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L'attentato di Uribe alla vita di Ingrid Betancourt


annalisa
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di Annalisa Melandri
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Le FARC con la liberazione degli ultimi quattro ostaggi, avvenuti nei giorni scorsi avevano di fatto passato la palla a Uribe. Nel loro ultimo comunicato del 28 febbraio avevano chiesto nuovamente la smilitarizzazione dei municipi di Florida e Pradera per poter avviare con la partecipazione della comunità internazionale, le trattative per lo scambio umanitario.

Uribe invece ha giocato malissimo questa palla. Ha segnato un bel tiro giocando con la vita di Ingrid Betancourt e di tutti gli altri ostaggi nelle mani delle FARC, che in questo momento, a causa del loro presidente, stanno veramente rischiando la vita. Con un’operazione effettuata in territorio ecuadoriano e quindi violando apertamente il diritto internazionale, l’esercito colombiano ha ucciso nel sonno il n. 2 delle FARC Raúl Reyes e l’ideologo del gruppo, Julián Conrado, oltre ad altri 17 guerriglieri. Nonostante le smentite del governo colombiano, che in queste ore sta rilasciando dichiarazioni sommarie e contraddittorie sulla violazione del territorio dell’Ecuador, primi accertamenti sul luogo effettuati dall’esercito ecuadoriano che ha recuperato 15 cadaveri e due guerrigliere ferite, dimostrerebbero che si “è trattato di un massacro” e che Raúl Reyes e gli altri membri delle FARC sono stati uccisi mentre dormivano. Si suppone anche l’attacco sia stato effettuato con il supporto di mezzi aerei di una potenza straniera.

E così ce l’ha fatta finalmente Uribe a far fruttare i milioni di dollari messi a disposizione dal governo degli Stati Uniti da spendere per la sicurezza nazionale e la lotta al terrorismo e arrivati sotto il nome di Plan Colombia, un programma ambiguo e distruttivo di “rafforzamento delle istituzioni colombiane” nonché di lotta al narcotraffico.

Ce l’ha fatta, violando sovranità nazionali, mettendo a rischio la vita degli ostaggi e compromettendo seriamente tutte le trattative per lo scambio umanitario che grazie alla mediazione di Chávez e all’ attuale e innegabile buona volontà delle FARC, stavano muovendo i primi timidi passi, dando buoni risultati con la liberazione di Clara Rojas e Consuelo Gonzáles de Perdomo prima e degli ultimi parlamentari la settimana scorsa. Lo stesso Chávez aveva avviato un dialogo con Marulana, il capo delle FARC, che di Reyes era anche il suocero, affinché trasferisse la Betancourt, che versa in gravi condizioni di salute, in un luogo più salutare per lei in attesa della prossima liberazione.

Raúl Reyes si trovava in questi giorni in territorio ecuadoriano proprio per portare ulteriormente avanti le trattative per lo scambio umanitario che significava la liberazione di tutti i prigionieri nelle mani della guerriglia e dei circa 500 nelle carceri colombiane, le cui condizioni, non se ne parla mai, ma sicuramente non sono poi tanto migliori di quelle della Betancourt e degli altri. Proprio per questo ultimamente Rául Reyes si stava esponendo tanto, dai continui viaggi a Caracas alle telefonate dal suo satellitare, l’ultima delle quali lo avrebbe tradito. Si dice che Uribe stia per consegnare due taglie milionarie a due collaboratori che avrebbero fatto “la soffiata” all’esercito relativamente alla presenza di Reyes e compagni in quella zona. Se ne sta parlando troppo, Uribe lo ripete in continuazione e questo a mio avviso, nel paese di Macondo, fa sorgere dubbi legittimi sulla veridicità del fatto. Si è trattato piuttosto “di un sabotaggio, di un golpe” del presidente Uribe, come ha dichiarato il marito della Betancourt.

D’altra parte la figura di Reyes era una figura estremamente a rischio, portavoce delle FARC, una specie di ambasciatore della guerriglia, “assolutamente non un terrorista” come ha dichiarato in un’ intervista a TeleSur, il segretario generale del Partito Comunista della Colombia Jaime Caicedo, ricordando come avesse avuto relazioni con quasi tutti i rappresentati dei governi stranieri e con i rappresentati della chiesa. In un momento talmente delicato, la sua morte non giova a nessuno. Non giova agli ostaggi, non giova al processo di pace che vede mancare il suo necessario portavoce, non giova nemmeno a Uribe, nonostante molti sostengano il contrario, perchè potrebbe trovarsi, anche se non tanto esplicitamente manifestata, la condanna della comunità internazionale, dal momento che con quest’azione ha evidentemente commesso un gravissimo errore. Non giova soprattutto in questo delicato momento, alla stabilità della regione, Correa e Chávez hanno rafforzato la difesa militare lungo le loro frontiere e ritirato i loro diplomatici da Bogotà, il primo in virtù di una evidente quanto gravissima violazione del territorio nazionale, il secondo ragionevolmente preoccupato che accada la stessa cosa in Venezuela e sicuramente provocato nella suo ruolo di mediatore con le FARC. Dietro Uribe ci sono comunque gli Stati Uniti e questi si sa, non aspettano altro che un buon pretesto per intervenire nella regione.

C’è solo da augurarsi che il buon senso prenda il sopravvento in questa situazione nella quale il presidente colombiano appare sempre più isolato nella sua posizione di guerra totale al nemico interno e nella quale, paradossalmente buon senso sembra stiano dimostrandolo proprio i “terribili terroristi narcotrafficanti” delle FARC, che avrebbero già dichiarato ieri che la morte di Raúl Reyes “non comprometterà l’accordo umanitario”.

Grande responsabilità ha a questo punto la comunità internazionale, nella remota e improbabile ipotesi che riconoscesse le FARC come gruppo belligerante e non terrorista, la politica di Uribe sicuramente dovrebbe cambiare e si aprirebbe un tenue spiraglio di pace per la Colombia.


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