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Siamo alla farsa


Hassan
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Siamo alla farsa
di Fabrizio Marchi

http://www.uominibeta.org/2011/02/09/siamo-alla-farsa/

Siamo alla farsa, senza timore di esagerare. Non c’è altro modo per definire la manifestazione del 13 febbraio indetta per “difendere la dignità delle donne”.

Le ideologie (ho scritto ideologie, non filosofie), da sempre (tutte, nessuna esclusa, compresa naturalmente quella attualmente dominante del “capitalismo post-industriale globale e assoluto”), sono abilissime nel reinterpretare la realtà fino a deformarla completamente.

Quanto sta accadendo oggi con la vicenda che vede protagonista il capo del governo e il suo stuolo di escort/starlette/cubiste/puttane/aspiranti showgirl-attrici-modelle/aspiranti mantenute e in generale aspiranti a tutto, anche a uno scranno da parlamentare o da consigliera regionale, perché no, c’è addirittura chi fa la ministra e promulga leggi contro la prostituzione…(ci sarebbe da ridere se la cosa non fosse seria…), ha tuttavia qualcosa di unico ed è la testimonianza che il femminismo ha una marcia in più, da questo punto di vista.

Le cronache di questi giorni hanno solo evidenziato la punta dell’iceberg di ciò che volgarmente viene definito un “puttanaio”, cioè un fenomeno di mercificazione sessuale di massa che dimostra, più di qualsiasi altro, la fondatezza della nostra analisi. Il paradigma è quello che conosciamo perfettamente: un maschio alpha che compra in contanti (potrebbe comprare in qualsiasi altro modo, come tanti altri “maschi dominanti”, ma evidentemente a lui piace così, la sostanza non cambia di una virgola…) , da una parte, e una schiera di donne che si vendono(non per necessità ma per libera scelta), dall’altra. Il tutto nella piena autonomia e consapevolezza da parte di tutte/i.

E qui scatta il busillis, direbbe un nostro carissimo e autorevolissimo amico. Non potendo ammettere la seconda parte del paradigma di cui sopra (la mercificazione sessuale diretta e indiretta come scelta autonoma e consapevole da parte di molte donne), evidente agli occhi di qualsiasi essere senziente, il femminismo (per lo meno la sua componente più “politica” e maggioritaria, quella che promuove la manifestazione del 13, poi ci soffermeremo sugli altri risvolti) e il “politically correct” sono costretti a negarla per affermare solo la prima: il maschio che compra. Che si tratti, come in questo caso, di un uomo come Berlusconi, da un punto di vista concettuale, non ha nessuna importanza; potrebbe valere per chiunque. Così facendo, il dogma è salvo (per chi non vuole vedere…): le donne sono sempre e comunque innocenti e senza alcuna responsabilità per ciò che accade.

Ma perché il femminismo e il “politically correct” sono costretti a negare ciò che è evidente? Perché se non lo facessero sarebbero costretti ad ammettere che anche le donne sono corresponsabili a pieno titolo del processo di mercificazione e auto mercificazione che le vede coinvolte e protagoniste. Ma ammettere questo significherebbe minare alle fondamenta l’ideologia femminista stessa che ha invece necessità di sollevare sempre e comunque le donne da ogni responsabilità, anche e soprattutto in frangenti di questo genere. “Se le donne si prostituiscono, in mille modi diversi, (chiarisco, per gli avvoltoi costantemente in agguato, che non stiamo parlando di quelle donne vittime del racket) – lo fanno perché costrette, sempre, comunque e dovunque”. Questo è il mantra ufficiale di una parte del femminismo. “Se non ci fosse il maschio che compra, non esisterebbe la femmina che si prostituisce (praticamente o concettualmente), e mai il contrario”. Qualcun altro, a parti invertite, potrebbe obiettare, in modo speculare, che se le donne non vendessero, gli uomini non comprerebbero. E il cane continuerebbe a mordersi la coda…Sappiamo bene che la realtà è estremamente più articolata e complessa di queste due vulgate…

Ma, come ripeto, il femminismo deve negare, per definizione, questo secondo aspetto ( così come il machismo più becero tende a negare il primo; e guarda caso, Berlusconi sostiene di non aver mai pagato una donna in tutta la sua vita…). Ammetterlo equivarrebbe a togliere un mattone fondamentale all’intera impalcatura ideologica che crollerebbe inevitabilmente in pezzi.

Naturalmente sarebbe a questo punto fondamentale approfondire l’analisi relativa al fenomeno della prostituzione, con tutte le sue implicazioni, sociali, psicologiche e culturali, sia per quanto riguarda le donne che gli uomini. Ma il tutto ci porterebbe lontano. Rimandiamo, nel merito, alla lettura dell’articolo pubblicato nello spazio degli editoriali dal titolo “Prostituzione: ideologie diverse ma stessa ipocrisia”.

E’ con questo modo di procedere che si arriva a quella che ho definito la farsa del 13 febbraio.

Ma non è finita. Perché c’è un’altra corrente femminista la quale, continuando a gridare ad alta voce , anche se non più sulle piazze ma nei salotti mediatici (hanno fatto carriera) che “L’utero è mio e lo gestisco io”, arriva di fatto a giustificare e a sostenere apertamente le “Olgettine” e la loro nutritissima schiera di consorelle. E siccome “l’utero è mio e lo gestisco io”, diventa automaticamente e conseguentemente del tutto normale che “lo venda a chi mi pare o a chi meglio credo”, senza per questo essere giudicata da chicchessia.
Personalmente, anche se ci è stato chiesto da sempre di non immischiarci in affari che non ci riguardano (“gli uomini si occupassero delle loro faccende che a quelle delle donne ci pensano le donne stesse”…), mi sento di avanzare l’ipotesi (voglio essere ottimista…) che l’intento del femminismo storico di matrice sessantottina non fosse propriamente quello di trasformare il vecchio ma altamente simbolico slogan “L’utero è mio e lo gestisco io” nel più prosaico “L’utero è mio e lo vendo a chi mi pare”. Sembrerebbe proprio che si sia invece andati in questa direzione. E certamente non solo per quanto accade ad Arcore…

Non sarebbe male (per le donne tutte, ma specialmente per quelle di “sinistra”) prendersi una pausa, mettersi intorno ad un tavolo ed iniziare una riflessione, possibilmente anche autocritica, della serie:”Ragazze, chi eravamo, cosa volevamo, chi siamo oggi e dove stiamo andando? Le cose sono andate nella direzione che auspicavamo oppure qualcosa non è andata per il giusto verso? Non abbiamo nessuna responsabilità per ciò che sta accadendo?” Parrebbe proprio di no, a giudicare dai contenuti e dalle parole d’ordine della manifestazione del 13…

Ma, come ripeto, non possiamo metter becco in ciò che non ci compete e non resta che attenerci ai fatti. I quali però,evidenti, nella loro oggettività, non possono essere sottaciuti. E allora, mi viene da pensare:”Se una donna è nel pieno diritto di gestire il proprio corpo come meglio crede (quindi anche di venderlo), in piena libertà, senza essere giudicata né tanto meno colpevolizzata, perché dovrebbe invece esserlo un uomo che decide di usufruire di quelle “prestazioni” che la donna gli offre dietro compenso, in virtù di quel diritto e di quella libertà che lei stessa rivendica?

Perché la donna che vende il proprio corpo deve poterlo fare senza essere colpevolizzata mentre l’uomo deve essere criminalizzato? Questo modo di ragionare è del tutto illogico. Se si ammette la libertà delle donne di poter vendere il proprio corpo (e si arriva addirittura a giustificarlo ideologicamente)non si capisce sulla base di quale logica quegli uomini che scelgono di comprarlo dovrebbero essere criminalizzati.

Delle due l’una. Non c’è scampo. In ambito filosofico questo modo di procedere verrebbe definito come “principio di identità e non contraddizione”. Mi
pare che in questo caso (e in molti altri…) sia stato ampiamente sforato…

La cosa singolare (per coloro che non hanno familiarità con questi temi e con le alchimie sofistiche del femminismo…) è che queste due posizioni (la dignità calpestata delle donne da una parte, e la rivendicazione della libertà delle stesse donne dall’altra di gestirsi come meglio credono) sembrerebbero essere in contrasto fra loro. Se la logica ha un senso, o le “Olgettine” (in questo caso, ma è evidente che il paradigma può e deve essere esteso) sono delle vittime oppure sono delle donne libere e consapevoli che in piena coscienza, libertà e autonomia agiscono nel modo in cui agiscono.

Ma il nodo non si scioglie né tanto meno qualcuna si pone il problema di scioglierlo. D’altronde, chi glielo fa fare? Tanto più che nessuno, ma veramente nessuno (tranne noi pochi temerari), si azzarda a segnalare questa clamorosa e mastodontica contraddizione. D’altronde, una delle due “verità” può andar bene in un determinato frangente, e l’altra in un altro. A seconda delle necessità del caso.

E questa è la “grandezza” del femminismo”. Il “principio di identità e non contraddizione”, e quindi la logica, vanno a farsi benedire, con il massimo della disinvoltura possibile. “In fondo, non è forse anche la logica una creatura maschile, ad uso e consumo dei maschi?…E allora buttiamola nel cesso e tiriamo la catena…O meglio, pieghiamola ai nostri desiderata. E’ ammesso tutto e il contrario di tutto, purchè tornino i (nostri) conti”.

In chiusura, tutto ciò ci impone una riflessione che non possiamo procrastinare:quale metodo da adottare per il nostro lavoro?

E’ evidente,sulla base di quanto abbiamo appena spiegato, che la logica può servire prevalentemente a fini interni (al Movimento, intendo); uno strumento efficace per la comprensione e l’analisi della realtà. Ma è altrettanto evidente che quando ci rivolgiamo all’esterno, specialmente nel contatto con gli altri uomini, dobbiamo saper navigare in una dimensione, quella psicologica e culturale, che viaggia su canali e binari completamente altri rispetto a quelli che siamo normalmente abituati a percorrere. Dobbiamo attrezzarci in tal senso. E lì, nella “psicosfera” che si gioca la partita. Proprio lì, in quel luogo dove tutto e il contrario di tutto possono convivere senza apparenti contraddizioni. Dobbiamo imparare a portarle alla luce, certamente utilizzando la logica ma all’interno di una dimensione altra, dove la logica stessa è costantemente e sistematicamente negata e dove tutto può essere reinterpretato se non addirittura rovesciato nel suo contrario.

Proprio il modo in cui sono stati reinterpretati i fatti di questi giorni, mi pare confermi decisamente questa tesi.


Citazione
dana74
Illustrious Member
Registrato: 2 anni fa
Post: 14340
 

condivido l'articolo.
Ma è così difficile semplicemente portare rispetto al prossimo indipendentemente se sia uomo o donna?
Non si può giudicare la gravità di un comportamento oltraggioso a seconda di chi lo commette, è discriminazione.
Se lo commette l'uomo è per forza grave, alla donna si può "abbonare".Bel senso di responsabilità.
Piuttosto riflettano le signore del Pd come mai queste donne accettano che la "prostituzione" sia essa da tangenziale, da élite o altro tipo?
Se lo fanno perché si guadagna più che far la commessa, allora c'è qualcosa di profondamente marcio nel sistema, che "compensa" di più comportamenti di questo tipo che non un lavoro pulito.

Se lo fanno perché non c'è altra scelta, di nuovo, ancora il sistema che non concede altra scelta per sopravvivere che concedersi allora è profondamente sbagliato.

Ma le signore del PD contesteranno questo bel modello che, come le loro colleghe delle altre fazioni politiche, è il migliore dei mondi possibile?

Anche loro, avallando questo sistema che le "nutre" si prostituiscono, sono solo ipocrite.


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