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L'ASSASSINIO DI GIOVANNI GENTILE


mystes
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Rileggendo una pagina della storia del nostro Paese, mi sono imbattuto in questa domanda: «Perché fu assassinato il filosofo Giovanni Gentile?». La sua morte, avvenuta a Firenze nel 1944, non è stata del tutto chiarita, se non sbaglio. Dico questo, perché alcuni storici ipotizzano che dietro quel delitto ci siano stati i servizi segreti inglesi, mentre per alcuni altri ci sarebbe una pista che porta al vecchio Partito comunista, senza peraltro escludere altre tesi a me sconosciute. Può aiutarmi a capire come andarono le cose? (Michele Toriaco)

La prima delle due ipotesi da lei prospettate è contenuta in un libro affascinante di Luciano Canfora («La sentenza») apparso presso l'editore Sellerio nel 1985. Canfora applicò alla lettura dei documenti (un articolo di Concetto Marchesi, un articolo di Togliatti, le notizie diramate dalla Bbc e una sorta di necrologio del filosofo apparso a Ginevra con una sconcertante preveggenza nel giorno stesso della morte) la stessa accattivante perizia filologica con cui ha letto più recentemente il papiro di Artemidoro. Per quanto mi riguarda, tuttavia, continuo a pensare che il caso sia meno misterioso di quanto lei pensi e che le responsabilità comuniste siano evidenti.
È vero, tuttavia, che l'assassinio di Giovanni Gentile di fronte alla villa fiorentina che lo ospitava, il 15 aprile 1944, suscitò immediatamente illazioni e sospetti. Il filosofo aveva aderito al fascismo repubblicano, aveva accettato incarichi innocui ma simbolici, come la presidenza dell'Accademia d'Italia, aveva pronunciato discorsi d'intonazione nazional- fascista e aveva fatto un'affettuosa visita a Mussolini nella sua villa sul Lago di Garda. Ma si servì della sua autorità per deplorare la crudeltà delle bande fasciste, invocare la pace civile degli italiani e intervenire presso il prefetto per salvare la vita di persone arrestate e condannate a morte. Vi era quindi tra i fascisti fiorentini, nelle settimane che precedettero la sua uccisione, un partito degli intransigenti per cui il filosofo era diventato un pericoloso esempio di lassismo morale e ideologico.
Ma sull'identità e sull'affiliazione politica degli uccisori non esistono dubbi. L'assassinio fu opera di un Gap fiorentino, guidato da un uomo, Bruno Fanciullacci, che venne arrestato tre mesi dopo e morì, per non parlare, gettandosi dalla finestra della villa in cui era stato interrogato e torturato. Secondo lo storico Sergio Bertelli, l'ordine sarebbe stato impartito da un gruppo di intellettuali comunisti fiorentini che decisero la morte del filosofo senza consultare il Cln della città, dove i rappresentanti del partito d'Azione erano legati a Gentile da vecchia amicizia. Agivano sulla base di istruzioni provenienti dalla direzione del partito comunista? È questo il punto in cui la vicenda si complica. Qualche settimana prima lo storico Concetto Marchesi, già rettore dell'Università di Padova, aveva scritto in Svizzera un articolo polemico contro Gentile e i suoi inviti alla riconciliazione nazionale. L'articolo apparve anonimo su un giornale clandestino dei comunisti milanesi in una versione che terminava con queste parole: «Per i manutengoli del tedesco invasore e dei suoi scherani fascisti, senatore Gentile, la giustizia del popolo ha emesso la sentenza: MORTE!». Le parole conclusive non appartenevano al testo di Marchesi ed erano state aggiunte da Girolamo Li Causi. Ma divennero parole di Marchesi quando Palmiro Togliatti riprodusse l'articolo su Rinascita dell'1 giugno 1944 e lo fece precedere da una nota intitolata «Sentenza di morte» di cui Sergio Bertelli ha ritrovato il testo autografo. Eccolo: «Questo articolo di Concetto Marchesi venne pubblicato nel numero 4 (marzo 1944) della rivista del Partito comunista La nostra lotta che si pubblica clandestinamente nelle regioni occupate dai tedeschi. Esso venne scritto in risposta a un miserando e vergognoso appello di Giovanni Gentile alla "concordia", cioè al tradimento della patria, apparso nel Corriere della Sera fascista. Poche settimane dopo la divulgazione di questo articolo, che suona come atto di accusa di tutti gli intellettuali onesti contro il filosofo bestione, idealista, fascista e traditore dell'Italia, la sentenza di morte veniva eseguita da un gruppo di giovani generosi e la scena politica e intellettuale italiana liberata da uno dei più immondi autori della sua degenerazione. Per volere ed eroismo di popolo, giustizia è stata fatta».
Non è importante quindi chiedersi se gli uccisori di Firenze abbiano eseguito un ordine impartito da Togliatti. Vi sono casi in cui l'avallo a posteriori ha il valore di una sentenza. (Sergio Romano)


