Non solo INRI, Gesù...
 
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Non solo INRI, Gesù Nazareno re dei Giudei…

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Anonymous
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Si ce ne sono e anche molte.
Il problema di fondo è che non ne parlano ovviamente come Dio incarnato; ovviamente perché sono presenti soprattutto in testi provenienti da altre religioni che non riconoscono la divinità di Gesù.
Nei testi di origine giudaica se ne parla con propositi denigratori, ma se ne parla. E non ho voglia di ricordali, meglio che finiscano nel dimenticatoio.
Con toni decisamente più rispettosi ne parlano testi buddisti; questi ultimi descrivono sia gli anni che precedono la predicazione, sia gli anni dopo la crocefissione; ossia dicono che Gesù non è morto sulla croce, è sopravvissuto e ha trascorso i restanti anni della sua vita nell'altipiano del Pamir, dove aveva trascorso gli anni precedenti la predicazione e aveva appreso la "religione" buddista. In sé non è una affermazione offensiva, anzi ne riconoscono la grandezza e cercano, se non di inglobarlo, di farne un loro figlio spirituale. Ma questa narrazione è in contrasto insanabile con sacrificio sulla croce del figlio di Dio e con la sua resurrezione.
Provo a prepararle qualcosa di più preciso, ho bisogno di un po' di tempo.

La si deve smettere di far fede su ciò che si legge, sono soltanto chiacchere, invece si deve sperimentare personalmente.
Dal momento che il tempo non esiste, spiritualmente parlando, si può vivere nel passato, presente e futuro, con la dovuta preparazione.
Che Gesù si sia recato sull'altipiano del Pamir è una balla sesquipedale. 8)

L'altra balla è che il Cristo non è mai esistito...
Probabilmente si chiamava Giovanni di Gamala, condannato, in quanto terrorista come il padre Pietro ed i suoi fratelli, ( e non discepoli ) al patibolo e non croce !


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GiovanniMayer
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Perché affiggere una scritta come l'acronimo "INRI" sulla croce di Gesù-Cristo, TiianoS, se non conservasse importanza?
Forse che Pilato fosse un burlone? ❓ 🙄

Non credo proprio fosse un burlone, Tiberio non lo sopportava; lo aveva posto sotto il controllo del legato della provincia di Siria per controllarlo meglio.

Quello che mi ha lasciato sempre stupito non è tanto il cartiglio posto sulla croce, quanto il fatto che il processo per la condanna di Cristo sia avvenuto al di fuori della legge, non ne è stata rispettata una che una, e questo non è messo bene in evidenza.
Cristo è stato arrestato di notte, la legge ebraica prevedeva che gli arresti fossero fatti in pieno giorno "perché tutti potessero vedere"
Il primo processo, quello a cui Lo hanno sottoposto Anna e Caifa è avvenuto in piena notte, da Pilato Gesù fu portato in mattinata.
La condanna a morte doveva essere decretata all'unanimità e le votazioni dovevano essere due a distanza di un giorno una dall'altra; alla prima votazione partecipavano tutti gli aventi diritto, alla seconda solo quelli che avevano votato per la condanna a morte; chi era convinto dell'innocenza dell'imputato non poteva più cambiare idea, chi invece era convinto della colpevolezza poteva rivedere le sue convinzioni; molto garantista.
Che fine ha fatto la seconda votazione ? Nessuno ne parla. Che tutti Lo avessero condannato a morte è comprensibile: li hanno tirati giù dal letto alle 3, 4 della notte, dovevano essere incazzati neri. E Giuseppe d'Arimatea, quello che ha regalato la tomba per sepoltura ? Prima lo condanna a morte (sarebbe bastato il suo solo voto contrario a salvarLo) e poi gli regala la tomba. Un sadico burlone.
'sti fratelli maggiori che fii de na mignotta che sono !

Potrebbe essere che quando hanno scritto i Vangeli, chi li ha scritti non conoscesse queste sfumature della legge ebraica.
Qualcuno ha mai letto il libro "Gesù Cristo non è mai esistito" scritto i primi del '900 da Milesbo?
Se si, cosa ne pensate della sua ricostruzione?

Incipit di "Gesù Cristo non è mai esistito"
Di Gesù Cristo — persona reale, essere umano — la storia non ci ha conservato nessun documento, nessuna prova, nessuna dimostrazione.

Parte male:
quello che vorrebbe dimostrare è assunto come assioma, che oltre tutto afferma falsità.

Beh...leggendo il titolo e l'incipit si capisce un po' poco, specialmente per un libro scritto nel 1901 (se non ricordo male)
Ci sono più note che libro e le fonti sono i maggiori cristianisti della storia fino a quel momento, il principale dei quali fu Renan.
Comunque dice: nessun documento (ce ne sono?), nessuna prova (ce ne sono?), nessuna dimostrazione (ce ne sono?).

Si ce ne sono e anche molte.
Il problema di fondo è che non ne parlano ovviamente come Dio incarnato; ovviamente perché sono presenti soprattutto in testi provenienti da altre religioni che non riconoscono la divinità di Gesù.
Nei testi di origine giudaica se ne parla con propositi denigratori, ma se ne parla. E non ho voglia di ricordali, meglio che finiscano nel dimenticatoio.
Con toni decisamente più rispettosi ne parlano testi buddisti; questi ultimi descrivono sia gli anni che precedono la predicazione, sia gli anni dopo la crocefissione; ossia dicono che Gesù non è morto sulla croce, è sopravvissuto e ha trascorso i restanti anni della sua vita nell'altipiano del Pamir, dove aveva trascorso gli anni precedenti la predicazione e aveva appreso la "religione" buddista. In sé non è una affermazione offensiva, anzi ne riconoscono la grandezza e cercano, se non di inglobarlo, di farne un loro figlio spirituale. Ma questa narrazione è in contrasto insanabile con sacrificio sulla croce del figlio di Dio e con la sua resurrezione.
Provo a prepararle qualcosa di più preciso, ho bisogno di un po' di tempo.

