Le mosse del mercan...
 
Notifiche
Cancella tutti

Le mosse del mercante di Padania


Tao
 Tao
Illustrious Member
Registrato: 2 anni fa
Post: 33516
Topic starter  

Chissà quanto sarà davvero contento Bossi, e con lui quella parte di leghisti che continua a voler credere nell’immortalità di Berlusconi premier. A Montecitorio il ritorno di Paolo Guzzanti e Roberto Rosso porta la maggioranza a quota 318: sopra la linea di galleggiamento, però lontano dai 325 promessi dal Cavaliere e ancor di più dai 330 invocati dal ministro Calderoli.

Quanto basta per mandare in tv gli addetti in cravatta verde, a ripetere il primo mantra autorizzato dal Capo: «I numeri al momento ci sono, può andare avanti l’azione di governo». Appunto, «al momento»: perché Bossi si può fidare di Berlusconi, non dei suoi numeri. La Lega di governo, quella che sta a Roma dal martedì al venerdì, si è giocata un’altra settimana. Eppure, come aveva titolato «La Padania» di martedì, questa sarebbe stata quella «decisiva», con il federalismo municipale votato dalla Camera. Rinvio a fine mese, invece. Con gli addetti in cravatta verde costretti al secondo mantra autorizzato: «Abbiamo aspettato vent’anni, possiamo aspettare qualche giorno in più». A fine maggio scade il tempo limite, o passano tutti i decreti o il federalismo dovrà tornare, e chissà quando, alla casella di partenza. E questo, Bossi, non se lo può permettere.

Nella Lega, sia di governo che di lotta, quella che sta su al Nord, «siamo in riva al fiume ad aspettare», come dice l’europarlamentare Matteo Salvini. E come sempre, nella Lega, l’unico a decidere il futuro è Bossi, e solo Bossi. Non c’è Colonnello o soldatino semplice che s’azzardi ad una previsione. E in questi casi, quando la confusione sale, si possono notare le differenze tra i militanti e l’area elettorale: i primi, spesso con uno stipendio che arriva dalla politica, allineati e coperti; gli elettori, i simpatizzanti, disorientati o delusi scrivono su Facebook: «Quand’è che scarichiamo il nonnetto di Arcore?».

Ma Bossi non può star seduto in riva al fiume. Si sta muovendo, come dimostra l’intervista di Pierluigi Bersani a «La Padania». Mai un segretario del Pd era stato intervistato dal quotidiano leghista, nemmeno ai tempi di Massimo D’Alema ospite applaudito del congresso di partito, febbraio 1995. Un’intervista concordata tra i due, Bossi e Bersani. L’appuntamento era per il primo pomeriggio di lunedì, nella sede leghista di via Bellerio, pare nell’ufficio di Bossi. Però dev’esser successo qualcosa, forse uno spiffero arrivato fino ad Arcore, e alle due del pomeriggio è arrivato il contrordine. Bersani in via Bellerio meglio di no.

In questo, nell’invito a metà, c’è tutto il Bossi di una volta, prima del coccolone. Il Bossi che affascinava il professor Gianfranco Miglio: «Quando c’è da trattare non c’è nessuno più bravo di lui, un vero mercante ai banchetti della politica». E rieccolo, il Mercante di Padania. S’intende con Bersani per mandare messaggi al Cavaliere, si mette al centro di tutte le trattative. Anche lui deve pensare al dopo Berlusconi, e attorno al Totem del Federalismo sistema i suoi banchetti. L’alleanza con la Lega per il Cavaliere è l’unica assicurazione sulla vita (politica). Ma il prezzo lo fissa il Mercante di Padania.

A Bossi interessano poco le baruffe in casa, le divisioni tra il «Cerchio Magico» che lo circonda e lo isola dal 2005, i governativi come Calderoli, le perplessità di Maroni. Finché c’è Bossi non c’è speranza per nessuno, decide lui. Truppe schierate in riva al fiume, «al momento». E prezzi in rialzo. Da qui a maggio ci sono le elezioni amministrative, e Bossi, ad esempio per il sindaco di Milano, ancora non si è pronunciato: quanti candidati alla Lega? Poi sono in arrivo nomine che valgono quanto i ministeri, da Finmeccanica all’Eni, da Fincantieri a Terna all’Enel: quanti posti ai leghisti nei CdA?

A fine agosto, convocati nella Villa sul Lago Maggiore per organizzare le campagne d’autunno, a Bossi e ai suoi ministri Berlusconi si era presentato con Niccolò Ghedini accanto. Avevano capito, i leghisti, che il problema sarebbero stati inchieste e processi, altro che il federalismo; che l’incubo del Cavaliere è una condanna con l’interdizione dai pubblici uffici. Ma non s’aspettavano la vicenda Ruby. E Bossi non s’immaginava di ritrovarsi a febbraio con un Berlusconi, come l’ha definito, così «gibollato». Il Mercante di Padania non ci vuole rimettere nemmeno un voto. E se arriva la piena le truppe se ne andranno dalla riva.

Giovanni Cerruti
Fonte: www.lastampa.it
Link: http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplRubriche/editoriali/gEditoriali.asp?ID_blog=25&ID_articolo=8424&ID_sezione=&sezione=
18.02.2011


Citazione
Condividi: