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Troppo complicato quel Jazz del PIL.


Corckscrew
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Il 18 Marzo del 1968 Robert Kennedy pronunciava questo famoso discorso sul PIL presso l'università del Kansas.
Io avevo circa un anno e mezzo.
Parole semplici, alla portata di tutti. Troppo semplici per qualcuno forse, visto come sono andate le cose tre mesi dopo.
Ma vorrei parlare di un'azione adesso, questa: "complicare".
Il dizionario del corriere.it riporta: "complicare: rendere difficile, rendere incomprensibile, confondere, intricare, imbrogliare, intralciare, ostacolare, aggravare".
Complicare... quando sento questo termine, essendo un appassionato di musica, mi viene in mente tra le altre cose il blues e la successiva nascita del Jazz. Molti di noi, quando sentono la parola "Jazz", hanno una sensazione di qualcosa di complesso, di ostico e troppo "intellettuale", qualcosa che appartiene solo ad una elite.
Chi di noi invece non conosce il blues? Il blues ha una struttura talmente semplice che anche un bambino non ha difficoltà a capirla. In poco tempo, dopo il primo "giro" di dodici battute, diventa del tutto prevedibile: ci si aspetta l'inizio del giro e la sua fine, al punto che molti lo considerano noioso ed anche triste: esiste l'espressione "ho il blues".
Dodici semplici battute. La struttura, dopo il primo ascolto, è ormai metabolizzata dall'ascoltatore che può così concentrarsi sui solisti: voci, chitarre...
poi arrivò il Jazz di New Orleans, e qualche decennio dopo, a New York, prese forma il bebop.
La struttura delle canzoni rimase uguale a quella del semplice blues, le solite dodici battute, ma armonie e melodie furono fortemente complicate: aggiunta e sostituzione di accordi, dissonanze.
Dizzie Gillespie, uno dei più famosi musicisti bebop degli inizi del novecento, disse:

“Alcuni di noi cominciarono a suonare in jam-session al
Minton's, agli inizi del quaranta, e vi erano sempre musicisti che
non sapevano suonare e che salivano sulla pedana soffiando
sette - otto ritornelli per confermarci che erano dei negati.

Così, un pomeriggio, Thelonious Monk ed io pensammo di
comporre dei brani basati su giri armonici molto complessi, che
usammo la sera stessa per tenere lontano quelli che avevano
poco talento. Ci provammo gusto e continuammo ad interessarci
con crescente entusiasmo a ciò che stavamo facendo”.

La concorrenza. Selezionare la concorrenza, non eliminarla in modo sleale. Come un microcosmo capitalista, un piccolo modello di sano capitalismo che sarebbe esistito anche all'interno di un regime comunista, già scritto nel DNA della natura umana.
Scoraggiare dal salire sul palco i musicisti che non erano ancora in grado di capire cosa si stava suonando.
Questo modo di complicare, in quel contesto, era sano, normale, umano.
La selezione per aspirare ad un livello superiore: se non ce la fai a capire subito ma se vuoi, ti concentri e studi, ce la puoi fare a salire su questo palco e magari avere più successo di noi, altrimenti dedicati a qualcos'altro.

Bene, questo è uno dei pochi contesti nel quale il termine complicare mi dà una sensazione positiva, una buona ragione di esistere.

Adesso, invece, parliamo del PIL. A chi, serve realmente questo indicatore? Cosa sta facendo Mario Monti? Cosa succede in Italia, perché si parla di crisi e la soffriamo pesantemente mentre siamo sommersi e invasi da valanghe di beni di consumo? Dove sono fisicamente i beni, le ricchezze ed i servizi che dovrebbero equilibrare la bilancia, pesando sul piatto opposto a quello del debito pubblico italiano?
Come facciamo a capire? Non ne abbiamo la forza o tutto è stato volutamente complicato?
È sempre valido il famoso "pane et circenses" dell'antica Roma?
Oggi potremmo rinnovarlo in "pasta e televisione".
Ma a volte, paradossalmente, non ci danno neanche questa di sicurezza.
Come se Dizzie Gillespie e Thelonious Monk avessero cominciato a suonare una musica e poi, diabolicamente, ad insegnarne una completamente diversa a quelli che aspiravano a salire su quel palco per confondergli ancora di più le idee, giungendo quindi all'eliminazione totale di quella concorrenza, un sottile e sleale metodo per toglierli definitivamente di mezzo e riuscire a renderli, magari, solo passivi e fruttuosi spettatori.
"Noi abbiamo provato a spiegarti ma ci dispiace, troppo complicato per te, paga il biglietto e ascolta.".

Prendo me come esempio. Sono uscito stamattina alle 7.30 e sono tornato a casa alle 20.00.
Una giornata di lavoro, dura sì ma non mi lamento, so che c'è chi ce l'ha molto più dura di me.
Alla fine della nostra giornata di lavoro, noi dobbiamo trovare la forza per capire perché la nostra vita ci costa sempre più cara, perché quando prima facevo il pieno di gpl per l'auto mi costava 20 e adesso mi costa 30, perché con 50 euro non esco più dal supermercato con quattro buste piene ma con due e mezza, perché?

Quel musicista inesperto almeno aveva una certezza: la struttura.
Erano sempre dodici quelle maledette battute e sebbene vi fosse una selezione naturale, qualcuno riusciva a salirci su quel palco ed anche ad eguagliare o superare i maestri, o addirittura stimolarli a sua volta.

A noi invece, hanno complicato, deformato, offuscato così tanto la struttura che non esiste più alcun punto di riferimento, nessun centro di gravità, nessuna rassicurante sensazione che quel "giro" stia iniziando di nuovo per permetterci di creare, di tornare a improvvisarci sopra.
Sappiamo di sicuro che dobbiamo sentirci in colpa anche per i neonati che, non lo sanno ancora, ma hanno trentamila euro di debito già da prima, nel ventre materno.
Considerando che uno stipendio medio (medio-buono direi) è di circa 15.000 euro, i neonati non hanno 0 anni e qualche secondo, ne hanno circa -2.
Gli tolgono quasi due anni di vita (tolte ferie, permessi e malattie), perché, come disse giustamente Aristotele circa 2300 anni fa:

"Lo scopo del lavoro è quello di guadagnarsi il tempo libero.".

Quei diabolici maestri sul palco stanno cercando e riuscendo nel farci dimenticare anche questo.
Tra l'altro, è proprio nel tempo libero che possiamo meglio spendere il nostro denaro e far girare quello che nel sempre più colorito e sofisticato linguaggio dei politici è il "volàno dell'economia".
Se sono costretto a lavorare undici ore al giorno ed esco quando i negozi sono chiusi, come faccio a dare una mano a farlo girare quel benedetto "volàno", ammesso che abbia denaro sufficiente per farlo?
Non sono contrario alla politica ma credo che sia uno di quei tanti mestieri che dovrebbero essere scelti per passione, con vero sentimento altruista e non per miraggi e brame di ricchezze e poteri.

Già nella coscienza o nell'incoscienza dei genitori prima di un concepimento esiste quel debito, quella sorta di senso di colpa. Inquina quelle acque di vita dove prende forma una nuova anima, già attraversata dalle vibrazioni di quello strano Jazz che giunge dall'esterno, cupo e incomprensibile.
Quel mostro di debito così alto... come il palco sul quale non riusciremo mai a salire per dimostrare il nostro valore, la nostra dignità. Non ne avremo mai la possibilità.

Troppo complicato quel Jazz del PIL.

alessandro-porta.com


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