Notifiche
Cancella tutti

Gol o sommosse? Brasile 2014, non è qui la festa


Tao
 Tao
Illustrious Member
Registrato: 2 anni fa
Post: 33516
Topic starter  


Reportage. Strade disadorne e gente indaffarata, a Rio è una giornata di pioggia. E il clima intorno alla seleção non è dei migliori. Se non fosse per chi ancora protesta in strada, che il Mondiale della Fifa e degli sprechi sta per iniziare neanche ti accorgeresti

«Guarda lì, guarda. Niente» dice il moto­tas­si­sta indi­cando un viale albe­rato di Lapa, cen­tro di Rio de Janeiro. Non c’è niente. Non ci sono i festoni ver­deoro, le ban­diere alle fine­stre, i graf­fiti beneau­gu­ranti con i fac­cioni dei [/V_INIZIO]cra­ques della Nazio­nale bra­si­liana. Meno di due set­ti­mane al mon­diale e nella cidade mara­vi­lhosa è un giorno pio­voso, reso più cao­tico del solito dallo scio­pero ille­gale degli auti­sti di auto­bus. Quat­tro anni fa, di que­sti tempi, era il Suda­frica ad aspet­tare l’allegro circo del cal­cio mon­diale, ma per le strade di Lapa «la bagunça, il macello lo potevi già sen­tire». Ma soprat­tutto, vedere: «Era tutto decorato».

Una selva di diti medi

Più o meno nello stesso momento in cui ini­ziamo a iner­pi­carci per le stra­dine sco­scese del quar­tiere bohé­mienne di Santa Teresa, l’arrivo della seleção a Tere­só­po­lis è immor­ta­lato in una foto che fa il giro del mondo: una selva di diti medi cir­conda il pull­man di Ney­mar e com­pa­gni. O Globo, il quo­ti­diano più influente, ne pub­bli­cherà il giorno seguente una ver­sione edul­co­rata, dove invece delle dita si vedono i pugni. Le mani, in ogni caso, appar­ten­gono ai pro­fes­sori in scio­pero per un aumento sala­riale. La pre­si­dente Rous­seff vede in tele­vi­sione le imma­gini del pull­man accer­chiato e decide che a pro­teg­gere le 32 dele­ga­zioni ci sarà anche l’esercito. A Bra­si­lia un gruppo di nativi bra­si­liani armati di arco e frecce si incro­cia con gli atti­vi­sti del Mtst (Movi­mento tra­ba­lha­do­res sem-teto, lavo­ra­tori sen­za­tetto) e insieme mar­ciano in dire­zione del nuovo sta­dio — il più scan­da­loso dei 12 del mon­diale — inti­to­lato a Mané Gar­rin­cha, la grande ala cono­sciuta come Ale­gria do Povo (alle­gria del popolo). La poli­zia mili­tare spara gas lacrimogeni.

Le noti­zie volano dall’altra parte del mondo e nella mente dei tifosi euro­pei ritor­nano le imma­gini scioc­canti dello scorso giu­gno: Con­fe­de­ra­tions Cup, 300.000 per­sone in strada a Rio, 100.000 a Sao Paulo, Belo Hori­zonte e Manaus, diverse altre migliaia in tutto il paese. Con­tro l’aumento del biglietto dell’autobus, all’inizio, poi sem­pre di più con­tro la Fifa e il governo. «Il gigante si è risve­gliato» si diceva allora. «Una modi­nha, una moda virale» dice un anno dopo Edgar Siqueira del Cole­tivo Zona Oeste, in lotta con­tro la costru­zione di un campo da golf olim­pico in un’area protetta.

