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Tremonti ed i piani contro l'evasione fiscale


Affus
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Tremonti ed i piani contro l'evasione fiscale

di Leonardo Facco
In Italia i corifei dell’anti-evasione fiscale non tacciono un giorno. Quando non esaltano i progetti e le azioni dell’Agenzia delle Entrate, si esaltano per le operazioni che la Guardia di Finanza mette a segno; vanno in solluchero quando leggono che “l’immagine colta dagli esperti dice che l’evasione è concentrata soprattutto su lavoratori autonomi-imprenditori e su proprietari di immobili dati in affitto. In particolare, rispetto ad un tasso medio di evasione del 13,5%, gli autonomi-imprenditori dichiarano il 56,3% in meno, celando al fisco ben 15.222 euro a testa. Il vero record di evasione lo detengono i rentier, ossia chi possiede un immobile e lo dà in affitto: l’83,7%, pari al 17.824 euro pro-capite”. Ancora: “A livello globale l’evasione media si attesta sui 2mila euro pro-capite, con differenze territoriali. Al centro il “tax gap” è di 2.936 euro, pari al 17,4%; al Nord di 2.532 euro, pari al 14,5%. Più basso invece al Sud: si attesta al 7,9%, pari a 950 euro di redditi Irpef evasi a testa”. Questi i dati dello studio sulla riforma fiscale commissionato da Tremonti.
Ammesso, e non concesso, che i dati di “Voltremont” siano attendibili, che la pressione fiscale veleggi intorno al 70% non lo si ricorda mai, che il solo pagamento dell’IRAP (UNA GABELLA CRIMINALE) pesa per l’8% della pressione fiscale sulle aziende si tace, che in Italia le tasse sono circa 2000 e che per adempiere al pagamento la burocrazia borbonica ti impegna centinaia di ore di lavoro è risaputo da pochi. Dell’immoralità del sistema fiscale italiano si accenna e basta, essa diventa solo motivo per false promesse elettorali.
Ricorda Confindustria che una azienda che chiude il bilancio con circa 380mila euro di utile netto ne avrebbe guadagnati ben di più, circa 600mila, se avesse avuto sede non in Italia ma in Spagna. Colpa di una tassazione effettiva complessiva al 58% dell’imponibile, che si sarebbe fermata al 29% se invece che italiana fosse stata una impresa spagnola. Capito? Non stiamo parlando di Svizzere e flat tax o di paradisi fiscali!
Tassazione è sinonimo di schiavitù, ho avuto modo di spiegarlo nel mio libro “Elogio dell’evasore fiscale” (Aliberti Editore), e per dirla con James Buchanan “è criticamente e vitalmente importante rendersi conto della differenza che passa tra il 10% e il 50% di schiavitù”. Figuriamoci se quel 50% è stato superato già da un pezzo.
In queste condizioni, la corsa a “fottere il fisco” diventa una questione di sopravvivenza e, ancor di più, di giustizia. Quando milioni di parassiti vivono alle spalle di chi produce non è ragionevole pensare che questi ultimi rimangano con le mani in mano a guardare il satrapo che li spella vivi. Quando decine di migliaia di “servi dello Stato” insaccocciano pensioni da migliaia di euro senza aver fatto nella loro vita nulla di commendevole, è normale che qualcuno perda la pazienza.
L’argomento per cui un’alta tassazione ci consente di mantenere l’attuale spesa pubblica è molto impopolare, soprattutto perché la spesa pubblica in Italia è percepita (correttamente) come inefficiente e corrotta (la casta). Anziché difendere la spesa – cioè sostenere esplicitamente che dei quattrini che ci vengono sottratti dal fisco lo Stato fa un uso migliore di quello che altrimenti noi potremmo fare se ci rimanessero in tasca – allora si torna a dire che evadere è immorale e ingiusto. Ingiusto, curiosamente, non perché l’evasore “scrocca” i servizi forniti dallo Stato ma pagati dai contribuenti “regolari”, sulle cui spalle va a finire anche quella quota di finanziamento della spesa che lui avrebbe dovuto sostenere. Ma di per sé – per il dovere di obbedienza che lega il suddito al sovrano.
Non ci si meravigli se i dipendenti di Equitalia cominciano a vedersela brutta. Charles Adams ci ha insegnato una cosa: il 99% delle rivoluzioni sono avvenute per questioni fiscali. Se ne facciano una ragione i Tremonti e i Visco d’Itaglia!

