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Uno sguardo al futuro prossimo venturo


GioCo
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Di tanto in tanto mi cimento in queste imprese semi-spericolate che hanno il fine apparente di gettare uno sguardo sul futuro. In realtà è una scusa per parlare di tutt'altro e in particolare di questioni a me care, vicine all'educazione e al sapere.

Il futuro ci appare via via sempre più inquietante ma a tratti anche stimolante e in un certo senso "educativo", un futuro che odora di vecchio come antiche biblioteche dimenticate o quelle soffitte di vecchie case che nei film riservano sorprese avventurose. Tesori nascosti e dimenticati.

Naturalmente come ogni buona storia anche qui abbiamo i Nemici. Sono tanti, sono molto bene attrezzati oltre che agguerriti. Ci conoscono o almeno pensano di conoscerci e ci dominano o almeno credono di poterci dominare.

Tuttavia il termine della sfida in corso è assurdamente già deciso, come un libro già scritto il cui finale paia scontato: il cattivo perde e il buono vince. Peccato che se andiamo a fondo tante cose ci lasciano con l'amaro in bocca. Tanto per iniziare nello svolgimento la Storia mescola le carte più e più volte, tanto che alla fine è arduo dire chi o cosa abbia vinto. Il buono, certamente, non potrebbe essere diverso. Ma cosa rappresenta esattamente questo "buono"? All'inizio della Storia ne eravamo certi, vivevamo in una condizione di privilegio che non lasciava spazio ai dubbi. Poi abbiamo assunto un qualche filtro o ci è accaduto qualcosa che sa di magico. L'incanto ci ha cambiato, in forma e in sostanza e il nemico l'abbiamo assunto dentro di noi. Un nemico quindi invisibile, pervasivo, fisico eppure sfuggente.

Il buono è in sostanza il bene che non può essere disgiunto tra il livello individuale e quello collettivo. Il bene collettivo non può essere il male per nessuno anche se a qualcuno può andare male. In realtà non dovrebbe essere il male in generale, ma stiamo comunque divangando. Noi ci troviamo entro una serie di questioni che non hanno nulla a che fare con la morale come apparentemente ci porta a credere quel "bene collettivo", ma con le premesse e i significati (basilari) con cui interpretiamo queste premesse e poi le usiamo per riflettere. Insomma, non siamo tanto incapaci, ottusi, ma confusi nelle idee e con ciò incapacitati. Una confusione che pare una tormenta interiore o come la intendo di solito "IL" tormento. Perché ci perseguita, tutti, indistintamente, ma l'avvertiamo singolarmente come fosse qualcosa che ci riguarda da vicino e a livello (esclusivo) personale. Non collettivo. Così ci sentiamo chiamati a risolvere la questione individualmente quando è chiaro a tutti che la soluzione può solo derivare da azioni collettive. Allora ci rivolgiamo agli altri in quando "reprobi", "incapaci", "colpevoli" o quello che volete Voi. Insomma è la nostra frustrazione che parla, comprensibilissima in una codizione di impotenza come questa.

Ma disarmonica che in soldoni per me significa incorente. Per ciò mi dice di più su cosa stiamo sbagliando piuttosto che "chi incolpare di cosa". Oh no? Apparentemente tendo a rivolgere sempre "l'indice" verso l'interno di noi stessi, tuttavia questa è più una ricaduta logica che una intenzione. Cioè ci arrivo per passaggi, non punto alcun dito contro nulla. Infatti è chiaro che questa condizione dicotomica, questa tendenza a vedere il problema nella dimensione sociale ma ricercare ossessivamente la soluzione nella dimensione individuale ha diversi buchi tremendi e incolmabili. Uno lo abbiamo visto in piena pubblicità pandemica, quando ad essere eletti sono stati sedicenti esperti di un sedicente pseudo-ufficiale comitato "di saggi" che avrebbe dovuto guidarci nel "sapere e pensare" quel che era giusto sapere e pensare. Contro le supposte "fake news" di altrettanti vaghi ma temibilissimi "complottisti" che invece veicolavano confusione. I quali hanno reagito specularmente, radunandosi in millantamila piccole realtà tutte raccolte attorno ad altrettanto sedicenti "esperti" più preoccupati di farsi la guerra a vicenda per catturare l'attenzione con la notizia che a disegnare un quadro ampio e coerente in se stesso per cercare di capire qualcosa di quel che stava accadendo. In tutti i campi si è ripetuto lo stesso schema.

Mancavano (e in gran parte ancora mancano) corrispondenze (=principi) che ci mettano in grado di dare una lettura più sensata (tenendola insieme) al Tempo che ci Governa. Per esempio stavamo timidamente iniziando a collegare al WEF e la NATO alla crisi Ucraina dopo quella pandemica (e mi rifiuto ancora oggi di considerare quella crisi "inventata" dal momento che gli agenti di guerra biologica militari sono una minaccia concreta ed estremamente pericolosa da non sottovalutare come invece stiamo facendo) che veniamo deliziati con queste urgentissime necessità culinarie europee, come le farine a base di insetti associate alle insensate quanto prevaricanti politiche guerradondaie promosse da ecologisti (che dovrebbero occuparsi della transizione?) alla Baerbock o Greta, faccini carini calati in politica per dire che noi, con  tutti i diritti, le nostre esigenze basilari e le nostre opinioni democratiche, "non contiamo comunque un ca%%o". Perché non viviamo in demo-crazia ma in demonio-crazia e questo ci viene ricordato costantemente.

Come se al Governo dei nostri destini ci fossero posseduti. Avete presente "L'Esorcista"? Ecco, come se a dominarci fosse gente tipo Regan MacNeil, la dodicenne posseduta del film omonimo (di cui alleto foto "col trucco di scena" presa da wikicoipiedi a mo' di promemoria, giusto per capire come i faccini carini possano poi celare un contraltare di tutt'altro tipo).

File:Regan MacNeil.jpg

Posseduti quindi. Ecco, l'ho detto... Perché gente totalmente menefreghista riguardo i nostri destini, chi siamo, da dove proveniamo è strana per più di una ragione... Ed anzi, pare più preoccupata di non darci futuro che di cercarne uno coerente, di rimuovere costantemente e con estrema perizia la memoria di chi siamo e del nostro passato per sostiturli pedissequamente con soluzioni posticce o del tutto marginali. Ok è un élite, ma non pare comportarsi come tale piuttosto pare più preoccupata a nascondere... Cosa?!

Sembra unicamente concentrata in tale sforzo ad ogni costo e con tutta la forza e la violenza di cui dispone come se ogni stilla di realtà che filtra sia per lei un danno fisico irreparabile. Come se la conoscenza condivisa sia equivalente all'esorcismo per un posseduto.

Certo, non ho idea se quel che sto scrivendo è Vero. Non cerco ne spaccio verità l'ho scritto tante volte, tuttavia è molto coerente con quel che poi osserviamo sul campo e nella esperienza di tutti i giorni.

Per ciò non mi picco di scrivere su questioni pratiche o teoriche che siano Vere. Punto più l'attenzione sui principi e sui significati che essi veicolano. Perché a me sembra che qui la guerra non sia fatta coi cannoni (o nella versione più recente i missili) ma esclusivamente con il penisero, per le idee e la conquista della Mente. Quindi le armi servono (e sono usate) esclusivamente per imporre idee e con esse (per forza) anche una certa spiritualità. Allora ci si accorge che c'è una spiritualità concessa e una osteggiata. C'è persino una certa idea spirituale fintamente osteggiata che in realtà poi viene promossa nei fatti.

Chi mette in risalto tutto questo? Il Maestro Interiore che è il Cuore. Il centro del nostro agire emotivo. Egli non Mente Mai e se sappiamo leggere le sue ragioni, non verremo ingannati. Certo, mettere Ordine al caos che abbiamo interioremente, quel caos che disallinea la nostra componente raziocinante con quella emotiva e non sembra che ci sia altro interesse "respirabile ambientalmente" se non mantenere quel disallineamento a prescindere come fosse l'urgenza più urgente, facendo finta (di nuovo) ogni volta di rimettere a posto le cose perché non vadano mai a posto... Mettere Ordine (dicevo) in tale condizione non è affatto semplice. Come tenere l'equilibrio su una corda mentre qualcuno la scuote con forza e "capitando" sulla stessa "a caso" senza mai avere avuto addestramento, al solo scopo di rimanerci abbastanza a lungo da capire che diamine sta succedendo. Sembra un episodio dei Looney Toones più che la realtà in cui "dovremmo" vivere.

Personalmene quando cerco lumi, mi concentro sull'aspetto educativo. Tendo a pensare infatti che non ci possa essere alcuna distinzione tra spiritualità ed educazione. Dal mio punto di vista è impossibile! Infatti ogni educatore che approfondisce alla fine si interessa di temi spirituali... Finendo per consumarsi nel tentativo. L'educatore è infatti colui che più di ogni altro subisce il logoramento interiore che è possibile affrontare esclusivamente se si possiede una robusta dimensione spirituale. In effetti la questione è di lana caprina e basta (per rendersene conto) l'effetto che ci fa l'idea che un educatore per essere tale debba essere veicolo obbligatorio di una qualche componente spirituale, cioè non possa essere laico in soldoni, per capire il livello di confusione che ci ammorba.

L'educazione è parte inscindibile di quella ricerca moderna più genericamente intesa come "scienze umane". Che se prendiamo per buona la motivazione prescritta, cioé l'ideale governo di posseduti di cui ha senso coerente prendere atto, dovrebbe essere più sensato considerarle "scienze disumane" anche perché sono forzosamente dirottate verso un ideale transumanista. Quindi implicitamente disumano, in quando è un ideale che non riconosce il primato dell'Uomo come principio. Ma quello della macchina sull'Uomo. Che poi tradotto in soldoni (di nuovo) è il primato del corpo sull'Uomo. Come se il principio dell'Uomo fosse il suo corpo e non il contrario, cioé che il Corpo dell'Uomo imbriglia un principio che prescinde però dallo stesso.

Quindi, educazione e scienza vanno certamente tenuti separati in quando la prima è radicata in un atto che non può essere del tutto proprio dell'osservazione (l'osservazione dell'osservatore risulta abbastanza limitata per ovvi motivi oggettivi) ma deve sposarsi con il principio da cui discende poi un "pensiero pensato" condivisibile che rende di fatto l'applicazione dell'osservazione un atto indiretto e con ciò emotivo, per forza di cose.

In sostanza è impossibile fare (buona) educazione senza una buona emozione che non è necessariamente una emozione positiva. Una belva assetata di sangue vive nella caccia certamente una emozione positiva e parimenti una madre che sgrida il figlio non sperimenta di certo emozioni positive. Una buona emozione è una emozione in linea, in armonia ed equilibrio con l'agito e l'intenzione. Se abbiamo intenzione di procurarci cibo con la caccia ha senso l'esaltazione per la violenza, se invece ne abbiamo per l'educazione che occorre per insegnare tale pratica, NO.

Tuttavia non è un buon metro questo per capire se si sta facendo o meno cattiva educazione, quanto l'abuso. Se infatti non avremo equilibrio emotivo ne armonia con l'agito e l'intenzione ogni abuso sarà scontato e in un certo senso "obbligatorio". Perché lo vivremo così, obbligatorio e necessitante per ciò di continue giustificazioni che avranno il solo effetto di perpetrare e aumentare l'abuso rendendolo palese.

Come l'ideale fame onnivora e inesauribile del pescecane che aumenta (e basta) con l'odore del sangue.

Noi però siamo stati allevati nel solo ed esclusivo senso della condanna. Perché? Perché ci dissocia interiormente e ci impedisce di assumere verso l'emozione quell'atteggiamento coerente di misura e di pensiero che ci interroga, ci induce a riflettere. Senza condannare niente aprioristicamente. Non è "bagliato" (emotivamente parlando) aggredire e non è mai "irrazionale" un emozione che ci porta verso quel comportamento. Se condanniamo, ci condanniamo al contempo a non capire e a rimanere ignoranti.

Questa induzione alla confusione che impedisce di riflettere è innestata profondamente nella nostra spiche a causa della scolastica che impone disciplina (e ubbidienza) verso un perciso magistero: la fede. Ora, se una certa dose di fede è imprescindibile e in specie con la necessità della crescita, perché ad esempio il bambino non può che avere fede verso i suoi genitori, non ha ancora gli strumenti cognitivi per l'autonomia necessaria ad affrontare il Mondo, tuttavia quella è la più bassa delle qualità spirituali. Ogni spiritualità di fede è una spiritualità d'accatto.

