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Migrazioni: la grande avventura dell'umanità.


Anonymous
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Il Sole-24 Ore nel 1999 in occasione del passaggio al nuovo millennio, pubblicò una serie di inserti dedicati al millennio che si stava chiudendo, uno di questi era dedicato ai flussi migratori ( interessantissimi!!!) e si apriva con un editoriale di Massimo Livi bacci (Uno dei massimi demografi italiani): il titolo, particolarmente significativo era: Un millennio in cui il mondo si è mescolato.
Ciò è senza dubbio vero, ma occorre sottolineare che il rimescolamento maggiore si è avuto nella seconda metà del millennio per effetto dell'affermazione del "capitale" (inteso come rapporto di produzione) in Europa. ciò ha successivamente permesso all'Europa di partire alla conquista del mondo, portando ovunque la chiave del suo successo, cioè il suo rapporto di produzione e la sua società borghese.
Tra i fattori decisivi che hanno contribuito a fare dell'Europa occidentale la culla del capitalismo e della società moderna, ve n'è uno duplice, correlato in positivo e in negativo ai fenomeni migratori: da un lato l'Europa fu, per mille ragioni, il massimo crogiolo etnico e culturale del mondo, finendo così con l'accumulare i migliori risultati della biologia, ma anche della cultura, della scienza e della tecnica della gran parte dei popoli più evoluti della terra; dall'altro lato ebbe la fortuna di essere tra le regioni meno esposte alle tragiche conseguenze delle scorrerie migratorie di quelli che Fernand Braudel (importante storico) chiama i "nomadi del deserto" (nella storia ci sono anche migrazioni che frenano lo sviluppo delle forze produttive!).

Al riguardo possiamo ricordare quanto affermato da Arrigo Cervetto: (Metodo e partito-scienza, Edizioni Lotta comunista, pag 56).
[...] Le condizioni più favorevoli allo sviluppo capitalistico si trovano nell'Europa Occidentale grazie alla vicinanza alle rotte marittime del commercio e alla lontananza dalle sistematiche invasioni dall'Asia.
Lo spazio permette all'area europea occidentale di preservare le forze produttive dalla distruzione degli invasori e di favorire l'accelerazione dei tempi della produzione alle ricchezze saccheggiate in America, in Asia e in Africa. Lo spazio-terra gioca a favore dell'Europa Occidentale e lo spazio- mare la pone in condizioni di superiorità. L'invasione via terra esprime una forma arretrata in confronto all'invasione via mare che le flotte europee conducono nei riguardi di quella stessa Asia minacciosa ad Est.[...]

Del resto il commercio, il cui sviluppo nel XVI secolo viene considerato da Marx il momento fondamentale del passaggio dal feudalesimo al capitalismo, innesca con la colonizzazione del resto del mondo, un flusso migratorio che porta gli europei più coraggiosi e più intraprendenti in ogni angolo della terra, dove nel corso dei secoli porranno le premesse per lo sviluppo capitalistico anche di quelle regioni.
I flussi migratori di proporzione gigantesche della nostra epoca sono la conseguenza inevitabile dell'estensione del processo storico di diffusione del capitalismo all'Asia, all'Africa, e all'America Latina.I popoli extra-europei hanno combattuto per secoli prima di arrendersi alla superiorità del capitalismo dell'Occidente: la distruzione dei vecchi rapporti economici pre-capitalistici dell'economia di villaggio e della piccola produzione mercantile ( i quali avevano garantito una stabilità sociale millenaria ai villaggi ed alle città d'Asia, d'Africa e d'America, sia pure su bassi livelli di produttività), ha costretto e costringe sempre di più in futuro fiumi di persone a cercare la sopravvivenza nell'emigrazione verso le città o addirittura verso altri paesi e continenti.
Sono stati i paesi giunti per primi al capitalismo che, con il commercio, le conquiste coloniali ed infine con lo sfruttamento imperialistico basato sulla esportazione di capitali, hanno esteso al mondo intero i rapporti di produzione capitalistici ed il modello si società borghese.
Tuttavia, esportare il capitalismo significa distruggere in tempi più o meno rapidi i sistemi economici precapitalistici, e quindi creare mercati nuovi per le merci dei paesi più avanzati, ma nel contempo significa anche rendere impossibile la sopravvivenza a masse crescenti di persone, costringendole all'emigrazione.
Coloro che migrano verso le metropoli sono costretti a fuggire dai loro paesi non perché tali paesi siano arretrati e immobili, ma perché vi si stanno investendo capitali che disgregano le vecchie economie; perché, in altre parole, i loro paesi si stanno sviluppando capitalisticamente.

I popoli davvero arretrati, come i pigmei o gli yanomani o gli aborigini australiani, non si muovono di certo, e sono la dimostrazione di come ogni endogamia, cioè ogni pretesa identità pura, sia asfittica e condanni chi la pratica al declino e alla scomparsa (con buona pace dei razzisti e localisti di ogni risma).
A questo punto non possiamo non rilevare come queste ultime banali considerazioni, basate su fatti ormai incontrovertibili, demoliscano alcuni luoghi comuni molto diffusi sulla questione dei flussi migratori:

1. Coloro che migrano dai paesi "arretrati" non sono meno legati alla loro terra dei nostri "lumbard e terroni", anzi probabilmente lo sono molto di più in quanto figli di un mondo contadino: se vengono nelle metropoli, è solo perché le metropoli, esportando merci e capitali, hanno avviato la distruzione delle economie che li avevano mantenuti per millenni: che poi questo sia un elemento di progresso della specie umana è tutt'altro paio di maniche, e non è comunque di grande consolazione per chi è vittima di questi processi.

2.L' illusione di tenerli lontani da noi, investendo magari nei loro paesi, è proprio una pia illusione, perché più investimenti significano più capitalismo e quindi più disgregazione contadina e più emigrazione.

3. E' bene che nessuno si faccia illusioni sulla possibilità di "controllare", con leggi o altro, simili fenomeni: qualcuno ha giustamente osservato che sarebbe come illudersi di poter fermare un'auto in corsa in una ripida discesa e con i freni rotti, azionando un semaforo rosso! (prima parte)


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Nieuport
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Ogni pretesa identità pura porta al declino e alla scomparsa? Ma quando mai. I giapponesi sono endogamici come nessuno, e stanno proprio bene.
Non si può controllare l’immigrazione con leggi o altro? Ma quando mai. Gli australiani ci riescono benissimo. O, per non andare troppo lontani, non mi risulta che arrivino barconi con migliaia di africani in Israele.


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brumbrum
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babu a cosa funzioni ??


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DaniB
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il punto 2 è "una cagata pazzesca" (cit.)


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Tonguessy
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I popoli davvero arretrati, come i pigmei o gli yanomani o gli aborigini australiani, non si muovono di certo, e sono la dimostrazione di come ogni endogamia, cioè ogni pretesa identità pura, sia asfittica e condanni chi la pratica al declino e alla scomparsa (con buona pace dei razzisti e localisti di ogni risma).

Si tratta solo di capire perchè dei popoli che sono in grado ( e l'hanno dimostrato nei lunghi millenni in cui hanno realizzato le loro società) di rispettare l'ambiente e di non creare discriminazioni sociali possano essere considerati "arretrati", mentre i popoli che usando scienza e tecnologia come metodo di penetrazione sanno schiavizzare e ridurre in povertà altri popoli (inventandosi nel frattempo cosucce tipo armi di distruzione mondiale) siano invece annoverati tra le "civiltà avanzate".
Chi o cosa ha determinato queste qualifiche? Cervetto? Il Partito-Scienza? La Treccani?


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Matt-e-Tatty
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I popoli davvero arretrati, come i pigmei o gli yanomani o gli aborigini australiani, non si muovono di certo, e sono la dimostrazione di come ogni endogamia, cioè ogni pretesa identità pura, sia asfittica e condanni chi la pratica al declino e alla scomparsa (con buona pace dei razzisti e localisti di ogni risma).

Si tratta solo di capire perchè dei popoli che sono in grado ( e l'hanno dimostrato nei lunghi millenni in cui hanno realizzato le loro società) di rispettare l'ambiente e di non creare discriminazioni sociali possano essere considerati "arretrati", mentre i popoli che usando scienza e tecnologia come metodo di penetrazione sanno schiavizzare e ridurre in povertà altri popoli (inventandosi nel frattempo cosucce tipo armi di distruzione mondiale) siano invece annoverati tra le "civiltà avanzate".
Chi o cosa ha determinato queste qualifiche? Cervetto? Il Partito-Scienza? La Treccani?

Probabilmente il partito scienza si adegua alla situazione. Più corretto sarebbe "civiltà a tecnologia bellica avanzata".
Quoto quanto ha scritto, è l'esempio lampante per la frase "se ne vanno prima i migliori".


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Anonymous
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Allora: come si vede si tratta di questioni complesse, rispetto alle quali l'ignoranza gioca brutti scherzi. Anche perché la storia di quella che è ancora oggi la prima potenza seppur in relativo declino, gli Stati Uniti d'America, rappresenta la dimostrazione più evidente del ruolo decisivo dei flussi migratori nello sviluppo economico, politico e sociale di un paese. Già nel 1850, subito dopo la scoperta delle miniere d'oro in California, Marx ed Engels individuano in un famoso scritto le conseguenze di portata storica che ne sarebbero derivate, per effetto dei giganteschi flussi migratori che tale scoperta avrebbe innescato o accelerato.
Cit:[...] Una costa di 30 gradi di latitudine, una delle zone più fertili e belle del mondo, finora praticamente disabitata, va trasformandosi a vista d'occhio in un paese ricco e civilizzato, densamente popolato da gente di tutte le razze, dallo yankee al cinese, dal negro all'indiano al malese, dal creolo al meticcio all'europeo.
L'oro californiano si riversa a fiumi sull'America e sulla costa asiatica dell'oceano Pacifico e trascina gli indocili popoli barbarici nel commercio mondiale, nella civiltà. Per la seconda volta il commercio mondiale subisce un colpo di timone [...].

Il riferimento è naturalmente al primo colpo di timone della storia del capitalismo, quello della scoperta dell'America, che provocò il passaggio dell'asse dei traffici mondiali dal Mediterraneo all'Atlantico; il secondo colpo di timone, nella lucida previsione di Marx ed Engels, avvierà il passaggio dall'Atlantico al Pacifico, come ha ampiamente confermato l'epoca che stiamo vivendo, l'epoca dei giganti dell'Asia.
Nel corso del XIX secolo gli Stati Uniti passano da 5 a 76 milioni di abitanti, principalmente grazie ai flussi migratori dall'Europa ma anche dall'Asia e dall'America Latina, flussi che permettono loro di diventare la prima potenza mondiale e di esserlo fino ai nostri giorni.
Un brano che sottolinea, con grande efficacia e fascino letterario, l'importanza decisiva dei flussi migratori e dell'urbanizzazione per lo sviluppo della specie umana, è quello che prendiamo da un o scritto di Trotskij (1908) dal titolo: la nostra patria nel tempo (da Letteratura e rivoluzione, Ed Einaudi).

[...] Il nostro tempo è grande - e degno di pietà è chi non se ne accorge! - proprio perché ha posto per la prima volta le basi della storia universale. Sotto i nostri occhi esso trasforma il concetto di umanità da finzione umanitaristica in una realtà storica. L'arena delle azioni storiche diventa immensamente grande e il globo terrestre paurosamente piccolo. Le rotaie delle ferrovie e i fili del telegrafo hanno rivestito tutto il globo terrestre di una rete artificiale quasi si trattasse di un mappamondo di scuola.
Prima dell'avvento del capitalismo il mondo era campagna. IL capitalismo è venuto e ha svuotato i serbatoi delle campagne, questi vivai dell'ottusità della nazione, e ha stipato di carne e di cervello umano i bauli di pietra delle città.
Superando ogni ostacolo ha avvicinato fisicamente i popoli della terra, e sulla base di queste relazioni materiali ha svolto un'opera per la loro assimilazione spirituale. Il capitalismo ha messo sottosopra le vecchie culture e ha dissolto spietatamente nel proprio cosmopolitismo di mercato le combinazioni di stagnazione e pigrizia, che erano considerati caratteri nazionali costituitisi una volta per sempre [...]

Tra le conseguenze negative della combinazione tra sviluppo capitalistico (e quindi legge del profitto) e generale rimescolamento di popoli e individui, possiamo certamente collocare il razzismo.
Occorre anzitutto intendersi sul termine, e non confondere il razzismo con la xenofobia... (seconda parte)


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Doppio.


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Doppio.


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Doppio. Chiedo ai moderatori di fare qualcosa, Grazie.


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Tra le conseguenze negative della combinazione tra sviluppo capitalistico (e quindi legge del profitto) e generale rimescolamento di popoli e individui, possiamo certamente collocare il razzismo.

Tra le conseguenze negative della combinazione tra sviluppo capitalcabalistico (e quindi legge del neo-profitto porta a porta post bolscevico de' noiantri) e generale rimescolamento di popoli, individui e capre, possiamo certamente collocare anche la proliferazione dell'alopecia femminile. Questa è "scenzzza" https://www.youtube.com/watch?v=49H2Xdauyy4


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Giovina
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E invece io, considerato che si continua a indicare il comunismo come la panacea di tutti i mali, da oca operaia ( e pertanto giustificata per fare domande sciocche e inopportune), riluttante e refrattaria all'Ascesi Iniziatica del pensiero comunista, mi chiedo com'e', per esempio, che la diaspora cinese non solo non si sia arrestata dopo l'inseminazione occidentale del pensiero comunista in territorio di Cina, ma pare addirittura aumentata.