Aspetto, anche perché quello che hai detto non sono né documenti, né prove, né dimostrazioni.
Comunwue il libro, di cui rinnovo il consiglio alla lettura, non pretende di svelare delle verità (anche perché nel 1901 on c'era ancora questa moda) ma è un'analisi seria edettagliata dei documenti conosciuti del periodo tra lo 0 e il 33 d.c.


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GiovanniMayer
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Si ce ne sono e anche molte.
Il problema di fondo è che non ne parlano ovviamente come Dio incarnato; ovviamente perché sono presenti soprattutto in testi provenienti da altre religioni che non riconoscono la divinità di Gesù.
Nei testi di origine giudaica se ne parla con propositi denigratori, ma se ne parla. E non ho voglia di ricordali, meglio che finiscano nel dimenticatoio.
Con toni decisamente più rispettosi ne parlano testi buddisti; questi ultimi descrivono sia gli anni che precedono la predicazione, sia gli anni dopo la crocefissione; ossia dicono che Gesù non è morto sulla croce, è sopravvissuto e ha trascorso i restanti anni della sua vita nell'altipiano del Pamir, dove aveva trascorso gli anni precedenti la predicazione e aveva appreso la "religione" buddista. In sé non è una affermazione offensiva, anzi ne riconoscono la grandezza e cercano, se non di inglobarlo, di farne un loro figlio spirituale. Ma questa narrazione è in contrasto insanabile con sacrificio sulla croce del figlio di Dio e con la sua resurrezione.
Provo a prepararle qualcosa di più preciso, ho bisogno di un po' di tempo.

La si deve smettere di far fede su ciò che si legge, sono soltanto chiacchere, invece si deve sperimentare personalmente.
Dal momento che il tempo non esiste, spiritualmente parlando, si può vivere nel passato, presente e futuro, con la dovuta preparazione.
Che Gesù si sia recato sull'altipiano del Pamir è una balla sesquipedale. 8)

L'altra balla è che il Cristo non è mai esistito...
Probabilmente si chiamava Giovanni di Gamala, condannato, in quanto terrorista come il padre Pietro ed i suoi fratelli, ( e non discepoli ) al patibolo e non croce !

Questo è già più probabile e nega quello che hai detto cioè che è una balla che il Cristo non sia mai esistito, infatti se fosse vera la cosa di tal Giovanni di Gamala, non sarebbe esistito il Cristo cioè l'unto dal Signore, ma sarebbe esistito Il "terrorista" Giovanni di Gamala.
Comunwue il libro in questione si può scaricare in pdf anche da liber liber per esempio


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Rosanna
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Un bellissimo libro molto istruttivo:

Samuel Brandon, Gesù e gli Zeloti. Il cristianesimo sovversivo prima di Paolo

La condanna a morte di Gesù raccontata come fatto storico in tutti i particolari delle vicende politiche e giudiziarie. Si tratta del processo più rilevante per la cultura europea occidentale, eppure poche sono le ricostruzioni dettagliate dell'accaduto. Questo libro colloca la più grande condanna a morte della storia nel suo contesto. Al centro del racconto ci sono le tensioni tra i conquistatori romani e i movimenti ebrei ribelli: protagonista quello degli Zeloti. La figura di Gesù è riletta in chiave temporale come quella di un grande capo carismatico.

L'opera di Samuel George Frederick Brandon ricostruisce lo svolgimento del processo a Gesù e gli accadimenti che hanno preceduto la sua crocifissione. Esegeta e apprezzato studioso di religione, Brandon si propone di dimostrare con un approccio storico-critico che il processo a Gesù di Nazareth è un fatto accertato che ha avuto luogo in uno scenario e in un momento storico ben definiti. La teoria alla base del "Processo a Gesù" è che la figura presentata dai testi evangelici sia contraddittoria perché in essa sono confluiti due filoni distinti: l'interpretazione dei diretti seguaci di Gesù, legati agli eventi della Palestina ebraica, e la visione che Paolo di Tarso aveva elaborato in contrasto con la prima. Alla luce di queste considerazioni "Processo a Gesù" si rivela un'opera affascinante e controversa che da un lato testimonia la storicità dell'azione giuridica intentata contro Gesù, dall'altra ne dissolve le ambiguità tramandate dai resoconti evangelici.

http://www.ibs.it/code/9788868020293/brandon-samuel/gesu-gli-zeloti.html

Siamo noi che commettiamo il gravissimo errore di interpretare il movimento dei seguaci diretti di Cristo come se questi avessero già incorporato la filosofia espressa nel Nuovo Testamento, che rende spoliticizzato, degiudaizzato e pacifista il messaggio evangelico, prima ancora che Paolo lo avesse formulato.

In realtà, gli stessi Atti degli Apostoli, sebbene siano stati redatti col preciso scopo di far apparire la concezione neomessianica di Paolo come se fosse appartenuta a Gesù Cristo, proponendo in modo del tutto artificiale la continuità e la conformità là dove invece sussistono discontinuità e contrapposizione, finiscono per mostrare loro malgrado, con innegabile chiarezza, l'esistenza di un grave conflitto fra una corrente giudaizzante (identificata nelle persone come Simone e Giacomo, i fratelli di Gesù) e una corrente riformista con aperture ellenistiche (identificata nelle persone come Paolo e i suoi seguaci).

In un secondo tempo San Paolo avrebbe maturato un atteggiamento diverso, probabilmente rendendosi conto che la strada della semplice repressione politica, consistente nell'arresto e nella eliminazione fisica degli esponenti messianisti, non avrebbe funzionato molto, tanto più che le ideologie radicali del tipo esseno-zelotico non si fermavano davanti al martirio (abbiamo visto il comportamento dei cittadini di Gamla e degli assediati di Masada) ma, al contrario, ne traevano nuovo orgoglio e nuova energia combattiva. In pratica Paolo comprese che l'ideologia messianista tradizionale avrebbe potuto trovare un antagonista valido solo in un'altra ideologia, e che l'argine per ostacolare l'espansione del messianismo radicale nei diversi strati della popolazione ebraica, e per allontanare i suoi gravi pericoli, avrebbe potuto essere offerto solo da un altro messianismo, non così bellicoso, non così ispirato al nazionalismo yahwista, non così frontalmente ostile ai romani, ma comunque rispondente ad istanze che avessero una risonanza reale nella gente e in larghi strati di popolo.

Insomma, invece di seguire la via degli arresti e delle esecuzioni, Paolo preferì offrire un'alternativa all'idea della salvezza nazional-religiosa (questa fu la sostanza reale della sua conversione) e si adoperò per creare un messianismo più convincente di quello che, pur solleticando l'orgoglio etnico, che è il tratto distintivo di ogni ebreo, metteva tutti quanti di fronte al timore (poi confermato dalle vicende della guerra degli anni 66-70) che i romani ricorressero alla soluzione definitiva e che Israele precipitasse nella più sventurata delle catastrofi. E' questa, e soltanto questa, la corretta chiave interpretativa attraverso la quale noi possiamo capire ciò che gli Atti degli Apostoli ci presentano, molto falsamente e opportunisticamente, come una semplice divisione di competenze fra Paolo e gli Apostoli giudaizzanti: evangelizzatore dei gentili l'uno, evangelizzatori degli ebrei gli altri.

Altro che divisione di competenze! La verità è che questi ultimi erano legati alla concezione messianica di derivazione maccabea, ovvero al patriottismo nazional-religioso degli esseno-zeloti, ostile per natura al mondo gentile; mentre Paolo aveva già sparso i semi di una filosofia di apertura al pensiero extragiudaico, al punto da rappresentare il suo Gesù Cristo con caratteristiche che appartenevano assai più agli dei incarnati e risuscitanti delle teologie gentili che non alla figura messianica delle profezie giudaiche.
Ora, noi abbiamo molti motivi per credere che Paolo, nella sua città di origine, Tarso, in Cilicia, abbia avuto contatti molto ravvicinati con le culture religiose ellenistiche ed orientali, anzi, proprio con i culti detti misteriosofici, in cui si celebravano complicati riti iniziatici.

Di questi possiamo avere una bellissima descrizione divulgativa, accessibile anche ai non addetti ai lavori, nell'opera di J.G.Frazer, "Il Ramo d'Oro" (Newton Compton, 1992), dalla cui lettura possiamo arrivare a capire che certi elementi teologici della figura di Gesù Cristo devono essere stati mutuati dai culti extragiudaici come quelli di Attis, Adonis, Osiride, Dioniso, Mitra... mi riferisco alla nascita verginale, alla resurrezione dopo tre giorni di discesa agli inferi, all'innesto del concetto teofagico (cibarsi della carne e del sangue del Dio) sui contenuti del rito eucaristico esseno (la fractio panis di cui abbiamo visto nel manuale di disciplina di Qumran).

Ora, la quasi totalità dei cristiani nega che il Cristo giustiziato da Ponzio Pilato, con l'accusa di avere militato per diventare "re dei Giudei", avesse l'intenzione di diventare realmente "re dei Giudei" e abbia mai avuto a che fare col messianismo nazional-religioso degli esseni e degli zeloti. E supportano questa loro irremovibile convinzione sulla base della tradizionale immagine evangelica di un Gesù che predica amore, pace, perdono, non violenza, che contraddice alcune caratteristiche del pensiero ebraico messianista (Gesù siede a tavola coi gentili, deroga alla regola del sabato...), e considerano la vicenda del processo, della condanna e della esecuzione romana mediante crocifissione (il tipico destino dei latrones e dei sicarii, ovverosia degli zeloti) come un clamoroso equivoco giudiziario, da cui Pilato, vittima dei raggiri dei sacerdoti del tempio, esce praticamente scagionato, e con lui tutti i romani. Un equivoco generato dalle false accuse che i giudei avrebbero prodotto nel presentare Gesù a Ponzio Pilato, al fine di indurre proditoriamente i romani a giustiziarlo.

Ma il meccanismo non è questo! Il punto falso non risiede in quelle accuse di militanza esseno-zelota, bensì nell'immagine del Cristo apolitico, demessianizzato, addirittura quasi degiudaizzato, che propone nell'imminenza della Pasqua ebraica, ad una assemblea di giudei, cerimoniali di sapore nettamente gentile (l'eucarestia teofagica come rito sacrificale del dio incarnato), una immagine costruita a posteriori dalla scuola di San Paolo. E naturalmente non è legittimo dimostrare che il Cristo era un pacifista, che non era il Messia, che era estraneo ai movimenti esseno-zelotici, utilizzando a questo scopo i documenti
che furono costruiti apposta per sostenere l'ideologia antimessianista e per alterare la figura di Cristo.

Insomma, quando noi leggiamo i Vangeli (i Vangeli del canone ecclesiastico, naturalmente, non la letteratura primitiva del giudeo-cristianesimo che, del resto, è stata opportunamente tolta di mezzo), noi non abbiamo davanti agli occhi l'immagine storica di Gesù Cristo, bensì l'immagine costruita artificialmente dalla revisione paolina come base della catechesi neocristiana.

I Vangeli sono il manifesto antimessianista (e quindi anti-Cristo-della-storia) che ci mostra, non le idee di Gesù, ma le idee di Paolo e dei suoi seguaci, ovverosia di colui che è stato fra i nemici più accaniti di Cristo e che non si è affatto convertito ma che, in un secondo tempo, ha convertito l'ideale di Cristo, appartenente al pensiero giudaico più radicale, in una filosofia extragiudaica.

Una conversione che è stata ripetuta in modo assai simile, tre secoli dopo, dallo stesso imperatore Costantino, che non si è mai convertito al cristianesimo di Gesù nel modo in cui sostiene una certa interpretazione storica, ma che ha trovato convenienti motivi per convertire ulteriormente la teologia cristiana e renderla sempre più compatibile con le religioni già in voga nell'impero romano (fu lui a volere energicamente il concilio di Nicea e a dare inizio ad un'epoca plurisecolare di caccia all'eresia).