http://www.movimentolibertario.it/index.php?option=com_content&view=article&id=15002%3Atremonti-ed-i-piani-contro-levasione-fiscale&catid=1%3Alatest-news


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Affus
Famed Member
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Allarme Italia INPS

Ma quale pizzo!
La mia vera rovina è stata l’Inps”: parla una commerciante “pentita”. Allarme usura.
Posted on November 17, 2007

PALERMO - Non sono più giovanissima e la crisi economica degli ultimi anni mi ha messa in difficoltà, tanto più che sono una madre single di due figli con tante esigenze. Ho investito i miei pochi risparmi in un’attività commerciale sperando di costruire qualcosa per me stessa ed i miei figli. Due anni dopo mi ritrovo piena di debiti, con l’attività chiusa e con più di duecento euro al mese da versare all’ Inps per i prossimi due anni. Non so dove andrò a trovare quei soldi e, quel che è peggio, non so cosa darò da mangiare ai miei figli.
Questo è l’amaro sfogo di R. F., una cinquantenne che ha tentato - come tanti - la via del commercio per gestire quel pugno di euro in più. Ma soprattutto per creare qualcosa di solido e di duraturo per i figli.
L’attività è andata male, malissimo: con gli incassi riuscivo a pagare a malapena le spese, che erano tante - dice R.F. - L’affitto, le utenze e la consulenza del commercialista, l’acquisto della merce.Tutti e sempre soldi in uscita: in due anni, quando ho chiuso l’attività, mi sono premiata con cento euro per due anni di lavoro. E ho portato i miei figli a mangiare fuori. Niente di lussuoso ovviamente: spaghetti a Sferracavallo per tre. Fine dei cento euro.
D: Le hanno mai chiesto il pizzo?
R : Mai, e se me lo avessero chiesto non soltanto glielo direi, ma lo avrei anche denunciato a suo tempo. Credo che non sia venuto nessuno a chiedermi soldi perchè in quegli ambienti sanno bene quali negozi vanno bene e quali, invece, sono destinati a chiudere. Il mio era uno di quelli destinati a chiudere. Ed infatti così è stato.
D: Ha rischiato di finire in mano agli usurai?
R. Abbastanza, specie se quel poco o molto che sia rappresenta l’unico denaro che hai da parte e che sottrai , che ne so, ad eventuali cure mediche e ad imprevisti vari. Avevo un socio: per impiantare l’attività non abbiamo avuto alcun contributo statale. Abbiamo messo di tasca circa 30.000 euro per iniziare.
D: Una bella somma…
R: Si, decisamente una somma non indifferente: totalmente persa.
D: E ora?
R: Ora la cose si sono messe male. Sia io infatti che il mio socio, non soltanto siamo di nuovo senza lavoro e quindi senza soldi: ma non abbiamo neanche più quei preziosi risparmi da parte con cui tamponare alle esigenze di una vita che è diventato sempre più un lusso poter vivere, ma il peggio è che ci ritroviamo a pagare un pizzo che non avevamo considerato.
D: E cioè?
R: Il contributo all’Inps: a questa macchina mangia soldi che da me e dal mio socio pretende 5.000 euro a testa in contributi per due anni di attività fallimentare. Questi soldi non li abbiamo e quindi abbiamo chiesto una rateizzazione. Per ben due anni saremo costretti a versare più di 200 euro al mese. Mi sembra una cosa folle.
D: Dove reperirà questi soldi?
R: Se lo sapessi secondo lei sarei così avvilita? Il fatto è che proprio non li ho nè potrò averli in futuro. E’ questo che trovo pazzesco: che non ci sia una sorta di condono per chi ha tentato nel commercio ed è finito a testa in giù. Non soltanto ha perso decine di migliaia di euro, più una serie di speranze, ma deve anche continuare a pagare un ente dal quale non riceverà mai niente?E’ una cosa inconcepibile.
D: A chi si è rivolta?
R: Al consulente e naturalmente all’Inps: niente da fare, quei soldi vanno versati. Pena il pignoramento. Io quei soldi non li rivedrò mai: li verserò, non so come, a fondo perduto. Credo che situazioni come la mia andrebbero seriamente valutate: non si può costringere nessuno a pagare denaro che non ha, a meno di spingerlo verso gli usurai. Capisce cosa le voglio dire?
D: Credo di si: che in qualche modo lei i soldi li dovrà trovare, per evitare di vedersi portare via dagli ufficiali giudiziari il televisore ed il divano di casa. Quindi ha pensato di ricorrere al prestito ad usura?
R: Non ci penso nemmeno lontanamente, sia chiaro. Ma non posso ecludere che altri commercianti, con oneri ben più elevati dei miei, possano arrivare a fare una tale fesseria. E’ questo che mi chiedo: come può un ente per la previdenza non prevedere che se uno ha dovuto chiudere l’attività lo ha fatto perchè probabilment Ma quale pizzo! La mia vera rovina è stata l’Inps : parla una commerciante pentita. Allarme usura.e non gli sono più rimasti neanche gli occhi per piangere? Perchè ho la sensazione che un simile stato di cose possa favorire la richiesta di prestiti a tassi esosi, tramite le migliaia di finanziarie che spuntano fuori come funghi, se non addirittura tramite il prestito ad usura? Può un ente statale favorire un simile genere di commercio di denaro? Io credo di no.
D: Cosa si propone di fare?
R: Nessuno mi pignorerà proprio niente. Se sarò costretta a farlo sarò io a vendere le mie cose, i miei mobili e le mie suppellettili. E ringrazierò sempre lo Stato italiano per non garantire un posto di lavoro ai giovani lasciandoli sulle spalle dei genitori a tempo indeterminato. E lo ringrazierò anche per avermi costretta a disfarmi delle mie cose solo per avere tentato di costruirmi da sola un lavoro che il MIO Stato, cui pago le tasse, non è riuscito a garantirmi. L’Italia è un paese disgraziato: non esistono sussidi per le madri single. Non esistono sgravi, non esistono contributi. Casomai sono io a doverli versare. Ma a chi e per che cosa? Questa situazione mi sta logorando i nervi, e quindi ne sta risentendo anche la mia salute. Duecento euro al mese costituiscono la metà di quello di cui io dispongo ogni mese per sopravvivere. E due anni possono essere terribilmente lunghi.
D: Oltre alla giustificata rabbia ed all’inevitabile delusione, che rimpianti ha oggi come oggi?
R: Uno solo, e cioè quello di aver voluto fare tutto in perfetta regola e in grande trasparenza in una società in cui, purtroppo, vivono bene e la fanno franca solo quelli che imbrogliano di qua e di la. Quelli che fanno tutto in nero, che tanto non li pescano quasi mai. Quelli che evadono il fisco per milioni di euro e poi si regolarizzano patteggiando per cifre infinitamente inferiori del dovuto. Quelli che intascano milioni di euro ricattando gli altri e poi diventano divi e scrivono libri e sono sulle copertine delle riviste per essere stati che cosa? Solo degli imbroglioni. Questo rimpiango: di essere una persona onesta in un Paese pieno di disonesti. Soprattutto istituzionali.
http://www.valianti.it/cgi-bin/bp.pl?pagina=mostra&articolo=4428


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edo
 edo
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Chi può investa all'estero. Ciò che più infastidisce è il fatto che sappiamo benissimo che ci farebbero, le blatte che governano la dispensa di tutti, con i soldi della lotta all'evasione... se li sputtanerebbero creando prebende per blatta figlio, nipote etc.
L'economia italiana deve avere una parte di nero altrimenti affonda.
Tempo fa bloccarono le bolle di trasporto con numero di serie, proprio per questo motivo, ma ora gli appetiti dei parassiti aumentano sotto l'ordine (risalente alla fondazione dell'euro) d'impoverire tutti senza sosta. Un povero lo ricatti molto più facilmente di qualunque ricco, scommetti? 😈


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terzaposizione
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ma adesso con la riforma fiscale dello psiconano, vedrete miglioramenti a go-go.


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