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I Brevissimi per @GioCo: da dove spunta "acquila"?


GioCo
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Eccomi qui, di nuovo a tediarvi con i miei inutilissimi post. Inutili perché non possono e nemmeno cercano di avere un seguito e stanno in un cantuccio del web ignorato praticamente da chiunque rispetto la gran massa di webbeti che circolano nella rete.

Il che ci garantisce una fortuna notevole, più unica che rara. :p

Tenete conto che una cosa del genere è tanto ricercata che ci hanno fatto su una rete nella rete apposita, il cosiddetto deepweb. Certamente sfruttato per i più biechi propositi, cioè quelli che hanno di fatto permesso alle nuove tecnologice di nascere e prosperare, ma procediamo oltre che per questa china mi perderei e poi intendo farci un post dedicato con novità succose.

Partiamo dal titolo. Nel mio percedente post ho commesso un banale errore di ortografia, ho scritto "acquila" al posto di "aquila". La parte divertente è che so benissimo come si scrive la parola, non coltivo dubbi in proposito e per di più se risalgo al mio passato più remoto, di quand'ero studente alle elementari, di errori ne facevo parecchi, ma non quello. Mi avevano insegnato che le parole che derivano da acqua sono le sole che vanno scritte con la "cq" e che ci sono alla regola "qui, quo, qua" poche eccezioni come ad esempio "cuoco". Era una parte della mia formazione elementare di cui andavo fiero in quanto ero riuscito ad assorbirla subito e bene. Ovviamente essendo dislessico avevo comunque grossi problemi di ortografia, sintassi e calligrafia. Basti pensare che alle medie tendevo a scrivere così piccolo che nessuno riusciva a leggere, tantomeno i docenti e questo dopo che mia madre ebbe rispolverato i suoi testi di calligrafia che erano già in disuso da diversi anni. Ho dovuto fare su me stesso parecchia violenza per riuscire a correggere le troppe difficoltà nel rapporto con la scrittura e non andava certo meglio con la lettura, per le stesse ragioni. Ad esempio ancora oggi faccio fatica a ricordare se scienziato o coscienza si scrivono con la "i", ma per queste cose oggi basta il correttore automatico. Diversamente nella scrittura manuale ho necessità di tenere mescolato il corsivo con lo stampatello in uno stile che ho dovuto inventarmi per tenere la dimensione del carattere entro limiti accettabili come da richieste dei docenti e allo stesso tempo poter avere una velocità di scrittura nella media. Strategie da autodidatta costate anni di fatiche che adesso può suggerire un qualunque bravo logopedista in un paio di sedute. Ma perché vi tedio con questi dettagli di poco conto? Principalmente perché la questione è stranamente cruciale per capire i processi educativi che ci governano. Potremmo suggerire che "imparare è un arte" e come tale andrebbe studiata dal diretto interessato (praticamente chiunque, dato che non abbiamo mai finito di imparare) mentre ci viene più spontaneo affermare che "insegnare è un arte".

Dal mio punto di vista semplicemente l'insegnamento non esiste come paradigma, tanto meno da considerare "arte". Ne consegue che la pedagogia dovrebbe essere esclusivamente "lo studio dei processi di apprendimento" il che è vero solo in parte, perché conserviamo un eredità storica ancora troppo pesante e volta a proteggere l'atto formativo dal lato dell'insegnamento (coercitivo aggiungerei) che nulla a che vedere con i processi che regolano l'apprendimento, processi che non riguardano "la classe professionale degli insegnanti", cioè una porzione ristretta di individui di una specifica organizzazione della società di derivazione europea, ma tutti, proprio tutti a prescindere dall'età. In altre parole tutto quello che consideriamo insegnamento è di fatto uno stupro intellettuale, ma avviso che già in altre sedi questa considerazione è stata accolta con poco entusiasmo e del tutto fraintesa: quando uso la parola "stupro" intendo che non viene contemplata la fascinazione come componente dominante necessaria del processo di apprendimnto, ma la disciplina gretta. Possiamo però essere tutti d'accordo che l'apprendimento non è esattamente un argomento facile da trattare. Sono coinvolti troppi centri di controllo nervoso differenti e intrecciati, da quelli che forniscono una semantica alle terminazioni sensibili che raccolgono e rifomulano il mondo che ci circonda continuamente, tra l'altro in modo anche attivo (modificandolo) e non solo passivo, fino a quelli che ricostruiscono e ricatalogano l'esperienza ad esempio nel riprocessamento onirico o nell'atto creativo e fantasticato come nel @GioCo.