In pratica, dopo queste molteplici e successive operazioni di ricostruzione teologica realizzate nell'arco di tre secoli, le cose che leggiamo oggi nei Vangeli servono a indicarci ciò che Gesù non era molto più di quanto non possano servire ad indicarci ciò che Gesù era. Anche se questa è un'idea inaccettabile da parte di coloro che sono innamorati dell'immagine neo-cristiana del Gesù figlio di Dio e che non possono tollerare che tale immagine sia ridotta dall'analisi storica ad un prodotto di pura creatività teologica.

http://www.fisicamente.net/SCI_FED/index-948.htm

8) 8)


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GiovanniMayer
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Per chi ha voglia di leggere questa interessante analisi.
Poi parliamo di prove, documenti e affini.
(P.S. non è la mia Bibbia o la mia Verità, è solo una dettagliata e seria analisi piena di note e riferimenti, sulla quale meditare e semmai confrontare con lavori più moderni)

http://www.liberliber.it/online/autori/autori-b/emilio-bossi-alias-milesbo/


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TizianoS
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@ Rosanna

Le rispondo con una dichiarazione di fantasia fatta da Simone lo Zelota a Gesù, come l'ho trovata su Internet. E' in origine un po' lunga (e l'ho tagliata), ma contiene a mio parere spunti interessanti [i grassetti sono miei]:

"SIMONE LO ZELOTA

"Anche Gesù ha adoperato la parola da cui è nato il mio soprannome: «Lo zelo per la tua casa mi divora»! Anche Gesù era zelota: non come me. Io cercavo con passione una via politica alla libertà della mia nazione. Mi ero immerso in una serie di convinzioni che mi davano prestigio agli occhi degli uomini. Ero, o mi credevo, nella veste del liberatore.

"Gesù ha chiamato anche me a seguirlo.

"In un primo tempo pensavo e sognavo la rivoluzione che Egli avrebbe dovuto programmare e sostenere. Lentamente, ma ogni giorno di più e con stupore, mi rendevo conto che Gesù era diverso dai miei pensieri. Egli non parlava di governo né di politica. Parlava di convivenza nell'amore da praticare, non da far praticare. Parlava di giustizia da vivere, non da pretendere.
…..

"L'istituzione del tempio, pur essendo ereditata dai padri, è ancora una forma di oppressione dell'uomo: Gesù lo aveva fatto notare il giorno in cui, com'era scritto del Messia, ha usato la sferza nel piazzale per far uscire pecore e buoi. L'istituzione del tempio era divenuta impedimento all'incontro dell'uomo col Padre.
…..

"C'è un nuovo tempio per cui impegnare il mio zelo! È il «corpo» di Gesù! È Gesù vero uomo l'unico luogo ove incontriamo il Padre. È Lui, la sua Persona, l'unico luogo di libertà. È con Lui che in ogni luogo, in ogni momento, ci troviamo in casa nostra perché Egli è la dimora del Padre.

"Anch'io, come gli altri miei fratelli, l'ho compreso un po' solo dopo che Gesù ha soffiato su di me il Suo Spirito. Prima mi rimaneva un mistero.

"A molti rimane mistero. Tra le persone che amano essere intelligenti, che cercano i sottili ragionamenti si diffonde un modo di pensare pericoloso. Credono che la missione di Gesù sia finita e siano rimaste alcune belle idee, convinzioni da avere, parole da praticare. Essi le chiamano addirittura teologie! Ma dimenticano che l'uomo si salva nell'incontro con la Persona di Gesù: persona concreta, uomo in carne ed ossa, non fantasma,……….

.......

"Amando la Persona di Gesù troviamo salvezza da questo mondo che rovescia i valori, che distrugge l'uomo e le convivenze umane. Amando la Persona di Gesù ricostruiremo ancora l'armonia nel nostro cuore e nella nostra casa e nella nostra convivenza sociale. Amando la Persona di Gesù i regni di questo mondo non fanno più paura e non fanno più problema.

"La missione di Gesù non è finita. La continuiamo noi, i dodici, membra del Suo Corpo. Solo quando rimango unito alla Sua Persona, con amore per Lui, m'accorgo di continuare il Suo compito, il Suo morire nell'amore. Quando invece voglio convincere gli altri delle belle idee che ho su Dio e sull'uomo, allora Dio è morto in me.

"Voler convincere è già dominare!

"La vita di Dio non si comunica - almeno mai l'ho sperimentato - con le convinzioni, ma con la testimonianza. E l'unica testimonianza che dona vita divina è l'amore per Gesù!

"Io, Simone soprannominato Zelota, ti voglio donare la mia perla: amare Gesù! Egli è il tesoro nascosto nel campo! questa è la vita eterna, che rimane oltrepassando ogni esperienza e ogni avvenimento terreno, che ringiovanisce man mano che gli anni passano. Amare la persona di Gesù. Quando amo Gesù, Dio non è lontano, è nel mio cuore! e nulla e nessuno più è necessario."

da:
http://www.cinquepani.it/pagine/dettaglio/opuscoli,31/li_chiamo_apostoli,98.html


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Rosanna
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@ Rosanna

Le rispondo con una dichiarazione di fantasia fatta da Simone lo Zelota a Gesù, come l'ho trovata su Internet. E' in origine un po' lunga (e l'ho tagliata), ma contiene a mio parere spunti interessanti [i grassetti sono miei]:

"SIMONE LO ZELOTA

"Anche Gesù ha adoperato la parola da cui è nato il mio soprannome: «Lo zelo per la tua casa mi divora»! Anche Gesù era zelota: non come me. Io cercavo con passione una via politica alla libertà della mia nazione. Mi ero immerso in una serie di convinzioni che mi davano prestigio agli occhi degli uomini. Ero, o mi credevo, nella veste del liberatore.

"Gesù ha chiamato anche me a seguirlo.

"In un primo tempo pensavo e sognavo la rivoluzione che Egli avrebbe dovuto programmare e sostenere. Lentamente, ma ogni giorno di più e con stupore, mi rendevo conto che Gesù era diverso dai miei pensieri. Egli non parlava di governo né di politica. Parlava di convivenza nell'amore da praticare, non da far praticare. Parlava di giustizia da vivere, non da pretendere.
…..

"L'istituzione del tempio, pur essendo ereditata dai padri, è ancora una forma di oppressione dell'uomo: Gesù lo aveva fatto notare il giorno in cui, com'era scritto del Messia, ha usato la sferza nel piazzale per far uscire pecore e buoi. L'istituzione del tempio era divenuta impedimento all'incontro dell'uomo col Padre.
…..

