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E «Big pharma» si sfrega le mani (rifoma sanità Usa)


Tao
 Tao
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Il piano votato dalla Camera, che ha messo il timbro al disegno avallato dal Senato la scorsa vigilia di Natale, porterà gli americani protetti da assicurazione medica dall'83 al 95%. In altri termini: trentadue milioni di persone, al momento senza polizza, saranno incentivati (od obbligati) ad acquistarla. Non accadrà domani, ma nel giro di diversi anni. Venti milioni, secondo le stime, continueranno a rimanere scoperti. Il costo della riforma è di 940 miliardi di dollari, spalmati sui prossimi dieci anni. Allo stesso tempo, il pacchetto prevede una serie di tagli dove si spende troppo e inutilmente. Nel prossimo decennio, quindi, il deficit degli Stati Uniti dovrebbe ridursi di 143 miliardi di dollari.

Assicurazioni. Ci guadagnano o ci perdono? Difficile dirlo, al momento. Indubbiamente le regole saranno più stringenti, ma aumenteranno pure i clienti: secondo le stime del Congresso, 16 milioni di persone si rivolgeranno ai privati per una polizza, mentre altri 16 potranno ricorrere al Medicaid, il programma di assistenza per i meno abbienti, che verrà rinforzato. Insomma, i signori dell'«insurance» avranno più affari, per questo non hanno fatto troppo rumore contro la proposta di Barack Obama. Dovranno adeguarsi a una nuova creazione voluta dai democratici (e qualche repubblicano): i cosiddetti mercati delle polizze (in inglese, «exchanges» o «marketplaces»), cioè luoghi dove i pazienti potranno scegliere la soluzione a loro più conveniente. Queste «piazze» avranno regole precise. La prima, immediata e sostanziale, è che non potranno più rifiutare di assicurare persone che hanno già problemi di salute (finora, invece, i pazienti con «condizioni precedenti» potevano vedersi rifiutare la copertura nel momento in cui si ammalano).

Ospedali. Grazie alla riforma, i nosocomi d'America dovrebbero andar meglio. Prima della legge, molte persone senza polizza si rifiutavano di pagare i conti astronomici che le amministrazioni degli ospedali chiedevano per qualche punto o per un'operazione d'emergenza. Adesso, invece, gli assicurati aumenteranno: dovrebbero quindi diminuire i casi di insolvenza. La faccenda, però, è complessa. Il programma pubblico Medicaid, infatti,spesso rimborsa agli ospedali cifre più basse rispetto a quelle effettivamente sostenute.

Industria. I produttori di medicinali sono probabilmente i veri vincitori della battaglia per la sanità. È vero che l'industria farmaceutica dovrà versare 85 miliardi di dollari nel prossimo decennio, sotto forma di diverse tasse e oboli. D'altra parte, però, moltissime persone potranno comprare farmaci che al momento non si possono permettere. Il complicato sistema attuale presenta un «buco della ciambella»: così gli americani chiamano una fascia di spese in prescrizioni mediche, dai 2.830 ai 6.440 dollari, che per una serie di garbugli burocratici non viene coperta dallo Stato. La riforma disegnata dai democratici riempirà questo buco, spingendo all'acquisto di medicinali «di marca» molti anziani che al momento preferiscono risparmiare e comprare i generici.

A differenza di quanto accadde all'ex presidente Bill Clinton, frenato con forza da un'industria farmaceutica particolarmente bellicosa, stavolta Big Pharma ha dato luce verde, investendo parecchi quattrini (100 milioni di dollari) per appoggiare la riforma.
Va peggio, invece, per i produttori di medicinali generici. Per Kathleen Jaeger, responsabile dell'associazione Generic Pharmaceutical, «una vera riforma avrebbe potuto espandere l'accesso a medicine meno costose per i pazienti che ne hanno bisogno».

Matteo Bosco Bortolaso
Fonte: www.ilmanifesto.it
23.03.2010


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