Per concludere, il principio affettivo può essere il cardine regolatore dell'insegnamento per mezzo della fascinazione che riccorre alla disciplina con l'obbiettivo di limitarla allo stretto indispensabile, nel momento in cui iniziamo a mettere al centro dell'attenzione i processi educativi che ci coinvolgono umanamente tutti più che le necessità professionali di alcuni. Ma siamo molto lontani da un obbiettivo del genere tant'è che il problema è ben lungi dall'essere confinato all'insegnamento. Per ciò passo a chiarire l'equivoco di "acquila" senza targiversare oltre: l'errore ha iniziato ad apparire quando ho conosciuto un caro amico che amava farsi chiamare con lo pseudonimo "Aquila" e fu lui stesso a farmelo notare quando ho iniziato a scriverlo "male" ormai passati i trent'anni, indignato che non sapessi come si scriveva correttamente (io ero più stupito di lui di non riuscire). Per ciò nello stesso istante ho iniziato a "dimenticare" come si scriveva correttamente. Ergo, come ci suggerisce bene Erica Poli in questo video o come ci dimostra indirettamente in questo splendido video Emilio Del Giudice che ci spiega anche bene la fondamentale differenza tra "stupro" e "fascinazione", c'è nel processo di apprendimento un processo di legame del percorso tra emozione (stimolo neuro-chimico) e significato ma anche un processo di scioglimento che porta a dimenticare, tuttavia in entrambi i casi l'atto fondante che decreta l'espressione è di natura emotiva. L'emozione quindi lega al ricordo ma ha anche la facoltà di interrompere il ricordo, come dico sempre per mediazione di processi di logica "contro-intuitiva" e "indiretta" che quindi possono essere studiati, compresi e applicati.


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lurker
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GioCo wrote:
Dal mio punto di vista semplicemente l'insegnamento non esiste come paradigma, tanto meno da considerare "arte". Ne consegue che la pedagogia dovrebbe essere esclusivamente "lo studio dei processi di apprendimento"

Punto di vista interessante e probabilmente corretto per quanto riguarda l'accento sull'apprendimento. Non posso pero' fare a meno di pensare che la tecnica di insegnamento possa favorire o ostacolare, anche in modo consistente, l'apprendimento (in particolare se stimola o inibisce la fascinazione, altra osservazione interessante e, credo, corretta).


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GioCo
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lurker;240606 wrote:
Punto di vista interessante e probabilmente corretto per quanto riguarda l'accento sull'apprendimento. Non posso pero' fare a meno di pensare che la tecnica di insegnamento possa favorire o ostacolare, anche in modo consistente, l'apprendimento (in particolare se stimola o inibisce la fascinazione, altra osservazione interessante e, credo, corretta).

Permettimi un approfondimento e spero davvero di non aver capito male, cioè che aggiungi come l'apprendimento per mezzo della fascinazione potrebbe sia favorire che ostacolare la formazione scolastica. Beh, in effetti è un coltello a doppia lama, pericoloso nelle mani sbagliate. Ma a me preoccupa poco o nulla l'uso sbagliato, dato che di fatto è quello che oggi va per la maggiore in qualunque altra sede (cioè il 90% delle relazioni moderne tra le persone). Cosa puoi aggiungere alla massa di fascinazione abusiva oggi? Che diventa prioritario l'argine. Quindi forse dopo tanto abuso delirante il punto è che sarebbe ora di iniziare a studiarne gli esiti nelle sedi opportune e per le conseguenze più auspicabili. In altre parole smetterla di tenere dentro i social le strategie neurologiche più generali che li rendono affascinanti e riportarle in ambiente scolastico, dove a mio avviso ha più senso trovarle. Ma invece ne viene sempre sottolineata la natura ambigua, come se la disciplina fosse un sostituto desiderabile per l'apprendimento. Fossimo in sede militare, certamente la discussione non avrebbe seguito (e senso compiuto) ma invece in ambito civile perché dovremmo a prescindere soprassedere?
Facciamo un altro esempio per capirci: per millenni la fiaba è stata usata (insieme al mito e al poema) per la trasmissione del sapere tramite un uso accorto della fascinazione (che poi è una modalità creativa di suscitare emozione). Oggi, dopo l'illuminismo si preferisce "la tecnica", ad esempio il computer: è meglio o peggio? Giudichiamo dalle evidenze ...


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