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Cerchiamo di capire, "perché" ...


GioCo
Noble Member
Registrato: 2 anni fa
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Ho fatto un sogno e devo dire che se un sogno può fare rilflettere questo è di certo uno di quelli che fa riflettere. Si trattava di una circostanza di fantasia, in cui una mia ex tentava di sedurmi a dire il vero senza nemeno troppa convinzione, come fosse una circostanza "socialmente odiosa" ma allo stesso tempo una tentazione irresistibile, non per la mia persona ma per il significato dell'atto in sé.

Sapete, una di quelle faccende in cui sai perfettamente che "non si dovrebbe fare" -l'azione che immaginiamo di commettere- ma siccome "non c'è niente da temere" -non corriamo il rischio di pagare le conseguenze- allora diventa "tentazione irriesistibile" in quanto farlo ci da l'impressione di rombere degli schemi, come una specie di dimostrazione di forza interiore.
Si tratta di "spezzare catene", in senso giovanile, ribelle: ci fa sentire bene ma allo stesso tempo non costruisce un rapporto positivo con il mondo che ci circonda. Si tratta per ciò di catene simboliche, ideali e allo stesso tempo deboli e moralmente discutibili. In questo caso tutte rivolte verso la gestione del riconoscimento sociale.

Mi spiego meglio. Ognuno di noi ha delle aspettative di riconoscimento sociale, anche restringendo il campo al prossimo più vicino affettivamente. Pensiamo ad esempio all'ambito famigliare o amicale. Nel mondo contemporaneo digitale e virtuale il riconoscimento sociale è diventato la prima risorsa per cui vale combattere. Ma fin dove la memoria umana può spingersi nel passato è sempre parso che le organizzazioni umane fondassero i loro rapporti sociali più vicini su un diverso "do ut des" emotivo, cioè il dare affiché si potesse ricevere (non per la certezza di ricevere ma per una sorta di "diritto morale di prelazione", ad esempio di decidere se, quando e chi riceve ciò che dovrà essere restituito). In altre parole la manipolazione del comportamento passa oggi come nei tempi andati, per la manipolazione dell'emozione, ma un tempo era diretta al controllo delle risorse ambientali, oggi di quelle sociali. La manipolazione dell'emozione in passato era mediata da una oggettiva relazione con l'ambiente. Per esempio lo sfruttamento della terra o delle sorgenti d'acqua. Chi aveva la responsabilità di determinare per conto della comunità qual'era il giusto sfruttamento, in senso preservativo, era quello che "elargiva" il consenso dello sfruttamento (il signore feudale) e verso cui era necessario restituire fede. Non tutti i nobili erano capaci di farlo "bene", pochi erano capaci di profittare moderatamente della posizione di vantaggio, ma in generale che ci fosse una delega implicita verso un ristretto gruppo di nobili nell'amministrazione dei beni collettivi era pacifico, difeso e condiviso da tutti. In questo senso quindi, la fede (cioè l'emozione) regolava i rapporti sociali per via diretta e allo stesso tempo mediata dalle risorse ambientali fisiche.

Il problema che ha determinato un cambio epocale è dato dal significato che quel "do ut des" emotivo ha preso nel tempo e del cambio dal bene fisico a quello meccanico (prima) ed elettronico (dopo). In sostanza è parso con l'industrializzazione (cioè la meccanizzazione del processo produttivo di beni e servizi) che fosse possibile ricevere senza più avere l'obbligo morale di ricambiare (sia verso il prossimo che verso l'ambiente) per effetto dello scorporamento (alcuni parlerebbero a sproposito di trascendenza) della azione creativa dall'ambiente (nel senso che abbiamo iniziato a credere che a creare è la macchina e non la vita che ha così cessato di essere categoria significativa o di valore deprivando di valore la fede). In effetti, non devo moralmente nulla alla macchina, essa produce a prescindere che io decida di dare o meno qualcosa, quindi è avulsa dal problema emotivo tipico della relazione vitale e creativa; questo pone il meccanico su un piano moralmente "super-partes" (al di sopra delle parti) e ancora di più quello elettronco che ha una parvenza di autonomia decisionale. Da qui al doppio passaggio della macchina biologica (il corpo ridotto a scheletro in medicina) e della meccanizzazione della biologia umana (il transumanesimo e il computer come modello umano) il passo è stato breve e le opere di fantasia che tentano di esplorare questi aspetti (cioè la perdita della componente vitale del dare e ricevere) e l'impatto che hanno sulla società, si sprecano.

