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referendum del 2 giugno 1946,aveva vinto la monarchia?

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helios
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REFERENDUM 2 GIUGNO 1946, AVEVA VINTO LA MONARCHIA ?
Pubblicato il 02/06/2011 di giuseppemerlino

Nella giornata del 2 e nella mattinata del 3 giugno 1946 si tenne in Italia il Referendum per scegliere la forma istituzionale dello Stato, cioè tra Repubblica e Monarchia. Il Referendum fu a suffragio universale e, per la prima volta in Italia, votarono anche le donne.
Furono esclusi dal voto i cittadini della Venezia Giulia, della Dalmazia, dell’Alto Adige e della Libia (allora ancora italiana). Si disse che questi italiani avrebbero votato in seguito (sic), ma non se ne fece più niente.
Per assicurare l’ordine durante il Referendum fu costituita una polizia speciale formata da ex-partigiani.

Il 4 giugno i carabinieri, a metà spoglio, comunicano a Pio XII° (chissà perchè solo a lui) che la Monarchia si avviava a vincere.
Nella mattinata del 5 giugno, De Gasperi annuncia al Re Umberto II° che la Monarchia aveva vinto.
Dopo che i rapporti dell’Arma dei Carabinieri, presente in tutti i seggi, segnalarono al Ministro degli Interni Romita la vittoria della Monarchia, iniziarono una serie di oscure manovre ancora non del tutto chiare: nella notte tra il 5 ed il 6 giugno i risultati si capovolsero in favore della Repubblica con l’immissione di una valanga di voti di dubbia provenienza.
Accurati studi statistici hanno dimostrato che in quell’epoca non potevano esserci tanti votanti quanti ne sono stati conteggiati nei dati ufficiali del Ministero dell’Interno,
dunque i voti giunti al ministero dell’Interno all’ultimo momento, che avevano dato la vittoria alla repubblica, erano scaturiti dal nulla.
Furono immediatamente presentati migliaia di ricorsi, ma con un arrogante sopruso non furono mai presi in considerazione.
In quelle due notti si svolse anche una vera e propria guerra tra i servizi segreti americani favorevoli alla Repubblica e quelli inglesi favorevoli alla Monarchia.
Il 10 giugno la Corte di Cassazione diede in via ufficiosa la notizia della vittoria della Repubblica affermando che avrebbe fatto la proclamazione ufficiale con i dati definitivi il 18 giugno. Ciò però non avvenne per cui la Repubblica, in effetti, non è mai stata proclamata !
Negli stessi giorni le truppe comuniste del maresciallo Tito (Yugoslavia) erano pronte al confine italiano per intervenire qualora fosse stata proclamata la vittoria della Monarchia.
Dopo la proclamazione ufficiosa della vittoria della Repubblica, furono scoperti nei luoghi più disparati, migliaia di pacchi di schede non scrutinate che furono prontamente distrutti.
A quel punto, il governo, proclamò in fretta e furia la vittoria della Repubblica e nominò Alcide De Gasperi (monarchico !) capo provvisorio dello stato.
Immediatamente scoppiarono rivolte in molte città italiane contro i brogli del Referendum. Particolarmente gravi furono i disordini a Napoli dove il 9, 10 ed 11 giugno la polizia speciale di cui abbiamo parlato prima impiegò autoblindo e carriarmati contro la folla inerme uccidendo 9 persone e ferendone centinaia.
A questo punto il Re Umberto II°, per evitare una guerra civile, parte per l’esilio, dopo aver diffuso un proclama in cui contesta la violazione della legge ed il comportamento rivoluzionario dei suoi ministri, che non hanno atteso il responso definitivo della Cassazione.
Ho scritto questa breve nota sopratutto per i più giovani che vengono tenuti regolarmente all’oscuro di questi fatti.

https://giuseppemerlino.wordpress.com/2011/06/02/referendum-2-giugno-1946-aveva-vinto-la-monarchia/

....

2 giugno 1946: come andò veramente il referendum istituzionale monarchia repubblica
di Giovanni Bortolone/Giovanna Canzano - 04/02/2008

Fonte: politicamentecorretto

GIOVANNA C ANZANO INTERVISTA GIOVANNI BARTOLONE

CANZANO. Come giudichi il libro del prof. Aldo Mola: “Declino e crollo della monarchia in Italia?”
BARTOLONE. E’ un’opera molto importante perché contribuisce a far chiarezza, alla luce di nuovi documenti della Corte di Cassazione, sul referendum istituzionale del 2 giugno 1946. Ci sono molti dubbi sulla vittoria della repubblica. Per molti la repubblica è nata nel sangue e nella truffa. Altri aggiungono grazie ad un colpo di stato commesso dal governo, in un clima di guerra civile strisciante. Il ritorno alla democrazia non significò il suffragio universale. Moltissimi, troppi, italiani furono privati del diritto di voto.
CANZANO. Puoi spiegarti meglio? Si dice che il voto fu regolare, a parte qualche disfunzione dovuta al lungo periodo di non voto, dovuto alla dittatura, ai registri elettorali non aggiornati, all’inesperienza degli scrutatori e dei presidenti di seggio ecc.
BARTOLONE. Andiamoci in ordine. Il referendum si svolse in un Italia sconfitta, che avrebbe firmato qualche mese dopo il trattato di pace, il famoso Diktat. Era un'Italia ancora sotto il controllo di un governo militare straniero d’occupazione. In intere regioni dell’Italia centro-settentrionale, dove il predominio delle sinistre era assoluto, non si tenne nessuna manifestazione monarchica.
CANZANO. Vuoi dire che in qualche modo la sinistra non ha permesso manifestazioni di propaganda elettorale?
BARTOLONE. Propagandare il voto per la Monarchia avrebbe significato esporsi a rappresaglie, minacce e violenze d’ogni tipo. In queste zone operavano ancora le “volanti rosse”, che quasi impunemente assassinavano gli avversari politici nei numerosi “triangoli della morte”. Nella stessa Roma le manifestazioni di massa monarchiche, come ad esempio quella del 10 maggio 1946, erano assaltate dagli “ausiliari di Romita”, ex partigiani inquadrati nella polizia. A Napoli i cortei monarchici erano attaccati a colpi di bombe a mano come accadde in Via Foria il 15 maggio 1946.
CANZANO. Come si svolsero le operazioni di voto?
BARTOLONE. Vero è che il 2 giugno si votò nella massima calma. Ma il clima delle settimane precedenti era stato, per dirla con il socialista Pietro Nenni: “O la repubblica o il caos”. Il ministro comunista delle Finanze, Mauro Scoccimarro, parlando a Frascati minacciò la rivoluzione in caso di vittoria monarchica al referendum. Sandro Pertini chiedeva la fucilazione del Luogotenente Umberto di Savoia. In molti benpensanti per evirare il caos decisero di votare repubblica.
CANZANO. Però il 2 giugno votarono per la prima volta tutti gli italiani.
BARTOLONE. Non è vero. E’ falso. E’ un’altra leggenda da sfatare. Vero è che per la prima volta poterono votare le donn e per elezioni politiche. Per favorire la vittoria della repubblica, il governo composto nella quasi totalità di repubblicani, emise un decreto legislativo, il numero 69/1946, contrario Re Umberto – dalla caduta del fascismo al 1948, il governo godeva anche del potere legislativo – nel quale si privavano del diritto di voto gli abitanti della Venezia Giulia, della Dalmazia e dell’Alto Adige. Questi cittadini sarebbero stati consultati “con successivi provvedimenti”. In altre parole mai più. Si dimenticarono della Libia – allora territorio metropolitano. I cittadini italiani residenti in Libia furono privati del diritto di voto. Forse erano già convinti di cedere queste parti del territorio nazionale a stati esteri, oppure pensavano che gli abitanti potessero votare “Monarchia”, ritenendo che un'Italia monarchica potesse difendere meglio la permanenza delle loro terre all’Italia. Meglio non rischiare, fac endo votare questi cittadini italiani. Furono inoltre esclusi dal voto i prigionieri, gli sfollati, gli epurati. Gli epurati erano coloro che essendosi compromessi con il Regime, furono privati del diritto di voto. Idem i loro f
amiliari. Ma chi, a parte una piccola minoranza, non si era compromesso col Fascismo durante il Ventennio? Non è contraria ad ogni civile principio di civiltà giuridica una legge con effetto retroattivo in materia penale? E i loro familiari che colpa avevano? Nei comuni c’era molta faziosità. Molti degli esclusi dal voto non erano fascisti, ma erano monarchici. In totale furono privati del diritto di voto circa il 10 percento degli italiani, esclusi i “libici”.