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Xenofobia, la quale viene definita (sul vocabolario Devoto-Oli) : Avversione indiscriminata nei confronti degli stranieri e di tutto ciò che è straniero.
la xenofobia ha dunque una storia lunga come l'umanità: le sue radici risalgono infatti all'epoca in cui, dato il basso livello di sviluppo delle forze produttive e la conseguente disperata lotta per l'esistenza, gli stranieri si identificavano spesso con i nemici che arrivavano improvvisamente a mettere in pericolo le faticose conquiste di una determinata comunità. Non a caso i greci, come del resto i cinesi e molti altri popoli, chiamavano barbari tutti i "non greci" o "non cinesi".

Il razzismo, invece viene così definito dal Devoto-Oli:
Ogni tendenza psicologica o politica, suscettibile di assurgere a teoria o di tradursi in prassi sanzionata dalla legge, che fondandosi sulla presunta superiorità di una razza sulle altre o su di un'altra, favorisca o determini discriminazioni sociali o addirittura genocidio.

Il razzismo ha dunque una base "teorica", di cui tuttavia la scienza ha dimostrato da tempo la totale infondatezza. Infatti la scienza:
Nega qualunque significato di rilievo alla classificazione dell'umanità in razze (intese come grandi raggruppamenti di individui della specie umana, definibili sulla base del colore della pelle o di altri particolari anatomici: in altre parole la razza nera ha un significato scientifico paragonabile a quello dell razza della mascella quadrata o del naso aquilino).
In un'intervista a Luca Cavalli Sforza ha affermato: ma tra i Bantù, i neozelantesi e gli europei non esiste alcuna differenza vera e la distanza che si può osservare nel DNA fra gli individui è quasi identica a quella geografica. C'è stata, inoltre nei millenni una grandissima evoluzione culturale che spesso ha agito più fortemente di quella biologica, ma nei geni è rimasta scolpita la stessa impronta: non c'è diversità tra gli individui e la razza è unica.

La scienza dunque può tranquillamente negare qualunque pretesa base scientifica alle convinzioni di superiorità dell'una o dell'altra "pretesa" razza.

Le basi teoriche del razzismo vengono poste, paradossalmente proprio nei secoli delle grandi scoperte geografiche e della rivoluzione scientifica...(terza parte)


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Come dicevo le basi teoriche del razzismo vengono poste, paradossalmente durante i secoli delle grandi scoperte, vediamolo: da un lato la borghesia e l'aristocrazia europea hanno bisogno di ideologie che giustifichino la "accumulazione originaria" di cui parla Marx nel Capitale, che si basa anche sull'esportazione delle ricchezze e del pluslavoro di interi popoli (a mezzo di spaventosi massacri e della riduzione in schiavitù di molte popolazioni indigene d'America, Asia ed Africa). Inoltre la rivoluzione scientifica determina, in una prima fase, una attività di tipo prettamente classificatorio (impersonata, per esempio, da grandi scienziati come Linneo) che non poteva evidentemente risparmiare la specie umana (nello studio della quale del resto, gli scienziati dell'epoca non potevano non partire, dato il livello delle conoscenze, dal carattere più appariscente e cioè dal colore della pelle). Il fatto poi che i popoli dalla pelle più scura fossero anche (in quel particolare momento e per un caso della storia) economicamente e socialmente più deboli ed arretrati, portò gli scienziati dell'epoca a collegare i due fattori (arretratezza economica e culturale e colore della pelle) ed a giungere a quelle conclusioni, profondamente errate, che apriranno la strada all teorie ed a pregiudizi razzisti.
Se i primi scienziati borghesi che giunsero a simili conclusioni non furono altro che vittime dei limiti della scienza della loro epoca, altrettanto non si può certo dire delle classi dominanti che nel XIX e XX secolo (cioè quando ormai la scienza aveva dimostrato l'infondatezza di ogni teoria razzista) hanno fatto uso spregiudicato delle ideologie razziste, come dimostrano due banali ma drammatici esempi:
1- per dividere il proletariato: si pensi in particolare agli USA o al Sudafrica dell'apartheid, ma sia pure in forme diverse, anche in Europa e all'Italia di oggi nei confronti degli immigrati.
2- per unificare popoli da proiettare verso ambiziose conquiste politico-militari (si pensi solo all'uso del razzismo ad opera dei nazionalismi del XX secolo, come fascismo o nazismo). (quarta parte)


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