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Uomini e robot nella società contemporanea


MatteoV
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Nel corso di un recente discorso, il Presidente Mattarella ha fatto riferimento al cosiddetto “Modello 4.0”, intendendo l’introduzione di nuovo tecnologie nell’economia per rendere più veloce ed efficiente la produzione. Il Capo dello Stato ha detto che un simile modello potrebbe creare “forme di dualismo nella nostra società”. Ha sottolineato, pur riconoscendone i benefici, che “Mentre, da un lato, vi sarà un impatto positivo sulla produttività del lavoro, con un ampliamento anche di opportunità per i lavori più qualificati, dall'altro lato è del tutto verosimile doversi attendere un effetto riduttivo sulla occupazione totale, per la probabile diminuzione di posti di lavoro ripetitivo a vantaggio della robotica. Il saldo netto tra posti di lavoro perduti e posti di lavoro creati non è una variabile indifferente”.
La questione di cui si occupa Mattarella non è inedita, e interessa tutte le società moderne. La meccanizzazione e computerizzazione della produzione hanno ridotto le ore di lavoro necessarie per unità di prodotto, questo però non ha determinato, in passato, perlomeno nelle società europee, forti squilibri e cali occupazionali. Anzi, nel corso degli anni Settanta l’introduzione delle tecnologie si è accompagnata a un aumento dell’occupazione e dei redditi da lavoro. Questo fondamentalmente per due ragioni.
Innanzitutto perché questo processo è avvenuto in un contesto politico-economico nel quale gli stati e le aziende esigevano un aumento del capitale investito e un incremento generalizzato dei consumi. Inoltre, si è avuto entro una cornice legislativa di forte tutela dei ceti medio-bassi e dei lavoratori.
Occorre sottolinearlo, perché i mutamenti tecnologici e lo sviluppo della tecnica, per quanto repentini, non provocano necessariamente disagi e “dualismi”. Questi si verificano solo entro un certo tipo di scenario politico, economico, giuridico e anche culturale, nel quale non vi è spazio per i due fattori di cui si è detto: ovvero investimenti (sostenuti spesso dalla mano pubblica) e tutele del lavoro.
È evidente che nell'assetto attuale... [CONTINUA]


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cedric
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Ho letto tutto l'articolo di Matteo Volpe ma non ho trovato alcun riferimento ad una questione fondamentale chi acquisterà i beni e servizi prodotti a costi sempre minori e con sempre minore mano d'opera umana?

Visto che il lavoro umano costa più di quello meccanico tanto vale ridurlo il più possibile: per mettere in servizio un robot servono dieci ingegneri ma poi il robot fa il lavoro di mille operai. Ovviamente quei mille operai non sono più necessari (e ne servono solo 10 da trasformare in ingegneri) più quindi vanno licenziati. Bene, anzi male. Tuttavia il robot era pensato per produrre beni da vendere appunto ai mille operai ed i dieci ingegneri non ce la fanno ad acquistare tutta la produzione del robot. Che si fa, si diminuisce la produzione oppure si aumentano a dismisura i consumi dei dieci ingegneri oppure si cercano nuovi mercati cercando di vendere qualcosa ai pastori che dormono ancora con le capre? I nuovi consumi dei pastori di capre a bassissimo reddito genereranno un sufficiente profitto per sostenere la produzione?

Forse qualche domanda su con quali quattrini si acquisteranno i beni prodotti dai robot Matteo Volpe, laureato in filosofia, se la dovrebbe porre.


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MatteoV
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Se rileggerà l'articolo con più attenzione troverà la risposta alla domanda. E' ovvio che la quantità di lavoro umana complessiva diminuisce, ma non è detto che debba diminuire verticalmente piuttosto che orizzontalmente (fermo restando che si produrranno comunque nuovi lavori che oggi non esistono). Una società regolamentata può ridurre l'orario di lavoro in modo da permettere a tutti di lavorare, ovviamente a parità di retribuzione, invece che far lavorare pochi per otto ore al giorno. Certo, questo è possibile solo se si rifiuta il dogma dell'anarchia di mercato o si pongono dei limiti al profitto e si riconsidera l'intervento statale in economia. Trovare le risposte è molto più semplice di quanto possa sembrare, basta capovolgere il modo di pensare. Il problema è, semmai, riuscire ad applicarle, questione molto più complessa, per nulla tecnica e squisitamente politica.


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cedric
Noble Member
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Se rileggerà l'articolo con più attenzione troverà la risposta alla domanda....

Mi rendo conto che gestire un monologo è più semplice ed anche più gratificante che non affrontare una discussione che per sua natura comporta punti di vista differenti dal proprio.

Tuttavia se occorre rileggere l'articolo con più attenzione per trovare la risposta alla domanda forse è il caso di riflettere se l'articolo sia stato scritto con sufficiente chiarezza da essere compreso anche da chi non sia un intellettuale dissidente o anche di accettare il fatto che il tema del dove si trovino i quattrini per acquistare i beni non è stato affrontato. Peraltro non ci sarebbe nulla di male e l'evidenziarlo serviva solo ad ampliare una discussione interessante.

Ammesso che io ne abbia compreso lo spirito non essendo un intellettuale dissidente, la replica fornisce come possibile cambio di paradigma una nuova regolamentazione della società e della produzione riesumando lo storico slogan lavorare meno, lavorare tutti, ovviamente a parità di retribuzione .

Non è che io voglia fare sempre il bastian contrario ma temo che le locuzioni mercato regolamentato, profitto limitato e forse anche intervento statale in economia siano degli ossimori, almeno finchè si resta seduti davanti al pc e non si scende in piazza. Nessuno ha mai apportato grandi cambiamenti con la pancia piena e, aggiungo io, con l'iphone in mano.

Cordialità!


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