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BrunoWald
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Discussione superflua. La responsabilità dei comunisti nell'assassinio di Gentile è evidente, ma i comunisti - tanto i sicari dei Gap come le bande che si davano alla macchia - non erano altro che la manovalanza dei servizi segreti britannici, da cui dipendevano in tutto e per tutto (armi, denari e logistica nel Nord Italia li mandava la Corona inglese, mica il compagno Stalin...)

L'unica cosa che i comunisti mettevano di loro (cioé non necessitavano essere "riforniti" o sobillati da Londra), era la ferocia belluina con la quale ammazzarono altri italiani, durante e dopo la guerra, per conto dei loro padroni. Il fatto che un infame come Togliatti rivendicasse un atto parimenti infame come l'omicidio di Gentile fu dopotutto un gesto coerente. Se il tema non fosse tragico, leggere oggi le sue parole risulterebbe addirittura comico: lui, al servizio di potenze straniere, definiva "tradimento" l'invito alla concordia fra italiani. Lui, capo di bande terroriste al servizio dell'invasore angloamericano, osava parlare del "tedesco invasore e dei suoi scherani fascisti"... Definendo i suoi sicari come "un gruppo di giovani generosi", e insultando la memoria della loro vittima.

Palmiro Togliatti: un pezzo di merda che auspicava il maggior numero possibile di morti tra i prigionieri italiani in Russia, e definiva "banditi giuliani" le vittime delle foibe di Tito; uno che da Mosca si era vantato di aver ricevuto la cittadinanza sovietica, che lo differenziava dai "miserabili mandolinisti italiani"... Ma anche su questo punto era completamente in errore: se infatti qualcosa si può affermare con certezza sul suo conto, è che rappresentò l'incarnazione di quanto vi è di peggio e di più spregevole nel nostro popolo.

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oriundo2006
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Bruno, si e no: stavolta concordo solo in parte con quanto dici. Togliatti recitava un ruolo, il suo ruolo, quello che doveva recitare di fronte ai comunisti duri e puri italiani: che non conoscevano le purghe staliniane, non conoscevano i gulag, non sapevano nulla di vero sulla 'gloriosa rivoluzione sovietica', nè sulla deriva atroce del culto della personalità staliana.

Imbevuti di odio e di intolleranza, schiavi del loro fanatismo pieno di idee preconcette indimostrate, desiderosi di replicare qui in Italia quanto favoleggiavano esservi realizzato a Mosca, costituivano una spina al fianco della dirigenza comunista ufficiale, che invece sapeva perfettamente cosa era ed era stato il comunismo realizzato: ed erano stati ad un passo dallo sperimentarlo direttamente di persona, come altri loro compagni.

Un orrore senza fine: questo era il sistema staliniano. Putroppo e dico purtroppo senza rimpianti. Dovendo 'coprirsi' le spalle, Togliatti lasciò Gentile ed altri nelle mani dei sanguinari, insieme a molte migliaia di fascisti e le loro famiglie, intendendosi come tali tutti quelli che avevano avuto a che fare in un modo come in un altro col regime, attento però che le loro azioni non esulassero da un clima insurrezionale assai confuso e non arrivassero davvero al punto di rottura con le democrazie capitaliste: non era certo quello rivoluzionario l' obiettivo di Togliatti ma un obiettivo 'intermedio', conoscendo personalmente e perfettamente cosa significasse lo stalinismo.

