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COLLABORAZIONISMO MODERNO


GioCo
Noble Member
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Immagine di una donna accusata di collaborazionismo con i Nazisti in Francia (QUI)

Come penso abbia imparato bene chi mi segue, ribadisco continuamente che non mi occupo delle dicotomie "buono/cattivo", "brutto/bello", "giusto/ingiusto", etc.
Mi occupo del vicino e del minuto (cioè di ciò che è piccolo) rispetto al nostro corpo che in termini pratici è ciò che diamo per scontato, ciò che sfugge alla nostra attenzione.
Sfugge per mille motivi, ma in particolare perché l'attenzione deve essere in qualche modo allenata, anche "selvaticamente" essa ha bisogno d'essere allenata, tramite l'instaurarsi di abitudini e le abitudini poi ci chiudono a certe prospettive per dischiudercene altre. Ad esempio, banalmente, l'abitudine di andare in macchina ci dischiude la possibilità di coprire grande distanza ma ci preclude la considerazione lenta del paesaggio e di conseguenza ci abitua alla visione frettolosa e disattenta rispetto al dettaglio. Questo esercizio, questo allentamento dell'attenzione ovviamente non cessa dal momento che noi smettiamo di andare in macchina, banalmente perché potrebbe servirci di nuovo andare in qualche posto lontano, per ciò il mantenimento di un attenzione poco attenta al dettaglio diventa un adattamento utile a un mondo concepito per lo spostamento in automobile.
Lo vogliamo, ci piace? Bho, non lo so, io preferirei personalmente un mondo dove non sia necessario lo spostamento per grandi distanze se non occasionale, raro e per puro piacere, ma sono discorsi totalmente astratti e molto personali che lascio scivolare via, per pura necessità di sopravvivenza.

Vedete, spostare l'attenzione verso le cose minute e vicine equivale esattamente a discendere all'inferno e quando ti trovi improvvisamente al centro del luogo che per definizione ti è totalmente nemico senza possibilità di fraintendimento ne guide (non tutti hanno la fortuna di Dante di avere un Virgilio che ti accompagna) ti rimangono poche opzioni: rimbalzi, ti fissi o vai oltre. Se rimbalzi devi ignorare (il "politicamente corretto" ad esempio è un palese invito all'indifferenza) se ti fissi vai in botta (senza scampo e senza tante storie, finisce che ti rinchiudono buttando via la chiave "per il bene tuo e di tutti gli altri") se infine procedi oltre inizi a incontrare una serie di ostacoli spesso del tutto paradossali, assurdi, privi di ogni decifrabilità comune, come se ogni elefante impazzito che ti carica non fosse assolutamente un problema, mentre ogni grandello di polvere sia da considerare una catastrofe. Per ciò ti devi abituare, ma l'unica abitudine che ti rimane possibile nel proseguire è accettare l'evidenza evidente così com'è per come appare senza opporre nessun tipo di "resistenza" (ad esempio giudicante) o cadere nella tentazione analitica del "vero" (dato che si presuppone che all'inferno viga la regola dell'inganno e non quella della sincerità). Cioè sei obbligato a rimanere nella totale incertezza circa te stesso o l'ambiente e "sapere di non sapere" a qualsiasi livello e per qualsiasi fenomeno si produca oppure come preferisco intendere personalmente, devi scegliere se vuoi salvaguardare la tua stabilità emotiva o ciò in cui credi. Se riesci a compiere la prima scelta (cioè la stabilità emotiva) in tempi di gran lunga al di sotto di quelli raziocinanti mettendo a durissima prova le reazioni istintive più radicate, allora scopri non ciò che è falso ma quello in cui credevi ... che non è necessariamente falso ma era ciò che davi per scontato.

Ciò che diamo per scontato, putroppo non si "raggiunge" senza discendere all'inferno e nemmeno si riesce a ottenere "con la via rapida e semplice" che tutti pensiamo di scoprire "come l'acqua calda". Non c'è proprio nessuna via rapida e semplice e se pensiamo ci sia o si tratta di un inganno o quello che otteniamo sarà comunque (a prescindere dalle apparenze) risibile, inutile, senza conseguenze storiche degne di nota. Quelli della via rapida o semplice li chiamo "i Superpoveracci", la versione fantozziana dei saggi, cioè coloro che come tutti i supereroi dei fumetti hanno acquisito mistiche qualità che non solo non gli serviranno a un tubo per cambiare in qualsiasi modo il mondo "da un disastro che segue l'altro" ma patiranno quelle qualità come un impiccio rispetto a una vita discretamente desiderabile dovendo di fatto "nuotare sotto il mare di merda" per effetto di quell'impiccio.

In altre parole subiranno e faranno subire la loro mistica superca%%osità senza soluzione di continuità e a prescidere dalle loro intenzioni buone o cattive.

Tutto questo era solo per dire che ogni volta mi trovo nell'imbarazzo di capire fin dove mi posso spingere, non perché mi ritengo un figo che chissà cosa riesce a fare, tutto l'opposto: mi vedo terribilmente gracile e impreparato, per ciò temo per chi mi segue perché non ho modo di fare niente a parte "guidare" fin dove riesco. Spesso mi è capitato di trovare il gradasso che punto sull'orgoglio mi dice "mettimi alla prova" come se in fondo non sia nei miei poteri inquetare nessuno. In effetti è davvero l'ultima cosa che desidero in fondo al cuore e quindi quando accompagno questa gente al confine con le tenebre, penso sempre che hanno ragione e che in fondo le mie sono solo tante pippe. Il problema però è che non ci arriviamo mai dall'altra parte, perché pedissiquamente accade che in prossimità del confine questi si girano e scappano via urlando. Non mi è successo una volta, ma tante e ormai ho accettato che devo stare molto attento a quello che svelo circa le tenebre che ci circondano perché evidentemente la maggioranza semplicemente non è abituata al buio anche quando pensa di esserlo.

Ora, il confine non è l'inferno e dall'altra parte c'è un mondo da attraversare tendenzialmente sconfinato perché come diceva la fiaba della "Storia Infinita" il confine è il centro. Come tutti, cerchiamo istintivamente di evitare il centro quando ci troviamo nella tenebra, ma tutto all'inferno (una volta superato il confine) non fa che spingerci in quella direzione dove c'è solo disperazione pura. Andare oltre significa scoprire cosa c'è "dopo" (la disperazione pura) ed è perfettamente inutile parlare di questo "altrove", banalmente perché si può scoprire solo e unicamente se ci arrivi e perché è qualcosa di tanto soggettivo che non c'è modo di esternarlo. Non si può fare e basta. Pensate agli angioletti e alle nuvolette se preferite, se vi piace e vi serve, ma non chiedete a me.

Una delle cose che però posso dire è il senso del viaggio all'inferno che è il senso della scoperta di se stessi e non tanto delle "meraviglie" infernali che ci attraggono inesorabilmente. L'inferno è un po' come la rappresentazione dipinta su arazzi al rovescio della nostra interiorità, al rovescio rispetto quella che di solito conserviamo. Per ciò se abbiamo di noi un idea molto seria, tenderemo a vederci in versione grottesca. Io ad esempio ho coltivato tantissimo un idea molto seria di me e del mondo per ciò mi ritrovo a vedere spesso il mio riflesso grottesco quando mi reco all'inferno. Detta così sembrerebbe pure divertente, ma vi assicuro che almeno da principio non ci si diverte affatto. Se poi dopo vi divertirà senza che diventiate cinici allora questo è un buon segno. L'altro aspetto è che di riflesso noi vedremo anche esattamente gli altri nelle stesse prospettive. Per ciò a me riesce relativamente facile notare il grottesco di chiunque si prenda seriamente. Questo putroppo non è affatto una buona notizia e vi garantisco che a me mette una certa angoscia perché devo stare sempre molto attento a non offendere nessuno senza volere, cosa che mi riesce fin troppo bene (ahimé).

Oggi vi porto delle notizie nuove dall'Inferno. Le ho colte proprio di fresco. Vedete, se noi abbiamo qualcuno che opera seguendo un agenda straniera che serve interessi stranieri avendo abdicato in ciò in cui credeva, per favorire "nuove" fedi di verità rivelata di cui è latore e che ci libereranno dalle briglie del passato fatto di oscurantismi e precaricazioni varie, state sicuri che all'inferno tutti capiscono al volo di cosa si tratta (e tutti faranno finta di non capirlo): un cambio di scettro al vertice. Tutto qua.
Ma posso spingermi a dire anche qualcosa d'altro per premiare chi è stato tanto paziente da arrivare a leggere fino qui. Un tempo per conquistare un territorio c'erano due opzioni: colonizzare o conquistare.
La colonia era di fatto una sottomissione più o meno volontaria (forzosa e forzata) del territorio "nemico" che si riconosceva incapace di una difesa che rendesse accessibile l'opzione della resisistenza e per non subire devastazioni inaccettabili di fatto si arrendeva al nuovo padrone che premeva al confine.
Noi in Italia abbiamo avuto molti padroni di questo tipo: Austriaci, Tedeschi, Francesi, Spagnoli e chi più ne ha ne metta.
Quando una terra viene colonizzata, quasi sempre si producono due tipi di posizioni politiche: reazionarie (in buona sostanza chi si oppone allo "Status quo" di colonia) o collaborative. Tra quelle collaborarive abbiamo tre categorie: i collaborativi per necessità (i poveracci appartenenti alla massa indistinta ed esclusa da tutti gli ambiti di potere serio), quelli per convenienza (i servi privilegiati) e quelli per fede (gli idioti). Indovinate chi esercita potere di preferenza? Gli idioti. Per ciò di fatto una colonia tende ad essere un Governo di Idioti che segono un agenda straniera che fa interessi a loro del tutto alieni e se ne felicitano pure, la intendono "necessaria" o adirittura "desiderabile" rispetto a quella autoctona e incapace (essendo questi "idioti" degli incapaci cronici per definizione, mi sembra anche coerente). I servi invece tendono a occupare i posti di burocrati e a stare dimessi e defilati, non sotto i riflettori, dato che si fanno anche lievemente schifo da soli (sapete, ci si può nascondere dagli specchi ma non dal nostro subconscio). Un po' come il gobbo di Notré Dame (prima che bruciasse? Bho!).

Ecco allora che scopriamo una nuova categoria: i collaborazionisti. Non sono traditori, nel senso che per varie ragioni stanno in realtà solo adattando il loro comportamento alla condizione di colonia. Se poi questo sia o meno giusto, bello, buono e corretto a me non interessa. Si tratta dell'evidenza evidente e tanto mi basta.


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