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TI: i referendum del 2016


vic
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http://www.caffe.ch/stories/politica/53025_i_quattro_referendum_decisivi_per_il_ticino/

Un popolo chiamato alle urne sempre piu' frequentemente
I quattro referendum decisivi per il Ticino

di Clemente Mazzetta - 10 gennaio 2016

Il 2016 sara' un anno cruciale, per il Ticino. Decisivo per lo sviluppo di un cantone che intende giocare le sue carte per non restare tagliato fuori dai grandi transiti autostradali, competitivo nell'offerta commerciale e in grado di dotarsi di una sanita' moderna, non subalterna a quella d'Oltralpe.

Tutte questioni che si giocheranno sul campo della democrazia diretta, con quattro referendum. Due - raddoppio del tunnel del Gottardo, senza aumento della capacita' di transito, e ampliamento degli orari di apertura dei negozi - in calendario per il 28 di febbraio (assieme ad altre tre iniziative popolari) hanno gia' scompaginato storici schieramenti.

Per gli altri due, quello contro la Pianificazione ospedaliera approvata dal parlamento lo scorso dicembre, e contro la tassa sui parcheggi, sono in corso le raccolte di firme. Cosa che viene data per scontata, visto che negli ultimi 17 anni, su 21 referendum lanciati nel solo Ticino, solo in due occasioni non si sono raccolte le 7mila firme necessarie. A livello svizzero, su 211 referendum lanciati a partire dal 1875, non ne sono riusciti 32 (ma per i referendum nazionali vanno raccolte 50 mila firme).

Sul tappeto nelle prossime settimane c'e' la questione del Gottardo, innanzitutto. Dal fronte della sinistra e degli ambientalisti ostili al raddoppio, si e' staccato un gruppo (l'ex consigliere di Stato socialista Patrizia Pesenti, l'ex presidente nazionale del sindacato Unia Renzo Ambrosetti, l'ex deputato PS Bruno Cereghetti) a favore del doppio tunnel per una questione di sicurezza e per evitare i contraccolpi economici dell'isolamento del cantone, coi lavori di risanamento della galleria che si protrarranno per quasi tre anni. Anche dallo schieramento "borghese" che da anni chiede il raddoppio, si e' staccata un'ala che ora si oppone a un secondo tubo per motivi di traffico e ragioni finanziarie-politiche. Il gruppo ha alla copresidenza due rappresentanti del PLRT: Moreno Colombo, sindaco di Chiasso, e l'ex deputato Claudio Bordogna.

Assieme a questa partita, c'e' anche quella del commercio (si votera' se tener aperto i negozi fino alle 19 in settimana e fino alle 18.30 il sabato). Si tratta di una mezz'ora in piu' in un contesto di totale liberalizzazione degli orari in Italia e di maggior flessibilita' negli altri cantoni Svizzeri. In 7 cantoni, tra cui Zurigo, Argovia e Basilea Campagna, i negozi possono stare aperti dal lunedi' al sabato, sempre nel rispetto della legge federale sul lavoro, fino alle ore 23.

Il tutto mentre si infiammano le polemiche per la nuova tassa su posteggi del ministro Zali osteggiata dalla grande distribuzione.


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cedric
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Premessa doverosa. Non ho alcuna intenzione di offendere quindi se qualcuno si offende sappia che non ce n'è l'intenzione.

Se i problemi epocali di un popolo sono questi:

- allungare di mezz'ora l'apertura dei negozi
- applicare una tassa/accisa sulle tariffe dei parcheggi
- raddoppiare il tunnel del Gottardo, senza aumentarne la capacita' di transito

per i quali si ritiene indispensabile ricorrere alla democrazia diretta allora c'è qualcosa che mi sfugge. Spero che sia una iniziativa di qualche politico (è noto che i tunnel impossibili piacciono molto ai politici ignoranti) in cerca di facili voti e non il desiderio di un popolo.

Per onestà intellettuale non commento la pianificazione ospedaliera perchè non ne conosco i termini, mi informerò.


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vic
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@cedric

Premessa: il pezzo l'ha scritto un giornalista italiano. Infatti e' stranoto che il Caffe' sia ormai un settimanale stampato Oltralpe ma redatto perlopiu' da giornalisti italiani, siano essi frontalieri o residenti.

Ohibo', cos'hanno gli italiani che non va? Fanno una fatica maledetta a capire cosa sia la democrazia diretta. Quella vera e praticata. Non quella ideale e sognata.

Qui si va a votare su problemi ben delimitati, ben raramente sui massimi sistemi del mondo, anche se spesso le iniziative da sinistra contemplino frasi ambiziose in questa direzione. Comunque sia, e' grazie alla democrazia diretta se siamo fuori dall'UE, non grazie al governo. Questione non da poco.

Caro cedric, qui la gente ha possibilita' di esprimersi col voto anche su cose ben delimitate, puntuali. Lo fa perche' qualcuno ha raccolto le firme e non gli va a genio l'attuale soluzione specifica proposta dal governo e dal parlamento. Talvolta i temi sono importanti, tal'altra piuttosto marginali, tal'altra ancora un espediente per mostrare che si esiste come movimento.

In Italia, da come osservo la situazione da qua, c'e' prima di tutto una enorme ignoranza popolare sui dettagli delle decisioni governative. A cui si accompagnano altri fenomeni: la scarsa lettura, la sostanziale monotonia nei temi proposti dalla stampa e dalla tele, soprattutto nel modo di presentarli e trattarli. Ma quel che piu' colpisce e' alla fin fine l'indifferenza presuntuosa. Indifferenza perche' il cittadino e' ormai stanco, demoralizzato e privo di speranze che le cose cambino. Presuntuosa perche' se chiamato ad esprimersi, l'italiano tende a parlare di massimi sistemi, di rivoluzioni da fare in piazza. Come se la rivoluzione non dovesse poi protrarsi nel tempo e venire accompagnata, per anni, anzi secoli, da misure assidue, affinche' abbia un esito.

Da qui ho modo di osservare bene l'Italia politica. Per esempio vedendo sorgere il M5S m'ero illuso che qualcuno infine avesse comiciato a capire l'importanza della democrazia diretta e si prefiggesse di trovare un modo per applicarla in Italia. Perche' la democrazia diretta e' un buon correttivo della democrazia parlamentare, non la sostituisce, ma la tiene a bada. Pie illusioni, piu' passa il tempo piu' il M5S sembra incistarsi nel sistema dei partiti tradizionali. Insomma lo spunto che la democrazia diretta potrebbe essere un meccansmo salvifico in Italia non passa. Secondo me e' anche per via delle dimensioni.

Quindi anche le tue annotazioni disprezzanti non mi sorprendono. Sono tipiche di chi viene dall'Italia. O in generale da uno stato popoloso. Difficile da spiegarsi questa derisione dei temi locali, se almeno quelli globali fossero affrontati in modo decente. Invece pure in quell'ambito l'Italia, insomma gli italiani, non ne vengono fuori, se non con soluzioni stile uomo della provvidenza, o ente della provvidenza (UE e Nato). E' molto strana come situazione, perche' la genialita' italiana esiste, non e' un mito. Pero' viene sostanzialmente marginalizzata dal modo di fare politica, di intendere la politica.

Concludo con una nota, attenti a chiamare estero il Ticino. In realta' e' abitato prevalentemente da italiani (semplificando, perche' ci sono poi tutti gli altri stranieri). I quali assimilano pian piano il modo di concepire e far funzionare lo stato qui, che e' molto ma molto diverso da come e' concepito appena qualche km piu' giu'. Insomma gente sostanzialmente uguale ma con modi molto differenti d'intendere lo stato (ed il suo controllo).

E' il risultato di molte vicende storiche. Ma anche di un'ignoranza reciproca che al giorno d'oggi non ha piu' nessuna ragione di esistere.

Le differenze del modo di vedere le cose permangono, purtroppo. E anche di affrontarle. Parlo di piccole cose: una ferrovia transfrontaliera locale, la navigazione sui laghi in comune, la lotta all'inquinamento delle acque degli stessi laghi, ecc. ecc. Sono problemucci, non e' che una loro soluzione risolva i massimi problemi. Eppure su questi miseri problemucci e' una fatica da Ercole far si' che l'Italia si mostri pragmatica. Ti garantisco che quelli di Basilea hanno la vita mille volte piu' facile anche se devono trattare con due nazioni confinanti contemporaneamente.

Infatti la Regio Balsilensis funziona, la Regio Insubrica manco sanno cosa sia, anche solo a Como. Intendo gli uomini della strada.

Stammi bene e buon anno.

-- PS --
Ho dimenticato un appunto sulla dimensione dello stato. E' risaputo che la nazioni meglio governate al mondo siano piuttosto piccole. Non e' un caso, non va mai dimenticato.
Se uno stato e' troppo grande, anche i problemi piccoli diventano giganteschi. Il corollario e' che in uno stato piccolo i grandi problemi sono appunto piccoli. Deo gratias. Il perche' e' semplice: c'hanno pensato gli avi a metterlo in piedi lo stato piccolo. Sono pure riusciti a farli convivere assieme tutti quegli staterelli. Questo si' che era un bel problema.

I nostri avi l'hanno risolto. L' UE no!


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cedric
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Non ho alcuna intenzione di offendere quindi se qualcuno si offende sappia che non ce n'è l'intenzione.

Eppure l'avevo ben detto in premessa!

Quindi anche le tue annotazioni disprezzanti non mi sorprendono

Francamente non vedo nulla di "disprezzante" nelle mie parole
Il mio manifestare perplessità sul ricorso alla democrazia diretta per temi a mio avviso banali è legittimo in un forum da sempre aperto al confronto, anche aspro, e volto ad ascoltare pareri diversi.

La democrazia diretta era in uso nelle antiche polis greche e nelle agorà si prendevano decisioni comunitarie più sulla base dell'abilità retorica dei politici che sul volere dei cittadini. Erano famose le scuole sofistiche per perfezionarne le abilità oratorie.

A mio avviso funzionava perchè gli orizzonti temporali erano brevi, al massimo un paio di anni, poi quando fu necessario pianificare la vita di un piccolo stato in crescita si arrivò (dopo tirannie e regnami vari) alle attuali democrazie rappresentativa lasciando i referendum a casi eccezionali. Ma è solo un mio pensiero senza alcuna pretesa di validità.

Se tu avessi avuto solamente una visione diversa dalla mia (cosa più che legittima) non ti saresti "adontato" così, forse c'è dell'altro, non saprei dirlo.

Per le tue legittime critiche alla Unione Europea ti ricordo che i cittadini della Svizzera, in base ad un accordo tra UE e Svizzera stessa, sono equiparati ai cittadini comunitari. Come dire mi tengo tutti i tanti benefici dell'essere equiparato ad un cittadino comunitario ma rifiuto di considerarmi tale. Un tantino incoerente, ma se un referendum l'ha sancito allora va bene così.

Buon anno anche a te!


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vic
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La famosa votazione in cui il popolo decise di star lontano dall'UE, non riguardava manco l'UE, si trattava di decidere se far parte dello Spazio Economico Europeo oppure no. Spazio a cui per esempio aderirono Liechtenstein e Norvegia. Era in corso lo sfaldamento dell'AELS (Associazione Europea di Libero Scambio) una specie di alternativa al MEC (Mercato Comune Europeo) d'antan. Fu la Gran Bretagna a decretare lo svuotamento dell'AELS, con la sua adesione all'UE.

Nella campagna di votazione pero' era chiaro a tutti che in ballo c'era la futura adesione all'UE. Naturalmente fuori dai confini era difficile capire che lo svizzero medio non volesse entrare nell'UE soprattutto per non dover rinunciare ai diritti che s'e' conquistato nei secoli. Di rinunciare alla democrazia diretta (i diritti d'iniziativa e referendum) non se ne parla proprio. E' la perdita di sovranita' che induce il/la votante a dire no all'UE. Ora piu' che mai, in quanto si constata di fatto cosa sia in realta' l'UE.

Fu cosi' che il governo dovette fare di necessita' virtu', cioe' dovette mettersi a percorrere, obtorto collo, la cosiddetta via bilaterale, quella degli accordi con l'UE. Accordi che si impongono per forza di cose, essendo vicini di casa. Peraltro essi toccano essenzialmente 5 settori. Grosso modo da questi accordi ci guadagna di piu' l'UE gia' adesso. La Svizzera paga assai. Per esempio versa fondi consistenti al cosiddetto fondo di coesione, oltre ai finanziamenti diretti a certi paesi dell'est. Ad Italia, Germania e Paesi Bassi ha regalato, gratis et amore dei, un'infrastruttura come l'Alptransit. Non solo, versa pure oltre 200 milioni al governo di Roma perche' "aggiorni" almeno un pelino le tratte ferroviarie appena a sud del confine. Contraccambio? Chiacchiere, in prevalenza. Sbrodolamenti di promesse italiane regolarmente non mantenute. Come buona abitudine, con contorno di scandali e scandaletti. Firmi un trattato col ministro dei trasporti e che succede, appena sei a casa leggi che quello, cosi' amichevole e sorridente, e' invischiato in una scandalo pazzesco, percio' deve dimissionare. Questi sono fatti che chiunque ha occhi per osservare osserva.

