Kubrick e Michelang...
 
Notifiche
Cancella tutti

Kubrick e Michelangelo - 2001 Odissea nello Spazio e il Giudizio Universale

Pagina 3 / 3

Tibidabo
Noble Member
Registrato: 2 anni fa
Post: 1331
Topic starter  

Socraticamente ti vorrei fare una domanda se vuoi rispondere (non è un quiz).
Facciamo che il monolito è extraterrestre...anzi, nel film lo è, lo dicono che è una forma di intelligenza non umana quindi ok così...ma vorrei sapere: perché è rettangolare, liscio e nerissimo?
E se lo avesse messo bianco?

Leggendo un commento altrove (proprio di Pietro Ge) mi e' venuta in mente a questo proposito la pietra nera della Mecca.

Ecco, e vedi che tu e Fuffolo siete gli unici due che si sono sentiti di "dover " dire qualcosa.
Non è una necessità impellente ovviamente ma è una cosa che vi ha incuriosito e avete allungato il braccio verso il monolito (che in questo caso non è quello del film ma l'oscura "interpretazione possibile" da "tirare fuori" ossia da "esprimere verbalmente").

Speravo che ci provassero più persone e si sarebbe capito meglio.

Stasera tardi ti rispondo in maniera più completa.


RispondiCitazione
Tibidabo
Noble Member
Registrato: 2 anni fa
Post: 1331
Topic starter  

Il monolite nero mi ha richiamato la razionalità maschile, lineare e decisa, immutabile (almeno nei modi di funzionamento). Che fa progredire, che va oltre e che può essere anche violenta e dolorosa.
Niente di che vero?

Leggendo un commento altrove (proprio di Pietro Ge) mi e' venuta in mente a questo proposito la pietra nera della Mecca.

Segue...

Speravo rispondesse anche qualcun altro perché era un piccolo esperimento per dimostrare che cosa realmente significa "ermeneutica".

Ci avete provato in due e a voi due rispondo.
Premetto solo brevemente, per partecipare anche io, che per me il monolito, per la sua forma perfettamente geometrica, rettangolare e non - per esempio - sferica, quindi più intelligenza che sensibilità, con la sua mancanza di riflessi ossia nero totale che assorbe luce e non la emette, è l'espressione di ciò che non può essere "animale", che è intrinsecamente incompatibile e incomprensibile in un ambiente di pre-coscienza o pre-intelligenza logica.
E' ciò che è assolutamente "altro" nella preistoria ma anche nell'ultima stanza del vecchio morente.

Chi ha visto giusto?

Non è questo il punto di una autentica interpretazione.
Qui risiede la differenza fra semplice "decodifica" che si limita alla decifrazione di un messaggino e l' "ermeneutica" che non si esaurisce mai e cresce all'infinito su sé stessa.

Un testo letterario o di qualsiasi altro genere, per esempio anche un film, è l'espressione di un autore che vuole dire qualcosa quindi, come è ovvio, il primo approccio è quello di cercare di comprendere cosa l'autore vuole comunicare.
Si possono fare diverse ipotesi, ognuna interessante di per sé, ma certamente "una" era (più o meno conscia) l'intenzione dell'autore.
Ma questo "autore" non ha scritto o girato una formula precisa, non ha "enunciato" un concetto; ha creato un'opera, o un testo letterario o sacro (l'ermeneutica nasce come interpretazione dei testi sacri che come è noto va avanti senza fine da millenni), che non si esaurisce in quel "messaggio" ma comporta un intero mondo espressivo che necessariamente, per la sua complessità, sfugge nella sua interezza alle intenzioni di chi lo ha dato al mondo.

Questo risulta evidente proprio dai dettagli "a latere" come può essere la scelta del monolito, che non è obbligata dato che sicuramente né Kubrick né Clarke hanno mai visto gli extraterrestri né il monolito.
Poteva essere un'altra forma e poteva addirittura non essere una forma, per esempio si potevano vedere gli extraterrestri inoculare qualche sostanza negli scimmioni o indirizzargli un raggio di qualche tipo.

