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Il Codice di Camaldoli (A.C. e FUCI, 1943) è un manifesto contro il neoliberismo e antagonista alle politiche UE. Ditelo a Mattarella


marcopa
Illustrious Member
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Il Codice di Camaldoli fu discusso a Camaldoli nel luglio 1943, poco prima del 25 luglio che segnò la fine della dittatura di Mussolini.
 
Era organizzato dall' Azione Cattolica e dalla Federazione Universitaria Cattolica, ma per capirne l' importanza dobbiamo fare il nome di qualche partecipante:
 
Sicuramente erano presenti i giovani Giulio Andreotti, Aldo Moro, Paolo Emilio Taviani, Vanoni, 
 
ma c'erano altri, che ora mi sfuggono, che parteciparono da protagonisti ai governi del dopoguerra.
 
Nello stralcio dell' articolo di Avvenire che propongo si parla delle partecipazioni statali, e nella parte relativa all' economia in effetti molto spazio fu dato all' intervento statale per rendere più forte e giusta l' economia del paese.
 
Io lo lessi alcuni anni fa, e mi sembrò un manifesto contro il neo liberismo, il neoliberismo che l' Unione Europea ora considera un dogma, e che molti politici cattolici, Mattarella in testa, sostengono come unica possibile politica economica.
 
Si terrà un convegno sul Codice in questi giorni, e parteciperà anche l' ultras tifoso dell' Unione Europa Presidente Sergio Mattarella.
 
ma il codice di Camaldoli è in antitesi a quello che il nostro presidente sostiene.
 
Marcopa
 
" Gli uomini politici provenienti dalle file dell’Azione Cattolica tradussero in leggi quel programma, e svilupparono un sistema di partecipazione dello stato all’economia che fu il più esteso di tutto il mondo occidentale. Fu indicato come sistema delle partecipazioni statali. Questo determinò il grande sviluppo dell’Iri (Istituto per la Ricostruzione Industriale), la nascita dell’Eni (Ente Nazionale Idrocarburi) e di numerosi altri enti pubblici di gestione. Su questo Codice, il Movimento Ecclesiale di Impegno Culturale, negli anni in cui ero assistente ecclesiastico nazionale, ha elaborato un “Progetto Camaldoli. Idee per la città futura”, pubblicato in un agile volume, per i tipi dell’editrice Studium. Il testo raccoglie le proposte del Movimento sui temi dell’antropologia, della cittadinanza, dell’economia e del lavoro, dell’ambiente...."
 
Ignazio Sanna
 
Avvenire
 
venerdì 21 luglio 2023

Il “Codice di Camaldoli” (che oggi viene commemorato alla presenza del presidente Mattarella e del cardinale Zuppi) è il documento programmatico di politica economica italiana elaborato nel 1943 al termine di una settimana di studio.

Vi parteciparono (18-23 luglio) circa cinquanta giovani dell’Azione Cattolica Italiana e della Federazione Universitaria Cattolica Italiana, per stabilire le linee dello sviluppo italiano dopo la caduta del regime fascista e la fine della guerra. Al termine della settimana di “ritiro” si concordarono alcuni principi, articolati in 99 punti, che, in seguito, presero il nome di Codice di Camaldoli. Gli uomini politici provenienti dalle file dell’Azione Cattolica tradussero in leggi quel programma, e svilupparono un sistema di partecipazione dello stato all’economia che fu il più esteso di tutto il mondo occidentale. Fu indicato come sistema delle partecipazioni statali. Questo determinò il grande sviluppo dell’Iri (Istituto per la Ricostruzione Industriale), la nascita dell’Eni (Ente Nazionale Idrocarburi) e di numerosi altri enti pubblici di gestione. Su questo Codice, il Movimento Ecclesiale di Impegno Culturale, negli anni in cui ero assistente ecclesiastico nazionale, ha elaborato un “Progetto Camaldoli. Idee per la città futura”, pubblicato in un agile volume, per i tipi dell’editrice Studium. Il testo raccoglie le proposte del Movimento sui temi dell’antropologia, della cittadinanza, dell’economia e del lavoro, dell’ambiente.

La pubblicazione del volume chiuse un percorso di approfondimento che impegnò il Movimento per oltre due anni, coinvolgendo un gran numero di esperti e di intellettuali, tutti i soci e le oltre cento realtà locali dell'associazione.

