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Renzi e Grillo: l’affinità oltre l’apparenza


MatteoV
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Sono i due antagonisti che si contendono i palcoscenici mediatici, in realtà Renzi e Grillo sono molto più simili di quanto a prima vista possa sembrare.
Entrambi hanno in comune la lontananza e l’avversità alla politica come origine della loro ascesa: l’uno si è infatti affermato al di fuori delle procedure del suo stesso partito e ricercando l’appoggio della finanza. L’altro è un comico, abituato a riempire i teatri con spettacoli di cabaret “impegnato”. Tutti e due sono accomunati dal rifiuto della politica, perlomeno nella sua accezione più piena e tradizionale, e dalla padronanza degli strumenti comunicativi.
Renzi deve la sua ascesa alla retorica della “rottamazione”, con la quale egli si è presentato come liquidatore della “vecchia politica”, ovvero di una concezione “forte” dell’agire politico, intesa come strategia codificata fondata su un apparato dottrinario. Alla “vecchia politica”, che è poi la politica in senso proprio, Renzi ha inteso sostituire la gestione del consenso passivo delle masse attraverso i media, liquidando quello che rimaneva della tradizione della sinistra italiana della Prima Repubblica, prima di lui ancora in parte presente, anche se solo a livello simbolico. Dalla politica come progettazione della società su basi razionali, si è passati alla post-politica come “contenimento” del malcontento generato dalla delega delle funzioni amministrative al mercato. Certo, Renzi non è l’unico a farsi promotore della post-politica – egli è semmai un prodotto – ma è il punto terminale di un processo avviato ufficialmente nel 1991 con lo scioglimento del PCI in Italia e con il crollo dell’URSS sul piano internazionale... [CONTINUA]


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