CANZANO. Però la repubblica ottenne la maggioranza dei voti.
BARTOLONE. Non è detto. Il governo non comunicò in anticipo, come avviene in tutte le elezioni del mondo, il numero degli aventi diritto al voto. Anzi, secondo molti stu diosi, dalle urne non potevano venir fuori tutte quelle schede. In ogni Paese del mondo, c’è un rapporto costante tra gli aventi diritto al voto e la popolazione. I numeri sono numeri. Le leggi della demografia non lo consentono. I conti non tornano tra i “risultati” del referendum, i probabili aventi diritto al voto e la popolazione italiana del tempo. Ci sarebbero stati circa 2 milioni di voti in più nelle urne. Numerose persone ricevettero 2 o 3 certificati elettorali. Lo stesso accadde per molti defunti. Due operai comunisti impiegati ai Monopoli furono arrestati, mentre trafugavano pacchi di schede elettorali prima del voto. Prendendo per buoni i “risultati” ufficiali la repubblica avrebbe vinto per circa 250 mila voti in più rispetto al numero dei “votanti” ufficiali. Su circa 35 mila sezioni elettorali, furono presentati circa 21 mila ricorsi. Furono esaminati e respinti tutti in meno di 15 giorni. Mentre la Corte di Cassazione esaminava i ricorsi, il governo, prendendo per buoni i risultati provvisori del referendum, emise la notte del 13 giugno 1946, una dichiarazione con la quale trasferiva le funzioni di Capo dello Stato al Presidente del Consiglio in carica. Si poteva aspettare il 18, data della proclamazione dei risultati definitivi. Forse si sarebbe potuto avere una repubblica proclamata per decreto reale. Invece, forse per paura che i brogli sarebbero stati scoperti, il governo pose Umberto II di fronte al fatto compiuto. Il Re, con i risultati ancora provvisori e sub judice, fu ridotto al rango di privato cittadino e posto di fronte al dilemma: partire per l’esilio o scatenare una nuova guerra civile. Una nuova guerra civile avrebbe comportato, oltre a nuovi lutti, la probabile perdita di parti del territorio nazionale a favore della Francia, della Jugoslavia e dell’Austria e forse la secessione d’alcune regioni. In poche ore a Napoli furono raccolte decine di m igliaia di firme a sostegno di un manifesto del Movimento Separatista del Mezzogiorno d’Italia, dell’ing. Carlo Rispoli. I promotori sostenevano che con la vittoria repubblicana si era sciolto il Patto del 1860 con il quale si era accettata l’Unità d’Italia sotto la dinastia dei Savoia. Volevano ricostituire il Regno delle Due Sicilia con Re Umberto. Una simile dichiarazione emise ad Enna il 10 giugno il Movimento per l’Indipendenza Siciliana. Volevano un Regno di Sicilia con sovrano Umberto di Savoia. Incidenti, con morti e feriti, scoppiarono a Palermo, Taranto, Bari, Messina, e soprattutto a Napoli. A Napoli ci furono una dozzina di morti e moltissimi feriti.
CANZANO. Perché a Napoli i disordini furono più numerosi?
BARTOLONE. La situazione era particolarmente critica a Napoli. La città aveva votato per più dell’80%, in favore della Monarchia. Per controllare la situazione napoletana il governo, nel la persona del ministro dell’Interno, il socialista Giuseppe Romita, non aveva trovato niente di meglio che militarizzare la città, facendovi affluire numerosi reparti di polizia ausiliaria. Questi reparti, alle dirette dipendenze dello stesso ministro, erano formati per la maggior parte da ex partigiani comunisti del nord. Da qui l’appellativo di “guardie rosse di Romita”. Usarono sempre con la mano pesante nei confronti della popolazione, considerata alla stregua di un nemico ideologico.
CANZANO. Quale fu il bilancio?
BARTOLONE. Il sangue a Napoli ricominciò a scorrere la sera del 6 giugno 1946, quando uno sconosciuto lanciò una bomba a mano, vicino la chiesa di Sant’Antonio a Capodimonte, contro un numeroso gruppo di giovani, reduci da una dimostrazione monarchica. Sono ferite otto persone. Una, Ciro Martino, morirà agli Incurabili. CANZANO. Come si organizzarono i napoletani? BARTOLONE. Quella stessa notte , al numero 311 di Corso Umberto I si costituisce il Movimento Monarchico del Mezzogiorno (uno dei nuclei fondatori del futuro Partito Nazionale Monarchico) e si adotta il simbolo di “Stella e Corona”. La mattina del 7 giugno, a Napoli si diffonde la notizia dell’arrivo d’Umberto. Il Re ha deciso di battersi per il suo buon diritto e ha scelto la città come suo quartiere generale. E’ un’esplosione di gioia popolare. Tutti i monarchici napoletani sono in piazza. Bisogna accogliere degnamente il Sovrano. Si forma un imponente corteo che, accompagnato dalle note solenni della “Marcia Reale” suonata da un’improvvisata banda musicale o da alti inni della Patria, avanza lungo il Rettifilo, diretto Palazzo Reale o a San Giacomo, ove si pensa che sia il Re. Si ricongiunge con il grosso concentramento degli universitari, in attesa presso la Federico II. A Piazza Nicola Amore c’è un largo, impenetrabile sbarramento di camionette degli “ausiliari di Romita”. Alla testa del corteo, che nel frattempo si è fermato dubbioso, un giovane scugnizzo di 14 anni, Carlo Russo, completamente avvolto in un grande tricolore con lo stemma sabaudo. E’armato solo di quella bandiera. E’ deciso a passare, nonostante i celerini. Avanza deciso. I mitra degli ausiliari sparano ad altezza d’uomo. Si contano molti feriti. Uno dei primi a cadere è Carlo Russo. Con la fronte squarciata, s’abbatte avvolto nel tricolore, diventato ora il suo sudario. Solo il deciso intervento dei Reali Carabinieri permetterà poi agli ausiliari di sfuggire al linciaggio della folla inferocita. Carlo Russo morirà, dopo un’atroce agonia, due giorni dopo. L’8 giugno muore lo studente Gaetano D’Alessandro, d1 16 anni. Il ragazzo stava tornando a casa dopo una manifestazione monarchica di protesta per le violenze del giorno prima. Aveva alle spalle un grande tricolore con lo stemma sabaudo. Nei pressi di Piazza dei Vergini, è fermato da una camionetta piena d’ausiliari. Gli intimano provocatoriamente di consegnare la bandiera. Il ragazzo sfugge ai poliziotti e si arrampica sul cancello di una vicina chiesa, sventolando la bandiera e gridando a squarciagola: “Viva il Re!” Alle grida accorre numerosa la popolazione, che subito circonda minacciosa la camionetta. I celerini devono abbandonare, scornati, il campo sotto un subisso di fischi e pernacchie provenienti da una schiera di giovanissimi scugnizzi. Un celerino, rabbioso, però vuole vendicarsi. Con fredda determinazione, con una raffica di mitra uccide il ragazzo ancora aggrappato al cancello. Nel cadere, il suo corpo si avvolge in quel tricolore che ha difeso a con la vita. Ora anch’egli ha una bandiera per sudario.
CANZANO. Ci furono ancora molti morti per la bandiera tricolore?
BARTOLONE. L’11 giugno è una gi ornata di passione e di sangue. Al balcone della Federazione del PCI di Via Medina, accanto alla consueta bandiera rossa con falce e martello, è esposta una strana bandiera tricolore. Si vede l’effigie di una testa di donna turrita nel campo bianco al posto del tradizionale stemma sabaudo. Per Napoli, che ha votato per l’80% Monarchia, è una vera e propria provocazione. Fulminea si sparge la notizia per la città. A migliaia, spontaneamente, si dirigono a Via Medina. La stragrande maggioranza è composta di giovani e giovanissimi. In molti hanno partecipato con coraggio nel 1943 alle cosiddette “quattro giornate “contro l’occupazione tedesca. Qual
cuno ha le stesse armi di allora: pietre, solo pietre. L’obiettivo è: strappare e distrugge quel vergognoso vessillo, poi si tornerà festeggiando a casa. Dall’altra parte c’è qualcuno però che ha deciso di farla finita una volta per sempre e di soffocare nel sangue le proteste popolari. In Via Medina ora, oltre le camionette, vi sono decine di blindati e celerini in assetto di guerra. La sede comunista è difesa da numerosi militanti armati. I primi gruppi di dimostranti appena arrivati, rovesciano i tram per rendere difficoltosi i micidiali caroselli degli automezzi della Celere. Seguono salve di fischi, urla, insulti all’indirizzo della bandiera esposta. Poi un giovane marinaio di leva, Mario Fioretti, aggrappandosi ai tubi e alle sporgenze inizia a scalare il palazzo della federazione per arrivare al 2° piano e asportare quella bandiera. In minuto è quasi giunto al drappo conteso. Basterà allungare la mano, impadronirsene e tutto sarà finito. Da una finestra della federazione comunista però spunta un braccio armato di pistola, che a bruciapelo spara sul giovane marinaio. Mario Fioretti stramazza cadavere sul selciato, mentre dai presenti si levano urla d’orrore e di rabbia. Altri giovani, per nulla spaventati dalla morte del loro coetaneo, cominciano anch’essi la scalata verso quel balcone. Un gruppo di dimostranti duramente contrastato da un gruppo di celerini, cerca di guadagnare le scale per salire al piano superiore. Tra poco i dimostranti avranno la meglio, ma dalla caserma di polizia, posta quasi di fronte al palazzo assediato, s’incomincia a sparare contro i nemici che sono quasi arrivati alla bandiera. Sparano per uccidere. Cadono uno dopo l’altro e si sfracellano a terra: Guido Bennati, Michele Pappalardo, Felice Chirico. Michele Pappalardo doveva sposarsi l’indomani e invece della fidanzata è andato a sposarsi con la morte. Aveva detto alla madre: “Mammà piglio ‘a bandiera e po’ torno…’ Una bandiera tricolore con lo scudo sabaudo diventa il suo sudario. A Via Medina scoppia l’inferno. I feriti si contano a decine. Muore in un lago di sangue, sempre colpi to da pallottole, l’operaio monarchico Francesco D’Azzo. Le autoblindate della Celere hanno avuto finalmente ragione delle rudimentali barricate, alzate dai monarchici, e stanno per avventarsi con i loro terribili caroselli sui dimostranti, quando la studentessa Ida Cavalieri fa barriera col proprio corpo inerme nel disperato tentativo di fermarne la corsa. L’ordine è disperdere la folla, costi quel che costi. A Napoli, quel giorno, la vita umana non vale niente. Così Ida Cavalieri è stritolata dagli automezzi repubblicani. Non accade il miracolo di Piazza Tienanmen, a Pechino. Un appartenente alla Regia Marina, Vincenzo Guida cerca di organizzare la resistenza, innalzando una grande bandiera sabauda su di un palo. E’ colpito mortalmente alla nuca da un colpo di un moschetto, sparato da un celerino. Quando la strage è finita arriva la polizia militare americana che, insieme ai Reali Carabinieri, a stento riesce a sottrarre i celer ini e gli attivisti comunisti alla collera popolare. Alla fine della tragica giornata di sangue, si conteranno, oltre i morti circa 50 feriti gravi. Tra questi ultimi, tutti colpiti da armi da fuoco, Gerardo Bianchi di 15 anni, Alberto De Rosa di 17, Gianni Di Stasio di 14, Antonio Mariano di 12, Giovanni Vibrano di 11, Raffaele Palmisano di 10 e Tino Zelata di 8. Gli altri feriti avevano in media 20-30 anni.
CANZANO. Che successe dopo?
BARTOLONE. Il Re partì. Non voleva avere sulla sua coscienza di cattolico osservante i lutti di una nuova guerra civile e la fine dell’Unità nazionale conquistata durante il Risorgimento. Vi furono promesse e pressioni sulla Cassazione. Alla fine fu accolta a maggioranza, 12 contro 7, compreso il voto favorevole alle tesi monarchiche del presidente della Corte, Giuseppe Pagano, sostenute dal parere favorevole del procuratore generale Massimo Pilotti, la tesi repubblicana: è “votante” solo colui il q uale abbia compiuto “una manifestazione positiva di volontà”. In pratica un milione e mezzo circa di votanti, in bianco o nulli, non avevano votato. Sicché la presunta maggioranza per la repubblica si ridurrebbe a 200 mila voti circa. La prova inconfutabile che fu un colpo di stato, è desumibile dalla Gazzetta ufficiale della repubblica italiana del 1° luglio 1946. Pubblicando il decreto del passaggio dei poteri di Capo dello Stato da De Gasperi a De Nicola, si precisò che De Gasperi deteneva tali poteri dal 18 giugno, cioè dal giorno in cui la Corte emise la sentenza definitiva.
BIOGRAFIA.
Giovanni Bartolone, nasce a Palermo nel 1953, ove insegna Diritto ed economia nelle Superiori. Vive a Bagheria (PA). E’ laureato in Scienze Politiche, indirizzo Politico Internazionale, con una tesi sul Referendum istituzionale del 1946. E' da molti anni impegnato in ricerche sulla II guerra mondiale, il Fascismo, il Nazionalsocialismo, il fenomeno della mafia, la Sicilia dallo sbarco Alleato alla morte di Salvatore Giuliano. Ha pubblicato nel 2005 a sue spese il libro “Le altre stragi”, dedicato alle stragi alleate e tedesche nella Sicilia del 1943/44 e il saggio Luci ed ombre nella Napoli 1943-1946, ISSES, Napoli, 2006.

http://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=16791


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Servus
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Art.1 della costituzione

La Repubblica Italiana è fondata sull'inganno.


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marztala
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...mi ricorda il 40,8% di Renzi alle ultiime europee.


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marztala
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Art.1 della costituzione

La Repubblica Italiana è fondata sull'inganno.

La Repubblica Italiana è fondata sull'inganno...sull'imbroglio e sul furto!


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helios
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Art.1 della costituzione

La Repubblica Italiana è fondata sull'inganno.

La Repubblica Italiana è fondata sull'inganno...sull'imbroglio e sul furto!

esattamente, ma non sul lavoro!
Quindi la repubblica italiana,visto che non e fondata sul lavoro, non esiste, e senza fondamento.

Leggo inoltre dal link in topic che la repubblica non e mai stata proclamata!

Quindi dal 1948 stiamo portando avanti il solo sistema che conoscevamo e a cui molti italiani erano stati educati cioe il fascismo con sprazzi di monarchia ogni tanto per farci sentire importanti.

Non si riesce a capire come mai la guerra fra gli usa che volevano la repubblica e gli inglesi che volevano ancora la monarchia, abbia vinto gli usa senza arrivare ad un compromesso con una monarchia costituzionale.
Ma temo che con una monarchia di mezzo agli usa non era possibile prendersi mezza italia per installare le basi militari.


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mystes
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Se avesse vinto la monarchia avremmo avuto sul trono un re fellone e vigliacco che aveva abbandonato Roma lasciando la Capitale nelle mani del papa e dei "liberatori" yankee.


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helios
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...mi ricorda il 40,8% di Renzi alle ultiime europee.

Il tutto e ancora peggio perche siamo nel 2015 e l italia non e sotto le macerie e affamata, ma crede sempre alle palle del provengono dal governo, in questo caso illegale secondo la costituzione.
Ma se tutto proviene da quel 1946 e successivo 1948 diventa piu chiaro capire


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helios
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Se avesse vinto la monarchia avremmo avuto sul trono un re fellone e vigliacco che aveva abbandonato Roma lasciando la Capitale nelle mani del papa e dei "liberatori" yankee.

Questo e quello che ci dicono i .... Vincitori! Ma non ci sono prove!quello che si sa e che il referendum e stato falsificato volutamente e significa che qualche paura avevano i vincitori, tanto che hanno dovuto fare sotterfugi che sono subito arrivati allo scoperto sporcandosi per sempre la faccia.

L italia era gia nelle mani del papa al quale si sono inchinati i.... Liberatori!
E vedi caso il papa aveva uno stato con extraterritorialita da poco. Di fatto era uno stato straniero e non era l italia.


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spadaccinonero
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mi è stato raccontato che all'epoca c'erano "simpatici" energumeni vicino ai seggi che "invitavano" a votare per la repubblica

qualcuno può confermare quello che ho scritto?

grazie


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Anonymous
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Leggo inoltre dal link in topic che la repubblica non e mai stata proclamata!

Boh, non saprei capire bene che cosa tu intenda per "non è mai stata proclamata"....


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helios
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Leggo inoltre dal link in topic che la repubblica non e mai stata proclamata!

Boh, non saprei capire bene che cosa tu intenda per "non è mai stata proclamata"....

Leggi i link sopra, quanti fossero stati i votanti nessuno lo sa ancora.

Nei link postati c e scritto perche la repubblica non e mai stata proclamata.

Mostrare le carti ufficiali che cosa a che fare con i brogli? Vuoi che ti dicano con tanto di firma che hanno mentito a tutta la popolazione?


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mincuo
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Di gratis non c'è molto.

Qui c'è qualcosa:
http://cronologia.leonardo.it/storia/italia/italia002.htm
Qui anche.
http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1990/02/06/ando-in-onda-la-grande-beffa.html?refresh_ce
Qui una puntata abbastanza buona in video.
http://www.lastoriasiamonoi.rai.it/puntate/monarchia-o-repubblica/395/default.aspx

In ogni caso molte persone responsabili all'epoca, in primis Caprara, (segretario di Togliatti) dichiararono che fu un broglio (Caprara scrisse che ci fu un aiutino di 3 milioni di voti).
Lo stesso Romita, Ministro degli Interni, dava per perduto il referendum nella notte, e di quello resta traccia nei suoi diari.

Sono sparite le schede bianche e nulle (circa 1.500.000 o secondo altre fonti 2 milioni?). Che furono velocemente bruciate. De Gasperi scrive al ministro della Real Casa Falcone Lucifero all'alba del 4 Giugno che "sic stantibus rebus non è plausibile una vittoria della Repubblica".
E poi che "la vittoria della Monarchia" avrebbe portato il caos.

Il Governo proclamò la Repubblica prima del verdetto della Cassazione.
Il 10 giugno 1946 il Presidente della Corte Giuseppe Pagano aveva letto i voti MA SENZA proclamare la vittoria della Repubblica. (Ed è quel documento sopra di NOTTURNO, che non proclama nessuna Repubblica infatti). Pagano chiuse con una frase ambigua: 'In altra seduta questa Corte darà conto dei reclami nel frattempo pervenuti'.
Togliatti stesso ebbe a dire una frase ambigua (nel video la riporta anche Caprara) "quando un parto non riesce bene va aiutato"
La Repubblica vene poi illegalmente dichiarata di fatto con l'espediente dell'assunzione di De Gasperi il 13 Giugno di "Capo provvisorio dello Stato repubblicano".
Il 18 giugno la Cassazione poi confermerà la vittoria della Repubblica, ma senza considerare le schede bianche e le nulle, (e i reclami) violando così le norme sulla procedura di scrutinio. Un atto senza ragione giuridica che poi la Corte spiegò che fu fatto "per evitare lacerazioni e tumulti nel Paese". Frase anch'essa abbastanza ambigua.
Se aveva vinto la Repubblica che lacerazione ci sarebbe stata?
Il fatto è che vinse la Monarchia, nonostante non fu fatto votare a Bolzano e in altre parti che erano ritenute più monarchiche e nonostante intimidazioni e minacce.

Questo è assodato storicamente, ma non si può dire.


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helios
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Di gratis non c'è molto.

concordo. Ma qualcosa c'è e ci racconta qualcosa di diverso.

In ogni caso molte persone responsabili all'epoca, in primis Caprara, (segretario di Togliatti) dichiararono che fu un broglio (Caprara scrisse che ci fu un aiutino di 3 milioni di voti).

quindi non due milioni come scritto nell'articolo sopra ma tre. Ma non credo che possa esser qualcuno in grado di sapere quanti elettori avevano diritto al voto del referendum. Quindi la cifra del broglio è inquantificabile.

Il Governo proclamò la Repubblica prima del verdetto della Cassazione.

esatto. Questo ci dice in quale clima 'legalizzato' era stato fatto il referendum.

Il 10 giugno 1946 il Presidente della Corte Giuseppe Pagano aveva letto i voti senza proclamare la vittoria della Repubblica. Pagano chiuse con una frase ambigua: 'In altra seduta questa Corte darà conto dei reclami nel frattempo pervenuti'.
Togliatti stesso ebbe a dire una frase ambigua (nel video la riporta anche Caprara) "quando un parto non riesce bene va aiutato"
La Repubblica vene illegalmente dichiarata.

e appunto confermi che la repubblica NON venne dichiarata e se venne fatto lo fu illegalmente.

Togliatti giocò un ruolo principale in questo referendum. Ma pare che anche altri sodali siano stati ostetrici come lui nel far partorire governi che non riuscivano bene, e la cosa è andata avanti fino a oggi con il 'comunista' Napolitano.

Il 18 giugno la Cassazione poi confermerà la vittoria della Repubblica, ma senza considerare le schede bianche e le nulle, violando così le norme sulla procedura di scrutinio. Un atto senza ragione giuridica che poi la Corte spiegò che fu fatto "per evitare lacerazioni e tumulti nel Paese". Frase anch'essa abbastanza ambigua.

la frase non è ambigua ma abbastanza chiara. Il re se ne andò per non lacerare il paese, fu dichiarata la repubblica illegalmente per evitare lacerazioni e tumulti nel paese quando a Napoli stavano facendo un macello e in Sicilia volevano risistemare il regno delle due sicilie.
Il paese era lacerato perchè lo avevano LACERATO LORO, gli italiani al governo di allora o presunti tali, grazie all'aiutino al parto che ha prodotto un mostro fin dall'inizio in un momento in cui c'erano ancora macerie fumanti della guerra e il popolo era alla fame. Piu che un parto hanno generato un mostro che non gli potrà mai dare pace per quanto è successo dopo.

.......

I brogli della Repubblica
Irregolarità, proteste, schede sparite. Sono molti i dubbi sul voto del 2 giugno che nel 1946 condannò la monarchia. Uno storico ha dedicato anni di lavoro per esaminare archivi e consultare documenti. Ora ha deciso di pubblicare un libro. Ecco che cosa ha scoperto.

La repubblica ha sessant'anni. Il 2-3 giugno 1946 gli italiani vennero chiamati a decidere se la preferivano alla monarchia e in quelle votazioni non si stabilì solo la forma dello Stato: fu anche eletta l'Assemblea costituente. In campo scesero 51 liste. La decisione di affidare ai cittadini la scelta tra monarchia o repubblica risaliva al 25 giugno 1944, 20 giorni dopo la liberazione di Roma e l'insediamento di Umberto di Savoia al vertice dello Stato, come luogotenente di Vittorio Emanuele III, che si mise in disparte.In Italia la guerra finì il 2 maggio 1945. I tedeschi si arresero agli angloamericani, che il 4 maggio assunsero il controllo dell'Italia settentrionale, prendendo sotto tutela le amministrazioni comunali e provinciali nominate dai comitati di liberazione nazionale. A fine giugno 1945 si formò il primo governo dell'Italia liberata, presieduto da Ferruccio Parri, esponente del Partito d'azione.A dicembre Parri fu sostituito dal Alcide De Gasperi, capo della Democrazia cristiana. Nel marzo 1946 quasi 20 milioni di cittadini elessero i consigli comunali di 5.580 comuni. Per la prima volta votarono anche le donne. Non si registrarono incidenti gravi. Maturità democratica e monarchia coesistevano.Il governo De Gasperi comprendeva ministri dei sei partiti del Comitato di liberazione nazionale: liberali, democristiani, Partito d'azione, democratici del lavoro, socialisti e comunisti. Con la sola eccezione di Leone Cattani (liberale) e Mario Cevolotto (Democrazia del lavoro), tutti i ministri erano repubblicani.All'Interno era il socialista Giuseppe Romita, ministro per la Costituente il suo compagno Pietro Nenni, alla Giustizia il capo dei comunisti, Palmiro Togliatti. Il 16 marzo 1946 vennero indette le votazioni: il referendum sulla forma dello Stato e l'elezione dell'Assemblea costituente.Dal voto furono escluse le province di Zara, Pola, Fiume, Trieste e Gorizia, quasi completamente nelle mani della Iugoslavia comunista del maresciallo Tito, e quella di Bolzano, che non aveva alcun problema di ordine pubblico. Non poterono votare i prigionieri di guerra ancora trattenuti all'estero. Molti italiani non votarono perché «epurati». Parecchi di loro fecero ricorso e ottennero ragione, ma solo a referendum concluso.Secondo i dati ufficiali, pubblicati due anni dopo, i cittadini chiamati alle urne il 2-3 giugno 1946 furono 28 milioni. Il ministro dell'Interno dichiarò che il 5 per cento degli aventi diritto non venne rintracciato e quindi non ebbe il certificato che abilitava al voto. Sappiamo però che decine di migliaia di elettori attesero invano il certificato. Alcuni, invece, ne ebbero più d'uno. A Umberto II ne arrivarono due. Nelle Memorie, l'ammiraglio Antonio Cocco dice di averne ricevuti quattro. Quanti casi del genere si contarono? Romita fece stampare 40 milioni di certificati elettorali e 20 milioni di modelli sostitutivi. Decisamente troppi.La lotta pro e contro la monarchia fu durissima. Il 9 maggio 1946 Vittorio Emanuele III passò la corona al figlio, Umberto, e partì per Alessandria d'Egitto. Al Consiglio dei ministri Togliatti protestò violentemente perché, secondo lui, l'esule violava la «tregua istituzionale», decisa dal governo di Ivanoe Bonomi nel 1944, di cui le sinistre non avevano mai tenuto conto. Nenni minacciò: «La repubblica o il caos». Il ministro Giuseppe Romita proclama la vittoria della Repubblica

Il nuovo re sciolse i dipendenti pubblici dal giuramento di fedeltà affinché votassero in piena libertà di coscienza e compì un rapido viaggio per l'Italia. Fu accolto da masse festanti. Il 31 maggio da Genova annunciò che, se la monarchia avesse vinto, gli italiani sarebbero stati chiamati alle urne per confermare sia la nuova Costituzione sia la forma dello Stato. Fu un grosso errore: la controversia non poteva trascinarsi a lungo e, poiché divideva gli animi, in un modo o nell'altro an-dava chiusa.Votarono circa 24 milioni 950 mila cittadini: l'89,1 per cento degli aventi diritto. Che cosa accadde veramente nei seggi e nello spoglio delle schede? Impossibile dirlo con esattezza. Il 4 giugno De Gasperi confidò al ministro della Real casa, Falcone Lucifero, che la monarchia era in vantaggio. Nulla lasciava prevedere una rimonta. Invece, nella notte fra il 4 e il 5 Togliatti dichiarò a un anonimo giornalista del Corriere della sera che la repubblica avrebbe vinto con 2 milioni di vantaggio, perché, tenne a precisare, il 10 per cento dei democristiani aveva votato per la repubblica. Curiosamente, ci azzeccò. In alto Alcide De Gasperi e, in basso, Palmiro TogliattiIl 10 giugno il presidente della Corte di cassazione, Giuseppe Pagano, fece leggere i risultati: circa 12 milioni 700 mila per la repubblica, 10 milioni 700 mila per la monarchia. Mancavano ancora gli esiti di 114 sezioni. Nell'attesa, chiuse la seduta senza dichiarare chi avesse vinto. Su 35 mila seggi si contavano 31 mila contestazioni. In aggiunta ci fu anche quella del monarchico Enzo Selvaggi, il quale chiese che la vittoria fosse calcolata non sulla base dei voti validi, bensì, come diceva la legge, su quella dei «votanti».Occorreva quindi tener conto delle schede bianche e di quelle nulle che, in un primo tempo, non furono nemmeno computate. La sera del 10 giugno si svolse un drammatico Consiglio dei ministri. Cattani disse che bisognava verificare bene i risultati. Togliatti replicò a muso duro che «forse» le schede erano già state distrutte.Così chiuse ogni discussione. In effetti sin dal 4 giugno decine di migliaia di cittadini denunciarono di non aver potuto votare. Molti non avevano ricevuto i certificati, altri scoprirono che qualcuno aveva già votato a nome loro e furono allontanati dai seggi.A migliaia gli analfabeti dichiararono di essere stati ingannati: avevano domandato come si votasse per la monarchia e i presidenti di seggio avevano detto che dovevano fare una croce sulla «regina», che in realtà era il simbolo della repubblica. Un numero incalcolabile di cittadini protestò con il comandante alleato in Italia, ammiraglio Ellery Stone, dichiarando che volevano votare monarchia e Democrazia cristiana o una lista monarchica. La repubblica non andò in vantaggio con una grande frode ma anche grazie a una miriade di piccoli brogli. D'altronde essa aveva ai seggi molti più uomini rispetto alla monarchia.La partita rimase aperta per giorni. Il primo a cedere fu Umberto II. Sin dalla mattina del 5 giugno ordinò alla consorte, Maria José, di lasciare l'Italia per il Portogallo. Alle 15.30 la regina partì dal Quirinale con i figli Maria Pia, Vittorio Emanuele, Maria Gabriella e Maria Beatrice. S'imbarcarono a Napoli sull'incrociatore Duca degli Abruzzi, appena rientrato da Alessandria d'Egitto.Dopo due giorni di tensione, alle 0.30 del 13 giugno, pressato dal Consiglio dei ministri e col voto contrario del solo Cattani, De Gasperi assunse i poteri
di capo dello Stato.
Il re aveva cenato a casa di Luigi Barzini jr. Dormì al sicuro. Rientrò al Quirinale la mattina e ne partì alle 15 per Ciampino alla volta del Portogallo. Da re. Denunciò il «gesto rivoluzionario» del governo e De Gasperi replicò che a quel modo Umberto II chiudeva con una pagina indegna un periodo decoroso.Il 18 giugno la Corte di cassazione respinse a maggioranza il ricorso presentato dal monarchico Enzo Selvaggi. Contro il parere del procuratore generale e del presidente, la Corte stabilì che «votanti» non significava «chi vota» ma chi esprimeva un voto valido.Perché la Suprema corte sentenziò a quel modo? Semplice: se si fosse tenuto conto dei voti nulli (schede bianche, annullate e contestate, che erano circa 1 milione 500 mila) il divario tra monarchia e repubblica sarebbe sceso da 2 milioni a 250 mila.Una differenza minima, che avrebbe anche potuto rimettere in gioco il risultato. E poiché la verifica dei verbali di seggio era stata fatta alla svelta tra il 15 e il 16 giugno da 200 funzionari mandati da Togliatti a liquidare la cosa, a quel punto sarebbe stato necessario ricontrollare le schede.Ma sin dal 10 giugno Togliatti aveva detto che erano state distrutte. Così la partita fu chiusa. Il re ormai era in esilio, illuso di rientrare poco dopo. Dal 18 giugno la Gazzetta ufficiale iniziò a datare gli atti della Repubblica. Il 1° gennaio 1948 entrò in vigore la Carta costituzionale che all'articolo 139 dichiara immodificabile la forma dello Stato.Vittoriosa grazie a una controversa cifra di voti sulla quale pesavano gravi interrogativi,[u] la Repubblica fu blindata: prima con la mancata verifica, scheda per scheda, della validità dei risultati. Poi con la Costituzione, che quasi 11 milioni di monarchici dovettero accettare.

