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Luoghi comuni sulla virtuosa Germania

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I LUOGHI COMUNI PIÙ DIFFUSI SULLA VIRTUOSA GERMANIA

1. Per la Germania la fine del marco e la convivenza con valute più deboli
nell’euro è stata un handicap.

Secondo Frank Mattern, capo di McKinsey in Germania, è vero il contrario: “la Germania con l’euro ha guadagnato moltissimo”. Negli ultimi dieci anni un terzo della crescita dell’economia tedesca è dovuto all’euro (165 miliardi nel solo 2010).
I motivi principali: fine dei costi di transazione e di assicurazione contro il
rischio di cambio; crescita del commercio intraeuropeo; e crescita delle
esportazioni tedesche proprio per il fatto che l’euro è una valuta più debole di
quanto sarebbe stato il marco (il contrario vale per la lira). Inoltre l’euro ha
abbassato molto i tassi d’interesse dei paesi periferici portandoli al livello di
quelli tedeschi, con conseguente incremento dei consumi in quei paesi, a
beneficio dell’export tedesco. In questo modo il saldo della bilancia dei
pagamenti della Germania – in rosso al momento dell’introduzione dell’euro – è
cresciuto nel decennio del 41%, sino a 1.021 miliardi di euro (dati Eurostat).

http://linus.net/2012/03/ma-cose-questa-crisi-di-vladimiro-giacche/

2. La maggiore competitività della Germania è dovuta al fatto che i tedeschi
lavorano più degli altri e che la loro produttività del lavoro è in continua crescita

I tedeschi non lavorano più degli altri: in Italia ogni lavoratore lavora 1.711 ore,in Germania 1.419. Anche i guadagni di produttività sono prossimi a quelli di altri Paesi europei (benché superiori a quelli italiani): ad esempio, la produttività totale dei fattori è cresciuta dal 1997 a oggi di un modesto 5%, pari all’aumento conseguito dalla Francia e ben al di sotto di quello statunitense (13%). E allora dov’è il segreto? Nella deflazione salariale, ossia nel fatto che dal 1998 i salari tedeschi sono diminuiti, rispetto alla media dell’Eurozona, dell’uno per cento all’anno. Ciò ha depresso la domanda interna, ma ha spinto le esportazioni. E infatti, come si legge in una recente ricerca del Centro Europa Ricerche, “dal 1997 a oggi, rispetto all’Eurozona, la Germania ha aumentato le proprie esportazioni del 30 per cento, mentre ha diminuito la propria domanda interna di 15 punti”. In pratica, “la riduzione del costo del lavoro per unità di prodotto rispetto al resto dei paesi europei, ossia il miglioramento della competitività di prezzo all’interno dell’Eurozona, è stata ottenuta dalla Germania grazie al contenimento delle dinamiche salariali”.Questa strategia per competere (non particolarmente moderna) ha tra l’altro il difetto di non essere generalizzabile. Al contrario, funziona soltanto a patto che non la adottino anche gli altri. E infatti, osservano i ricercatori del CER, “se tutti i paesi europei avessero seguito la strada della deflazione salariale, l’economia tedesca non avrebbe realizzato alcun guadagno di competitività” e l’esito sarebbe stato unicamente un generale
abbassamento dei salari reali. Invece, a causa degli Stati “viziosi” dell’Europa,
così non è stato, e la “virtuosa” Germania ha potuto piazzare i propri prodotti
in grande quantità.

http://linus.net/2012/03/ma-cose-questa-crisi-di-vladimiro-giacche-2/

3. La Germania ha i conti in ordine e adotta pratiche fiscali trasparenti

La Germania ha più volte sforato il tetto del 3% nel rapporto deficit/pil. Questo è avvenuto già prima della crisi, dal 2003 al 2005. All’epoca, però, la
Commissione europea decise di non agire su pressione della stessa Germania
(e anche della Francia, che aveva problemi simili). Dopo lo scoppio della crisi
la Germania ha poi messo in campo il maggior piano di stimoli per l’economia
realizzato in Europa, pari al 3% del suo pil. Inoltre, dal 2008 a oggi, ha speso
93 miliardi di euro per salvare le sue banche. Anche lo scorso anno il deficit è
stato superiore al limite di Maastricht, nonostante il peso molto inferiore degli
interessi sul debito rispetto alla gran parte degli altri paesi europei, mentre il
rapporto debito/pil è salito all’83% (il tetto di Maastricht è il 60%).Quanto alle
pratiche fiscali, il 40% del debito pubblico tedesco è allocato presso fondi
speciali, il cui deficit non figura nel bilancio federale. Per fare un esempio, gli
incentivi per la rottamazione, uno dei cardini del sostegno all’industria
automobilistica tedesca, non sono stati posti a carico del bilancio dello Stato
ma del fondo pubblico Itf, e sono stati giustificati come “investimenti per le
tecnologie verdi” mentre erano un sussidio ai consumi interni. In questo modo
tra il 2009 e il 2011 il governo tedesco ha fatto passare come investimenti ben 20 miliardi di euro di spese a sostegno dell’economia.

http://linus.net/2012/03/ma-cose-questa-crisi-di-vladimiro-giacche-3/

4. Anche la Germania sta pagando la crisi del debito, per questo vuole mettere ordine

La caduta della domanda interna nei paesi europei colpiti dalla crisi del debito
ha fatto diminuire le esportazioni tedesche verso questi paesi, e secondo
Patrick Artus di Natixis ciò ha comportato una minore crescita del pil
dell’1,5%. Ma la fuga verso i titoli di Stato tedeschi ne ha abbassato gli
interessi di oltre il 2%, con un risparmio per lo Stato tedesco di quasi un punto di pil (0,9%). La crisi ha comportato anche un significativo deprezzamento dell’euro(-17% circa), con conseguente crescita del volume delle esportazioni extraeuropee del 2,4%: un altro 0,8% di prodotto interno lordo guadagnato. Fatte le somme, il saldo della crisi per la Germania per ora è positivo, sia pure in misura contenuta: lo 0,2% del pil per il 2011. A questo va aggiunto che le aziende tedesche oggi possono procurarsi prestiti a tassi significativamente inferiori a quelli delle imprese italiane, spagnole, francesi.

http://linus.net/2012/03/ma-cose-questa-crisi-di-vladimiro-giacche-4/

5. Per la Germania è inaccettabile che l’Unione Europea diventi un’Unione di
trasferimenti (Transferunion)

È inaccettabile per Angela Merkel, ma non per la Linke (che chiede proprio
questo), e neppure per la Spd. Il capogruppo Spd al Bundestag, Frank-Walter
Steinmeier, in un’intervista allo Spiegel, ha sostenuto che trasferimenti di
ricchezza in Europa avvengono da tempo ma dal Sud verso il Nord, grazie alla
maggiore competitività della Germania, e che servirebbero oggi trasferimenti
anche in direzione opposta, proprio per evitare che gli squilibri tra i paesi
facciano saltare l’euro. Frank Mattern propone addirittura un “piano Marshall”
per i paesi del sud Europa, nell’interesse delle esportazioni tedesche. Anche i
cinesi, del resto, comprano titoli di Stato Usa per continuare a esportare negli
Stati Uniti.

http://linus.net/2012/03/ma-cose-questa-crisi-di-vladimiro-giacche-5/

6. La Germania è contraria all’intervento diretto della BCE nella crisi perché si
ricorda che l’iperinflazione degli anni Venti portò al potere Hitler

Se la Bce accettasse di sostenere illimitatamente i titoli di Stato europei, non è vero che si avrebbe una forte inflazione. Negli Usa, dove la Fed ha comprato buoni del tesoro per oltre 1.600 miliardi di dollari, l’inflazione è intorno al 3,5%. Inoltre, a portare Hitler al potere non è stata l’inflazione del 1923. Sono state le politiche deflazionistiche dei primi anni 30, attuate – in Germania e altrove – proprio per paura dell’inflazione. Lo storico Richard Overy nel suo Crisi tra le due guerre mondiali le ha descritte così: “I politici cercarono di evitare qualsiasi cosa che minacciasse la stabilità della m
oneta e dei bilanci in pareggio. In Francia lo stato perseguì una rigida politica monetaristica sino al 1936, riducendo gli stipendi dei funzionari pubblici e dei dipendenti dello stato, e tagliando le spese per la difesa e l’assistenza sociale. Nella Germania del 1932 si ebbe una serie di tagli forzosi sui salari pubblici, sulle rendite e sulle pensioni». Purtroppo, suona piuttosto familiare…

http://linus.net/2012/03/ma-cose-questa-crisi-di-vladimiro-giacche-6/

OFFTOPIC di buona musica

http://www.youtube.com/watch?v=4UcV1fdqp20

Bravo Giacchè, per me dice le cose giuste.
Una volta seguivo i suoi video su YouTube, poi ha smesso di farli...

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