Certo, non è nemmeno possibile la sostituzione con la razionalità. Semplicemente ha senso che l'emozione abbia un suo senno perché ne facciamo esperienza e la ragione ha senso ci fornisca i principi coerenti e logici con cui leggerla. Ragione che dovrebbe essere concepita non per sfruttare l'emozione in modo da giustificare ogni abuso (come sta succedendo per "amore dei posseduti e della possessione") ma perché nell'Uomo è obbligatorio che la stessa sia lo strumento principe per mettere in equilibrio e in armonia la stessa con l'agito e l'intenzione.

La bestia non è ha altrettanto bisogno. Perché non ha gli stessi gradi di libertà. Per conquistare la nostra "libertà" (che poi è sempre armonia espressa in altre parole) è quindi un passaggio obbligatorio rimettere insieme la scienza (e con essa l'educazione) con l'escatologia.

Cioè la ricerca di chi siamo, da dove veniamo e di conseguenza qual'è il nostro destino. Senza questi fondamenti ben chiari nella nostra testa, ogni pretesa educativa e di scienza rimarrà esposta alla natura instabile che è quella brama sempre riconducibile a un atto di possessione. Che sia verso l'ambiente, il pensiero o l'innocenza, non ha importanza. Brameremo sempre di possedere e con quella brama spunteranno poi tutte le altre catastrofi come la necessità ad esempio di sicurezza mai soddisfatta ne soddisfabile che si traduce in guerre o di amore che sarà sempre poi frustrato e ricondotto con ciò alla dimensione animale, corporea che si traduce in infinite altre compulsioni aberranti come ad esempio l'abuso infantile. Per non parlare poi della ricerca che si traduce in questo caso sempre in arma di conquista brutale e violenta, tant'è che la scienza di punta è sempre riservata e segretamente condotta in ambiti militari prima di diventare pubblica "col contagocce", perché il nocciolo innovativo del pensiero rimanga lontano dalla nostra vista e per servire chissà per quali "nefande" perverse schifezze "necessarie".

A mio avviso la guerra che viviamo è interiore e con ciò rimane concretamente spirituale e intendo con quel "concretamente" togliere la spiritualità da un ambito etereo proprio della fede. Non esiste nessun modo per dissociare la qualità fisica, emotiva, razionale e con ciò scientifica dell'esperienza e dall'energia e quindi non esiste un ambito "etereo" a meno che non si intenda una densità vissuta di significazione e di armonia della stessa che per noi è inarrivabile (qui ed ora). A meno che non intenda quindi una coscienza collettiva di ben altra portata e qualità e che noi evidentissimamente ora non stiamo condividendo.

Bene, detto ciò, qual'è il futuro che prevedo nell'immediato? Noi stiamo vivendo una sfida. Come il bambino che nasce non abbiamo alcuna certezza riguardo la nostra sopravvivenza, tuttavia mi sento di deludere quanti sono attratti dal catastrofismo. Attualmente la guerra atomica la vedo più come "l'uomo nero", l'ennesimo bastone agitato per costringere le persone ad avere paura.

Certo, c'è una guerra tra posseduti per il controllo del pianeta (e delle coscienze che vi abitano). Ma questa è una storia lunga che non finirà certo domani ne nel 2030 o in altre date a noi prossime. Quella che ci interessa al momento a mio avviso e a breve termine è la battaglia per l'affermazione dei principi cardine di un pensiero "retto" e per mettere al centro l'attenzione collettiva e tenerla ben salda, per ora riflettendo su temi relativamente "marginali" ma non casuali come il possesso. Il fine è quello di produrre un pensiero condiviso e condivisibile più maturo a riguardo.

L'Asia ha già iniziato a darsi le sue risposte in merito da tempo e per contrastare proprio l'aggressività occidentale che ritiene avere un diritto di riscatto aprioristico su tutto, tradizioni millenarie comprese. St'accidente di occidente invece si è arroccato su posizioni meramente difensive dopo aver abbracciato sbrigativamente idee sballate che non possono in merito darci alcuna risposta concreta, come quelle transumaniste e suppostamente calate dall'alto con la forza per il Mondo Nuovo. Così mentre l'occidente continua a credere che il suo primato sia inviolabile, l'Asia si è mossa per affrontare quel futuro che è inevitabile e per adattarsi.

Gli strumenti cognitivi degli uni e degli altri sono assolutamente insufficienti, pura miseria inadatta ma quelli asiatici sono giusto appena appena più coerenti e per ciò prevalgono.

