Un caldo mortale. Nell’estate dell’anno scorso l’Italia ha contato oltre 18mila vittime, soprattutto donne, a causa degli effetti del caldo: quasi un terzo del totale in Europa. Recentemente l’Istat ha segnalato che in Italia «i cambiamenti climatici stanno assumendo rilevanza crescente anche sul piano della sopravvivenza, per un Paese in cui sono sempre più numerosi i grandi anziani». E quest’anno le ondate di calore sono state ancora più intense lungo la penisola: a luglio Giovanni Migliore, direttore della Federazione italiana aziende sanitarie e ospedaliere (Fiaso), spiegava che gli ospedali italiani stavano registrando «un aumento medio di accessi del 30%». Il cambiamento climatico impone di cambiare anche i nostri ospedali. A livello strutturale, dato che scelte energetiche e architettoniche sono al centro della resilienza degli edifici di pubblica utilità come gli ospedali, e a livello sanitario, dato che l’emergenza climatica entra dal pronto soccorso.
Prendiamo solo luglio. A metà mese il quotidiano londinese “The Times” titolava «Rome, the Infernal City» alterando la famosa locuzione “eterna” in un aggettivo che meglio inquadrava un caldo luciferino. Per dare un’idea, Roma ha registrato il record di 41,8 gradi, superando quello dello scorso anno di 40,7. Nel resto d’Italia nello stesso mese l’ospedale Cardarelli di Napoli segnava il maggior numero di ingressi al pronto soccorso dai tempi del Covid-19. In Alto Adige, causa distrazione e ghiacciai sempre più inconsistenti, si sono contati oltre venti morti tra i turisti impegnati in escursioni in montagna. In quest’ultimo caso si tratta di fatalità, ma in generale questo caldo “assassino” sarà sempre più implacabile. Secondo un report presentato al Senato americano, il rischio di mortalità globale legato al caldo potrebbe salire a 85 morti ogni 100.000 persone entro il 2100. Si tratta di una cifra paragonabile all’impatto di mortalità di tutte le malattie infettive e parassitarie di oggi (al di fuori del Covid-19). Gli effetti si faranno sentire soprattutto in paesi caldi e in particolare nelle aree “hot spot”, come quella del Mediterraneo. E dovremo preoccuparcene anche a causa dell’alta presenza di anziani: secondo i dati della Società italiana di medicina ambientale (Sima) riportati da Green Report, più del 60% dei 61mila decessi dovuti al caldo estremo registrati in Europa nel 2022 si sono verificati oltre gli 80 anni di età e l’Italia è il paese che vanta il più alto numero di ultraottantenni a livello continentale.
A livello strutturale, la risposta è a macchia di leopardo. Gli ospedali devono migliorare per accogliere le persone ma anche per consumare meno energia dato che il settore sanitario è responsabile del 4% delle emissioni di CO2 a livello globale. In Italia esistono alcuni casi di eccellenza. Ad esempio, il Meyer di Firenze è stato il primo ospedale italiano a misurarsi sull’efficienza, introducendo sistemi avanzati di ventilazione, climatizzazione e illuminazione per ridurre al minimo i consumi energetici e le sue zone esterne sono state certificate per l’ottima gestione secondo principi biologici. Pensando ad iniziative diverse, nella struttura di San Donato Milanese si servono menu ospedalieri a km zero, mentre l’Ospedale Brotzu di Cagliari ha adottato una pavimentazione ecologica e il San Camillo di Roma coperture dei parcheggi con pannelli solari. Soprattutto, in Italia numerose strutture ospedaliere partecipano al progetto europeo “RES – Renovable Energy Sources”, il cui obiettivo è ridurre le emissioni di CO2 prodotte dai 15mila ospedali presenti in Europa: l’Istituto Europeo di Oncologia, l’ospedale San Matteo di Pavia, l’istituto Humanitas di Rozzano, gli ospedali di Ravenna, Rimini, Forlì, Cesena, Genova e Torino. Sempre Humanitas ha inaugurato nel 2020 Emergency Hospital 19, struttura sanitaria autosufficiente, indipendente e ottimizzata a livello energetico, che risponde ad un principio di sostenibilità tecnica, sociale, energetica e ambientale. Nascerà poi un ospedale green a Sesto San Giovanni: la Città della Salute e della Ricerca, costruita secondo criteri di risparmio energetico, con un parco verde di 450mila metri quadrati, in cui avranno un ruolo centrale orti e frutteti con scopi essenzialmente terapeutici.
Varrebbe la pena ricordare che il Pnrr nacque in seguito ai danni inflitti dal Covid: inizialmente doveva potenziare soprattutto ospedali pubblici e personale medico, provati allo stremo dalla pandemia. E invece oggi due su tre dei reparti di degenza degli ospedali italiani non usa sistemi di condizionamento fissi ma apparecchi domestici. Specializzandi precari, infermieri che mancano e sempre meno medici che scelgono il pubblico: i fondi del Pnrr dovevano servire anche ad invertire la tendenza. E invece nel Piano Nazionale si legge qualcosa sul tema solo alla voce “Ospedali sicuri e sostenibili”, che destina giusto 3 miliardi di euro (sui 190 complessivi) per la realizzazione di interventi di manutenzione antisismica.