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Una storia di stagione. (Troppo personale?)

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La mia famiglia possedeva una casa di vacanza in una località affacciata su una spiaggia dell’Adriatico e, alle spalle, la laguna veneta. Avevo 12 o 13 anni (sto parlando del paleolitico). Qualche domenica d’autunno o primavera si andava a far prendere aria alle stanze, la località era semideserta, io godevo di ampia libertà, “torna per la tale ora”, poche raccomandazioni, il mondo non sembrava presentare i pericoli e lo squallore che oggi ci assediano ad ogni angolo.
Facevo lunghe passeggiate solitarie sulla estesa spiaggia sabbiosa, esploravo le pinete, la laguna.

Fu durante una di queste esplorazioni che, avvicinandomi ad una banchina di pietra, in una zona remota prospiciente un vasto tratto di laguna, scorsi una ragazzina, anzi ne vidi la metà, perché stava in piedi su una mensola più bassa che sfiorava l’acqua. Mi avvicinai e mi sedetti, le gambe penzoloni, accanto a lei. Cominciammo a conversare senza preamboli, come ci conoscessimo bene, non parlavamo di noi, non ci facevamo domande. Parlavamo. Poi ad un certo punto ci salutavamo senza darci appuntamenti, e ritornavo dai miei.

Fu il primo di una dozzina di misteriosi incontri durante due o tre anni. Misteriosi lo dico oggi, perché allora mi sembrava la cosa più naturale del mondo. Passava un mese, forse due, ritornavamo in quel paese, io facevo le solite escursioni poi andavo a quella banchina e la trovavo lì, sola, mi scorgeva, mi sedevo sulla pietra del molo, lei si avvicinava, come fanno gli adolescenti, e parlavamo come non ci fosse stato alcun intervallo dalla volta precedente, con grande naturalezza, attorno a noi nessuno, l’acqua con i suoi colori mutevoli, i rumorosi uccelli marini, qualche barca lontana. Non parlavamo di noi e nemmeno delle nostre famiglie, credo fosse figlia di pescatori, parlavamo della natura che ci circondava o di altre cose che ci interessavano, non coinvolgenti, quietamente. Non le chiesi mai il nome, ne lei a me, non serviva, sapevamo di conoscerci, oggi sospetto, da sempre.

Poi con gli anni, vennero altre ragazzine a distrarmi, con un sapore diverso, con intenzioni diverse, che allora non mi tormentavano, che non distoglievano lei e me dal piacere di stare assieme.
Non la rividi più, né la cercai. Incontrarci a quel modo era il rito che dovevamo adempiere?

Era bionda, con i capelli non perfettamente lisci, naturalmente disordinati, gli occhi vivaci, le mani belle, della mia altezza, non faceva smancerie, sempre scalza, cosa che mi permise di notare una rara particolarità, tra un dito e l’altro dei piedi, regolari, aveva una leggera membrana che non si notava se le dita non si allontanavano una dall’altra, come quando si cammina o si gioca. Non ne abbiamo mai fatto cenno nei nostri discorsi, ero cosciente di non voler turbare la sua disinvoltura.

Una divinità emersa dalla notte dei tempi? Forse lo eravamo entrambi.

bella, mi è piaciuta e quasi quasi ti invidio

io da piccolo pensavo solo a tirar su le sottane alle bambine, per vedere le mutande
mi ricordo quella volta che lo feci alla mia vicina, aveva un anno più di me e quelle mutandine colorate ancora mi vengono in mente ogni tanto

La mia famiglia possedeva una casa di vacanza in una località affacciata su una spiaggia dell’Adriatico e, alle spalle, la laguna veneta. Avevo 12 o 13 anni (sto parlando del paleolitico). Qualche domenica d’autunno o primavera si andava a far prendere aria alle stanze, la località era semideserta, io godevo di ampia libertà, “torna per la tale ora”, poche raccomandazioni, il mondo non sembrava presentare i pericoli e lo squallore che oggi ci assediano ad ogni angolo.
Facevo lunghe passeggiate solitarie sulla estesa spiaggia sabbiosa, esploravo le pinete, la laguna.

Fu durante una di queste esplorazioni che, avvicinandomi ad una banchina di pietra, in una zona remota prospiciente un vasto tratto di laguna, scorsi una ragazzina, anzi ne vidi la metà, perché stava in piedi su una mensola più bassa che sfiorava l’acqua. Mi avvicinai e mi sedetti, le gambe penzoloni, accanto a lei. Cominciammo a conversare senza preamboli, come ci conoscessimo bene, non parlavamo di noi, non ci facevamo domande. Parlavamo. Poi ad un certo punto ci salutavamo senza darci appuntamenti, e ritornavo dai miei.

Fu il primo di una dozzina di misteriosi incontri durante due o tre anni. Misteriosi lo dico oggi, perché allora mi sembrava la cosa più naturale del mondo. Passava un mese, forse due, ritornavamo in quel paese, io facevo le solite escursioni poi andavo a quella banchina e la trovavo lì, sola, mi scorgeva, mi sedevo sulla pietra del molo, lei si avvicinava, come fanno gli adolescenti, e parlavamo come non ci fosse stato alcun intervallo dalla volta precedente, con grande naturalezza, attorno a noi nessuno, l’acqua con i suoi colori mutevoli, i rumorosi uccelli marini, qualche barca lontana. Non parlavamo di noi e nemmeno delle nostre famiglie, credo fosse figlia di pescatori, parlavamo della natura che ci circondava o di altre cose che ci interessavano, non coinvolgenti, quietamente. Non le chiesi mai il nome, ne lei a me, non serviva, sapevamo di conoscerci, oggi sospetto, da sempre.

Poi con gli anni, vennero altre ragazzine a distrarmi, con un sapore diverso, con intenzioni diverse, che allora non mi tormentavano, che non distoglievano lei e me dal piacere di stare assieme.
Non la rividi più, né la cercai. Incontrarci a quel modo era il rito che dovevamo adempiere?

Era bionda, con i capelli non perfettamente lisci, naturalmente disordinati, gli occhi vivaci, le mani belle, della mia altezza, non faceva smancerie, sempre scalza, cosa che mi permise di notare una rara particolarità, tra un dito e l’altro dei piedi, regolari, aveva una leggera membrana che non si notava se le dita non si allontanavano una dall’altra, come quando si cammina o si gioca. Non ne abbiamo mai fatto cenno nei nostri discorsi, ero cosciente di non voler turbare la sua disinvoltura.

Una divinità emersa dalla notte dei tempi? Forse lo eravamo entrambi.

mi sono venuti i brividi

una storia emozionante, raccontata in maniera eccelsa ma...

come interpretare il tuo non aver mai più cercato quella persona?

avevi avuto paura che conoscendola meglio sarebbe morta quell'aura divina che si era creata?

se questa affermazione è vera significa che sai bene che trattasi di una tua fantasia

se è falsa sei ancora in tempo per cercarla...

saluti e grazie per aver condiviso queste tue emozioni con noi

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