In queste scelte di dettaglio, di cui nemmeno l'autore è completamente conscio (in un artista specialmente vengono per intuizione), viene fuori la vera natura dell'ermeneutica ossia la natura dell'approccio che sceglie l'interprete.

Ho chiesto perché doveva essere proprio un monolito nero dalla forma strettamente geometrica e ognuno, io compreso, ha dato una risposta diversa.

Come è possibile?

Perché chi ha interpretato ha

1) o parlato di come lui stesso vede quel monolito

2) o si è immedesimato in Kubrick (o nella situazione descritta)

Prove inconfutabili? Impossibili. Kubrick è morto, presumibilmente non avrebbe mai rivelato il motivo, probabilmente non ci aveva pensato troppo nemmeno lui.

Allora se ne deve dedurre una considerazione essenziale: quando si interpreta si "crede" di parlare di una "decodifica" ma in realtà si sta parlando "di" (ossia interpretando) sé stessi.

Infatti, e immagino sarete d'accordo su questo:

1) o avete parlato delle vostre associazioni di idee

2) o vi siete immedesimati in Kubrick ossia avete fatto come se Kubrick la pensasse come voi cioè siete partiti dal presupposto niente affatto scontato di un terreno comune fra voi e quell' "Altro", che è l'autore (di cui il testo è immediata, completa ma non "già compresa" espressione)

Un testo o un'opera d'arte rivelano a noi stessi la profondità del nostro essere al di là del semplice messaggio - per quanto interessante o sorprendente - che l'autore vuole comunicare.

Il "significato" di quel testo serve da limite invalicabile con il quale confrontarsi; nella sua essenziale inconoscibilità "completa" ci spinge a cercare in tutti modi una "analogia" con ciò che "non è noi" cioè in ultima analisi, ci porta ad andare oltre lo schema di un "io" che è determinato dal mondo esterno e che noi, in questa forma di "io" centrale e unico, non sentiamo "completo".

Il fatto che l'ermeneutica, soprattutto dei testi sacri ma anche delle opere d'arte, non finisca mai e cresca nei millenni come una spirale su sé stessa, non solo sull'interpretazione del testo ma sulla interpretazione delle successive interpretazioni, dimostra che ciò che cerchiamo è qualcosa che trascende il semplice "messaggio" del testo.

Ciò che cerchiamo è "l'altro" sotto due aspetti:

1) la totalità del nostro "io" che va oltre la percezione della nostra coscienza come è comunemente intesa, come dimostrano gli sviluppi della psicanalisi e della letteratura a partire dalla fine del XIX secolo, vedi il concetto di "inconscio" ma anche racconti come "Il dottor Jekyll e Mister Hyde" (Hyde vuole dire "nascosto") o "William Wilson" di Poe

2) "l'altro" in senso generale ossia ciò che come il monolito nero è inconoscibile in maniera "oggettiva" cioè ponendo una rigorosa distinzione di partenza fra "soggetto" che osserva e "oggetto" osservato. Nell'interpretazione di un testo, come abbiamo fatto noi nel caso del monolito, è necessario partire dal presupposto del tutto "non logico", quindi "pre logico", di una comunanza da ritrovare fra "soggetto" e "oggetto".
Il contrario della conoscenza scientifica, fondata rigorosamente sulla irrevocabile distinzione fra chi osserva e ciò che è osservato, che però è del tutto inapplicabile nel caso di un testo che non sia appunto di carattere scientifico o tecnico (o giuridico ma anche lì come si sa sorgono diversi problemi).

In altre parole, Fuffolo ha parlato di Fuffolo, Mario di Mario, DesEsseintes di DesEsseintes, molto più che del monolito.

Nell'ermeneutica quindi si va oltre il logico deduttivo e ci si trova nel campo aperto dell' "affettivo", dell' "analogico-intuitivo", per una conoscenza che non porta a una concettualizzazione definitiva (l'ermeneutica non finisce mai e non avrà mai, per costruzione, una prova "scientifica" che ne dimostri una volta per tutte la validità) ma che conduce come fine ultimo alla "intuizione aperta" (e non "conclusiva") di un limite invalicabile fra "io" e "l'altro" che nonostante la sua invalicabilità ci spinge a considerare come essenziale per noi stessi ciò che "non è noi stessi".

Nell'ermeneutica non si cerca di scovare e formalizzare un "concetto" ma di stabilire un "discorso" ossia un rapporto nel quale la nostra centralità assoluta di "soggetti finiti e delimitati" viene superata e si allarga in territori inesplorati e infiniti.


RispondiCitazione
PietroGE
Famed Member
Registrato: 2 anni fa
Post: 4100
 

Ancora con questa storia!


RispondiCitazione
fuffolo
Honorable Member
Registrato: 2 anni fa
Post: 686
 

Speravo rispondesse anche qualcun altro perché era un piccolo esperimento per dimostrare che cosa realmente significa "ermeneutica".

Il fatto che l'ermeneutica, soprattutto dei testi sacri ma anche delle opere d'arte, non finisca mai e cresca nei millenni come una spirale su sé stessa, non solo sull'interpretazione del testo ma sulla interpretazione delle successive interpretazioni, dimostra che ciò che cerchiamo è qualcosa che trascende il semplice "messaggio" del testo.

2) "l'altro" in senso generale ossia ciò che come il monolito nero è inconoscibile in maniera "oggettiva" cioè ponendo una rigorosa distinzione di partenza fra "soggetto" che osserva e "oggetto" osservato.

In altre parole, Fuffolo ha parlato di Fuffolo, Mario di Mario, DesEsseintes di DesEsseintes, molto più che del monolito.

Nell'ermeneutica non si cerca di scovare e formalizzare un "concetto" ma di stabilire un "discorso" ossia un rapporto nel quale la nostra centralità assoluta di "soggetti finiti e delimitati" viene superata e si allarga in territori inesplorati e infiniti.

Provo a continuare per
"stabilire un "discorso"

Con l'ermeneutica cerchiamo il significato di qualcosa senza coscienza che non esprime una volontà propria non essendo un "soggetto", più uno strumento per comunicare qualcosa (dell'autore in modo più o meno volontario o cosciente).
Il discorso lo stabiliamo con altro soggetto cosciente.
Per comunicare quello che pensiamo raccontiamo un fatto o un'idea, e per ottenere che l'altro si immedesimi per capire, possiamo utilizzare come riferimenti una serie di elementi oggettivi. Questi rappresentano non direttamente il passato (o quello che vogliamo far capire) ma sono dei termini di riferimento oggettivi, storicamente ed oggettivamente verificabili, articolati in un ragionamento sillogistico (come fossero prove).
L'altro ci segue e capisce per la immedesimazione prodotta.
In alternativa il racconto, la ricostruzione del passato o del concetto, può avvenire utilizzando l'immedesimazione prodotta tramite la sfera emotiva.
Non più un sillogismo fondato su elementi certi ma una "favola", un racconto che viene seguito, capito e creduto mediante la forza emotiva del sentimento attivato. Condividendo il livello emotivo siamo portati ad immedesimarci e quindi a credere al resto del racconto o della comunicazione.
Sono due modi diversi di comunicare e di interpretare, necessari entrambi ma in modo equilibrato, armonico, senza la prevalenza di alcuno dei due.
Il "punto di vista" dell'altro (soggetto) da sè è quindi almeno conoscibile (con i limiti della immedesimazione) se utilizziamo il suo schema (emotivo o razionale) così da arrivare (se l'operazione è reciproca) alla comprensione reciproca.
Gli altri da noi dobbiamo capirli (metterci nei loro panni) per poter comunicare e non entrare in conflitto. Equilibrio e non sopraffazione o imposizione. Nessuna verità assoluta ma un metodo.


