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Meccanismi cognitivi implacabili


GioCo
Noble Member
Registrato: 2 anni fa
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Mi sto accingendo a ribadire un meccanismo di cui mi "vanto" (vabbé, si fa per dire, neh?) di essere lo scopritore. Nel senso che se andiamo a elencare i vari meccanismi noti, non lo troviamo. Tra i tanti che conosco posso elentare ad esempio la nota finestra di Overton, il riflesso condizionato di Pavlov e poi il condizionamento operante di Skinner, le teorie alla base delle strategie dello "Shock and awe" riprese dalla Naomi Klein, i vecchi e sempre efficaci "divide et impera" o "panem et circensis" propri della gazzarra mediatica o della distrazione di massa, il principio della rana bollita o del creare un problema e offrire la soluzione di Chomsky, l'effetto Lucifero di Zimbardo, gli esperimenti sullo stress di Laporit, il noto esperimento di Ash sul condizionamento sociale, il principio del confronto già esplorato dai greci con le proporzioni e la geometria nonché base per la misurazione, il principio della rimozione in psicodinamica, sull'attaccamento di Harlow, dello Still Face di Tronick e tanti, tantissimi altri.

Insomma, tra tutta la letteratura che mi sono trovato a consultare mi accorgo che questo specifico meccanismo non compare da nessuna parte, anche se è banale. Questo meccanismo l'ho chiamato "mutua esclusione".

Provo qui a ridurlo in modo semplice: se ad esempio dico che "il Sig. X è un cretino" cosa sto dicendo? A parte l'ovvio, cioè che sto insultando X dandogli del cretino, chi mi ascolta esclude me dalla valutazione, cioè la mia identità sarà di certo "non cretina" e per riflesso questo mi farà apparire tanto più "intelligente" tanto più efficace risulterà l'insulto (ad esempio se il Sig. X si offende la valutazione della mia intelligenza sale). In altre parole più insulto, più "vampirizzo" ad altre identità individuali qualità che la mia può anche benissimo non possedere, ma che per effetto di un processo cognitivo inizieranno ad essere dati per "scontati". Questo meccanismo è implacabile e funziona a vari livelli, anche se lo vediamo all'opera più facilmente nei talk show o nei social network.

Un applicazione non banale è il "gettare discredito", uno sport che equivale al sacrificio dell'agnello pasquale: se la vittima di accanimento di insulti è un professionista rispettabile, poniamo un Di Bella, indipendentemente dalla bontà delle sue tesi, non solo sarà molto difficile rispondere o recuperare la credibilità perduta in automatico, ma il guadagno per chi lo avrà insultato "tra i primi" sarà molto maggiore e accrescerà tanto quanto più attirerà folle di tifosi pro o contro (quindi avrà tutto l'interesse a ridurre il dibattito in polemica). In altre parole lo schema cognitivo funziona tanto meglio quanto più il bersaglio ha credibilità da perdere.

Vorrei far notare come questo meccanismo, che fra poco riprenderemo e approfondiremo meglio, sia il primo e più importante sfruttato dai debunkers per smontare le bufale, cioè quelle che sono ritenute bufale e che spesso sono solo notizie incerte e di comodo riprese da siti civetta poco accorti e con il vizio di pubblicare senza verificare, che per quanto ne sappiamo potrebbero essere essi stessi vittime di fonti vicine ai debunkers pronti a denunciarli, fonti che distorcono convenientemente e appositamente (e così avremmo chiuso il cerchio) tipo alla "Rita Katz" per intenderci. Quel che voglio però dire non è che ci sia un complotto per darci notizie false sul web, fate attenzione! Voglio dire che il web è certamente una fonte che accanto ad altre, ad esempio i giornali, la TV, la radio, rende semplice diffondere notizie false fabbricate ad arte e trovare masse di ingenui che le prendono per vere e che non hanno gli strumenti per difendersi.

Il debunker infatti, ben prima e molto più di chi si occupa di problemi gravi del nostro tempo, hanno fame di fama. Se infatti posso dubitare che una persona, più ancora se professionista e con lo spauracchio di bruciarsi la carriera, voglia conquistare la fama e ricchezze diffondendo notizie che lo compromettono, non ho più dubbi che un debunker perfettamente ignoto e senza uno straccio di titolo per muovere critica abbia più facilmente l'obbiettivo di "farsi la fama diffamando".

Tuttavia non corriamo subito alle conclusioni. A mio avviso nessun male nuoce e basta, alcuni mali sarebbero addirittura da inventare se non esistessero, per il nostro stesso bene sociale. Se non ci fossero i debunkers infatti, credo che molte delle dicerie assurde che circolano (non solo in internet) non avrebbero freni inibitori di sorta nella massa e non ci vorrebbe molto prima di tornare al mondo mistico del primo medioevo, quello da cui poi è nato il rogo inquisitorio. Personalmente sono molte le notizie false che i debunkers mi hanno aiutato a verificare. Questo però non fa di certo di un debunkers un eroe e non lo scagiona dall'essere fin troppo spesso un "inquisitore interessato a inquisire" per raccogliere successo sociale che altrimenti nessuno gli riconoscerebbe. Un po' come gli inquisitori medioevali che dovevano "stuprare le streghe" (soprattutto se piacenti) per verificare che erano possedute (e poi le bruciavano magari perchè "si erano fatte stuprare").

Questo significa che prima o poi dovremo comunque cercare di regolamentare il caos delle varie reti di informazione (tutte, non solo il web) e gestire una qualche azione pubblica coordinata più coerente di quella che adesso esercitano dei privati cittadini "signor nessuno" facilmente interessati, manipolabili e sostituibili da enti privati ben più forti e temibili. Certo che dovremmo attendere però un clima politico più adatto, perché allo stato attuale delle cose, vedo veramente molto dura la possibilità che dal torbido momento politico internazionale e nazionale, sempre più cubo e minaccioso, possa uscire qualcosa di vagamente sensato o utile per chicchessia.

Ma torniamo al meccanismo di cui sopra. Per poter verificare che un individuo sta attivamente sfruttando la mutua esclusione per un suo tornaconto, l'insulto non è il metro corretto. La mutua esclusione infatti si estende in praticamente ogni singolo rapporto ontico che instauriamo tra noi e il fuoco della nostra attenzione, ma agisce con fattore negante soprattutto nella relazione tra individui umani. Per ciò il primo indizio di uso strumentale è la critica all'identità che si oppone alla critica verso gli agiti. In altre parole, qualsiasi sia "la cosa" che agisce, la mutua esclusione "si attiva" quanto il fuoco dell'attenzione si concentra su chi o cosa agisce se questa è in grado di agire. Se ad esempio dicessi che "il computer è un cretino", molti di voi potrebbero sorridere e riconoscere che in effetti è un cretino. La "mutua esclusione" infatti funziona in quanto il computer è un ente dotato d'azione, cioè capace di agire. Se dicessi invece "i sassi sono cretini" l'effetto risulterebbe privo di feedback, dato che un sasso non agisce e quindi non ha comunque modo di mostrare che è o non è cretino.

La mutua esclusione ha una valenza forte in pubblicità, nel corteggiamento e in guerra. Se ad esempio voglio pubblicizzare un prodotto, diciamo un sapone, valorizzerò soprattutto qualità che a prescindere dal sapone, sono sicuro non fanno già parte di quelle in cui si riconosce il mio potenziale acquirente. Ad esempio la forza se il pubblico bersaglio è femminile. Importante non è se la qualità è oggettiva ma avvertita, quindi le pubblicità tendono a seguire usi, costumi, mode, cultura e qualche volta le modellano. Nel corteggiamento è un classico l'uso del "finto denigrare" che rovescia gli effetti, ad esempio: "sei una pazzerella" o "sei tutto matto". In questo caso gioca la finzione, ma il processo cognitivo è lo stesso: mi permetto di giudicarti pazzo/a perchè così sottolineo che sono tanto savio da potertelo dire tant'è che potremmo anche sentirci rispondere "senti chi parla!". In guerra la vediamo invece applicata in modo evidente: dall'esportazione di democrazia in Iraq (che significa che la democrazia è un bene, tipo come un quintale di polli, di chi la sta esportando e manca, come il cibo, dove dovrebbe essere esportata), alla guerra per stabilire la pace (che significa che la pace non c'è dove si porta la guerra), fino al più vecchio "portare la civiltà ai popoli arretrati" del secolo scorso e che ancora oggi ci fa pensare che quei popoli fossero effettivamente incivili e arretrati perchè gli abbiamo dovuto fare la guerra (sterminandoli).


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