ci chiede di accettare le solite ricette che il FMI e la Banca Mondiale propinano da anni al Terzo Mondo; il Secondo Mondo, leggasi America Latina, si è svegliato da tempo e non accetta più ricatti e imposizioni esterne.

Loro la chiamano “crescita”, in nome della quale sono pronti anche a svendere il patrimonio pubblico nazionale, privatizzare i servizi essenziali, cedere quel poco che ci resto di sovranità economica. Noi la chiamiamo “inciviltà del Lavoro” da contrapporre a quella “Civiltà del Lavoro” che aveva contraddistinto proprio l’Italia a partire dagli anni ‘30, e poi proseguita per un trentennio nel secondo dopoguerra, dove la certezza del posto di lavoro era sinonimo di miglior qualità della vita, di famiglia, di figli, di casa, di tutto ciò che da stabilità a una comunità nazionale e la rende partecipe alla vita e al funzionamento dello Stato, quello stesso Stato che allora controllava i settori strategici dell’economia e che oggi si vorrebbe espellere del tutto per far posto agli speculatori internazionali, ben rappresentati da questo “governo ombra”.

http://europeanphoenix.com/it/component/content/article/7-economia/228-mr-goldman-sachs-obiettivo-di


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