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Confessioni liturgiche 6: governo dell'attenzione


GioCo
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Questo è la sesta parte di un POST che prosegue da "Confessioni liturgiche 5", dove veniva affrontata la relazione che produce contesti e significazioni da un punto di vista geometrico.


Ciò che è mistero parla in russo ... (radionicaesoterico-scientificarussa)
... Giorno sventurato sarà quello
in cui l’utero materno sarà commerciato,
come si commercia la carne dei bovini.
In questo tempo, l’uomo creatura di Dio
diventerà creatura della scienza.
Grigori Yefimovich Rasputin
…Le piante, gli animali e gli uomini,
sono stati creati per rimanere divisi.
Ma verrà giorno in cui non ci saranno più confini.
Grigori Yefimovich Rasputin
(fonte sito "dalbuioallaluce")
"Noi non sappiamo niente,
e non sopportiamo niente,
ad esempio:
non sopportiamo di non sapere,
e non sappiamo di non sopportare
."
@GioCo

Prometto che cercherò di non esagerare, ma l'argomento è fortemente polarizzato dal concetto esoterico (conoscenza interiore) più che da quello essoterico (conoscenza esteriore).
Man mano che il tempo passa è indiscutibile che avvertiamo il tasso di diperazione globale aumentare. Personalmente contribuisco al mio aumento individuale del tasso guardado siti come questo QUI pensando che (tra le altre cose) non contempla l'inquinamento genetico e biologico (come nel caso delle specie alloctone).

Questo aumento è oggettivato dal sempre minore contributo che i confini, quelli che Rasputin individua come "creati per tenere diviso ciò che dovrebbe rimanere diviso", si disperdono nel nulla portando confusione (in termodinamica si dice che "aumenta l'entropia") nei differenti sistemi dove prima regnava un certo ordine. Chimico, nucleare, energetico (=elettromagnetico) ma anche biologico. Se la struttura chimica corporea per esempio cambia ha senso che gli equilibri siano sconvolti. Ad esempio, se la molecola di Ca+ (ione di calcio) è cruciale nel sistema nervoso biologico per la trasmissione delle informazioni, va da se che le semplici alterazioni di quantità di questa molecola portano a un sovraccarico o a una dispersione di informazione nel sistema, quindi a perdita di capacità cognitiva (come nel caso della depressione) o confusione (come nel caso della iperattività).

Ordine e caos quindi sono l'effetto esteriore (e non la causa) di presenza o assenza di confini. Nel caso della dimensione cognitiva, si tratta di significazione (in senso letterale ed etimologico, cioè del "segno", ma anche cognitivamente prossimale, cioè simbolico, di come decodifichiamo l'esperienza). Potremmo discutere a lungo se il segno essoterico determina quello esoterico o viceversa, cioè (escatologicamente) se l'esperienza sensibile (=la realtà fisica) ha la sua genesi nel sogno (come ad esempio nelle tradizioni tribali australiane) o il sogno è "solo" un prodotto dell'esperienza sensibile (come suggerisce Freud) ma non voglio nemmeno iniziare un discorso così complesso.

Ciò che vorrei invece indicare è una questione più brutalmente pratica e (secondo me) interessante e riguarda il piacere. Ad esempio il fatto che definire i confini, viverci dentro, si riduce spesso a un atto di intenso piacere. Per esempio guardando la TV, nelle tifoserie in uno stadio o nell'esperienza sessuale. Se prendiamo come ipotesi che i confini suddetti sono quelli dei significati che ci permettono di decodificare la realtà e quindi cognitivamente intervenire affinché la realtà sia plasmata dal pensiero "progettualmente" (con obbiettivi e finalità definite) questo non esclude l'atto ferino, cioè istintuale, ma lo include. Nel senso che l'attività cognitiva lucida si aggiunge e si sovrappone a quella istintuale e ora l'una, ora l'altra prende il sopravvento nell'istante sul dominio dei nostri comportamenti soggettivi, suddividendo così in istanti discreti una dinamica complessa che nella somma generale, fornisce un certo bilanciamento distinguibile in generiche attività "controllate" e attività "fuori controllo". Se mi metto a urlare "goal" in una partita, probabilmente si tratta di un comportamento in larga parte fuori controllo, anche se non si può dire prima e dopo lo stesso a meno che qualcuno non "disturbi" la mia attenzione portandola lontano dal compito in corso (guardare la partita) provocando la mia "rabbia".

Ora facciamo un salto e analizziamo un mio tipico pensiero: ipotizzando per un attimo che l'Uomo moderno sia il prodotto superstite di un parassitaggio di ordine superiore (come certe formiche che parassitano altre formiche) che probabilmente gli ha permesso di salvarsi dall'estinzione nell'ultimo eco-disastro globale, tipico di un sistema planetario come il nostro ciclicamente instabile, ma ha anche segnato una inadeguatezza biologica e nervosa intrinseca; in questo caso il divino non è altro che la cicatrice cognitiva lasciata dal parassita e l'intelligenza elaborativa (cioè la capacità di significare l'esperienza sensibile) è la parte più profonda di tale cicatrice.

