Cos'è che muove una persona a dire delle cose consapevolmente convinta che tutti le interpreteranno in un certo modo, e a fare contemporaneamente l'esatto contrario?
Cosa si nasconde dietro alla necessità di mostrarsi diversi da quello che si è?
E cosa più importante: che fine fanno le parole usate in questo modo?
Senza addentrarci nella semantica e nella linguistica bisogna riconoscere che le parole hanno significati più o meno universalmente riconosciuti. I vocabolari servono a stigmatizzarne la funzione comunicativa da tutti riconosciuta e accettata. Ma cosa succede quando si parla di libertà di espressione (ad esempio) mentre si adotta al contempo una politica costrittiva come la censura?
Che fine fa il significato della libertà di espressione in un contesto di questo tipo?
Che insegnamento ne può trarre chi ascolta quelle parole e le associa a dei fatti di valenza opposta a quella normalmente riconosciuta e accettata?
Siamo di fronte ad serio problema educativo. G.Bateson lo ha splendidamente inquadrato come il "doppio vincolo", ovvero la incongruenza tra verbalizzazione e atteggiamenti nei rapporti affettivi. L'esempio che porta nel suo imperdibile "Verso un'ecologia della mente" è quello della madre che va a trovare il figlio dopo una lunga assenza. Quest'ultimo si avvicina sorridente a braccia aperte, ma la madre si irrigidisce. Il figlio, stroncato da quell'atteggiamento, arretra. La madre dice allora: "Non devi aver paura ad esprimere i tuoi sentimenti".
Si potrebbe obiettare che i rapporti familiari sono diversi da quelli sociali, ma per me le analogie sono troppe per essere trascurate: rapporti di potere all'interno del nucleo sociale o famigliare, l'autorità e quello che significa, i rapporti educativi tra i "depositari della conoscenza" e chi la cerca e così via.
Come giustamente sottolinea Bateson è assolutamente necessario che alla comunicazione segua un'adeguata presenza di fatti, ovvero che ci sia una facilmente comprensibile corrispondenza tra concetti e realtà, pena uno scollamento semantico (schizofrenia) dove la percezione dei fatti si discosta grandemente dalla descrizione verbale dei medesimi.
Chi è nelle posizioni di educare (quindi non solo maestri, professori e genitori ma anche intellettuali, opinion makers, giornalisti, proprietari di siti e blog particolarmente seguiti, etc.) ha quindi un compito molto importante: far si che la corrispondenza tra concetti e realtà segua sempre dei binari facilmente identificabili.
Solo attraverso questa educazione al rispetto della realtà sensoriale (facilmente verificabile da parte di chiunque) cui si associa una semantica corrispondente le persone acquisiscono onestà, chiarezza e capacità di analisi.
Chi invece adotta tecniche opposte (ovvero realtà sensoriali che si discostano significativamente dalle relative descrizioni) sta facendo opera di confusione semantica. Questi crimini comunicativi a mio avviso sono enormemente più efficaci di tecniche come debunking, spam, bufale etc. in quanto più difficilmente identificabili perchè ben coperti da astrazioni che vengono riconosciute come valori positivi.
Qui torniamo alla domanda iniziale: cos'è che muove una persona a dire delle cose consapevolmente convinta che tutti le interpreteranno in un certo modo, e a fare contemporaneamente l'esatto contrario?
La risposta è fin troppo evidente: il lusso di posizionarsi in una situazione di integrità (superiorità?) morale senza pagarne i relativi costi.
Facile dire di essere "democratici" ad esempio (democrazia è un valore-astrazione considerato molto positivamente in generale) e poi adottare tecniche antidemocratiche come la censura verso critiche sensate e pacate.
Va da sè che la situazione attuale è decisamente schizofrenica. La guerra in terra straniera (proibita dalla Costituzione) diventa pace, i militari diventano quindi peace-keepers; l'autorità non è più un ente moralmente ineccepibile ma un ente che troppo spesso perpetra l'abuso ai danni dei più deboli; il potere non è più un servizio reso alla collettività ma un privilegio di chi lo gestisce, diventando così abuso; e via dicendo…
Perchè tutto questo? Di nuovo: perchè nessuno è contrario alla pace, ad esempio. Quindi le operazioni di pace sono viste come "azioni buone". Peace (keeping) è un ottimo paravento: può nascondere qualsiasi cosa.
Bisogna quindi tenere per bene gli occhi aperti al fine di scoprire se esiste una schizofrenia comunicativa-comportamentale, e avere sempre i sensi allertati per scoprire quei dettagli che ci permettono di scovare l'inganno.
Le parole DEVONO avere senso se vogliamo comunicare, sennò finiamo nel girone infernale di chi dice una cosa intendendo l'opposto per convenienza personale, che è quello che fanno la maggior parte dei politici e degli intellettuali oggi.
Se vogliamo smarcarci da quell'inferno dobbiamo ridare senso e dignità alle parole, assumendoci in prima persona l'incarico di verificarne il senso e di restituire quella dignità che un comportamento scorretto ha tolto loro.
Scriveva Wittgenstein:
"Quanto può dirsi, si può dir chiaro; e su ciò, di cui non si può parlare, si deve tacere."
http://www.appelloalpopolo.it/?p=789
PS Ringrazio Icemark che mi ha aiutato nella correzione dell'articolo
Se le parole avessero un solo significato sarebbe facile smascherare coloro che le usano a sproposito.
Il problema è che ogni parola, se detta nel modo giusto, funziona.
Chi ha la capacità di utilizzare le parole non deve per forza esprimere un concetto valido per ottenere consenso. Basta una buona narrativa.
Allo stesso modo, chi non ha dimestichezza con l'uso delle parole finirà per essere fraiteso anche quando il concetto che intendeva esprimere era valido.
Il Potere, per trasmettere un messaggio, usa la Propaganda, che dovrebbe essere costituita da due elementi: il messaggio che si vuole far passare per buono (ad es. la guerra) e la Retorica (per la pace, per la democrazia, ecc.).
Il punto è che questo schema oggi non è usato solo dal potere, è usato da TUTTI, per qualsiasi cosa. Ed è per questo (a mio parere) che le parole iniziano a perdere il loro reale significato. Perchè sempre più spesso, la consapevolezza dell'uso che se ne fa viene a mancare, anteponedo a quella la volontà di avere ragione.
Il testo scritto, lo sappiamo, è sempre stato più potente della parola pronunciata, ma se da una parte vi è stato ultimamente un aumento eccezionale di opinioni scritte e commentate (l'umanità ha prodotto più testi negli ultimi vent'anni che nei due millenni precedenti), dall'altra il valore intrinseco di quei testi ha subito un'enorme inflazione.
La stessa propaganda oggi non è più efficace come un tempo, in quanto è sempre più fatta di retorica e sempre meno del messaggio.
Allo stato attuale insomma la comunicazione è realmente in crisi, e purtroppo, quando la comunicazione smette di funzionare, si passa alla violenza.
Valis
"Il linguaggio traveste i pensieri"
(sempre Wittgenstein)
Saluti
Umberto Eco, nel suo Trattato di semiotica generale del 1975, scriveva che «La semiotica, in principio, è la disciplina che studia tutto ciò che può essere usato per mentire».
Eco può scrivere quello che meglio gli aggrada.
Personalmente credo, perchè lo sperimento quotidianamente, che esiste una differenza tra attribuire significati certi ad azioni, pensieri e cose ed il contrario, ovvero (come certe randazzate) parlare sapendo che le persone attribuiscono dei valori concreti a quanto stiamo dicendo mentre l'oratore non ha nessuna intenzione di applicare un adeguato comportamento che lo porrebbe su di un livello di inattaccabilità morale.
Molto meglio la schizofrenia: armiamoci e partite. O fare il frocio col culo degli altri, come giustamente annotava Icemark.
Pusillanimi: grandi fuori e piccoli dentro (pusillus animus, animo molto piccolo). Mi pare che i tempi siano questi.