L'euro non è af...
 
Notifiche
Cancella tutti

L'euro non è affatto il problema...


andreapound
Estimable Member
Registrato: 2 anni fa
Post: 145
Topic starter  

I problemi dell'euro non sono dovuti ai dettagli della sovranità monetaria o meno, termini propagandisticamente inflazionati, ma a un conflitto "interno" al capitalismo stesso:
TIMIDA APOLOGIA DELL’EURO

Con l’acutizzarsi della crisi dei debiti sovrani dell’eurozona, il vecchio intoccabile tabù della moneta unica sembra essere entrato in discussione. Dagli ambienti politici statunitensi e, soprattutto, dalla stampa “liberal” a stelle e strisce arrivano rimproveri e mugugni contro la linea del rigore imposta dalla Germania in Europa, e c’è chi, addirittura, paventa come risoluzione della crisi la “rottura” della moneta unica. Gli slogan protokeynesiani ed ultraeuropeisti degli analisti statunitensi si racchiudono molto bene nella frase “la Bce deve fare come la Fed”, ammonendo che la Banca Centrale Europea dovrebbe stampare più moneta. Ma i nostri “amici” atlantici ben sanno che attuare le indicazioni da loro proposte, attualmente, senza che l’Europa abbia potuto imporre l’euro come moneta di pagamento internazionale ai danni del dollaro, significherebbe accollare sul groppone del bilancio tedesco tutti i debiti europei e, in questo modo, si vedrebbe deteriorare la situazione finanziaria della Germania e dell’Europa in generale. Inoltre, fare ciò significherebbe per Berlino accettare un’ipoteca sulla produzione propria ed europea a favore di forme di prelievo finanziario sempre più rapaci, sobbarcandosi in gran parte quella svalorizzazione di capitale che incombe oramai inevitabile. Quindi, appare chiaramente che, al di là dei difetti intrinseci dell’euro che già potrebbero minarne da soli la stabilità, si aggiungono fattori ed attori esterni che hanno un grande interesse nell’attaccare gli equilibri che reggono la moneta unica.

Infatti, come nota l’economista Marco De Andreis, il “grande” progetto americano è quello “di sfasciare l’euro”. E ammonisce: “Sul fatto che l’unione monetaria europea non può reggere, che prima o poi qualcuno degli Stati membri sarà costretto a uscire, la stampa americana - ad esempio il New York Times - insiste ossessivamente da molti mesi ormai. I britannici vanno loro dietro, ma con un po’ più di cautela: al mercato interno, del quale fanno parte, tengono e sanno bene che non è detto possa sopravvivere a una morte dell’euro”. Poi, spiega le ragioni di tale accanimento: “Gli americani hanno sempre goduto del privilegio esorbitante di battere la moneta di riserva del mondo. Il dollaro lo usano tutti, esportatori e importatori, governi e banche centrali. Tre quarti di tutti i biglietti da 100 dollari circolano al di fuori degli Stati Uniti. Ergo, al Tesoro statunitense indebitarsi costa meno degli altri, anche quando i fondamentali dell’economia americana traballano. Come adesso. L’euro ha cominciato a fare un minimo di concorrenza al dollaro come moneta di riserva del mondo e dunque dà fastidio. Divide et impera. E vai con l’euro-bashing”. E’ interessante, inoltre, leggere anche le osservazioni del giornalista Federico Rampini, ottimo conoscitore degli affari a stelle e strisce: “dai tempi del generale Charles de Gaulle e del suo consigliere economico Jacques Rueff, la Francia aveva instancabilmente denunciato i pericoli del “privilegio di signoraggio” detenuto dalla valuta americana;con la guerra del Vietnam gli Stati Uniti avevano iniziato a praticare in modo spregiudicato un gioco che in seguito è diventato familiare, lo stampare dollari per finanziare le proprie avventure imperiali. Inflazione, instabilità e disordine, crisi finanziarie, erano una conseguenza della capacità americana di “spalmare” i costi dei propri problemi sul resto del mondo, costretto ad accettare i dollari Usa per mancanza di alternative”. E aggiunge: “il petrolio, continua ad avere un prezzo misurato in dollari; e in dollari vengono regolate le transazioni, nonostante le ripetute minacce di questo o quel petro-leader (dal fu Gheddafi a Chavez) di abbandonare la moneta americana in favore dell’euro. Qui la spiegazione è fin troppo chiara: dietro il dollaro c’è la forza militare degli Stati Uniti espressa dalle basi che costellano il pianeta dal Pacifico al Golfo Persico; dietro il dollaro c’è una politica estera unica, per quanto controversa, che viene espressa dalla Casa Bianca. Dietro l’euro non c’è un esercito, non c’è una Sesta Flotta a guardia delle rotte petrolifere; non c’è una politica estera unica; non c’è neppure un governo”. Quindi, come mette in risalto Rampini, è solo la prova di forza politico-militare degli Usa ad aver scoraggiato i Paesi Opec ad adottare l’euro, quando nel 2008 cominciò a presentarsi con forza questa opportunità.

La strategia americana, volta all’appannamento dell’euro, viene esplicata chiaramente da Alessandro Polito, direttore dell’Osservatorio Scenari Strategici e di Sicurezza di Nomisma, che afferma: “Sminuire l'Euro, tenendolo sotto pressione, evitando di deprezzare troppo il dollaro. E' una chiara manovra bancaria per guadagnare tempo rispetto ad un dollaro in crisi che non può più pretendere signoraggio. Nuovo denaro fresco e vero arriverà dallo spezzatino degli asset pubblici in Europa. Insomma gli attori al di fuori dell'area euro stanno “shortando” la nostra moneta vendendola allo scoperto e al ribasso. E' il gioco di chi buttare giù prima dalla torre. I gruppi finanziari internazionali attaccano l'Eurozona con la tattica del salame, colpendo via via i singoli paesi, come si è visto con Grecia e Italia, partendo dai più vulnerabili, i cosiddetti PIIGS, per poi tenere sotto scacco i sopravvissuti con la tripla A come la Germania. E' la vecchia formula del divide et impera”. E prosegue: “Due guerre rovinose in Iraq e Afghanistan, nonché uno sforzo antiterroristico giudicato sproporzionato anche nei sondaggi del pubblico americano, hanno creato una situazione economico-finanziaria difficile da sostenere per un paese che è importatore netto di merci e capitali, nonché il debitore più importante del sistema globale. La paura di perdere il signoraggio del dollaro, grande moltiplicatore dei propri interessi strategici, e la necessità di far affluire profitti ad un sistema bancario che ha subito serie perdite tra il 2008 e il 2009, hanno creato le condizioni per una convergenza di interessi contro l'euro visto geoeconomicamente come un elemento di rischio ed economicamente come un'opportunità di profitto”.

Per questo, è bene stare molto attenti alle santificazioni dei profeti d’oltreoceano, i quali, raramente, disperdono per il mondo consigli disinteressati e benefici.
A.D.G. LA VOCE DEL CORSARO
da: http://lavocedelcorsaro.myblog.it/archive/2012/04/25/timida-apologia-dell-euro.html


Citazione
Condividi: