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Tao
 Tao
Illustrious Member
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Una campagna “d'autore” a favore di Sakineh Ashtiani.... o contro l'Iran?

Sono contrario, da sempre, alla pena di morte e mi fa orrore la sola idea della lapidazione, ma non ho firmato e non firmerò la campagna d'autore promossa da Bernard Henry Levy per la liberazione di Sakineh Ashtiani, né firmerò gli appelli lanciati da altri bei nomi del mondo artistico e intellettuale (molti dei quali già sottoscrittori, come il maitre a pensèr franco-tunisino, dell'appello salvacondotto per il regista Roman Polanski).

La contrarietà alla pena capitale (in ogni sua forma: dalla meno violenta a quella più efferata) non fuga infatti perplessità e dubbi, che invece sembrano non sfiorare le decine di migliaia di persone che hanno sottoscritto l'appello dando per certo che la condanna della donna azera sia il frutto di un processo farsa, basato su un'istruttoria condotta sul modello di quella descritta da Alessandro Manzoni nella “Storia della Colonna Infame”.

Ecco: io non so in base a quali dirette, concrete conoscenze del caso giudiziario, i sottoscrittori dell'appello possano affermare con sicurezza quanto in esso si sostiene e cioè che non vi siano prove della colpevolezza della Ashtiani e che la confessione di colpevolezza sia stata estorta con la tortura, e che quindi la Ashtiani debba essere liberata.
Mi sembra però che la campagna si stia trasformando, se già non lo era in partenza, più in un battage propagandistico contro l'Iran che in un appello a favore della donna azera.
L'impressione è che le notizie sul “caso Sakineh”, o meglio le “novità” sulle finte esecuzioni e su angherie simili, siano immesse nel circuito mediatico senza alcun vaglio critico; da ultimo quella relativa alle novantanove frustate che sarebbero state inferte alla donna per la pubblicazione di una sua foto senza velo islamico (foto che invece raffigurava un'altra persona; pare una dissidente iraniana) sul London Times.

La notizia è già stata smentita dall'ex avvocato della Ashtiani, il quale ha affermato che la pena non sarebbe stata ancora eseguita.
La smentita ha un qualcosa di pleonastico, ma dimostra la consistenza delle fonti su cui si fonda la campagna: chi ha avuto modo di vedere la foto pubblicata dal London Times può facilmente accorgersi che la donna rappresentata dalla foto del giornale inglese raffigura una donna dai lineamenti assai diversi da quelli della Ashtiani.
Immagino pertanto che anche il più miope degli aguzzini fosse in grado di rendersi conto che si trattava di due donne diverse e che pertanto non vi era alcun motivo (ancorchè abominevole) per punire la Ashtiani per una foto di un'altra donna.

Sembra però che gran parte dell'opinione pubblica sia refrattaria a qualsiasi considerazione critica e ciò grazie alla acquisita permeabilità rispetto a qualsiasi notizia negativa che riguardi, in generale, l'Iran, considerato (immotivatamente) uno Stato retrogrado e primitivo.
Una falsa immagine che ha consentito di accreditare, in un primo momento, la versione secondo cui la donna azera era stata condannata alla lapidazione solo perchè ritenuta colpevole di adulterio, anzichè -come poi ci hanno consentito di apprendere- di concorso in omicidio.

Se la questione non riguarda più la lapidazione per adulterio, ma la pena di morte per omicidio, il dramma personale di Sakineh Ashtiani assume carattere universale per via della non accettabilità della pena di morte come sanzione.

Questione che però riguarda, oltre all'Iran, altri 49 Paesi che applicano "ordinariamente" la pena di morte (e altri 48 Paesi i cui ordinamenti la prevedono); ma riguarda soprattutto le anonime migliaia di uomini e donne , i cui volti non vedremo mai appesi sui muri di qualsivoglia municipio o ministero, nonostante qualcuno di loro sia (statisticamente) innocente.
E a favore dei quali, nessuno escluso o esclusa, lancio il mio personalissimo, e soprattutto modesto, appello affinchè tutti gli Stati aderiscano alla moratoria contro la pena capitale.

Lorenzo Borrè
Fonte: www.ariannaeditrice.it
Link: http://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=34365
7.09.2010


Citazione
Maria Stella
Noble Member
Registrato: 2 anni fa
Post: 1429
 

" io non so in base a quali dirette, concrete conoscenze del caso giudiziario, i sottoscrittori dell'appello possano affermare con sicurezza quanto in esso si sostiene e cioè che non vi siano prove della colpevolezza della Ashtiani e che la confessione di colpevolezza sia stata estorta con la tortura, e che quindi la Ashtiani debba essere liberata. "

Questo è uno dei tanti argomenti che ci spingono ad opporci a certo islam: non sappiamo. Dovremmo stare alla parola di chi la vuole ammazzare in modo barbaro, e oltre allla ripugnanza per la pena di morte in noi cresce la apprensione che si cerca di metter da parte e camuffare con operazione di molti ed indecentemente indecorosa: abbiamo paura e con ragione, la presenza nel nostro Paese di solamici intolleranti alla parità uomo/donna, di padri che eseguono la sentenza di morte sulle figlie nella accondiscendenza sostanziale della famiglia, per fare uno dei tanti esempi. e non fosse solo questo: la difficoltà per i magistrati a giudicare, visto che non sembrano molti di loro della idea di applicare il nostro diritto punto e basta, come a me parebbe norma, ma non sono io che giudico, per mia fortuna.. io non dormirei la notte . Solo che ceete decisioni, giuste o sbagliate passano sopra la testa, i desideri, i costumi e le faticose conquiste sociali degli Italiani.

per tutto questo e molto altro gli italiani vanno ed andranno in massa a firmare contro la lapidazione ed altre pratiche che risalgono ad un sentire e vedere da noi se mai lo abbiamo avuto, dimenticato e seppellito millenni fa.

Inutile fare gli gnorri , inutile che gli akkulturati scrivano e si contorcano per mettere nella capa degli italioti che si, prima pensiamo alla pena di morte in occidente e lasciamo intanto liberi altri di ammazzarel seppellire nei giardini, punire ferocemente, essere assolti dai nostri tribunali in difficoltà.. come se le nostre leggi non esistessero.. ed infatti visto che vengono applicate a discrezione ad uno in un modo ed ad uno in un altro, è davvero come se non esistessero e ben vedere!


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Attila
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Salviamo Sakineh. E gli altri?…
di Rita Vergnano
In questi giorni, in ogni dove, si sente parlare dell’appello in favore di Sakineh Mohammadi Ashtiani, la donna iraniana condannata alla lapidazione per adulterioe per complicità nell’ omicidio del marito.

http://www.cdt.ch/mondo/cronaca/30265/non-dimentichiamo-sakineh.html

Naturalmente la campagna è condotta, oltre che per salvare Sakineh anche (come si legge nell’articolo sopra) in favore di tutte quelle donne iraniane ostaggio delle proprie famiglie, della propria società e di leggi scritte che contraddicono i principi dei diritti umani».

Premesso che sono contraria alla pena di morte (in tutte le sue forme) mi sono chiesta più volte se la situazione in quei paesi (come l’Iran ed altri paesi del Medio Oriente sotto una dittatura teocratica e non) fosse davvero l’inferno delle donne, ostaggio delle proprie famiglie e della società, private di ogni diritto umano, e il paradiso degli uomini che, di conseguenza, costituendo l’altra metà della società e delle famiglie verrebbero a trovarsi nella posizione di detentori di ostaggio. Oppure se non fosse un “inferno” per entrambi.

Prima di Sakineh c’erano state Safya, Amina, le donne in pericolo e a rischio di lapidazione per le quali sono stati lanciati numerosi e ripetuti appelli. Eppure, in generale, la pena di morte (così come il carcere) è una misura presa in gran misura più nei confronti degli uomini che non delle donne.

Ho dato un’occhiata al rapporto di Amnesty International sulle condanne a morte ed esecuzione nel 2009 e così ho potuto leggere alcuni numeri cui di norma non viene dato rilievo sui media.

http://www.amnesty.it/dati_pena_di_morte_nel_2009

Così, proprio a proposito dell’Iran e della lapidazione (pena che da quanto ho capito è comminata solo agli adulteri) a pag. 18 si legge “Nonostante una direttiva del 2002 imponesse una moratoria sulle esecuzioni tramite lapidazione e una dichiarazione dell’agosto del 2008 del portavoce dell’autorità giudiziaria che affermava che questo metodo diesecuzione era stato sospeso, almeno cinque uomini e una donna sono stati lapidati a morte negli ultimi otto anni. A gennaio 2009, lo stesso portavoce ha confermato alcune esecuzioni tramite lapidazione e ha detto che la moratoria non ha un peso legale e che i giudici possono anche ignorarla.

Il 5 marzo 2009, Vali Azad è stato lapidato a morte in segreto, all’interno della prigione di Rasht, nel Nord Ovest

dell’Iran. Almeno altre sette donne e tre uomini sono a rischio di essere lapidati perché condannati a morte per adulterio durante il matrimonio.

