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Poltergeist e i nuovi demoni


GioCo
Noble Member
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Siamo nel 1982 e nelle sale cinematografiche esce una pellicola dell'allora giovane e promettente regista di film dell'orrore William Tobe Hooper alla sua settima fatica e con la firma per la produzione, il soggetto e la sceneggiatura di Steven Spielberg: "Poltergeist, demoniache presenze".

Vale la pena ricordarlo questo regista, scomparso questa estate, ricordarlo proprio per questo film, perchè mi da l'occasione di parlare di un aspetto cruciale della nostra epoca: il concetto delle "demoniache presenze".

Il film ha un tratto specifico che non vedremo più replicato nel genere: l'esaltazione in ogni sequenza dell'amore che tiene unita una famiglia tradizionale americana (quindi mononucleare) come simbolico luogo di fede e di unione, forte abbastanza da combattere e sostenere la lotta contro eventi spaventosi e sovrannaturali, chiaramente indirizzati a generare panico e disperazione nel cuore degli individui soli o meno uniti affettivamente tra loro. Quindi l'unione amorosa come arma attiva e vincente contro il male simbolico che divide e mette sotto stress i legami affettivi.

Mi sento anche di ricordare che il film di Carpenter "Halloween - La notte delle streghe", che di fatto inaugurerà il genere slasher completamente opposto al tema in oggetto in "Poltergeist" ma tanto caro ai cultori horror, che ci ha dato pellicole che hanno fatto la storia del cinema lungo tutti gli anni '80, come "Venerdì 13" del 1980, "Nightmare" del 1984, "Hellraiser" del 1987, esce nelle sale solo 4 anni prima, nel 1978 e Hooper di certo non poteva in nessun caso rimanere indifferente alla rivoluzione del genere in corso. Per ciò in un certo senso "Poltergeist" è una risposta alla idea di Carpenter di un "maniaco omicida (spesso mascherato) che dà la caccia a un gruppo di persone (spesso giovani) in uno spazio più o meno delimitato, utilizzando in genere armi da taglio per ucciderli in modo cruento".

Il genere slasher è una specie di inno all'impotenza della vittima e quindi specularmente alla potenza della follia, che si avvicina al concetto dei campi di sterminio nazisti: non importa quale sia il giudizio del pubblico rispetto al grado di colpevolezza o innocenza delle vittime o del carnefice, tutto ciò che conta davanti alla pellicola è chiedersi quale fantasia creativa perversa scatenerà la furia maniacale omicida del protagonista, nel generare una vera e propria mattanza delle vittime che sono quindi semplici offerte per un sacrificio, cioè "carne da macello", per arricchire un tempio virtuale e un altare di celluloide con un rituale simbolico di sangue, ma comunque in grado di generare il culto di una figura malvagia, esattamente come accadeva per il Dio Moloch, con la differenza non minima che si tratta di culti e sacrifici di personaggi di fantasia.

Vorrei far notare che "Poltergeist" non nega la presenza del maniaco omicida e la sua volontà di lasciarsi alle spalle una scia di sangue, ma pone lui e il suo gruppo di vittime in un limbo ultraterreno distante e separato, lo riveste di una inconsistenza eterea e mistica che non ci permette di definire l'identità maligna in modo chiaro (mi riferisco ovviamente solo alla prima pellicola del 1982) e fa agire in questo modo la forza della follia del male da questo luogo ultraterreno, con il preciso obbiettivo di distruggere l'unità famigliare, contro-luogo culto del bene ove ritrovare gli elementi completamente assenti nel genere slasher, della sicurezza emotiva e di fede che si stabilisce tra individui umani viventi.

Che l'affetto dei genitori sia il luogo sacro ove si costruiscono nei primi anni di vita quelle fondamentali robustezze emotive che poi accompagnano l'individuo per tutta la sua vita, ormai è un dato incontrovertibile delle scienze umane. Uno dei pochi. Insieme però a un altro dato: sfortunatamente non si tratta affatto di un esperienza comune in ambito umano, come ci si aspetta e dovrebbe essere. Non lo è precisamente perché non è il primo e fondamentale obbiettivo del nostro sistema educativo occidentale, tanto meno lo sono quegli strumenti necessari a ottenere un buon risultato. Semplicemente la qualità della vita affettiva infantile non è un tema ritenuto soggetto a critica o di interesse comune, almeno non quanto lo è la formazione o il rispetto delle regole.

Il motivo che ci porta a non dare valore alla qualità dell'attaccamento, tra il bambino e le figure di riferimento della sua infanzia, è fornito da un altro dato spiacevole delle scienze umane: l'esperienza emotiva negativa è quella che raccoglie l'attenzione soggettiva meglio e in modo più duraturo. In altre parole "un educazione basata sul trauma" risulta non solo efficace a un sistema repressivo orientato alla riduzione in schiavitù delle coscienze, ma obbligatorio al fine di ottenere una duratura, indiscussa, silente e docile sottomissione.

Questo è già definito in modo cristallino dalla ricerca dell'ingegneria sociale, all'inizio degli anni '70 e per ciò si prefigura la necessità di concepire un piano che renda operativa questa conoscenza, come arma per l'indebolimento delle Nazioni definite "obbiettivo" dalla NATO. Nel 1974, Henry Kissinger stilò un rapporto denominato NSSM 200, meglio noto come “The Kissinger report“, una relazione sulla sicurezza nazionale con particolare riferimento alla crescita della popolazione mondiale e alle misure neomalthusiane che si sarebbero dovute prendere al riguardo (per approfondire, vedi QUI e QUI). Con tempismo quanto meno sospetto, solo un anno prima viene interrotto ufficialmente il progetto MkUltra ormai divenuto di dominio pubblico; si tratta di un nome in codice dato a un programma illegale e clandestino di esperimenti sugli esseri umani studiato dalla CIA e portato avanti nel ventennio precedente, ma i cui risultati di sicuro non vennero "buttati via": tale programma aveva come scopo la sperimentazione dell'induzione al trauma per ottenere la programmazione umana di qualsiasi comportamento anche in contrasto aperto con la volontà soggettiva e il sistema etico umano.

Uno dei dati principali di MkUltra è l'individuazione del soggetto ideale: chi è il soggetto ideale per la programmazione del comportamento? Una persona che abbia subito traumi ripetuti da piccolo, che abbia dovuto accettare la violenza come componente integrata e naturale del suo processo di "addestramento" emotivo e che quindi possa tranquillamente ritenere "normale" ricevere dai genitori ogni genere di violenza e abuso. Incluso quello sessuale. Meglio ancora se il soggetto è parte di una discendenza di soggetti che hanno subito identica violenza.

La vicinanza con i temi horror del genere slasher fa riflettere come fa riflettere che il genere nasca praticamente insieme al consumismo, al nuovo ordine di Kissinger e ai dati cumulati nel progetto MkUltra. Il folle che si da alla mattanza delle sue vittime di solito è carico di odio e vendetta verso la società, come fosse una sorta di giustiziere infernale, una "demoniaca presenza" giustificata dai lati riprovevoli di una decadenza che è famigliare, intima, dei rapporti affettivi e religiosi tipici del cristianesimo, di solito alla base del suo essere "mostro". Solo per fare un esempio, nell'incipit del film di Carpenter, il protagonista è Michael Myers, uno psicopatico che vive in manicomio dal 1963, quando all'età di 6 anni uccide a coltellate -vestito da pagliaccio, dato che è halloween- la sorella adolescente Judith colpevole apparentemente solo di aver consumato un rapporto intimo. Il 30 ottobre 1978, la sera del suo trasferimento dal Manicomio di Smith's Grove, Michael ormai ventenne fugge per dare inizio alla sua mattanza, scegliendo preferibilmente vittime giovani e femminili, estendendo quindi la condanna apparente morale a tutto il contesto sociale giovane. Il tema quindi del sesso, della perversione e della violenza gratuita, brutale, quasi grottesca, ma in un certo senso liberatoria, cioè di natura sacrificale e iniziatica è costante in queste pellicole.

In "Poltergaist" invece vediamo tutto questo nel suo speculare rovescio, dove al posto del fallimento simbolico della famiglia immersa in una società della competizione che esalta l'indifferenza per la morte seriale, cioè "massiva e industriale", ritroviamo la continua ricerca dell'altro umano come riferimento affettivo che lascia l'elezione dell'individuo secondaria rispetto la difesa della relazione affettiva. In "Poltergaist" non c'è un "eroe" positivo o negativo, l'affetto che tiene uniti i componenti del nucleo famigliare in via esclusiva è l'unico eroe che emerge. In contrasto e sullo sfondo c'è proprio la critica sociale più graffiante, in particolare nell'affermazione del padre Steve che al gruppo esterno di scienziati e ricercatori del paranormale a cui si rivolge per chiedere aiuto confessa che lo fa proprio per conservare l'anonimato, dato che alla famiglia non interessa assolutamente il riconoscimento sociale, cioè la pubblicità derivante dall'essere protagonista di fenomeni tanto incredibili, ma unicamente il recupero dell'integrità famigliare, cioè il recupero di Carol, rapita dalle forze sovrannaturali. L'abdicazione del principio del "self made man" diventa completa con la rinuncia implicita di una carriera sicura nel lavoro, in cui Steve è tratteggiato come indiscusso leader, quando scopre che la sua famiglia rischia di pagare l'ira del sovrannaturale per colpa del suo capo che ha edificato su un cimitero "pagato poco". Quindi qui il tema è dell'inganno e del rispetto mancato per le tradizioni, ma anche nella chiave utile a svuotare la vanità personale di importanza, in quanto l'intimità famigliare qui ha un valore nettamente superiore al successo individuale nel lavoro e non ci sembra che questo faccia una grinza.

Diversamente i comportamenti dei vari protagonisti dei film slasher sono tutti non soltanto molto sopra le righe, ma incoerenti con il contesto al punto da obbligare lo spettatore alla muta condanna della natura umana intriseca. Si tratta di cattivi che devono essere cattivi perché sono cattivi, dove tutta questa supposta cattiveria è inscritta solo nel copione e svuota di qualsivoglia coerenza umana, come fosse nel DNA dei carnefici, il senso dell'agire malvagio stesso. E' l'azione che si giustifica in quanto accade e per osmosi rende cattivo il cattivo, senza che il regista faccia troppi sforzi per abbozzare un motivo umanamente riconoscibile, un perché socialmente riconoscibile come solido per tale esercizio di malvagità.

In definitiva, nell'horror che abbiamo ereditato in pellicole anche pregevoli moderne, di cui cito una tra le tante che mi viene in mente a caso come "It Follow" del 2014, del regista David Robert Mitchell, alla sua terza fatica, la componente che non vedremo più è proprio la strenua difesa del valore affettivo famigliare come bene di rifugio di primaria importanza per la stabilità emotiva delle generazioni future, in favore di un non meglio identificabile "tratto folle", che irrompe nella vita della vittima per effetto di una "fragilità infantile emotiva" fertile per quella qualità specifica di panico e disperazione, che è un tratto caratteristico dei nostri tempi contemporanei.

Un caso? Chissà ... se è vero come è vero che l'arte rappresenta il suo tempo, allora è indubbio che questo sia il tempo per "demoniache presenze".


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