L'UE e' vista malissimo in Ticino proprio perche' viene piu' o meno inconsapevolmente fatta l'equazione, ovviamente errata di per se': UE = Italia. Siccome si tocca con mano quotidianamente il modo di fare all'italiana, concretamente sui problemi comuni, non se ne parla di entrare nell'UE. In Romandia percepiscono l'UE in modo diverso, perche' hanno come vicina la Francia. Nella Svizzera tedesca in genere gli accordi bilaterali sono ben visti. Il problema semmai e' di mantenerli, poiche' l'UE fa la voce sempre piu' grossa, scimmiottando i modi di fare all'americana.

Risultato: qui la popolazione, che in genere era favorevole agli accordi bilaterali, piu' passa il tempo e piu' comincia a convincersi che una loro disdetta non sarebbe poi la fine del mondo. La sostanziale natura dittatoriale dell'UE, nel senso che procede a diktat, e' ormai palese a quasi tutti, salvo ai ciechi di sinistra. La presa di coscienza viene essenzialmente dal basso. Insomma un processo esattamente al contrario di quello dentro l'UE, dove tutto, ma proprio tutto, procede dall'alto. Dove un megaparlamento che costa una fortuna in emolumenti, non ha praticamente nulla da dire. Non ha facolta' tipiche di un parlamento. Tacendo pure del modo spesso opaco, astutamente concepito in modo opaco, perfino nel linguaggio che adotta l'UE. Per dirne una, quanti sono i cittadini UE che conoscono la costituzione UE, pardon, il trattato di Lisbona? Praticamente nessuno, salvo qualche addetto ai lavori.

Siamo agli antipodi della concezione dello stato che ha lo svizzero medio.
E' questo il vero motivo del no all'UE, no chiaro e deciso che viene dal basso.

Un altro no, seppur implicito, e' il no alla Nato.
Ecco perche' si vota su quisquilie, perche' le grosse scelte sono gia' state fatte da tempo. Mentre in altri paesi e' quasi lesa maesta' parlare di uscire dalla Nato o dall'UE.

Vedremo fra poco come voteranno i Britannici, che sono indecisi tra l'inchino a sua maesta' la regina o a sua maesta' la commissione. Anche se a dire il vero s'inchinano parecchio a sua maesta' dalla stanza ovale. Quella che gli ha sfilato da sotto il naso nientepopodimeno che un impero. Anche se sua vera maesta' sta a Wall Street prima che a Londra.

Per fortuna nostra, qui il sovrano e' il popolo. Il governo lo sa bene.


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cedric
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@vic Questa è stata una risposta bene argomentata e che va apprezzata. Grazie per il tempo dedicato.

Mi resta il dubbio sulla sostenibilità a lungo termine di modelli di vita impostati sulla 'località' e sul fatto che alcuni stati siano più un 'stanza di compensazione' (nell'accezione positiva del termine) per grandi economie straniere che una realtà veramente autonoma. Anche Monaco e lo stesso Regno Unito sono 'stanze di compensazione' soprattutto la City. Per la 'località rischiosa' non va dimenticato che la Finlandia dopo la perdita della Nokia, pressochè l'unica attività nazionale, sta andando verso una crisi ingestibile che pagheremo tutti.

Finchè dura va tutto bene, ma a lungo termine?


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Matt-e-Tatty
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Tempo fa dialogai di democrazia diretta con una mia cugina. Non una ignorante totale, è più giovane di me, laureata in architettura, con una discreta cultura generale.
Mi spiegava che la democrazia diretta è una perdita di tempo, che certe cose vanno delegate, che non ci si può occupare di tutto e che quindi è corretto che una ristretta minoranza decida per la maggioranza.

Ed è per questa mentalità che penso, sarà dura liberarci di questa associazione a delinquere che controlla e decide della nostra vita, la libertà è rara anche se la desideri fortemente, se sei schiavo dentro è un miraggio lontano, non la regalano.


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