http://archivio.panorama.it/archivio/I-brogli-della-Repubblica

interessante notare che Romita fece stampare 40milioni di tessere per 28milioni di aventi diritto al voto.
Praticamente il doppio di schede considerato anche un 5% che non venne rintracciato quindi non votò.


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mincuo
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Helios ci sono saggi abbastanza completi. E concordano le varie memorie, i dati, le circostanze. Per esempio concorda Falcone Lucifero nelle memorie e mostra poi della documentazione.
E' assodato che vinse la Monarchia, ma è altrettanto assodato che sarebbe stata guerra civile in quel caso.
Col Referendum si volle dare una patina legale, cioè per meglio dire lo vollero gli Alleati, perchè i Repubblicani non volevano il Referendum e si raggiunse poi un accordo a fatica.
Col quale accordo, togliendo regioni, togliendo aventi diritto ecc... e monopolizzando la propaganda, si pensava comunque di farcela a vincere. Esiste anche di questo documentazione.
Poi andò diversamente e così il "parto fu aiutato" come disse Togliatti.

P.S. (Altra cosa che non si deve dire). Quando il Re scappò (all'alba del 9 settembre 1943) tutto il percorso era controllato dai Tedeschi.
Kesserling sapeva tutto (e sapevano almeno dal 30 Agosto cosa sarebbe successo) e mandò pure un aereo a sorvolare 2 volte il convoglio.
Quindi lo lasciarono andare (più precisamente il Feldmaresciallo Kesserling, su istruzione dell'ammiraglio Wilhelm Canaris dell'Abwehr, si era messo d'accordo con il generale Giacomo Carboni, capo del Servizio Informazioni Militari Italiano, di lasciar fuggire il re).
Questo (anche se non c'è completa certezza) ebbe poi a che vedere con la liberazione di Mussolini sul Gran Sasso (Operazione Quercia) del 12 settembre 1943, condotta da 40/45 uomini (poi gonfiati dalla propaganda) comandati da Skorzeny che non spararono un solo colpo.
La guarnigione a custodia di Mussolini era di oltre 80 uomini.


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http://williamblum.org/chapters/killing-hope/italy

December 14, 1947: The National Security Council instructs the CIA to engage in "covert psychological operations designed to counter Soviet and Soviet-inspired activities." (p. 26) The CIA's first plan of action is to defeat the communists in the April 1948 Italian elections. The CIA gains access to the Exchange Stabilization Fund, which held $200 million for the reconstruction of Europe. $10 million is distributed to wealthy Americans, many of whom are Italian-Americans, who pass it on to CIA political front groups as "charitable donations," and on to Italian politicians in suitcases filled with cash. Italy's Christian Democrats win the election, and the CIA repeats this process in Italy and many other nations for the next 25 years (p. 27). http://lippard.blogspot.it/2007/08/brief-history-of-cia-1945-1953-truman.html

Persino Oliver Stone nel suo “USA, La storia mai raccontata “, prodotto per la scuola secondaria, parla del referendum e delle elezioni del 46' pilotate dalla CIA. Lo stesso Stone che già nel 1991, in JFK, sottolineò il ruolo della CIA nelle elezioni del 46’. Cioè, mentre per gli americani è un fatto assodato, oramai entrato a far parte della cultura popolare, da noi è ancora un tabù e nella migliore delle ipotesi si viene tacciati di ignoranza e trattati con disprezzo.
Dove sono i docenti? Signorina Caprapall…


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