Prova ne è che dopo l' omicidio vile ed inutile di Gentile, Togliatti fece proprio delle ipotesi politiche gentiliane il suo manifesto programmatico per l' Italia 'liberata': ne copiò l' idea centrale di unità degli italiani oltre una visione settaria delle ideologia comunista ed oltre il tanto, troppo, sangue inutilmente corso. E quando fu ferito in attentato, rinunciò a chiamare alle armi i suoi compagni per vendicarsi ed infine realizzare l' Utopia. 

Era una occasione d'oro e Togliatti, che conosceva perfettamente a cosa portasse in quell' epoca tremenda la deriva rivoluzionaria priva di freni, vi rinunciò, in uno spirito 'pacificatore' che possiamo ben dirlo, salvò l' Italia, altrimenti destinata ad un bagno orrendo di sangue ancora maggiore di quello che era avvenuto ed alla probabile scissione in almeno due o tre tronconi, in lotta fra loro.

Da Wiki leggo ''..Togliatti elaborò la teoria della "via italiana al socialismo", cioè la realizzazione del progetto comunista tramite la democrazia, ripudiando l'uso della violenza e applicando la Costituzione italiana in ogni sua parte..''.

Comunque caro Bruno, tutto ciò appartiene alla storia dei tentativi di superamente dell' ordine capitalista. Queste idee e questi personaggi sono oramai irrimediabilmente defunti mentre noi stiamo ancora a chiederci come riuscire ad 'ingabbiare' un sistema economico che sta distruggendo tutto. Le loro idee mancavano di realismo: ma tanti morirono per affermarle e tanti altri se ne fecero paravento per la sete di sangue e di vendetta che sempre segue ai cambiamenti violenti di regime.


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BrunoWald
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Anch'io concordo in parte con quello che scrivi. È senz'altro vero che Togliatti mostrò una certa moderazione e non volle trascinare l'Italia in una seconda guerra civile, perché la prima era già bastata ed avanzata per consegnare l'Italia in mani straniere, che era lo scopo comune di una pletora di personaggi diversissimi tra loro - militari e civili, marxisti e liberali, laici e cattolici - uniti esclusivamente dal fatto che erano incapaci di agire e pensare come italiani, ma sempre e soltanto come guelfi o ghibellini, membri di questa o quell'altra fazione, agli interessi della quale andavano sacrificati la nazione e tutti i suoi abitanti, se necessario (tranne loro e la loro cerchia, ovviamente...).

Concordo anche sulle tue considerazioni circa la scelta "occidentale" e "democratica" di Togliatti, scelta non solo imposta dalle circostanze, ma suggerita inoltre dalla sua esperienza diretta dello stalinismo e dalla piena consapevolezza del fatto che, qualora si fossero trovati ad operare all'interno della sfera d'influenza sovietica, lui stesso e tutto il gruppo dirigente del PCI avrebbero rischiato di finire i loro giorni in un gulag, o alla Lubjanka con un colpo alla nuca. E infatti il nostro si limitò a recitare una parte, come hai detto giustamente, per mantenere sotto controllo i bestioni ottusi e feroci che costituivano il militante comunista tipo: gente capace di fucilare una donna incinta, come l'attrice Luisa Ferida, nonché di rapare, stuprare e seviziare migliaia di povere ragazze sconosciute - "femminicidio" ante litteram che aspetto sempre di veder commemorato dalle femministe e dai vip del PD, sia detto di passata.

Ma tali giuste considerazioni nulla tolgono alla fondatezza del mio giudizio sulla persona di Togliatti. Giudizio che non si origina dall'odio ideologico, che peraltro non nascondo - perché in effetti io li odio dal profondo del mio essere, e mi vergognerei di più a negarlo che ad ammetterlo - ma dalla conoscenza della storia personale e delle umane miserie di tanti "padri della patria" che gli italiani si ritrovarono sul groppone, giunti al seguito dei carri armati americani. Togliatti, a mio parere, fu uno dei più laidi. Vedi il suo celebre discorso al XVI Congresso del PCUS a Mosca, nel 1930:

«È motivo di particolare orgoglio per me l’aver abbandonato la cittadinanza italiana per quella sovietica. Io non mi sento legato all’Italia come alla Patria, ma mi considero cittadino del mondo, di quel mondo che noi vogliamo unito a Mosca agli ordini del compagno Stalin. È per me motivo di particolare orgoglio aver rinunciato alla cittadinanza italiana, perché come italiano mi sentivo un miserabile mandolinista e nulla più. Come cittadino Sovietico sento di valere diecimila volte di più del migliore cittadino italiano».

E ci sarebbe molto altro da aggiungere, riguardo a questo personaggio e ad altri simili a lui. Prima o poi scriverò qualcosa al riguardo.


sarah e oriundo2006 hanno apprezzato
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mystes
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Attendo con interesse ciò che scriverai perchè su questi personaggi c'è ancora molto ma molto da dire. D'altro canto se ci troviamo l'Italia servile e squallida di oggi è perchè più di uno ha contribuito ad "edificarla"....Quando si riaprirà, per esempio, la pagina Sigonella?

https://youtu.be/Cdwbr9rjGzQ?si=nC2Wv9w-hVuQMVTm


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Martin
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Va aggiunto che Togliatti, nonostante il suo preminente  ruolo nel Comintern, non alzò un dito in Russia per salvare alcune centinaia di comunisti italiani sterminati o spediti nei gulags da Stalin


sarah hanno apprezzato
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oriundo2006
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Io penso che esista un elemento comune a tante se non tutte le categorie politiche di questo passato novecentesco.

I reazionari 'alla Berlusconi' l' hanno individuato nel 'socialismo', elemento che accumunava le tre dittature ma che ad esempio era estraneo all' impero britannico, sanguinario anch'esso in modo tremendo ed 'assolutista' in modo totale, essendo una teocrazia a base monarchica. E a parte le dittature esplicite, vi erano regimi assolutisti fondati su di un uomo solo al potere come Salazar in Portogallo o Franco in Spagna, senza dimenticare l' America Latina ... tutti assai spregiudicatamente portati alla gestione apertamente criminale del potere.

Quale dunque l'elemento comune ? Io penso vada individuato nell' idea centrale di essere sempre e comunque nel 'giusto', giusto garantito e reso palese dalla 'storia' come si era svolta fino ad allora. Se vogliamo era il decadimento avvenuto nel 'seculum' storico, di una idea metafisica, quella di essere la misura incontrovertibile dei 'valori' che si davano nella tavola del 'mondo': la propria misura come la misura totale e definitiva da accertarsi e 'realizzarsi' nel mondo materiale.

Un bisogno metafisico che stornato dalle sue origini diveniva metapolitica suggellata ed incarnata in un regime o in una idea oppure nella storia di un Paese e che conduceva ad ogni possibile nefandezza, resa 'necessaria', 'voluta' in quanto 'dovuta' di fronte all' obiettivo supremo: realizzare il fine della Storia su questa Terra, ovvero il Paradiso sulla Terra, il miglior paradiso possibile ed immaginabile ( tralascio UK e altri ). Questo fine doveva essere oltre la mediazione degli opposti: doveva essere assoluto e non sottoposto al 'tempo', dunque non sottoposto alle categorie che gli avevano dato la nascita.

Questo obiettivo veniva rinvenuto nella 'praxis' innanzitutto, rimanendo il 'mondo dei valori' 'umani' fattore secondario, da 'derivarsi' quasi in senso matematico dal primo. Perchè ? Verrebbe da dire perchè noi abbiamo di fronte da qualche secolo solo una realtà: il mondo delle merci, atteso come garante dei fasti dell'abbondanza, attraverso la felicità esperibile 'hic et nunc' dovuta al sapere tecnico e scientifico, che allora principiava ad essere la chiave di tutto.

I comunisti pensavano che abolendo la restrizione privatistica alla produzione delle merci, il regno dell'abbondanza sarebbe sgorgato immediatamente e copiosamente in maniera tale da far dimenticare tutta la 'preistoria' precedente: soviet più elettrificazione ne era il segreto, non dandosi 'felicità' oltre il 'regno delle quantità' materiali.

Il nazismo era più cauto sull'aspetto materiale, si voleva 'spirituale' prima di tutto anche se anch'esso si voleva 'socialista' nell'abbondanza, ma con la dottrina della superiorità di un Paese e di una 'razza' che avrebbe portato al massimo grado la 'civilità', trasfigurandone la 'vecchia' struttura 'negativa' dovuta ad 'untermenschen' che l'avevano corrotta: la forza militare, precipitato della 'volontà di potenza', l'avrebbe resa possibile. 

Il fascismo non era troppo lontano da questa tendenza, che aveva parossisticamente esaltata ed individuata nella tecnica e nel valore delle conquiste scientifiche utili al comando supremo, appena mitigate dalla religiosità come superstizione popolare da servirsene senza eccessivi scrupoli: anch'esso prospettava il raggiungimento dell' 'optimum' attraverso un 'di più' che le cleptocrazie non avevano o avevano perso: il popolo-massa sottratto a gerarchie decadenti ed innalzato all'affermazione di sè stesso senza altre mediazioni se non il Partito.

Oggi siamo daccapo con questo delirio totalitario posto materialmente...tutte le risposte sono state date insieme a tutte le domande ma non hanno sortito alcun effetto politico realmente innovativo, tranne quello di aumentare i due fattori che ho detto: il mondo delle merci come unico e privilegiato orizzonte spirituale e scienza e tecnica come vettori del 'superamento' del 'mondo vecchio' per realizzare il 'paradiso in Terra'.

Per pochi ovviamente: una restrizione inevitabile dati i presupposti 'elitisti' della politica attuale che non parla più di 'popolo' ma solo di soggetti felicemente dediti alla propria egoistica soddisfazione a prescindere.

Dunque, volendo continuare il ragionamento 'matematico', l'esito sarà identico al precedente: guerra distruttiva di tutti contro tutti ed al posto del 'paradiso' sarà l' inferno. 

Il ragionamento pecca di un paralogismo essenziale. Samsara e Nirvana sono coessenziali essendo il primo la base del secondo. Non si da l' uno senza l'altro perchè la misura assoluta del 'valore' è appunto desiderio meta-fisico di abolizione del pensiero stesso: nel momento in cui pensiamo come 'assoluto' un elemento, l'atto di pensare è già modificativo dell'elemento stesso. Non è più 'paradiso' ma si costituisce immediatamente in opposizione a sè stesso. E di qui il resto.

Gentilianamente se l'unica realtà 'vera' si costituisce attraverso un atto puro del pensiero che pensa sè stesso, allora questa è autocoscienza di sè come pensiero ed in quanto tale essa comprende l' esistente come totalità nelle sue mediazioni come nelle sue opposizioni: è in altri termini autoscienza dello 'Spirito Assoluto' che comprende la Totalità in atto oltre il riflesso soggettivo perchè lo fonda.

E questa secondo la dommatica Indù è la Vita spirituale intima di Shiva stesso: ed è questo il 'Paradiso' per chi come Plotino ne ha fatto esperienza sua. Per tutti gli altri vale American Express. E basta.


sarah hanno apprezzato
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mystes
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"...non erano altro che la manovalanza dei servizi segreti britannici, da cui dipendevano in tutto e per tutto (armi, denari e logistica nel Nord Italia li mandava la Corona inglese, mica il compagno Stalin...)...

 

Erano e sono sempre rimasti amici nonostante la balella della guerra fredda, guerra che non sarebbe mai diventata calda a causa del deterrente atomico e della comune radice ideologica.


