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Libera mafia in libero Stato


Tao
 Tao
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Primo gennaio 2007: comincia a Bari un processo per associazione mafiosa, associazione per spaccio di droga, omicidi vari, estorsioni e tanti altri reati. 160 imputati, di cui 120 detenuti. Se ne occupa un solo giudice, Rosanna Di Palo. Occorreranno 40 udienze; che sono tante. Certo, in un anno ci sono circa 260 giorni lavorativi, al netto di domeniche e ferie; quindi il tempo per celebrare il processo in poco più di un mese; o magari, contando i soliti rinvii, in 80 o anche 120 giorni ci sarebbe.

Invece sarà necessario un anno. Perché il giudice, mentre celebra questo processo, continua a riceverne altri (con un unico limite: è esonerata dai processi con detenuti); e anche questi devono essere celebrati. E così, saltando un po’ di qua e un po’ di là, oggi il maxi-processo, domani un paio di processi ordinari e via così, il 16/1/2008 è emessa la sentenza. Il problema a quel punto è scrivere la motivazione, cioè spiegare per filo e per segno i motivi per cui 160 imputati sono stati dichiarati ufficialmente mafiosi.

Per dare un’idea del lavoro che il giudice deve affrontare, la sentenza sarà, alla fine, di circa 4000 pagine, cioè 4 volumi della Enciclopedia del Diritto che troneggia nella libreria del mio ufficio. A questo punto ognuno penserebbe che l’esonero parziale concesso al giudice per celebrare il processo è stato trasformato in totale: non ti occuperai di altro fino a quando non avrai scritto la sentenza. Manco per niente: l’esonero è abolito; scrivi la sentenza e intanto manda avanti il lavoro ordinario.

E siccome un giudice lavora a tempo pieno, il che significa che il lavoro ordinario occupa tutto il suo tempo, Rosanna Di Palo utilizza le sue ferie per scrivere la sentenza del maxi-processo e finalmente deposita la sentenza alla fine del 2008. Nel frattempo 21 imputati sono scarcerati per decorrenza termini. Di chi è la colpa? Ma è ovvio, del giudice; che infatti è sottoposto a procedimento disciplinare (tuttora in corso). Pochi rilevano che, in quelle condizioni, le scarcerazioni sono la norma e non l’eccezione, che il giudice ha fatto quello che poteva e che prima di fare casino e di tuonare contro i giudici fannulloni bisognerebbe avere l’intelligenza di documentarsi.

Nessuno si documenta e tutti sono assai soddisfatti di aver trovato un esempio evidente della tesi: la giustizia italiana non funziona per colpa di giudici fannulloni. E meno male che si tratta di mafia e non di corruzione o falso in bilancio se no Rosanna Di Palo sarebbe non solo una scansafatiche ma anche una comunista, qualsiasi cosa questo possa significare nel gergo di B&C.

Oggi sono in corso a Nola due processi per associazione mafiosa e spaccio di droga, rapine, estorsioni e decine di altri reati. Gli imputati sono complessivamente 100, divisi in 12 clan mafiosi. I termini di carcerazione preventiva scadranno per alcuni a maggio e per tutti gli altri (capi e promotori delle associazioni mafiose) a ottobre.
Nola non ha aule attrezzate per questo genere di processi e quindi il processo si celebra a Napoli. Le udienze cominciano alle 9 e finiscono alle 19 circa. Solo che, con 3 udienze alla settimana (tante se ne facevano fino a qualche giorno fa), non solo non si finisce a maggio ma nemmeno a ottobre; e i mafiosi tutti scarcerati saranno. I giudici fannulloni e disorganizzati il problema se lo pongono; e così aumentano le udienze: quattro alla settimana.

Solo che l’unico giorno in cui si può fissare la quarta udienza (gli altri due sono già occupati per il lavoro ordinario che, a Nola, non è proprio così ordinario) è il sabato . E di sabato si fissa. Apriti cielo: gli avvocati, un po’ perché le possibilità della scarcerazione diventano tenui; un po’ perché il sabato è il sabato, un po’ perché il sabato serve per mandare avanti altra attività professionale, piantano la grana.

E siccome dire semplicemente che qui si lavora troppo, che la scarcerazione per decorrenza termini dei mafiosi è cosa buona e giusta e che si pretende di avere tempo per coltivare la propria clientela può sembrare un po’ corporativo, la buttano in politica che, nel caso di specie, significa “conclamata violazione dei diritti della difesa”.

In che consistono queste conclamate violazioni? Ecco, per prima cosa non sta bene che il pm interroghi un testimone e che, terminato l’esame, l’avvocato lo controinterroghi; è vero che questa cosa la prevede il codice; ma i principi vanno bene quando fanno comodo, che diamine. Così gli avvocati protestano perché, prima di procedere al controesame, vogliono leggere bene il verbale di quello che il testimone ha dichiarato.

È vero che erano presenti, che hanno sentito, che potevano prendere appunti, che anche Perry Mason controinterrogava subito dopo che H. Burger (procuratore distrettuale) aveva interrogato; ma loro no, loro debbono leggere i verbali trascritti e poi, con calma, dopo una settimana o due (tanto ci si mette per sbobinare e trascrivere le registrazioni fatte in udienza) fare il loro controesame.

Ma così escono tutti per decorrenza termini! Eh, pazienza, vuoi mettere i diritti della difesa? E poi questa organizzazione delle udienze pregiudica “il normale svolgimento dell’attività di studio”. Il che è vero; solo che più tempo l’avvocato passa in studio e meno tempo c’è per fare il processo. E il diritto dell’imputato ad avere una sentenza nel tempo più breve possibile? Proprio gli avvocati dimenticano l’art. 111 della Costituzione? Ecco gli avvocati; tutti. Perché il problema non è solo degli avvocati di Nola. Le loro doglianze sono state fatte proprie dalle Camere Penali italiane che hanno promosso un’interrogazione parlamentare e invocato un’ispezione ministeriale.

Secondo loro un’organizzazione delle udienze rispettosa del codice e della Costituzione, volta ad evitare scarcerazioni per decorrenza termini (quelle che furono scandalose quando si verificarono nel processo di Bari) e ad assicurare una sentenza in tempo breve, merita una protesta in Parlamento (che diavolo c’entri il Parlamento con la gestione dei processi a Nola non si sa); e una richiesta al ministro della Giustizia (che suppongo sarà felice di accoglierla) perché si ispezioni e si accerti se celebrare un processo in maniera efficiente e razionale sia un’offesa alle inalienabili garanzie della difesa. La prossima volta che le Camere Penali lamenteranno la crisi della giustizia, qualcuno, per piacere, gli ricordi i processi di Nola.

Bruno Tinti
Fonte: http://antefatto.ilcannocchiale.it
Link: http://antefatto.ilcannocchiale.it/glamware/blogs/blog.aspx?id_blog=96578&id_blogdoc=2446166&yy=2010&mm=02&dd=27&title=libera_mafia_in_libero_stato

Da il Fatto Quotidiano del 27 febbraio


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