RispondiCitazione
Tibidabo
Noble Member
Registrato: 2 anni fa
Post: 1331
Topic starter  

Provo a continuare per
"stabilire un "discorso"...

Non c'è un oggetto da conoscere (nel primo caso di cui parli).
Non è "l'oggetto inanimato" ciò che stai interpretando.
Lo fai nel momento in cui cerchi di decifrare un messaggio ma l'ermeneutica artistica e filosofica è altro e se è vero che i testi degli esegeti cercano di estrarre il significato più preciso possibile da quel testo è anche vero che si tratta di scritti che a volte risalgono a migliaia di anni fa, non è che si possa continuare così all'infinito se fossero semplici oggetti portatori di un messaggio da comprendere.
Il punto è che è una interazione e quindi chi interpreta attiva una relazione che porta l'interpretazione su un piano diverso.

Ciò che stai davvero interpretando è il tuo stesso essere e quell' "Altro" da trovare sei tu stesso ossia non solo il tuo limitato "io" cosciente ma tutto il tuo essere.
E' l'intuizione della pluralità di fondo del tuo "io" cioè la comprensione che la tua "autocoscienza" o cogito cartesiano è solo una sentinella che ti avverte di cosa succede quando ti relazioni all'esterno, ma il "tu" profondo è altro, molto più vasto, plurale, infinito.

Immaginati un ranger che sorveglia il Kruger o il Serengeti.
Quel ranger è l' "io" mentre il Kruger o il Serengeti con le savane, gli alberi, gli animali sono la autentica totalità del nostro essere.

L'ermeneutica quindi è ricerca dell'altro dentro di noi che di conseguenza permette l'incontro con gli altri fuori di noi (quindi fonda il senso di appartenenza di una società) e la conclusione è che il nostro io, il nostro altro, gli altri, la natura, il sole e le stelle sono tutti uniti per analogia, non per deduzioni logiche e quindi possono incontrarsi e conoscersi in una maniera che non è "appropriazione" ma che è autentica, in-mediata (non mediata dal linguaggio) ossia affettiva (che non esclude il dolore e la violenza ma permette di dargli un senso).

E su questo c'è un film che per di più mette in scena un antico racconto giapponese che fu pubblicato in libro per la prima volta nel XVIII secolo, trecento anni fa circa.
Il film è Kwaidan e a proposito di linguaggio e interpretazione c'è il terzo episodio (in totale quattro tutti bellissimi) che dice delle cose sorprendenti.

Conosci lo stone-balancing?
E' una disciplina a cavallo fra l'arte di performance e la meditazione.
Guarda questo filmato e ascolta cosa dice dal minuto 1:30 fino a 2:03

https://www.youtube.com/watch?v=vswc7xB0V6c

Lì è una intuizione metafisica individuale, è misticismo, l'ermeneutica invece è un percorso collettivo che in un modo o nell'altro, se continua a essere "attivo", finirà per diventare politico (è sempre collettivo anche se eseguito da soli).


RispondiCitazione
fuffolo
Honorable Member
Registrato: 2 anni fa
Post: 686
 

L'ermeneutica quindi è ricerca dell'altro dentro di noi che di conseguenza permette l'incontro con gli altri fuori di noi (quindi fonda il senso di appartenenza di una società) e la conclusione è che il nostro io, il nostro altro, gli altri, la natura, il sole e le stelle sono tutti uniti per analogia, non per deduzioni logiche e quindi possono incontrarsi e conoscersi in una maniera che non è "appropriazione" ma che è autentica, in-mediata (non mediata dal linguaggio) ossia affettiva (che non esclude il dolore e la violenza ma permette di dargli un senso).