sarah hanno apprezzato
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sarah
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@mystes. E' vero. Se si può ancora aggiungere qualcosa a questa ottima discussione che inevitabilmente ha coinvolto la dimensione politica dello scontro tra comunisti e "non", si deve tornare un attimo al pensiero di Gentile e alla sua collocazione nell'Italia di allora. La sua discussa adesione al fascismo era vissuta, dal Gentile stesso, come un atto coerente con il tentativo di dare pieno compimento agli ideali risorgimentali. E qui secondo me sta uno dei punti critici: la mancata comprensione del pieno significato del Risorgimento. Lo spirito dell'Italia unita, la liberazione dagli oppressori stranieri, il mito di Garibaldi sono sembrati e sembrano tuttora una pagina gloriosa dalla quale attingere facilmente un buon armamentario retorico di grandezza nazionale. Ma non è tutto oro quello che luccica. I veri "padri" del Risorgimento, massoni e legati a quelle stesse potenze straniere che hanno costituito l'anima politica dell'Europa moderna, rivendicavano quegli ideali e solo apparentemente li avrebbero lasciati liberamente a disposizione di "tutti gli italiani". Gentile non era "dei loro" e forse aveva valicato un confine ideologico, senza dubbio in buona fede, peccando di eccessivo entusiasmo. Non sostengo che sia questa la causa prima del suo assassinio ma credo che le sue idee lo abbiano reso un soggetto "scomodo" e facilmente sacrificabile. E poi, tra l'altro, la sua morte è un ulteriore tassello che compone il mosaico di un'Italia incoerente, unita su basi poco solide e fatti riportati in modo unilaterale. Fatti che segnano ancora una grande distanza tra noi e altre nazioni europee, per esempio. Così, un ministro dell'istruzione che ha svolto un ruolo determinante fondando, nel bene e nel male, la scuola che tutti abbiamo frequentato non è ricordato per ciò che ha fatto ma semplicemente per essere stato ammazzato in occasione di una delle tante, innumerevoli, esplosioni d'odio e furia omicida. Siamo fatti così: certo non sono cose che si possono dire a scuola.


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mystes
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Ottimo commento. Un discorso analogo potrebbe essere fatto sul delitto Matteotti!...


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Martin
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Gentile e' stato ammazzato a freddo e a tradimento da membri dei GAP spacciatisi per studenti, tra i quali un donna, tutti ovviamente con successive radiose carriere nel PCI, semplicemente perche' rappresentava una luminosa, moderata ed  autorevole figura di possibile mediazione per lo scenario post bellico - come riconosciuto da piu' parti nella Resistenza. Fu un assassinio a freddo e a tradimento simile quello del Federale di Ferrara, Igino Ghisellini, perche' si era attivato in negoziati pacificatori con socialisti, comunisti e resistenti. L'assassinio di Ghisellini fu talmente infame che per decenni la sinistra ha cercato di imputarlo ad una supposta faida tra fascisti. Vorrei capire di cosa ci si stupisce: il mandante di decine di omicidi, come Luigi Longo, e' stato segretario del Pci dal 1964 al 1972; l'organizzatore del massacro di giovani altoatesini della riserva di Via Rasella, Giorgio Amendola, ha per decenni ricoperto alti incarichi nel PCI; per non parlare di Pertini, che diede l'ordine di far uccidere le star del cinema Osvaldo Valenti e Luisa Ferida (incinta), nonostante anni prima fosse stato liberato dal carcere e fatto curare dalla tubercolosi per decisione di Mussolini, su intercessione di Pietro Nenni, con il quale Mussolini rimase sempre in contatto epistolare.


BrunoWald hanno apprezzato
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Martin
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Matteotti mori' d'infarto a seguito dello shock e dei maltrattamenti durante il sequestro da parte di una banda di delinquenti comuni fascisti guidata dal notorio criminale Dumini, che agi' in totale autonomia. Furono poi tutti processati e condannati.

Va segnalato che Matteotti non era un Arcangelo. I brogli da lui denunciati furono assolutamente sporadici e secondari, e non potevano assolutamente cancellare il fragoroso successo elettorale dei fascisti, con oltre il 65% dei voti. Contrariamente a quanto continuano a propinarci, la legge Acerbo che dava il premio di maggioranza alla prima lista NON FU APPLICATA, perche' le liste fasciste presero direttamente il 65% dei voti SENZA ALCUN PREMIO DI MAGGIORANZA, ovviamente inutile.

Proprio non si vede a cosa serva - nel bene e nel male - continuare a nascondere che il fascismo nelle elezioni del 1924 raggiunse un livello di consenso e popolarita' mai visto ne' prima e ne' dopo nel nostro Paese.


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