Il Progetto-Proposta concentra l’attenzione su tre ambiti problematici, nei quali la trasformazione e il cambiamento negli oltre sessant’anni di vita repubblicana sono particolarmente evidenti: il rapporto tra lavoro ed economia, la responsabilità nella salvaguardia del creato e dell’ambiente, la questione della cittadinanza. Per comprendere i cambiamenti stessi in questi tre ambiti, precisa il documento assembleare, è necessario lo studio della rivoluzione antropologica in atto, che pone in discussione la stessa nozione di “umano” e di persona, inducendo anche i “personalismi”, da sempre ispirati dalla visione cristiana della vita umana, a rivedere i propri statuti logici ed epistemologici.

La proposta di un “dinamico e rinnovato umanesimo”, contenuta nel Rapporto, parte dalla constatazione della necessità di una nuova unità dei saperi scientifici, da non intendere in modo fisso o gerarchico, bensì cogliendo ogni sapere particolare come punto di vista da cui guardare alla dinamica complessiva della persona e della realtà. In questa prospettiva, nessun sapere, neanche quello “scientifico” in senso stretto, può assolutizzare il proprio metodo e la scelta dei suoi fini: farlo equivarrebbe, contraddittoriamente a sottovalutare gli atteggiamenti relazionali, pur presenti nella concezione originaria di scienza, a vantaggio di quelli utilitaristici. Su questa base la proposta è quella di una concezione integrale della persona come relazione aperta e non come monade ripiegata: aperta (e dunque responsabile) verso gli altri, verso l’ambiente, verso Dio. Proprio questa “apertura”, che è anche consapevolezza del proprio limite (quale fondamento della stessa libertà umana), impedisce alcune degenerazioni pratiche della vita quotidiana: l’uomo “onnipotente” (tanto da saper modificare, grazie alle scoperte tecnico-scientifiche, lo stesso bios) è anche insicuro e portato a vincere l’insicurezza con l’evasione narcisistica.

All’interno di questa apertura antropologica trova spazio la valorizzazione della corporeità, a un tempo dato biologico e dato culturale, e dunque la possibilità di una riconsiderazione su nuove basi della stessa questione femminile. L’accento posto sulla relazionalità integrale comporta anche un’indicazione circa la possibilità di legami familiari caratterizzati da stabilità, in quanto liberati dall’ansia di soddisfacimenti di bisogni soltanto individuali e volti a costruire pazientemente un “noi”, un progetto comune che supera la coppia e la sua solitudine. L’intenzione del Meic, venne sottolineato in una nota, non è quella di offrire ricette di strategia politica o di programmi pastorali, bensì quella di stimolare riflessione e dialogo sulle grandi questioni della società contemporanea, affrontandole con rigore e con serietà, e soprattutto con un profondo amore per l’uomo. In effetti, l’amore per l’uomo può essere considerato il filo rosso che tiene unita la riflessione sugli altri grandi temi del “Progetto”.

Innanzitutto, lavoro ed economia, la cui valenza antropologica è messa sempre più in discussione da chi, inseguendo le statistiche e le analisi macroeconomiche, dimentica che dietro i numeri ci sta la vita delle persone, di famiglie intere con bisogni, aspirazioni e paure concreti. Per il Meic è fondamentale riportare l’uomo al centro del lavoro e il lavoro al centro dell’economia, smettendola di chiedersi se serva più Stato o più società o più mercato, ma sviluppando piuttosto una «rete coordinata dei pubblici poteri». Come chiave di lettura dell’intero “Progetto” adottammo la conclusione dell’enciclica di Benedetto XVI, senza nulla aggiungere al “Progetto” e senza nulla togliere all’enciclica. In essa, infatti, Benedetto XVI afferma che “Paolo VI ci ha ricordato nella Populorum Progressio che l’uomo non è in grado di gestire da solo il proprio progresso, perché non può fondare da sé un vero umanesimo.

Solo se pensiamo di essere chiamati in quanto singoli e in quanto comunità a far parte della famiglia di Dio come suoi figli, saremo anche capaci di produrre un nuovo pensiero e di esprimere nuove energie a servizio di un vero umanesimo integrale. La maggiore forza a servizio dello sviluppo è quindi un umanesimo cristiano che ravvivi la carità e si faccia guidare dalla verità, accogliendo l’una e l’altra come dono permanente di Dio. La disponibilità verso Dio apre alla disponibilità verso i fratelli e verso una vita intesa come compito solidale e gioioso.

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