Lì è una intuizione metafisica individuale, è misticismo, l'ermeneutica invece è un percorso collettivo che in un modo o nell'altro, se continua a essere "attivo", finirà per diventare politico (è sempre collettivo anche se eseguito da soli).

L'incontro con l'altro può avvenire tramite le "opere"?
Fare insieme una cosa, realizzarla con l'altro, decidendo armonicamente, presuppone l'intuizione di quello che vuole o piace all'altro, non una conoscenza dettagliata di quel soggetto, ma la capacità di interpretarne i messaggi (non solo oralmente trasmessi) in modo di adattare e modulare la propria risposta (materiale o meno che sia).
Come la costruzione di una dimora domestica


RispondiCitazione
MarioG
Famed Member
Registrato: 2 anni fa
Post: 3055
 

<

Conosci lo stone-balancing?
E' una disciplina a cavallo fra l'arte di performance e la meditazione.
Guarda questo filmato e ascolta cosa dice dal minuto 1:30 fino a 2:03

Purtroppo l'audio vocale è completamente sovrastato da quello musicale e non si capisce niente.
Secondo me alcune pietre le incollano: mi pare che certe configurazioni siano sbilanciate anche semplicemente a vista (vedi 1:39)


RispondiCitazione
fuffolo
Honorable Member
Registrato: 2 anni fa
Post: 686
 

<

Purtroppo l'audio vocale è completamente sovrastato da quello musicale e non si capisce niente.

Mi pare che parli della contemplazione delle stelle e della consapevolezza che il sangue circola nel nostro corpo con lo stesso "fluire".
Le pile di sassi non sono incollate, almeno quelle che ho avuto la possibilità di vedere dal vero e da vicino.
Penso che l'equilibrio che le regge faccia parte come il sangue ed i sassi del fluire che però deve essere armonico (o in equilibrio). In caso contrario le pietre cascano (e comunque per metterle in quel modo le si deve percepire allo stesso modo delle stelle o del nostro sangue che circola).


RispondiCitazione
MarioG
Famed Member
Registrato: 2 anni fa
Post: 3055
 

<

Purtroppo l'audio vocale è completamente sovrastato da quello musicale e non si capisce niente.

Mi pare che parli della contemplazione delle stelle e della consapevolezza che il sangue circola nel nostro corpo con lo stesso "fluire".
Le pile di sassi non sono incollate, almeno quelle che ho avuto la possibilità di vedere dal vero e da vicino.

Beh, è possibile. Effettivamente da un'immagine bidimensionale per di più non necessariamente con inquadratura rigorosamente verticale ci si può ingannare.
Il fatto è che nell'immagine indicata mi sembrava di vedere un baricentro manifestamente fuori dalla verticale del punto di appoggio.


RispondiCitazione
fuffolo
Honorable Member
Registrato: 2 anni fa
Post: 686
 

Beh, è possibile. Effettivamente da un'immagine bidimensionale per di più non necessariamente con inquadratura rigorosamente verticale ci si può ingannare.
Il fatto è che nell'immagine indicata mi sembrava di vedere un baricentro manifestamente fuori dalla verticale del punto di appoggio.

Anche a me stupiscono perchè si reggono con una logica per me non comprensibile immediatamente (non avendo l'esperienza della principio di quel "gioco").
MarioG non sei più un estraneo dietro un qualsiasi soprannome.
Non siamo amici nè ti conosco ma parlare condividendo, senza una verità da imporre, ha creato una sorta di affectio.
Forse perchè ti riconosco e mi sento da te riconosciuto come interlocutore (quindi uguale), non come altro da convincere e così da dominare


RispondiCitazione
Tibidabo
Noble Member
Registrato: 2 anni fa
Post: 1331
Topic starter  

Purtroppo l'audio vocale è completamente sovrastato da quello musicale e non si capisce niente

Mi pare che parli della contemplazione delle stelle e della consapevolezza che il sangue circola nel nostro corpo con lo stesso "fluire".

