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Mondo - Jihadisti
Cosi' ISIS e al Qaida si spartiscono il terrore
Un nemico comune: l'Occidente. Ma due metodi e mondi opposti. Gli attentati in Burkina Faso e le rappresaglie contro i civili in Siria non sono altro che l'espressione della guerra in corso nell'universo jihadista.

di Maria Acqua Simi - 19 gennaio 2016

Hanno un unico nemico comune, l'Occidente. E cosi' il sedicente Stato islamico (e affiliati) e al Qaida (e affiliati) in lotta tra loro cercano di conquistare l'egemonia del mondo jihadista. E la triste cronaca di questi giorni non e' che la riprova dello scontro in corso. Da una parte, al Qaida ed il sanguinoso attentato in Burkina Faso. Sull'altro versante, l'ISIS e la controffensiva in Siria.

L'integralismo islamista in pochi giorni ha falciato centinaia di vite umane. Sono 25 quelle nel Paese africano, a seguito dell'assalto all'Hotel Splendid e ad altre strutture turistico-ricettive in cui sono morti anche due svizzeri. Addirittura si parla di 300 vittime a Deir el Zour, in Siria. E se solitamente l'Occidente si scuote solo quando i terroristi spostano la loro linea d'azione entro i confini del vecchio continente o negli Stati Uniti, questa volta ha dovuto tornare ad alzare la testa.

Ma da dove nasce questa divisione tra jihadisti? Non si tratta della lotta - atavica - tra musulmani sciiti e musulmani sunniti. E' molto di piu'. Sebbene lo Stato Islamico nasca da una costola dell'organizzazione fondata da Osama bin Laden, si tratta di due forze separate ed in estrema contrapposizione. Anche se c'e' uno scopo comune: condurre la jihad, la "guerra santa" contro la cultura occidentale.

Dopo l'attacco alle Torri Gemelle dell'11 settembre 2001, Osama bin Laden era diventato il nemico pubblico numero uno per l'opinione pubblica occidentale. Un nome temuto, il ricercato numero uno dalle intelligence di mezzo mondo. Dopo la sua cattura e la sua uccisione, la leadership qaidista ha pero' incominciato ad incrinarsi. E ad oggi al Qaida ha una minore diffusione rispetto all'ISIS, un'organizzazione in grado di colpire simultaneamente in Europa e in Estremo Oriente, come dimostrato dall'assalto a Jakarta.

Anche per questo i gruppi legati ad al Qaida hanno cominciato ad intensificare la loro azione nella fascia del Sahel (l'attentato in Burkina Faso segue di qualche mese quello di Bamako, capitale del Mali, quando venne colpito l'hotel Radisson Blue). Entrambi sono stati attribuiti allo stesso gruppo, "Al-Murabitun", guidato dall'algerino e qaedista Mokhtar Belmokhtar.

Cio' che sta accadendo e' una prova di forza per dimostrare la propria centralita' nella vastissima galassia islamista. E se colpire gli "infedeli" non e' sufficiente, i rivali islamici si misurano anche sul terreno: in Siria e Libano e' guerra aperta tra ISIS e al-Nusra (legato ad al Qaida). La separazione ufficiale tra i due gruppi terroristici e' avvenuta nel 2014, per l'incapacita' del nuovo leader di al Qaida, Ayman al Zawahiri, di porre fine alle schermaglie tra jiahdisti in territorio mediorientale.

La lotta tra Stato islamico e i seguaci di bin Laden e' comunque diventata aperta dopo gli attentati di Parigi: nel confronto che da mesi oppone il Califfo dell'ISIS Abu Bakr Al Baghdadi ad al Zawahiri, i talebani afghani hanno scelto infatti di stare con l'ISIS. Il gruppo guidato dall'ex galeotto iracheno dispone infatti di ingenti risorse economiche e di una vera forza mediatica e militare, come dimostrato nell'occupazione di intere regioni di Siria e Iraq. Proprio per questo motivo e' capace di attuare un'efficace strategia bellica che "supera" gli attentati terroristici che continuano ad essere invece l'unica azione di al Qaida.

Un altro punto di forza dell'ISIS e' poi la capacita' di attrazione dei giovani in tutto il mondo: sono migliaia i foreign fighters partiti alla volta del Medio Oriente per combattere la jihad al soldo del Califfo, cosi' come sono sempre piu' numerosi i "lupi solitari" che in territorio occidentale scelgono di colpire nel nome di Al Baghdadi.

Come se non bastasse, centinaia di piccoli gruppi di ribelli islamisti sparsi per il mondo hanno deciso di radunarsi sotto la bandiera nera del Califfato: sabato scorso i membri di almeno quattro gruppi di estremisti islamici delle Filippine e della Malesia hanno dichiarato fedelta' al leader dello Stato Islamico e lo stesso e' accaduto nei mesi scorsi ad altre milizie armate in Nigeria (Boko Haram), Somalia, Afghanistan, Ciad, Mali e Libia (dove ora l'ISIS controlla circa 250 km di costa tra Derna, Bengasi e Sirte).

Il ricco Stato Islamico - finanziato dai sauditi, dal Qatar e da numerosi Paesi a maggioranza sunnita - infatti ha riconosciuto un certo numero di Province al di fuori di Siria e Iraq. Province che ora ingrandiscono il suo prestigio e rigonfiano le sue casse. Il controllo di vaste zone ricche di petrolio e, spesso, della tratta dei migranti, ha fatto il resto (e' notizia di ieri che la Germania non esclude il dispiegamento di truppe in Libia, dove l'avanzata dei militanti islamisti costituisce una minaccia per l'Europa e potrebbe provocare una nuova ondata di arrivi di migranti). Nello scontro ideologico e militare tra questi due gruppi, l'Occidente e' rimasto inerme, incapace di reagire in maniera coordinata e strutturata a una guerra che si combatte a piu' livelli: quello militare, quello propagandistico e mediatico e soprattutto culturale.

E' nell'ignoranza e nell'assenza di significato di un Occidente smarrito che l'ISIS raccoglie consensi, spesso precettando ragazzi poco piu' che ventenni. Disposti a morire per un ideale che, per quanto distorto e folle, e' l'unica proposta che hanno incontrato.


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oriundo2006
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