Questa dimensione cognitiva di base, molto squilibrata, ci ha poi portato agli innumerevoli paradossi sociali occidentali del nostro tempo, come quello che vede la difesa americana costruita attorno alla tecnologia elettronica che non pensa alla necessità (apparentemente ovvia) di fornire corrente elettrica in modo autonomo, rispetto la struttura civile (fragile ed esposta ad attacchi di chiunque) e comunque anche quando si pone il problema, non sfiora nemmeno la questione del "risparmio" (ragionando sull'efficacia della componente elettronica militare e non sull'efficienza, minando alla base l'autonomia strategica della stessa informazione).

Va però sottolineato come il problema molto prima che essere militare o anglofono è cognitivo e relativo alle istruzioni sociali con cui siamo implicitamente programmati (tutti) nel dare significato al mondo che ci circonda. Diamo normalmente a questo aspetto la dimensione di ateismo anche se si tratta di una differente religione che si ammanta di ateismo e in certi casi fobia teistica, per rimanere in contrapposizione con il passato che era di prevalenza filoteista oltre che monoteista. La scienza si è posta come garante del rapporto tra l'uomo e l'ambiente ma la sua contrapposizione fin da principio con la religione era di natura sociale e non di interpretazione del fenomeno fisico ambientale. Anche nel caso del pluricitato Galileo, il punto per la chiesa non era tanto dare torto o ragione alle teorie scientifiche, ma ammettere di avere dato un interpretazione sbagliata delle realtà per tramite della fede cattolica perdendo valore morale a livello sociale in quanto era la fede a legare i devoti al potere centrale. Cioè di mezzo non c'era la ragione della scienza (tant'è che tutta la scienza nasce in ambito religioso) ma l'ordine sociale e chi controllava cosa: non dimentichiamo che la storia della scienza moderna parte con lo scisma anglicano (Enrico VIII salì al trono d'Inghilterra nel 1509) e il periodo del conflitto tra l'ordinamento cattolico (a prevalenza spagnola) e quello protestante a prevalenza inglese che accende -convenientemente- l'epoca della corsa al controllo delle risorse amerinde (Amerigo Vespucci intuisce l'esistenza delle americhe nel 1501).

Personalmente sono contento che abbia prevalso alla fine il punto di vista scientifico moderno, ma questo non deve indurci a dimenticare le radici storiche e scartare globalmente la prospettiva religiosa, considerando l'intero periodo filoteista come "sbagliato" e "irragionevole", come se appartenesse a un passato diverso dal presente e come se la struttura nervosa dei nostri avi lavorasse in modo differente dalla nostra. In particolare non ci deve indurre a scartare la prospettiva congnitiva dell'emozione: se per me la scienza diventa il filtro per leggere il mio rapporto con il prossimo e non solo con l'ambiente (prospettiva vitale) smetto di considerare i principi con cui funziona la dimensione emotiva (tipicamente vitali) con la conseguenza pratica di pernderne il controllo.

A dimostrazione di questo c'è l'evidenza che il pensiero scientifico non ci ha dato un futuro migliore rispetto al nostro controllo emotivo, anzi. Non credo che ci sia nulla di emotivamente più succube della nostra società, a partire dalla relazione che abbiamo con la scienza e questo si vede benissimo anche in ambito accademco, figuriamoci nel resto dei contesti umani.

Ora, cosa centra il sogno di cui parlavo all'inizio? L'aspetto vitale ed emotivo, non essendo oggetto delle nostre attenzioni, diventa padrone della nostra attenzione. A livello razionale, non c'è alcun motivo che porta una persona a comporasi in modo da "soddisfare" certe esigenze emotive. A livello emotivo non c'è nessun motivo per cui un comportamento debba essere logico. Si tratta di due binari che corrono paralleli e non si incontrano mai, eppure hanno bisogno l'uno dell'altro, cioè di rimanere legati insieme come delle traversine di una ferrovia se vogliamo che sopra possa corrervi un significato organico. Sia il lato totalmente razionale (meccanico) che quello totalmente emotivo (irrazionale) sono privi di senso organico. La risposta organica è quindi l'unica equilibrata e "intelligente", cioè orientata al corretto rapporto con l'ambiente, tutte le altre sono semplicemente risposte "folli", cioè lontane dal necessario comportamento che dovrebbe scaturire del primo e più banale esame di buon senso pratico.

Per questo i tempi che vedremo arrivare saranno di crescente assurdità, paradosso e follia e per nessun'altra ragione.


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