Leggo di scuse fantozziane per cui traduco.

Sono le parole del filosofo Alan Watts:

"Se meditate su voi stessi e scoprite che voi siete tutto il vostro essere (non solo l'io cosciente ma anche la parte che chiamiamo involontaria) succede una cosa molto strana.
Scoprite che il vostro corpo (ossia quella parte che consideriamo incosciente ma che nei momenti di meditazione ci si rivela improvvisamente parte attiva di noi stessi) il vostro corpo sa di essere tutt'uno con l'universo.
In altre parole la cosiddetta "involontaria" circolazione del sangue è parte di un unico processo che coinvolge anche lo splendore delle stelle.
Se scoprite (intuite) che siete voi a far circolare il vostro sangue (non dice che è l'io cosciente a farlo ma l'io allargato che va oltre l'io cosciente - e sappiamo che uno stato d'animo positivo o negativo influiscono molto sulle nostre funzioni "involontarie" quindi in qualche modo il nostro io profondo e totale ha un potere su ciò che normalmente consideriamo "involontario") in quello stesso momento scoprite che siete voi a far splendere il sole (nemmeno qui dice che sia l'io cosciente a far splendere il sole e nemmeno è il nostro io "totale" di individui, ma partendo dalla intuizione iniziale l'io si allarga oltre la nostra individualità di conseguenza - cosa a cui ho accennato spesso - il soggetto si scopre tutt'uno con l'oggetto quindi il nostro io "totale" si scopre unito a tutto il resto dell'universo in un unico sconfinato io più ampio del nostro io cosciente e più ampio del nostro personale io totale. La Storia è il percorso in cui l' "io" ritrova sé stesso nella sua completezza originaria)

Questa è l'intuizione mistica individuale che si ottiene con la meditazione, con le pratiche orientali, alcuni dicono con i funghi sudamericani e via dicendo.
Quello che sto sostenendo è che si tratta di "vie" parziali.
La "via" completa è l'ermeneutica che è lo yoga o la meditazione del gruppo, in cui la presa di coscienza non è del singolo signore che si mette a meditare sulla natura ma è quella del gruppo come entità a sé stante e quindi della coappartenenza "inscindibile" dei singoli in quel gruppo.

Ripeto: c'è la storia degli ebrei a dimostrarlo e c'è anche la storia romana in cui il fondamento di una intera civiltà nasceva dall'interpretazione dei codici del diritto (infatti il Pontefice Massimo, carica sacra, era l'ermeneuta che interpretava il diritto con il potere di adattare la lettera alle situazioni contingenti).

Un gruppo si fonda prima che sui bisogni materiali (come purtroppo si crede) su una ermeneutica comune portata avanti attivamente da tutto il gruppo.
In Europa l'arte, in particolare letteratura e belle arti, più che la filosofia come dice Fusaro, è per molti motivi il terreno di elezione per la rinascita di una appartenenza di popolo.
La controprova è che questo senso comunitario dal basso non esiste più e non si riesce a recuperarlo nonostante i più diversi tentativi (vedi il disastro della Le Pen alle elezioni di oggi...ma su certe cose è come parlare ai muri...).


RispondiCitazione
fuffolo
Honorable Member
Registrato: 2 anni fa
Post: 686
 

Questa è l'intuizione mistica individuale
La "via" completa è l'ermeneutica
del gruppo
in cui la presa di coscienza non è del singolo signore che si mette a meditare sulla natura ma è quella del gruppo come entità a sé stante e quindi della coappartenenza "inscindibile" dei singoli in quel gruppo.

Ripeto: c'è la storia degli ebrei a dimostrarlo e c'è anche la storia romana in cui il fondamento di una intera civiltà nasceva dall'interpretazione dei codici del diritto (infatti il Pontefice Massimo, carica sacra, era l'ermeneuta che interpretava il diritto con il potere di adattare la lettera alle situazioni contingenti).