Quindi, ricapitolando, il 70% degli incarcerati in attesa dell’esecuzione di cui si ha notizia è costituito da donne ma l’83.34% delle esecuzioni avvenute è costituito da uomini. In sostanza le condanne per adulterio sono 50% uomini e 50% donne (5 lapidati e 3 in attesa dell’esecuzione fra gli uomini e 1 lapidata e 7 in attesa di esecuzione fra le donne) ma, stando ai dati forniti da Amnesty, solo il 12.5% delle donne viene effettivamente messo a morte in un modo così barbaro contro il 62.5% degli uomini.

Sulle motivazioni nulla si sa.. Potrebbe anche essere che all’attenzione internazionale vengono portate solo le donne e di conseguenza, date le pressioni mediatiche internazionali, venga sospesa o procrastinata l’esecuzione in percentuale maggiore per le donne mentre per gli uomini non essendoci appelli o tam tam mediatico non c’è speranza? Oppure c’è, a monte, una severità maggiore nel giudicare (o forse è anche più facile che venga allo scopertol’adulterio nel caso di una donna e che lo si dimostri) ma di contro, una maggior clemenza, alla fine, nel giudizio?

Così, ad esempio sempre in Iran, il progetto di legge per il reato di apostasiaprevedeva pene diverse per un uomo e per una donna (progetto di legge che pare sia stato approvato, nonostante le pressioni internazionali, tanto che nel novembre 2009 è stato impiccato per apostasia il ventisettenne Ehsan Fattahian).

http://www.asianews.it/index.php?l=it&art=11629&size=A#

“L’Istituto sulle politiche religiose e pubbliche, con sede a Washington, che ha reso nota giorni fa l’iniziativa, spiega che il testo in esame stabilisce la morte per l’apostata-uomo e il carcere per l’apostata-donna”.

Parlando di condanne a morte in generale, si apprende che in Iraqdalla fine del 2009, sono più di 900 le persone, incluse 17 donne, che si trovano in imminente rischio di essere messe a morte nel paese. Secondo le informazioni ricevute da AmnestyInternational, queste persone hanno esaurito tutti i possibili gradi di appello e ora le condanne a morte devono essere ratificate dal Consiglio presidenziale.

Ecco qua.. lo stesso meccanismo comunicativo per i morti sul lavoro, evidentemente gli uomini in attesa di giudizio sono 883 o forse di più, visto che il totale delle persone è 900 ma l’accento cade su “quell’incluse 17 donne” . E a proposito della maggior capacità empatica femminile secondo cui se le donne fossero al potere, in virtù della loro capacità di dare la vita, combatterebbero la cultura di morte, si apprende anche che in Iraq, a contrapporsi al presidente Jalal Talabani che sostiene l’abolizione della pena di morte e si rifiuta di firmare le esecuzioni, oltre al primo ministro e ad alcuni altri ministri c’è anche una signora, la dott.ssa Wijdan Mikhail Salim che è stata nominata nientemeno che ministro dei diritti umani e il cui mandato dovrebbe essere proprio quello di promuovere la causa della protezione dei diritti umani.

http://www.uominibeta.org/2010/09/03/salviamo-sakineh-e-gli-altri/


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Attila
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Diritti Umani secondo Tette&Culi
09/05/2009

In questi giorni dagli organi di "informazione" si è levata molta indignazione per la condanna a morte di Delara Darabi,ragazza iraniana di 23 anni colpevole e reo confessa di un omicidio. Chi conosce il mio blog sa benissimo quanto orrore provo nei confronti della pena di morte e di come apprezzo ogni sforzo teso all'eliminazione di questa pena, tuttavia altrettanto apprezzamento non posso provarlo quando l'indignazione per una condanna a morte è suscitata da motivazioni puramente strumentali e ideologiche.

Perchè così è stato nel caso di Delara Darabi; la condanna e l'indignazione per la sua esecuzione, difatti, è stata causata non tanto per l'esecrazione della pena di morte in se e nè tanto dalla giovane età della persona giustiziata, quanto,invece, per il Paese in cui è avvenuta questa esecuzione(Iran), e soprattutto per il sesso della persona finita sotto il patibolo, quello femminile appunto. Proprio negli stessi giorni in cui veniva giustiziata Delara, sempre in Iran, un ragazzo quasi coetaneo a lei è stato lapidato per aver commesso un'azione che dalle nostre parti non è un reato, ma anzi è considerata un' opera benemerita, specie se a compierla sono le donne: l'adulterio(link). Eppure non c'è stata quell'indignazione che invece ha accompagnato l'esecuzione di Delara Darabi, anzi quasi non ne hanno parlato(eccetto un trafiletto dell'edizione on line di pochi giornali).

E inoltre nel mondo, a cominciare dagli Usa, vengono di continuo giustiziati ragazzi per reati commessi da minorenni e proprio da noi in Europa, in tempi recenti, nel 1976, un ragazzo francese di appena 20 anni, Christian Ranucci, accusato di omicidio,fu decapitato a Marsiglia con la ghigliottina per ordine dell'allora Presidente della Francia, Giscard D'Estaing ,senza che ci furono indignazioni e proteste, ma anzi con la piena approvazione dell 'opinione pubblica.Il perchè di questa disparità di trattamento quando a finire sul patibolo sono esseri umani di sesso maschile è ovviamente da ricercare nella concezione tipicamente occidentale della donna la cui vita è considerata di maggior valore rispetto a quella degli uomini("prima le donne...", si dice).

E infatti, in merito all'esecuzione di Delara non si può far a meno di notare come sui giornali e tv il nome di questa ragazza viene sempre preceduta dall' attributo artistico di "pittrice" e, quasi mai seguito dal reato per cui è stata condannata(*), quasi a voler maggiormente instillare nell' opinione pubblica la leggenda metropolitana femminista secondo cui nel mondo le donne vengono giudicate per il loro essere donne e non per azioni commesse(quando invece sappiamo che sia in Iran che in tutto il mondo, la stragrande maggioranza di coloro che finiscono in carcere o al patibolo sono maschi).

Inoltre provate a immaginare se al posto di Delara Darabi, fosse stato giustiziato magari dopo essere stato orrendamente seviziato ed evirato-come spesso succede in alcuni Paesi-un suo coetaneo maschio, anche egli pittore,per violenza sessuale, cioè per un reato-con buona pace del popolo bue-oggettivamente meno grave rispetto all' omicidio. Ovviamente di ciò non se ne sarebbe parlato, oppure se proprio se ne fosse parlato, i giornali, le tv e il popolino avrebbero avuto minuziosa cura e patetica precisione nello specificare il reato per cui sarebbe stato condannato-"stupro"-"abusi"-"molestie"- e ovviamente il suo nome e la sua figura non sarebbero stati preceduti e accompagnati dalla qualifica di "pittore", ma da tutt'altro che gentili omaggi quali "mostro stupratore", "orco", "predatore", "maniaco" e da tanti altri patetici termini e neologismi di cui è infarcito il vocabolario del popolo bue, avallando una simile esecuzione come modello da importare nel nostro sistema giuridico(e in parte già è stato importato) giacchè dalle nostre parti per gli stupratori si chiedono a gran voce gli stessi metodi e punizioni che si usano in popolazioni tribali o comunque in stati arretrati, quali lunghe e sproporzionate pene detentive, pene di morte previa squartamento o bollitura in pentoloni ed evirazioni , in piena linea con l'orrenda "ricetta Calderoli" di...tagliare il pene "senza nemmeno sterilizzare il coltellaccio".

Come si può vedere, non c'entrano nulla i diritti umani con questo clamore per l'esecuzione di questa ragazza iraniana, infatti il popolo denuncia e si indigna per le violazioni dei diritti umani solo quando bisogna difendere categorie gradite oppure per screditare stati e governi sgraditi, ma le invoca tranquillamente contro ogni qualvolta in questione ci sono categorie odiate e nemiche. E' un vezzo, questo, che da sempre contraddistingue la stupida massa popolare.Giudicare un' azione usando metri di giudizio diversi a seconda delle pelle o del sesso di chi questa azione la compie o la subisce, non può che configurarsi come una spregevole forma di razzismo.

(*) NOTA: Nei giorni seguenti all'esecuzione su quotidiani e in tv è incominciata a balenare l'ipotesi che a commettere l'omicidio sarebbe stato il suo compagno e non lei che invece sarebbe stata indotta a confessare l'omicidio. Ovviamente a supporto di questa tesi non vi è nessuna prova, ma è solo una ipotesi che fa molto comodo in quanto ben si adatta alla propaganda di regime occidentale secondo cui le donne sarebbero intrinsecamente incapaci di compiere il male e perennemente vittime del sistema "patriarcale" e "maschilista".

http://ilvolodidedalo.blogspot.com/2009/05/i-diritti-umani-secondo-tette.html?showComment=1243023932529


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