Vorrei far notare (a prescindere dalla frase) come si muove il mio pensiero. Creo un ipotesi che altera i confini delle significazioni pre-esistenti e osservo i risultati simulando una conseguenza cognitiva, cioè come si alterano le significazioni partendo da principi "differenti" da quelli impliciti. In questo caso che l'Uomo sia il frutto di una evoluzione specie specifica, cioè del solo adattamento dell'ecosistema terrestre. Chiaro che il primo passaggio diventa rendere espliciti i principi che rimangono impliciti e "dormienti", provare ad alterarli quanto occorre e poi "divertirsi" a verificare se ci sono conseguenze interessanti, cioè che hanno una qualche risonanza nella vita sensibile (concretamente nell'esperienza più generica). Per esempio verificare come si comporta il governo dell'attenzione rispetto al comportamento, nelle dinamiche emotive di modelli "differenti".

Voglio dire, a un Leone non capita di arrabbiarsi e perdere il controllo in modo tale da "sbagliare" la caccia (=perdere il fuoco dell'attenzione rispetto l'obbiettivo). Ciò non rende il Leone immune dalla rabbia, ma rende la produzione di rabbia del Leone compatibile con la sua attività di predatore e con il contesto dove si producono i suoi comportamenti da predatore.
Sfortunatamente questo non accade con l'Uomo che si arrabbia se non riesce a raggiungere i suoi obbiettivi (ciò che noi viviamo comunemente come "stress") anche se questi non sono biologicamente determinati, ma costruiti tramite percorsi cognitivi del tutto interni alle cornici di significazione umane e autogeni rispetto gli accadimenti registrabili nel contesto. Ad esempio, perché ci si dovrebbe "arrabbiare" se la squadra tifata in un gioco sportivo riceve un trattamento che non corrisponde alle regole del gioco stesso -tipo un fallo fischiato senza ragione-? L'obbiettivo è intervenire sull'applicazione arbitraria di regole immaginate?

Da mio punto di vista l'obbiettivo intimo è quello di mantenere l'attenzione fissa sul fuoco dell'attività interiore perchè procura piacere (rilascio di endorfine). Se tale attività "piacevole" è il risultato della modifica del parassita alla nostra biologia, questo non ha un senso evolutivo, ma rientra in una relazione (=schematica) perfettamente funzionale al parassita, esattamente come accade tra le formiche (che modellano i comportamenti tramite rigide strutture sociali gestite a livello ormonale cui nessun membro sfugge, tanto lo schiavo preso da un altra specie quanto la regina della specie dominante).

In altre parole la focalizzazione dell'attenzione procura piacere e questo impedisce a un certo ordine cognitivo di venire smantellato e diventare disordine da cui creare un altro ordine più desiderabile.
Tuttavia il disordine non è necessariamente positivo o desiderabile, tanto più se colpisce in modo indiscriminato tutti i sistemi di base da cui dipendiamo. Per esempio quando colpisce la biosfera e la magnetosfera terrestri e con essi il corpo umano. Quindi fermo restando che una mobilità dei confini cognitivi rimane auspicabile (poi vedremo come e perché) lo smantellamento generale dei confini è più facile si traduca in un disastro per nulla desiderabile.

Se il piacere si traduce in una cristallizzazione dell'attenzione è vero però che l'attenzione più si fissa più consuma energie (psico-)fisiche e questo è evolutivamente intuitivo. Cioè il sistema nervoso del corpo, non sopporta di fissare a lungo il fuoco dell'attenzione: osserviamo che questo ha un senso adattivo specifico in biologia. Dal cardellino al micio di casa che lo punta, è evidente che l'attenzione dei corpi più evoluti è pilotata da una attività cognitiva frenetica ricanalizzata in pochi istanti per rimodellarsi sugli eventi del contesto in continuo cambiamento. Se tocchiamo un gatto che è concentrato nella caccia, salta come una corda di un arco teso (ricalibrando l'attenzione in un istante). Questo accade anche a noi ma il punto è la reazione dal distacco dell'attività che si traduce spesso in un eccesso di rabbia o disperazione (non così nei bimbi che in pochi istanti passano dall'attenzione vigile e intensa al totale disinteresse, come nel caso del gatto citato). Questa dinamica comportamentale è simile a quella osservabile in un drogato quando viene interferita la sua dipendenza. in quanto cristallizza la stessa a una "obbligata" -chimicamente imposta- immersione ossessivo-distruttiva. Questo non accade nel comportamento selvatico, ma rimane sensato se vi è in corso una qualche parassitosi che modella comportamenti, come nella Ophiocordyceps un fungo parassita delle formiche che colpisce il sistema nervoso dell'animale alterando le modellazioni ormonali originarie.

Esiste quindi un accordo cognitivo esente da parassitosi sulle significazioni dell'esperienza sensibile e l'esperienza e bisogna necessariamente chiarire come questo possa essere tradotto in pratica in un governo lucido dell'attenzione.

A questo proposito facciamo una affermazione-ipotesi: l'attenzione disegna confini. Se questo è vero il governo dell'attenzione costruisce l'impalcatura cognitiva umana, non solo in senso dicotomico (ad esempio distinguendo il vero dal falso) ma in senso "focalizzato", cioè dettando il significato del vissuto stesso dell'esperienza per come siamo in grado di percepirlo, tanto più chiaramente tanto meglio siamo in grado di mettere a fuoco i significati. Ma se l'attenzione è il gessetto -per così dire- della lavagna dell'esperienza, dov'è il cancellino?

Il cancellino è lo strumento che viene più spesso perso per strada ed è questo l'effetto pratico più rilevante di una parassitosi. In termini concreti: siamo propensi a considerare più importante l'operazione di acquisizione dell'informazione che quella della perdita, ma entrambe rientrano nella necessaria attività dell'esperienza e -soprattutto- l'una dipende strettamente dall'altra. Nessuna cornice definita ha uno spazio infinito al suo interno dove costruire significati ma ogni cornice può contenere infinite ri-significazioni a patto che sia cancellata la significazione in eccesso e che porta confusione.

Detta in altro modo: un fotografia è assimilabile a un sistema statico, una cornice entro cui l'immagine non cambia e quindi la narrazione rimane illusoria, un film è assimilabile a un sistema dinamico, cioè una cornice dove l'immagine essendo costruita e cancellata di continuo, assume la possibilità intrinseca di evolvere e quindi di includere una narrazione oltre che conservare una rappresentazione.

Al solito mi fermo qui. L'argomento è complesso e come sempre mi interessa più provare a stimolare il lettore aprendo la mente a possibilità e alternative che dare soluzioni e certezze "di confine". Come per il resto di questa serie, attendo con piacere i vostri commenti sperando di ottenere un feedback che confermi quanto auspicato.


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vic
 vic
Illustrious Member
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GioCo,

tocchi tanti tasti interessanti, da Rasputin all'importanza della dimenticanza controllata.

So che esiste una scuola di pensiero, secondo cui il sogno e' la vita vera, mentre la vita ad occhi aperti e' una specie di sogno.
Certo si tratta di una visione molto spinta. Che pero' contiene qualcosa di vero.
Il fenomeno della precognizione passando per il sogno e' reale. Molti personaggi famosi l'hanno sperimentata. Studiosi del paranormale l'hanno documentata. Ma se esiste talvolta precognizione, allora il nostro concetto di tempo va rivisto, perlomeno adeguato.

Meglio fermarmi qui con la precognizione, sennò non finiamo più.

Veniamo al circenses. Come mai ci lasciamo tanto attrarre per esempio dal gioco della palla? Parlo per me: io vado talvolta ad assistere alle partite perchè mi sembra di effettuare una specie di viaggio a ritroso nel tempo, vado a rivivere emozioni di quand'ero giovane e di quando c'era molto più pubblico allo stadio (qui siamo in periferia calcistica). Inoltre il bello delle gare a squadre è che si conoscono le regole del gioco, ma che poi, sia il gioco in sè, sia le regole vengono interpretate dagli attori in campo. Ed il finale e' sconosciuto, perlomeno all'inizio. Come nei migliori gialli. Inoltre vado allo stadio perchè so che troverò seduto vicino qualcuno suppergiù della mia età con cui condividere qualche ricordo calcistico. Cosa impossibile in paese, dove il calcio sembra non interessare particolarmente. Anche per via dell'hockey, che come tifoseria va molto più forte.

Veniamo infine alla dimenticanza. Fai bene a metterne in risalto il compito.
La dimenticanza controllata va a far ordine nella memoria. E' ciò che facciamo dormendo: rimettiano inconsapevolmente ordine fra i ricordi. Buttando via la memoria di cose inutili. Borges aveva scritto un breve racconto intrigante che parlava di un individuo dalla memoria infinita. Costui non riusciva a dimenticare nulla. Di modo che era obbligato a ricordarsi ogni cosa, ogni minimo dettaglio. Aveva la memoria intasata dal ricordo della crescita di ogni filo d'erba che avesse osservato.

Qualcuno se n'e' reso conto che la memoria senza dimenticanza e' un obbrobrio. In dialetto si dice "un infesc". Una situazione ingestibile perfino dalle macchine. I primi computer venivano regolarmente spenti e riavviati con una procedura nota come bootstrap. Si tratta di un modo per ripulirne la memoria, a ben vedere. Oggi con la mania di stoccare tutto, di spiare ogni minima cosa e memorizzare ogni attivita' spiata, insomma coi big data, non si fa che relegare il ruolo della dimenticanza, ruolo che e' fondamentale anche organizzativamente parlando, a ruolo negletto, quasi quasi deriso.

Mi sa proprio che stiamo affondando nella troppa memoria, tra l'altro nemmeno nostra, ma di una società di macchine. E più passa il tempo, più ci dimentichiamo di come si fanno tante cose semplici ma decisive per sopravvivere autonomamente, per esempio come villaggio o come valle.

Chi siamo, da dove veniamo, perchè siamo, dove andiamo?
Ci sono libri e ritrovamenti archeologici e d'altro genere che pian piano ci stanno aprendo un po' gli occhi. Ma è ancora da vedere se vincera' la memoria o la dimenticanza, a lungo andare.

😉


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