Un gruppo si fonda prima che sui bisogni materiali (come purtroppo si crede) su una ermeneutica comune portata avanti attivamente da tutto il gruppo.

La controprova è che questo senso comunitario dal basso non esiste più e non si riesce a recuperarlo nonostante i più diversi tentativi (vedi il disastro della Le Pen alle elezioni di oggi...ma su certe cose è come parlare ai muri...).

MI è capitato questo tipo di esperienza singola che effettivamente da sola non basta, ne ho prova giornalmente nel mio rapporto di coppia, dove le mie riflessioni o decisioni vengono completate e sviluppate dal punto di vista di mia moglie.
Siamo molto in sintonia avendo deciso di vivere lontano dalla città, cerchiamo di produrre quello che consumiamo o comunque di condividerne la produzione (in qualche modo consapevole), decidiamo insieme e ci prendiamo responsabilità congiunte anche se ognuno nel proprio ruolo.
Spontaneo e discusso, confrontato sia emotivamente che razionalmente.

Negli ebrei mi pare sia importante anche il legame di sangue, la componente emotiva del forte rapporto di immedesimazione fondata sulla interpretazione. Di sentimenti ed emozioni, non di fatti storicamente ed empiricamente verificabili.
Appunto quelli su cui si fondavano i mores maiorum, le prime regole dei romani precedenti anche la codificazione, la cui corretta interpretazione (dei mores) era verificabile quindi dalla collettività. Se condivisibile anche dal lato emotivo, funzione assicurata dalla religiosità della carica di pontefice (che fa i ponti).

E' probabile quindi che il modo corretto sia l'ermeneutica condivisa, l'interpretazione in forma comune e collettiva.
Ma ognuno partecipa con il proprio ruolo, appunto per essere naturalmente e realmente in armonia, non potendosi imporre alcuna verità o regola di essere.
Il recupero del senso comunitario potrebbe passare dal riconoscimento di ruoli diversi e di funzioni ugualmente importanti per il gruppo. Uguaglianza sostanziale rispetto al "destino" del gruppo (o programma o progetto o come lo si vuole chiamare)


RispondiCitazione
fuffolo
Honorable Member
Registrato: 2 anni fa
Post: 686
 

Ripeto: c'è la storia degli ebrei a dimostrarlo e c'è anche la storia romana in cui il fondamento di una intera civiltà nasceva dall'interpretazione dei codici del diritto (infatti il Pontefice Massimo, carica sacra, era l'ermeneuta che interpretava il diritto con il potere di adattare la lettera alle situazioni contingenti).

Un gruppo si fonda prima che sui bisogni materiali (come purtroppo si crede) su una ermeneutica comune portata avanti attivamente da tutto il gruppo.

Due modelli dello stesso "comunitarismo collettivistico" che manifestano caratteristiche antinomiche.
La storia degli ebrei è fortemente caratterizzata dal tipo di comunità a cui riferiscono, il modo di costituzione e gli schemi di mantenimento del potere.
Anche quello romano è caratterizzato dagli stessi elementi che però hanno dato vita (e ancora danno) ad un "organismo" completamente diverso negli scopi e nei modi.
L'esempio della guerra di Troia si riferiva anche a tali dinamiche dei diversi gruppi.
Sono solo degli esempi ma, dovendo trovare l'elemento che aggrega (umano o ideale), mi pare utile analizzare le possibili influenze sui risultati e sulle dinamiche del gruppo (e non solo) per vagliare bene come scegliere.


RispondiCitazione
Tibidabo
Noble Member
Registrato: 2 anni fa
Post: 1331
Topic starter  

Due modelli dello stesso "comunitarismo collettivistico" che manifestano caratteristiche antinomiche.

Non ho capito perché dovrebbe dare esiti uguali.


RispondiCitazione
Pagina 3 / 3
Condividi: