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Pronti a combattere a chi?


Tao
 Tao
Illustrious Member
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Libia. Le parole del ministro degli esteri Paolo Gentiloni esprimono il solito disprezzo dell’articolo 11 della nostra Costituzione

Siamo pronti a com­bat­tere», le parole del mini­stro degli esteri Paolo Gen­ti­loni sono chiare: il governo ita­liano Renzi-Alfano è pronto ad una nuova avven­tura mili­tare. Dove? In Libia. E come? Ma natu­ral­mente «sotto egida Onu», nel qua­dro della sup­po­sta lega­lità inter­na­zio­nale (can­cel­lata dalle tante guerre decise senza e con­tro le Nazioni unite). E per­ché? Per­ché i mili­ziani dello Stato isla­mico hanno occu­pato Sirte, la terza città della Libia 450 km da Tri­poli. Con evi­dente minac­cia diretta per l’Italia. Un inter­vento dun­que «preventivo».

Con in canna l’aggettivo «uma­ni­ta­rio»: la tra­ge­dia dei migranti afri­cani in fuga attra­verso la Libia, merce di scam­bio di bande rivali e abban­do­nati da noi ai cimi­teri marini.

Siamo sgo­menti. Pos­si­bile che Gen­ti­loni e Renzi non cono­scano la genesi del jiha­di­smo negli ultimi tre anni e le respon­sa­bi­lità che gra­vano sui governi d’Europa e Stati uniti? Come dimen­ti­care le parole, ahimé pro­fe­ti­che, del colon­nello Ghed­dafi , che ammo­niva gli occi­den­tali: «State aiu­tando i vostri veri nemici», men­tre jet della Nato, era il marzo del 2011, diven­ta­vano l’aviazione degli insorti islamisti?

Quella guerra deva­stò un Paese — Sirte, città natale di Ghed­dafi era ridotta ad un cumulo di mace­rie — che aveva il red­dito più alto dell’intera Africa. Con­se­gnan­dolo ad un sedi­cente Con­si­glio prov­vi­so­rio in balìa per due anni di una guerra tra tribù e clan, sulla quale ha preso alla fine il soprav­vento l’area più orga­niz­zata, i jiha­di­sti. Prima a Ben­gasi, dove sono andati alla resa dei conti con i loro spon­sor Usa, ucci­dendo l’11 set­tem­bre 2012 l’ambasciatore Chris Ste­vens, già respon­sa­bile in loco dell’intelligence ame­ri­cano durante la guerra. Uno smacco: si dimise Hil­lary Clin­ton segre­ta­ria di Stato e fu dimis­sio­nato David Petraeus, capo della Cia. Da allora in poi la Libia si è divisa in almeno tre realtà con­trap­po­ste, non senza ele­zioni far­se­sche quanto applau­dite da Europa e Usa che intanto tace­vano sul disprezzo dei diritti umani dei nuovi gover­nanti. Oggi in Libia di governi ce ne sono due. Anzi tre, per­ché nel frat­tempo i jiha­di­sti hanno tenuto in scacco Ben­gasi, pro­cla­mato l’Emirato a Derna e ora hanno con­qui­stato Sirte. E, gra­zie all’inquadramento occi­den­tale e ai tanti depo­siti di armi, sono il san­tua­rio dello jiha­di­smo in Siria e in Iraq. Così è andata.

Anche l’intervento mili­tare del 2011 — senza mai citare, come sta­volta, i nostri inte­ressi petro­li­feri — venne moti­vato per risol­vere, la que­stione dei migranti in fuga dalle guerre e dalla mise­ria dell’Africa dell’interno. Già con Ghed­dafi il patto era che, die­tro la pro­messa d’investimenti (la lito­ra­nea di Ber­lu­sconi) li tenesse ben chiusi nei campi di con­cen­tra­mento. Stessa richie­sta abbiamo avan­zato ai nuovi gover­nanti del Con­si­glio prov­vi­so­rio. E con la stessa moti­va­zione siamo «pronti a com­bat­tere» adesso: pur­ché i migranti siano fer­mati, magari in campi di acco­glienza come i Cie nostrani, ma con la scritta sopra delle Nazioni unite. Che ven­gono bol­late d’incapacità pro­prio sulla Libia. È stato lo stesso Mat­teo Renzi a dichia­rare « non più suf­fi­ciente» la mis­sione Ue-Onu del diplo­ma­tico spa­gnolo Ber­nar­dino Leon.

Così «siamo pronti a com­bat­tere», piut­to­sto che un impeto leo­par­diano, asso­mi­glia piut­to­sto al solito disprezzo dell’articolo 11 della nostra Costi­tu­zione e anche dell’Onu, la cui egida viene stru­men­tal­mente evo­cata ma con­si­de­rata più che per­dente. L’etichetta invece torna sem­pre utile per coprire una guerra.

Avan­ziamo una mode­sta pro­po­sta al mini­ni­stro Paolo Gen­ti­loni — che più di trenta anni fa si bat­teva con­tro l’installazione dei mis­sili stra­te­gici Usa sul nostro ter­ri­to­rio. Con­vo­chi una Con­fe­renza inter­na­zio­nale sugli errori (e sugli orrori) com­messi dall’Italia in Libia (e non solo). Solo così saremo all’altezza della minac­cia dell’Is che, appren­di­sti stre­goni, abbiamo con­tri­buito a creare.

Tommaso Di Francesco
Fonte: www.ilmanifesto.info
14.02.2015


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annibale51
Prominent Member
Registrato: 2 anni fa
Post: 845
 

La aggressione alla Libia è stata la cosa più becera che l' occidente abbia fatto...pensare che Gheddafi solo 8 mesi prima era a Roma accolto con tutti gli onori insieme ad altri capi di stato...che amici!!! 200 mld di Euro aveva accumulato Gheddafi (di soldi messi da parte ...non debito pubblico, 36. 000 euro per ogni cittadino libico) che gestiva con oculatezza. Penso che sia morto per questo. Mi viene in mente Totò Riina che a confronto di qualche personaggio che gestisce il potere in occidente potrebbe essere un ingenuo fanciullo.


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AlbertoConti
Membro
Registrato: 2 anni fa
Post: 1539
 

Creare il problema, offrire la soluzione.
Più che apprendisti stregoni sono alunni parecchio ritardati.

Il caso libico resterà nella storia del nordafrica come la più vergognosa prova del tradimento degli interessi popolari, sia qui che laggiù. Altro che democrazia, questa è pura e semplice questione criminologica.


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