"C'è un nuovo tempio per cui impegnare il mio zelo! È il «corpo» di Gesù! È Gesù vero uomo l'unico luogo ove incontriamo il Padre. È Lui, la sua Persona, l'unico luogo di libertà. È con Lui che in ogni luogo, in ogni momento, ci troviamo in casa nostra perché Egli è la dimora del Padre.

"Anch'io, come gli altri miei fratelli, l'ho compreso un po' solo dopo che Gesù ha soffiato su di me il Suo Spirito. Prima mi rimaneva un mistero.

"A molti rimane mistero. Tra le persone che amano essere intelligenti, che cercano i sottili ragionamenti si diffonde un modo di pensare pericoloso. Credono che la missione di Gesù sia finita e siano rimaste alcune belle idee, convinzioni da avere, parole da praticare. Essi le chiamano addirittura teologie! Ma dimenticano che l'uomo si salva nell'incontro con la Persona di Gesù: persona concreta, uomo in carne ed ossa, non fantasma,……….

.......

"Amando la Persona di Gesù troviamo salvezza da questo mondo che rovescia i valori, che distrugge l'uomo e le convivenze umane. Amando la Persona di Gesù ricostruiremo ancora l'armonia nel nostro cuore e nella nostra casa e nella nostra convivenza sociale. Amando la Persona di Gesù i regni di questo mondo non fanno più paura e non fanno più problema.

"La missione di Gesù non è finita. La continuiamo noi, i dodici, membra del Suo Corpo. Solo quando rimango unito alla Sua Persona, con amore per Lui, m'accorgo di continuare il Suo compito, il Suo morire nell'amore. Quando invece voglio convincere gli altri delle belle idee che ho su Dio e sull'uomo, allora Dio è morto in me.

"Voler convincere è già dominare!

"La vita di Dio non si comunica - almeno mai l'ho sperimentato - con le convinzioni, ma con la testimonianza. E l'unica testimonianza che dona vita divina è l'amore per Gesù!

"Io, Simone soprannominato Zelota, ti voglio donare la mia perla: amare Gesù! Egli è il tesoro nascosto nel campo! questa è la vita eterna, che rimane oltrepassando ogni esperienza e ogni avvenimento terreno, che ringiovanisce man mano che gli anni passano. Amare la persona di Gesù. Quando amo Gesù, Dio non è lontano, è nel mio cuore! e nulla e nessuno più è necessario."

da:
http://www.cinquepani.it/pagine/dettaglio/opuscoli,31/li_chiamo_apostoli,98.html

Grazie TizianoS, molto interessante! è una rievocazione metafisica del rapporto tra Simone lo Zelota e Gesù ...

Ne ricordo un'altra, proposta da Giuseppe Berto nel suo breve ma straordinario romanzo

"La Gloria" ... dove l'autore immagina un rapporto paradossale e molto forte tra Giuda Iscariota, il grande traditore e Gesù ...

Infatti sarebbe fin troppo facile vedere in Giuda il peggior traditore della storia umana, in realtà potrebbe essere stato un martire condannato all’eterna infamia con l'unica colpa di essere stato scelto per realizzare il "grande imbroglio", che avrebbe consentito la passione di Cristo e compiuto il volere di Dio … idea per nulla banale, confermata anche da "Jesus Christ Superstar" …

La metanarrazione è condotta direttamente da Giuda, narratore autodiegetico, affascinato dalla figura di quel profeta viandante, che raccoglie intorno a sé le più grandiose folle della Palestina, grondanti di amore e ammirazione per le cose che dice e per i miracoli che fa … però Gesù appare come una figura ambigua, oscura ed enigmatica … Giuda lo insegue sempre, lo ama, lo guarda con trasporto passionale, sperando che quella sua potenza istrionica avrebbe potuto liberare il popolo ebraico … invece Gesù schiva lo sguardo diretto del discepolo, sfugge alle sue richieste e lo evita …

Storia ansiogena, sfuggente e misteriosa .. finché si compie il tempo della passione, è il momento dell'ultima cena … solo allora Gesù si volge verso Giuda e lo guarda intensamente negli occhi, dicendogli che era arrivato il suo tempo e che lui avrebbe dovuto tradire: "qualcuno di voi mi tradirà!" … "Vai e fai quello che devi !!"

Mai avrebbe pensato Giuda che quel compito infame sarebbe toccato a lui … ma l'amore per Gesù arriva fino all'ultimo estremo sacrificio … quel tradimento che sarebbe passato alla storia come il più orribile, ripugnante, disgustoso mai avvenuto …

Un romanzo insomma di incredibile potenza, in cui si dispiega la coscienza inquieta di Giuda Iscariota, un giovane pieno di ardore rivoluzionario, insoddisfatto di una religiosità sterile e asettica, deluso di un messianesimo passivo che lascia il popolo ebraico soggiogato alla dominazione romana. È comunque un mondo arcaico e primitivo, composto da uomini concreti e reali, in balia dell’ignoranza delle cose, apostoli assolutamente incapaci di comprendere il nuovo evangelio, scossi da antagonismo e contrasti spesso banali.

L'incipit del romanzo:

"Io, Giuda Iscariota, nato a Gerusalemme da padre mercante, cresciuto all’ombra del Tempio, istruito nella Legge e nelle Scritture, osservante delle norme e dei precetti, legato agli zeloti per cospirazione e fuggito dalla città santa per scampare alla croce, percorrevo le terre d’Israele ansioso che l’Eterno Adonai si manifestasse mostrandomi un segno della sua potenza, o della sua vanità. Ero giovane, e impaziente […]. Ero tentato di chiedermi dove fosse l’Eterno, e se ci fosse davvero un eterno o non piuttosto un infinito vuoto … "

8) 8)


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[quote="Rosanna"][quote="TizianoS"]@ Rosanna

E vediamo, L'Unto,il Messia, il Terrorista, Zelota ecc.
Mai sentito parlare o sentire un Gesù da più di 40 scrittori.

http://www.yeshua.it/

http://www.yeshua.it/cenni%20sullautore.htm

Giancarlo Tranfo.

http://www.vangeliestoria.eu/

Emilio Salsi


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Infatti sarebbe fin troppo facile vedere in Giuda il peggior traditore della storia umana, in realtà potrebbe essere stato un martire condannato all’eterna infamia con l'unica colpa di essere stato scelto per realizzare il "grande imbroglio", che avrebbe consentito la passione di Cristo e compiuto il volere di Dio … idea per nulla banale,

Ciò sta scritto nella cronaca dell'akasha. 😉


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TizianoS
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A chiusura di questa discussione, desidero riproporre parte di un mio commento postato ieri sempre su "Opinioni" di CDC. Si tratta di una lettera che "Mara bar Sarapion", stoico vissuto in Siria, scrisse in siriaco al figlio, nella quale lettera si allude a Gesù Cristo, che egli chiama "saggio re dei Giudei".