Ad aprile la galas­sia dei movi­menti sociali di Rio si è riu­nita nell’aula magna dell’Università Fede­rale per deci­dere come muo­versi nel mese del mon­diale. Sono pre­senti vari comi­tati popo­lari nati spon­ta­nea­mente come rea­zione ai grandi eventi, ma ci sono anche i sin­da­cati di base, qual­che pic­colo par­tito della sini­stra, gruppi fem­mi­ni­sti, anar­chici, ultras e pro­sti­tute (che hanno mani­fe­stato il 2 giu­gno a Copa­ca­bana: «Vi aspet­tiamo — dice­vano — ma per favore non gri­date “vaf­fan­culo” o “figlio di put­tana”»). Gli sforzi si con­cen­tre­ranno nei giorni di aper­tura (12 giu­gno) e chiu­sura (13 luglio). Il clima è serio, la coppa è un’occasione d’oro per far valere riven­di­ca­zioni anti­che: demi­li­ta­riz­za­zione della poli­zia, ser­vizi pub­blici nelle fave­las, lotta allo sfrut­ta­mento ses­suale. Quando gli parli, però, ti rendi conto che alla pro­spet­tiva di una nuova grande som­mossa, con la gente che, come in giu­gno, scenda in strada a frotte «per fare la sto­ria», non ci cre­dono. Chi c’era prima che la pro­te­sta diven­tasse virale, è rima­sto. Gli altri, i “senza par­tito”, tra cui — secondo Fran­ci­lene del movi­mento Favela Não se Cala — molti fasci­sti, non ci saranno.

Più che rab­bia, indifferenza

Come ogni set­ti­mana, anche oggi le poche cen­ti­naia di mani­fe­stanti anti-coppa, per­lo­più ragazzi bor­ghesi, ron­zano per le vie del cen­tro di Rio inse­guiti da nugoli di foto­grafi ecci­tati e poli­ziotti in assetto di guerra. Al loro pas­sag­gio nel traf­fico bloc­cato dell’Avenida Pre­si­dente Var­gas, qual­cuno suona il clac­son in segno di soli­da­rietà, altri sono incaz­zati neri. Ma se non fosse per quelle poche cen­ti­naia, per i loro car­telli «Fifa go Home» e «Não Vai ter Copa», dell’imminente arrivo del mon­diale nel paese del fute­bol nem­meno te ne accorgeresti.

Strade disa­dorne, gente indaf­fa­rata. Forse ha ragione Yuri Eiras del Frente Nacio­nal dos Tor­ce­do­res (i tifosi che lot­tano con­tro «l’elitizzazione del cal­cio»), alla fine la coppa è «una festa pri­vata della Fifa alla quale il popolo non è stato invi­tato». E il popolo risponde con indif­fe­renza, più che con rab­bia. Il gigante sem­bra essersi riaddormentato.

Nel chie­dersi se si risve­glierà nei giorni del mon­diale, sem­pre più per­sone indi­cano nei risul­tati della seleção la pos­si­bile chiave di volta. Se il Bra­sile comin­cerà a vin­cere, la gente si scor­derà di tutto e gli atti­vi­sti rimar­ranno soli. Altri­menti… Il nuovo luogo comune, lo fre­quen­tano anche i gior­na­li­sti carioca, è che per spe­rare nel cam­bia­mento si deve tifare con­tro la seleção. Yuri, che si pre­senta al nostro appun­ta­mento con la maglia Nike della nazio­nale, non è d’accordo: «Ci hanno già tolto il nostro Mara­canã, non mi farò rubare anche la pas­sione». Fran­ci­lene, che lavora con 14 fave­las — paci­fi­cate e non — sa che gli abi­tanti delle comu­ni­da­des tife­ranno per il Bra­sile come sem­pre. Suzana Gutier­rez del Sepe, il sin­da­cato dei pro­fes­sori, tiferà Bra­sile e non ce l’ha con i 23 di Felipe Sco­lari. Accer­chiare il pull­man della nazio­nale era il modo migliore per otte­nere l’incontro col gover­na­tore che il Sepe cer­cava da settimane.

Le lotte dei lavo­ra­tori sono la noti­zia del giorno, a Rio. I pro­fes­sori si incon­trano con gli anti-coppa di fronte al muni­ci­pio. Una pro­fes­so­ressa al mega­fono: «Acco­gliamo l’appoggio di que­sti ragazzi e anche dei black bloc». Que­sti ultimi si rico­no­scono nella folla per­ché hanno il volto coperto e quando ven­gono nomi­nati ulu­lano. Per il governo sono i pro­fes­sio­ni­sti del que­bra que­bra (spac­ca­tutto), la stampa nazio­nale li ha messi all’indice sin dallo scorso giu­gno e con mag­giore suc­cesso dopo la morte, in feb­braio, di un came­ra­man della rete Ban­dei­ran­tes, col­pito in testa da un razzo arti­gia­nale lan­ciato da due ragazzi, Caio Silva e Fabio Raposo (in realtà due cani sciolti, che si erano appena cono­sciuti). La poli­zia li cono­sce uno a uno, sono stati quasi tutti già fer­mati almeno una volta. Per i pro­fes­sori ser­vono a garan­tire pro­te­zione con­tro la poli­zia «più vio­lenta del mondo». Oggi hanno deciso di non ingag­giare lo scon­tro.
Di fronte al muni­ci­pio ci sono anche i rodoviários, auto­tra­spor­ta­tori e auti­sti di auto­bus. O meglio la parte di loro che non si rico­no­sce nel sin­da­cato, il Sin­tra­lurb, che una set­ti­mana fa ha nego­ziato un aumento sala­riale del 10%. Le lotte dei lavo­ra­tori bra­si­liani si nutrono della rab­bia per i costi assurdi e scan­da­losi delle opere del mon­diale, fiumi di denaro pub­blico spesi per stadi che non sono ancora finiti e per costruire i quali sono già morti otto operai
.

La timi­dezza del sindacato

Le agi­ta­zioni sin­da­cali sono comun­que fre­quenti in pros­si­mità dei grandi eventi. I non molti rodoviários pre­senti hanno fiu­tato l’opportunità, ispi­rati dalle lotte degli steward suda­fri­cani nel 2010 e degli auti­sti di auto­bus lon­di­nesi poco prima delle olim­piadi del 2012. E dallo spet­ta­co­lare scio­pero dei garis, gli spaz­zini, dopo l’ultima notte di car­ne­vale, quando Rio si era risve­gliata sepolta da una mon­ta­gna di rifiuti. Alla fine ave­vano otte­nuto un aumento del 37% sul pro­prio sala­rio, pas­sando a gua­da­gnare 1.100 reais men­sili (circa 360 euro), appena sotto lo sti­pen­dio medio bra­si­liano. Anche in quel caso la lotta era stata gui­data da gruppi dis­si­denti. La timi­dezza delle grandi cen­trali sin­da­cali, amman­site dall’accesso al potere garan­tito dall’avvento del Luli­smo, cozza col momento pro­pi­zio offerto ai lavo­ra­tori dall’assegnazione dei grandi eventi. Ma la strada non è agevole.

Sui gior­nali main­stream fa noti­zia la rac­colta firme lan­ciata da un socio­logo con­ser­va­tore, Simon Sch­war­tz­man, in cui si dice che biso­gna garan­tire il diritto di ir e vir, andare e venire, che le lotte dei lavo­ra­tori «non pos­sono coin­vol­gere l’intera società». I vari tri­bu­nali regio­nali puni­scono dura­mente gli scio­peri ille­gali. A Bra­si­lia l’Avvocatura gene­rale dello Stato ottiene la con­fi­sca di 1,1 milioni di reais dai conti delle asso­cia­zioni accu­sate di aver isti­gato lo scio­pero della Poli­cia Mili­tare dello Stato di Per­nam­buco. Gli scio­peri della poli­zia, vie­tati dalla costi­tu­zione, sono un peri­colo mici­diale per la buona riu­scita della coppa. Dilma aveva messo in pre­al­larme l’esercito già prima della con­te­sta­zione alla nazio­nale. Oggi si è final­mente decisa.

Dell’incassare l’appoggio del Par­tito Pro­gres­si­sta (Pp) alla sua rie­le­zione, la pre­si­dente afferma inol­tre — con ritro­vato orgo­glio — che non esi­ste nes­sun ’Padrone Fifa. Che la coppa è del Bra­sile, che tutto è stato fatto nell’interesse della nazione.
Il moto­taxi ferma la sua corsa a Largo do Gui­ma­rães, di fronte al vec­chio murale che cele­bra le 5 vit­to­rie della seleção ai mon­diali. Manca la sesta, la più impor­tante, che can­cel­le­rebbe per sem­pre la tra­ge­dia della scon­fitta in casa del 1950. Un intero popolo di appas­sio­nati potrebbe spin­gere la nazio­nale all’impresa. O il paese al cam­bia­mento. O forse tutte le due cose. Il gigante ancora dorme, di un sonno leg­gero ma dorme.

 David Gallerano
Fonte: www.ilmanifesto.it
6.06.2014


Citazione
Condividi: