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TI: i muri degli asilanti


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http://www.gdp.ch/cronache/mendrisiotto/non-sono-solo-asilanti-ma-uomini-capaci-di-fare-id84668.html

Mendrisiotto - Chiasso
"Non sono solo 'asilanti', ma uomini capaci di fare"
Il corso per "muri a secco" e' stato ancora una volta occasione di riflessione. Si lavora fianco a fianco di rifugiati che chiedono solo un'opportunita'. Il formatore Eros Verdi racconta l'esperienza di quest'anno


La squadra di apprendisti e richiedenti l'asilo, al lavoro sul Penz.

di Andrea Finessi - 28 luglio 2015

Nella citta' di confine, a ridosso di ramina e dogane, dove chi arriva deve superare non solo un muro fisico, ma a volte anche la barriera della burocrazia, quando non e' una barriera del pregiudizio, i muri non solo si costruiscono, ma si abbattono anche. Una cittadina che ha fatto dell'accoglienza uno dei suoi valori e lo dimostra ogni giorno, tra i disagi di una convivenza forzata con i richiedenti l'asilo che transitano per Chiasso.

Una convivenza che pero' porta anche molti frutti, il risveglio nel cuore della capacita' - appunto - di accogliere, di fare del bene gratuito, o anche solo di tendere una mano verso l'altro, allo scopo di valorizzare la persona, farla sentire "guardata" e, chissa', magari anche capita. Il corso per "muri a secco", che ormai da diversi anni si svolge a Chiasso, e' occasione anche per questo: per offrire, a chi ne ha desiderio, proprio l'opportunita' di "fare".

Perche' il lavoro serve all'uomo, a farlo sentire vivo, piuttosto che passare ore ad attendere il giorno dopo. Eros Verdi, formatore professionale e insegnante da 30 anni, ci ha voluto raccontare l'esperienza di quest'anno che ha seguito personalmente e che e' terminata venerdi', dopo giorni di canicola, con un bell'acquazzone che rischiava di far saltare proprio la conclusione dei lavori. Quest'anno si e' costruito il secondo muro nella parte piu' meridionale della Svizzera, sul Penz: una struttura di 25 metri, alta fino a due metri, che diverra' un punto di ristoro per chi percorrera' i sentieri sulla collina.

"Fortunatamente abbiamo finito in tempo, dopo due momenti di pioggia intensa. Un altro bel lavoro, senza che nessuno si sia fatto male e con una forza lavoro che ha reso molto, con persone molto attive", ci spiega Verdi, persona abituata alla concretezza "Questo e' il sesto anno - prosegue poi, andando subito al nocciolo della questione - e si e' dimostrato ancora una volta che i richiedenti l'asilo sono una risorsa. A Chiasso di solito vengono impiegati per fare lavori di pulizia, ma molti di loro hanno una preparazione su tante cose. Sono una risorsa che si potrebbe impegnare anche a livello nazionale, basterebbe portare un progetto vedendo cosa queste persone sanno fare e come potrebbero essere utilizzate, piuttosto che lasciarle a gironzolare in giro. Comunque si vede che molti di questi richiedenti l'asilo che arrivano da lontano, sono persone che si occupavano di agricoltura, muratori, hanno una capacita' pratica, sanno muoversi, fare le cose e poi hanno voglia di fare. Non dormivano mica tutti sotto una stella!".

Qual e' la differenza con chi vive qui?
"Io a volte faccio fatica a fare capire ai miei ragazzi questa praticita'. Oggi i giovani hanno sempre in mano smartphones e tablet e quando gli dici cosa fare e come farlo, magari vanno anche a controllare su Google se quello che dici sia "giusto". Penso che dovremmo fare un passo indietro, tornare a vivere in un altro modo. Queste persone che arrivano qua hanno superato mille difficolta' - sono come i nostri nonni -, hanno una mentalita' di 40 anni fa, e tanta resistenza".

Com'e' stata l'esperienza, per lei e per gli altri del gruppo? Chi c'era a lavorare con voi?
"Quest'anno c'erano otto richiedenti l'asilo, piu' quattro apprendisti dell'Ufficio tecnico di Chiasso e, per la prima volta, anche cinque apprendisti da Mendrisio. Anzitutto penso che per tutti sia stata una bella esperienza di formazione, ma e' stato importante anche per me. Incontrare i richiedenti l'asilo, sentirli raccontare in prima persona quello che e' successo loro, fa un altro effetto che leggerlo sui giornali. E poi per tutti loro e' stata un'occasione per uscire e darsi da fare, a volte dovevo perfino frenare un po' l'entusiasmo. Comunque tutto questo e' stato possibile grazie a chi organizza e si impegna nel proporre questo genere di attivita', l'Ufficio tecnico di Chiasso, Rudy Cereghetti, il Municipio, Luca Baranzini del Centro di registrazione, la Giannini e Colombo a Chiasso, Fausto Bernasconi. Grazie a loro, che hanno avuto il 'coraggio di proporre' e 'fare' ".

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Muri a secco da costruire e "muri" da abbattere:
http://www.gdp.ch/cronache/mendrisiotto/muri-secco-costruire-e-muri-abbattere-id81379.html

-- Pensierini --
Tre cose mi vengono in mente.
Osservando il muro a secco, memore di come sono costruiti i muri a secco incaici e preincaici nelle Ande, vien quasi voglia di organizzarlo in Peru' un corso per formatori di manovalanza per muri a secco.

Va bene questi 8 si sono dati da fare per qualche giorno. Nel frattempo ne sono arrivati un migliaio di altri. Che fanno quelli? Gironzolano! Ergo risiamo al punto di partenza. Si gira in tondo.

Non sono pessimista del tutto. Quelli mandati ad alloggiare sul passo del Lucomagno qualcosa di analogo lo faranno. Ma sono sempre pochi, sulla massa di asilanti. Qualcuno gia' suggerisce di utilizzarli come forza lavoro in agricoltura. Idea dalla doppia faccia. Anche quello e' dumping salariale (neologismo della neolingua per indicare la via verso la schiavitu').

Resta sempre piuttosto aperta la questione di come ripopolare le valli piu' discoste. In quei posti ce ne vuole proprio tanta di voglia di fare, di praticita' e anche di buoni muscoli. Ma neppure un programma del genere riuscirebbe ad assimilarli tutti gli asilanti. Per cui e' verosimile che moltissimi fra loro s'inurbanizzeranno.

Ci avviamo verso un melting pot, un grand minestrun, di cui nessuno ha veramente idea a cosa portera' nel lungo periodo. Per chi non lo sapesse ricordo che in Svizzera oltre il 40% dei residenti e' straniero, senza contare quelli che hanno il passaporto, ma dentro di se' sempre stranieri si sentono.
In Italia la percentuale e' piu' o meno del 4%, tanto per rendere l'idea.

Qui il territorio e' quello che e'. Andare ad ingrandire le citta' in altezza e' un po' da folli, quando ci sono valli una volta abitate, ora praticamente semidisabitate. Che cultura puo' svilupparsi da un melting pot? E' politicamente scorretto dire che sara' una cultura completamente diversa da quella attuale? Lo vogliamo veramente? E a quelli che non lo vogliono che rimane da fare: regalare casa e campi agli asilanti e scappare in bici in Eritrea come richiedente l'asilo. C'e' un gran bisogno di docenti sui muri a secco, e anche sul tirare avanti essendo a secco, la'.


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