La maggioranza degli studiosi colloca la lettera poco dopo il 73 d.C. Sempre tra gli studiosi c'è un consenso di massima nell'identificare il "saggio re dei Giudei" con Gesù.

Questo è un estratto della lettera:

«Quale vantaggio trassero gli Ateniesi dall'aver ucciso Socrate? Ne ottennero carestia e morte. O gli abitanti di Samo per aver bruciato Pitagora? In un momento tutto il loro paese fu coperto dalla sabbia. O i Giudei, per il loro saggio re? Da quel tempo fu sottratto loro il regno.
Dio vendicò giustamente la saggezza di questi tre uomini: gli Ateniesi morirono di fame, gli abitanti di Samo furono travolti dal mare, i Giudei furono eliminati e cacciati fuori dal loro regno, e sono ora dispersi per tutte le terre. Socrate non è morto, grazie a Platone; né Pitagora, grazie alla statua di Hera, né il saggio re, grazie alle nuove leggi che ha stabilito.»

https://it.wikipedia.org/wiki/Lettera_di_Mara_Bar_Serapion


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GiovanniMayer
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A chiusura di questa discussione, desidero riproporre parte di un mio commento postato ieri sempre su "Opinioni" di CDC. Si tratta di una lettera che "Mara bar Sarapion", stoico vissuto in Siria, scrisse in siriaco al figlio, nella quale lettera si allude a Gesù Cristo, che egli chiama "saggio re dei Giudei".

La maggioranza degli studiosi colloca la lettera poco dopo il 73 d.C. Sempre tra gli studiosi c'è un consenso di massima nell'identificare il "saggio re dei Giudei" con Gesù.

Questo è un estratto della lettera:

«Quale vantaggio trassero gli Ateniesi dall'aver ucciso Socrate? Ne ottennero carestia e morte. O gli abitanti di Samo per aver bruciato Pitagora? In un momento tutto il loro paese fu coperto dalla sabbia. O i Giudei, per il loro saggio re? Da quel tempo fu sottratto loro il regno.
Dio vendicò giustamente la saggezza di questi tre uomini: gli Ateniesi morirono di fame, gli abitanti di Samo furono travolti dal mare, i Giudei furono eliminati e cacciati fuori dal loro regno, e sono ora dispersi per tutte le terre. Socrate non è morto, grazie a Platone; né Pitagora, grazie alla statua di Hera, né il saggio re, grazie alle nuove leggi che ha stabilito.»

https://it.wikipedia.org/wiki/Lettera_di_Mara_Bar_Serapion

Quindi?


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TizianoS
Estimable Member
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Topic starter  

A chiusura di questa discussione, desidero riproporre parte di un mio commento postato ieri sempre su "Opinioni" di CDC. Si tratta di una lettera che "Mara bar Sarapion", stoico vissuto in Siria, scrisse in siriaco al figlio, nella quale lettera si allude a Gesù Cristo, che egli chiama "saggio re dei Giudei".

La maggioranza degli studiosi colloca la lettera poco dopo il 73 d.C. Sempre tra gli studiosi c'è un consenso di massima nell'identificare il "saggio re dei Giudei" con Gesù.

Questo è un estratto della lettera:

«Quale vantaggio trassero gli Ateniesi dall'aver ucciso Socrate? Ne ottennero carestia e morte. O gli abitanti di Samo per aver bruciato Pitagora? In un momento tutto il loro paese fu coperto dalla sabbia. O i Giudei, per il loro saggio re? Da quel tempo fu sottratto loro il regno.
Dio vendicò giustamente la saggezza di questi tre uomini: gli Ateniesi morirono di fame, gli abitanti di Samo furono travolti dal mare, i Giudei furono eliminati e cacciati fuori dal loro regno, e sono ora dispersi per tutte le terre. Socrate non è morto, grazie a Platone; né Pitagora, grazie alla statua di Hera, né il saggio re, grazie alle nuove leggi che ha stabilito.»

https://it.wikipedia.org/wiki/Lettera_di_Mara_Bar_Serapion

Quindi?

Quindi, a mio parere:

- Che Gesù era veramente I.N.R.I., cioè Gesù Nazareno Re dei Giudei.

- Che porta male uccidere il proprio saggio re (secondo Mara bar Sarapion).


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GiovanniMayer
Honorable Member
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A chiusura di questa discussione, desidero riproporre parte di un mio commento postato ieri sempre su "Opinioni" di CDC. Si tratta di una lettera che "Mara bar Sarapion", stoico vissuto in Siria, scrisse in siriaco al figlio, nella quale lettera si allude a Gesù Cristo, che egli chiama "saggio re dei Giudei".

La maggioranza degli studiosi colloca la lettera poco dopo il 73 d.C. Sempre tra gli studiosi c'è un consenso di massima nell'identificare il "saggio re dei Giudei" con Gesù.

Questo è un estratto della lettera:

«Quale vantaggio trassero gli Ateniesi dall'aver ucciso Socrate? Ne ottennero carestia e morte. O gli abitanti di Samo per aver bruciato Pitagora? In un momento tutto il loro paese fu coperto dalla sabbia. O i Giudei, per il loro saggio re? Da quel tempo fu sottratto loro il regno.
Dio vendicò giustamente la saggezza di questi tre uomini: gli Ateniesi morirono di fame, gli abitanti di Samo furono travolti dal mare, i Giudei furono eliminati e cacciati fuori dal loro regno, e sono ora dispersi per tutte le terre. Socrate non è morto, grazie a Platone; né Pitagora, grazie alla statua di Hera, né il saggio re, grazie alle nuove leggi che ha stabilito.»

https://it.wikipedia.org/wiki/Lettera_di_Mara_Bar_Serapion

Quindi?

Quindi, a mio parere:

- Che Gesù era veramente I.N.R.I., cioè Gesù Nazareno Re dei Giudei.

- Che porta male uccidere il proprio saggio re (secondo Mara bar Sarapion).

È un'interpretazione, ma non può certo essere considerata una prova. Insomma si parla molto in generale e non viene nominato né Gesù, né il Cristo, né INRI, né la Croce, neanche l'origine divina di questo non meglio specificato saggio re dei giudei.
Vederci una prova storica dell'esistenza di Gesù Cristo figlio di Dio e Re dei giudei è una forzatura. Ma più di una forzatura, è una suggestione, un'illusione.

Potrbbe anche parlare di Salomone. Non dice neanche specificamente che questo saggio re fu ucciso, magari fece un'altra fine. È molto molto interpretabile.


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Anonymous
Illustrious Member
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A chiusura di questa discussione, desidero riproporre parte di un mio commento postato ieri sempre su "Opinioni" di CDC. Si tratta di una lettera che "Mara bar Sarapion", stoico vissuto in Siria, scrisse in siriaco al figlio, nella quale lettera si allude a Gesù Cristo, che egli chiama "saggio re dei Giudei".

La maggioranza degli studiosi colloca la lettera poco dopo il 73 d.C. Sempre tra gli studiosi c'è un consenso di massima nell'identificare il "saggio re dei Giudei" con Gesù.

Questo è un estratto della lettera:

«Quale vantaggio trassero gli Ateniesi dall'aver ucciso Socrate? Ne ottennero carestia e morte. O gli abitanti di Samo per aver bruciato Pitagora? In un momento tutto il loro paese fu coperto dalla sabbia. O i Giudei, per il loro saggio re? Da quel tempo fu sottratto loro il regno.

Dio vendicò giustamente la saggezza di questi tre uomini: gli Ateniesi morirono di fame, gli abitanti di Samo furono travolti dal mare, i Giudei furono eliminati e cacciati fuori dal loro regno, e sono ora dispersi per tutte le terre. Socrate non è morto, grazie a Platone; né Pitagora, grazie alla statua di Hera, né il saggio re, grazie alle nuove leggi che ha stabilito.»

https://it.wikipedia.org/wiki/Lettera_di_Mara_Bar_Serapion

Quindi?

Quindi, a mio parere:

- Che Gesù era veramente I.N.R.I., cioè Gesù Nazareno Re dei Giudei.

- Che porta male uccidere il proprio saggio re (secondo Mara bar Sarapion).

" Prova con NAZIREO, visto che Nazaret all'a presunta epoca non esisteva.

Prova a leggere:
David Donnini
http://www.etanali.it/mar_morto/files/01.htm

Ciao, ciao


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Rosanna
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Friedrich Nietzsche, Umano troppo umano

Origine del culto religioso. — Se ci riportiamo ai tempi in cui la vita religiosa era nel suo massimo rigoglio, vi troviamo una convinzione di base che oggi non condividiamo più, e a causa della quale ci vediamo chiuse una volta per sempre le porte della vita religiosa: tale convinzione riguarda la natura e il rapporto con essa. A quei tempi nulla ancora si sa di leggi naturali: né per la terra né per il cielo esiste ancora una necessità; una stagione, la luce del sole, la pioggia possono venire o anche non venire. Manca in genere ogni concetto di causalità naturale. Quando si rema, non è l'atto del remare che fa muovere la barca, il remare è solo una cerimonia magica, con la quale si costringe un demone a far muovere la barca.

Tutte le malattie, e la stessa morte, sono il risultato di influssi magici. L'ammalarsi e il morire non sono mai processi naturali; manca ogni idea di «svolgimento naturale» — solo presso gli antichi greci, dunque in una fase molto tarda dell'umanità, essa comincia ad affacciarsi nel concetto della Moira, che troneggia sugli dèi. Quando uno tira con l'arco, sono sempre presenti una mano e una forza irrazionali; se le sorgenti improvvisamente inaridiscono, si pensa prima d'ogni altra cosa ai demoni sotterranei e alle loro malizie; dev'essere il dardo di un dio, sotto la cui forza irresistibile un uomo improvvisamente si abbatte. In India (secondo Lubbock) il falegname suole offrir sacrifici al suo martello, alla sua ascia e agli altri arnesi di lavoro, e allo stesso modo si comporta il bramino con la penna con cui scrive, il soldato con l'arma che usa sul campo, il muratore con la sua cazzuola, il contadino con il suo aratro. Nell'idea degli uomini religiosi, l'intera natura è una somma di azioni di esseri dotati di conoscenza e volontà, un immenso complesso di
atti arbitrari.

In relazione a tutto quanto sta fuori di noi, non è permesso concludere
che qualcosa sarà in questo modo o in un altro, che qualcosa dovrà avvenire in questo modo o in un altro; quel che è approssimativamente sicuro e calcolabile siamo noi: l'uomo è la regola, la natura è la mancanza di regola — questa proposizione contiene la convinzione fondamentale che domina le culture primordiali, rozze, produttrici di religione. Noi uomini di oggi sentiamo per l'appunto esattamente l'opposto: quanto più ricco l'uomo si sente interiormente, quanto più polifonico è il suo soggetto, tanto più potente agisce su di lui la simmetria della natura; noi tutti riconosciamo con Goethe nella natura il grande mezzo di acquietamento dell'animo moderno, ascoltiamo il battere del pendolo del più grande orologio con una nostalgia di tranquillità, di familiarità e di silenzio, come se di questa simmetria potessimo intriderci e, solo grazie ad essa, giungere al godimento di noi stessi.

Allora accadeva il contrario: se ci riportiamo col pensiero alle condizioni rozze e primitive dei popoli, o consideriamo da vicino gli odierni selvaggi, li troviamo determinati nel modo più rigoroso dalla legge, dalla tradizione: l'individuo è quasi automaticamente vincolato da esse, e si muove con l'uniformità di un pendolo. La natura — la non compresa, terribile, misteriosa natura — gli deve apparire come il regno della libertà, dell'arbitrio, della forza
superiore, e allo stesso tempo come un grado sovraumano dell'esistenza, come dio.

Ora però ogni individuo di simili tempi e condizioni sente come da quegli arbitri della natura dipendano la sua esistenza, il bene suo, della famiglia, dello Stato, il successo di ogni impresa: certi processi naturali debbono intervenire al tempo giusto, altri invece al tempo giusto cessare. In che modo si può esercitare un influsso su queste spaventose incognite, come si può imbrigliare il regno della libertà? questo egli si domanda, e indaga con angoscia: non esiste dunque alcun mezzo per regolare quelle forze con una tradizione, con una legge, così come ne sei regolato tu stesso? La riflessione degli uomini che credono alla magia e ai prodigi mira a imporre una legge alla natura: e, in poche parole, il risultato di questa riflessione è il culto religioso. Il problema che quegli uomini si pongono è intrinsecamente collegato a questo: come può la razza più debole dettar legge alla
più forte, determinarla, guidare le sue azioni (in rapporto alla più debole)?

Per prima cosa ci si ricorderà del tipo più innocuo di costrizione, quella che si esercita su qualcuno una volta ottenutane la simpatia. Con suppliche e preghiere, con la sottomissione, con l'obbligo di regolari tributi e doni, con lusinghiere glorificazioni è dunque possibile esercitare una costrizione anche sulle forze della natura, in quanto le rendiamo a noi favorevoli: l'amore vincola e viene vincolato. Poi si possono concludere accordi, nei quali ci si obbliga a un determinato comportamento reciproco, si danno pegni e si scambiano giuramenti. Ma molto più importante è un tipo di costrizione più efficace, per mezzo della magia e degli incantesimi.

Come l'uomo, con l'aiuto del mago, può nuocere anche a un nemico più forte e lo mantiene in uno stato di paura nei suoi confronti, come l'incantesimo d'amore agisce a distanza, così l'uomo debole crede di poter influire anche sui potenti spiriti della natura. Il mezzo principale di ogni incantesimo è di entrare in possesso di qualcosa che appartenga a qualcuno: capelli, unghie, qualche cibo della sua mensa, persino il suo ritratto, il suo nome. Con questo apparato si può allora procedere all'incantesimo; infatti il presupposto fondamentale è questo: a ogni essere spirituale è proprio qualcosa di corporeo, con l'aiuto del quale si può vincolare lo spiri con cui si può afferrare l'elemento spirituale. Ora, come l'uomo agisce sull'uomo,
così egli agisce anche su un qualsiasi spirito della natura: anch'esso, infatti,
possiede il suo elemento corporeo per il quale può essere afferrato.

L'albero e, paragonato ad esso, il seme da cui è nato: questo misterioso accostamento sembra dimostrare che in ambedue le forme si è incorporato il medesimo spirito, ora piccolo, ora grande. Una pietra che improvvisamente rotola è il corpo in cui agisce uno spirito: se in una plaga solitaria si erge un enorme blocco di pietra, sembra impossibile pensare a una forza umana che l'abbia trascinato sin là, dunque la pietra dev'essersi mossa da sola: essa cioè deve ospitare uno spirito. Tutto quanto abbia un corpo è accessibile all'incantesimo, e dunque anche gli spiriti della natura. Se poi un dio è legato alla sua immagine, si può esercitare una costrizione diretta anche su di lui (negandogli i cibi votivi, flagellandolo, incatenandolo e cose simili).

In Cina la gente del popolo, per estorcere a un dio il favore che viene a mancare, lega con corde l'effige di colui che l'ha abbandonata, la tira giù, la trascina per le strade su mucchi di fango e di immondizie: «Cane di uno spirito, dicono, ti abbiamo fatto abitare in un tempio splendido, ti abbiamo indorato, ti abbiamo nutrito bene, e tu sei così ingrato!». Ancora in questo secolo, in qualche paese cattolico sono state prese analoghe misure coercitive contro immagini di santi e della madonna che, in casi di pestilenza e di siccità, rifiutavano di fare il proprio dovere. Tutti questi rapporti magici con la natura hanno dato vita a innumerevoli cerimonie; e infine, quando la confusione tra queste è diventata troppo grande, ci si affanna a ordinarle, a fissarle in un sistema, cosicché si crede di garantirsi il favorevole svolgimento dell'intero ciclo della natura, e in particolare della grande rivoluzione annuale, svolgendo corrispondentemente tutto un sistema di procedure.

Il senso del culto religioso è di determinare ed esorcizzare la natura a vantaggio dell'uomo, dunque di imprimerle una legalità che essa non possiede fin da principio, mentre al giorno d'oggi si vuole conoscere la legalità della natura p
er adeguarsi ad essa. Insomma, il culto religioso si basa sull'idea dell'incantesimo tra uomo e uomo; e il mago è più antico del prete. Ma, parimenti, esso poggia su altre e più nobili concezioni; presuppone il rapporto di simpatia tra uomo e uomo, l'esistenza della benevolenza, della gratitudine, dell'esaudimento delle suppliche, di
patti tra nemici, del conferimento di pegni, del diritto alla protezione della
proprietà. Anche a livelli culturali molto bassi, l'uomo non sta di fronte alla natura come uno schiavo impotente, non è necessariamente il suo servo privo di volontà: al livello della religione greca, soprattutto nel rapporto con gli dèi olimpici, si può addirittura pensare alla convivenza di due caste, una più nobile e potente e una meno nobile; ma in un certo senso ambedue sono, quanto a origine, complementari e di una sola specie, non debbono vergognarsi l'una dell'altra. Questo è l'elemento nobile della religiosità greca.

http://www.iisbachelet.it/biblioteca/106-Nietzsche_umano_troppo_umano.pdf


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