L'occidente si è per ciò di fatto arroccato attorno l'idea della separazione tra scienza e questione escatologica portata alle estreme conseguenze (=nichilismo) mentre una fetta consistente del resto delle culture del pianeta è consapevole dell'importanza di mantenere un legame con le origini anche se si tratta solo della loro cultura.

Tuttavia l'urgenza di trattare la questione escatologica rimettendo al centro l'Uomo e con ciò l'ideale del "nato perfetto" in quanto così voluto fin dall'origine da una coscienza infinitamente maggiore rispetto la nostra, non fa che crescere. Perché viviamo tempi in cui la pressione verso il cambiamento in tal senso non può che aumentare per questioni cicliche del tutto indipendenti dalla volontà umana.

Viviamo una fase Cosmica chiaramente ascendente, dal Buio verso la Luce. Ma il travaglio appare tutt'altro che semplice. Siamo chiamati a risolvere questioni che vanno trattate singolarmente e dentro di noi ma che per forza di cose avranno un impatto collettivo, perché siamo diretti verso la consapevolezza che il nostro pensiero non è isolato. La coscienza che esprimiamo è comunque anche collettiva. Il brodo in cui siamo immersi è quello.

Così se siamo anche governati dai posseduti questo non ci esime dalla responsabilità di conoscerli e riconoscerli per saperli affrontare, soprattutto a partire dal fondamentale recuro della centralità dell'escatologia. Anzi, la loro opera ci costringe a prendere atto che non possiamo continuare a ignorarne la natura dell'Uomo. Ci costringe a vedere la nostra singola responsabilità non come propria di una vita ridotta al nostro intorno e connessa solo ai nostri cari, ma connessa in modi incredibilmente più complessi e vasti di quelli che abbiamo fin'ora pensato e coltivato in noi. Una connessione di natura spirituale. Quindi inziamo ad affacciarci a una realtà dove il pensiero umano stesso è rimesso emotivamente al centro perché è direttamente minacciato da uno sconquasso che non lascerà illeso nessuno e in specie tra chi si attaccherà a quel pensiero che non è più adatto per i tempi che stanno giungendo. Tantissimi si faranno sorprendere come durante la pandemia e reagiranno per tanto in modo animale. Altri tenteranno una reazione più coerente ma verranno comunque travolti. Di sicuro chi cerca di innovarsi al solo scopo di conservare il vecchio stile di vita e di pensiero, come i plutocrati o il loro servi, non andrà lontano.

Come la regina, come già il papa emerito e forse presto anche quello meno emerito, li vedremo cadere insieme a tutte la nostre certezze riguardo qualsiasi cosa pensavamo fosse graniticamente capace di garantirci continuità rispetto il passato. Persino il transumanesimo che è di fatto un ultimo tentativo cammuffato di contenere ciò che avanza verrà alla fine spazzato via e già anche solo gli accenni di ciò che è appena accaduto a Davos dovrebbero suggerircelo.

Cambiare la mentalità significherà per forza lasciare i principi della scolastica, quelli della fede per intenderci. Ma non significa per questo abbracciare una scienza parimenti basata sulla fede ne alcun altra fede. Significa abbandonare definitivamente l'idea che abbia anche solo senso basare la proprie esistenza su un presupposto di fede anziché di armonia.

Tutto qui. Ma non sarà facile. Anche solo questo passaggio non sarà per nulla meccanico o immediato. Potremo certametne (e lo faremo) rallentare qualcosa. Ma ogni atto che cerchi di contrastare il cambiamento, non farà che cumulare energie che poi si scateneranno spazzando via ogni ridicola resistenza.
 
Noi dobbiamo arrivare a comprendere bene come il pensiero collettivo è un potere effettivo, concreto e molto fisico che è obbligatorio fare nostro assieme alla responsabilità che ciò comporta e non una pseudo scienza illusoria di qualche pio invasato da quattro soldi. Un potere che fin'ora è stato gestito da posseduti che ci hanno fatto quel che ci hanno fatto. Ne per loro ne per noi conviene preseguire su questa china perché siamo all'epilogo dove tutto il danno viene portato alle estreme conseguenze. Il nuovo che avanza per ora è comunque sotto la giurisdizione dei posseduti e ogni tentativo di recedere dal metterli in discussione a costo di pagarne le conseguenze per la loro essenza inadatta a gestire quel nuovo che avanza, porta fatalmente il segno della fine.
 
Che verrà perché non c'è scelta, non perché un altro perché...

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