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A immagine e somiglianza della macchina


GioCo
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Se rimanete nella mia parola,
siete realmente miei discepoli,
e conoscerete la verità,
e la verità vi renderà liberi”
(Giovanni 8:31, 32)

La verità è relativa
a chi se la attribuisce,
il falso è un assoluto
votato al tradimento
dei suoi discepoli
(GioCo)

Nel tempo abbiamo assistito a una virata strategica di 180° del transumanesimo (a proposito, avete notato che il suffisso "trans" è unito al sesso per indicare una persona che ha subito operazioni mediche per cambiare sesso e che il movimento transumanista filosofeggia un essere futuristico asessuato? Curioso eh?) per correggere il tiro dalla percezione della macchina di "Tempi Moderni" di Charlie Chaplin o "Metropolis" di Fritz Lang.

In un mio POST precedente ho cercato di chiarire come la macchina "umanizzata" moderna, non ha proprio niente di umano a parte il lifting e un maquillage propagandistico ad hoc (oltre a seguire lo stimolo a volere umanizzato qualunque straca%%o ci circonda, come l'opera pedagogica di Disney il razzista disumano insegna). Voglio dire che la struttura sottostante della macchina elettronica moderna, la più avanzata e futuristica che si può immaginare, rimane a tutt'oggi un prodotto industriale per l'industria di una società che è rigidamente industriale (altamente disumanizzata) e i limiti dell'elettronica che si produce per quel modello strutturale di società sono poi gli stessi che abbiamo per la matematica discreta e l'orologio, per ciò le performance non possono essere in alcun modo legate a processi umani come l'emozione, la creatività o l'intuito, ma devono per forza essere legate al tempo e all'evento pre-definito: la maggiore "potenza" della macchina è misurata unicamente dalla capacità di compiere un certo numero di azioni nell'unità di tempo e la sua capacità previsionale alla statistica. Che sarebbe come dire che una mosca è più "potente" dell'uomo perchè compie un numero di operazioni maggiori nel rompere il ca%%o quando vuoi riposare sotto l'ombrellone in spiaggia e che per questo la probabilità di seccarla definitivamente è molto bassa.

Il transumanesimo in realtà credo sia solo l'ultimo movimento di pensiero paradossale (forse l'unico rimasto dopo il naufragio del nazionalsocialismo panteista tuttologo, del comunismo della disperazione e adesso del liberismo illiberale) che si nasconde dietro il proprio necrologio, cioè la volontà di migliorare l'Uomo donando un futuro radioso privo di affanni e dolore a partire da un nuovo corpo cibernetico che superi i limiti di quello attuale e per un futuro evolutivo umano 2.0 ricco di esplorazione dell'infinito universo e forse persino oltre. Insomma Star Trek dal punto di vista dei Borg dopo che hanno assorbito i Klingon o giù di lì.

La questione di fondo è che chi muove le fila del transumanesimo credo proprio che dell'ideologia gliene freghi quanto un Hot-Dog sbranato tra una tirata di coca e l'altra. Ciò che importa è cumulare compulsivamente vittorie, che in superficie si traducono in potere decisionale sul destino di una collettività umana qualsiasi a prescindere dalla volontà di quella collettività o dall'obbligo di mettere al corrente i diretti interessati e senza pagarne il prezzo se è un azione criminale, ma nel concreto è poi sempre e solo la libertà di agire in modo criminale senza pagarne il prezzo. Il motivo è semplice, perché se l'azione non è criminale non c'è nessun prezzo da pagare e nessuna libertà da pretendere. La libertà quindi non è altro che la pretesa di un sopruso nei confronti di qualcuno che (più debole) subisce senza poter protestare, cioè una forma di parassitismo. Fortunatamente il contrario della libertà non è prigionia o schiavitù ma è "abbondanza" che si realizza in un solo modo, riconoscendo le leggi di ordine superiore a quello umano al fine di armonizzarsi con queste. Il che non significa che se la legge è quella di gravità, Dio non ci ha dato le ali e quindi non abbiamo il diritto di volare. Significa che se il solo modo che conosco per scaldarmi e bruciare legna, non ha senso bruciare una foresta per riscaldarmi. Che è quello che stiamo facendo in quest'era moderna di produttismo-consumismo compulsivo.

Ieri sono andato in posta. Cercavo un pacco spedito dalla SDA che non attendevo, si tratta della società privata che gestisce certe spedizioni per conto della posta. Il postino non trovandomi mi ha lasciato un biglietto della SDA e non il solito della posta, e questo altro biglietto diceva di rivolgersi alla SDA. Sul sito della SDA c'è scritto che i pacchi rimangono in giacenza 15 giorni e telefonando alla SDA mi è stato detto che il pacco era in realtà depositato in posta. Dato che è un periodo molto tribolato, non ho trovato tempo di andare prima di ieri dove ho scoperto dopo un ora di coda che il pacco era stato rispedito al mittente nella mattina e che per questioni di privacy non potevano dirmi chi era il mittente. Inoltre l'operatrice della posta mi ha stampato un foglio che non poteva lasciarmi per non so quale motivo farfugliato, con i giorni di giacenza: diceva che il pacco era arrivato il 17 marzo, ma il primo avviso l'ho ricevuto il 20 e comunque era scritto nel biglietto che dovevo aspettare tre giorni prima di ritirare il pacco dove depositato, quindi il 23? Ma se è ripartito il 3 allora i giorni per andare a ritirarlo quanti sono? Non 15 lavorativi di sicuro.
Ritelefonando alla SDA ho scoperto che il mittente era un esercizio di Ancona, che probabilmente mi ha spedito una campionatura per qualche motivo a scopo pubblicitario. Quindi non ho perso nulla.

Ma la questione rimane agganciata al fatto che l'operatrice delle poste non poteva fare nulla. Tutto, dall'arrivo alla partenza è stato gestito dalla macchina considerata perfetta per definizione da questa disgraziata epoca e se facciamo i conti in effetti dal 17 marzo sono passati esattamente 15 giorni con l'1 di aprile che era un sabato. Quindi ha senso che il pacco sia ripartito poi il 3 che è un lunedì mattina, ma per la macchina non per me o per i lavoratori della posta che non siamo delle macchine. La risposta del transumanesimo è "diventiamo macchine" così non ci sono più questi problemi che sottolineano solo i nostri limiti umani e così abbiamo ingurgitato la propaganda, finendo per accettare passivamente e a prescindere le ragioni della macchina come superiori rispetto le ragioni umane.

Dal mio punto di vista questo sottolinea solo che la struttura sociale elettronica della rete è una rete di macchine concepita unicamente per il bene dell'industria e del profitto (criminale) dove l'Uomo e l'umanità nel suo complesso non hanno spazio alcuno, l'unico spazio è per la giustificazione a prescindere della criminalità meccanica. Una specie di "Tempi Moderni 2.0" in cui Orwell fa la figura del buon samaritano, cioè quello che nel confronto con la storia ha immaginato nel suo romanzo inventato un futuro paradisiaco, quasi romantico, comunque immensamente più desiderabile. L'abisso che si spalanca sotto i nostri piedi è una specie di orrore perpetuo, l'esatto corrispettivo di un gigantesco tritacarne per corpi umani che non può fermarsi se non quando l'ultimo degli umani sarà macinato, oppure un mondo repellente tipo "L'invasione degli Ultracorpi" che poi non è altro che una forma di possessione o di parassitismo cibernetico gregario in cui alcuni umani avranno il diritto di rimanere umani e altri invece potranno "obtorto collo" diventare "cose" che di umano non hanno più nulla, cose concepite dal crimine per l'esclusivo crimine di un profitto industriale. Quindi nulla che sia vagamente "buono" o "desiderabile" umanamente.

Sia inteso, non sono "contro" nulla, nemmeno contrario alla cibernetica o al movimento transumanista. La questione che pongo è differente: può qualcosa che è concepito da quest'era e da questa struttura sociale avere chiaro quali sono i veri problemi umani originali e quindi offrire una reale via d'uscita alle questioni umane? Può la macchina essere considerata in termini umani e quindi costituire un reale passaggio evolutivo per un "Sapiens 2.0"? Perchè dovrei considerare questa una soluzione, se mi accorgo che l'analisi del problema a monte è radicalmente sbagliato? Perchè dovrei accettare come inevitabile un disastro apocalittico per una soluzione imposta con la forza, che comunque condanna l'Umanità tutta a un destino da inferno dantesco?

Ma sopra tutte queste domande, come posso considerare legittima la verità di una macchina che nasce per essere strutturalmente compatibile con una società dell'industria fine a se stessa e con le sue ragioni e non con l'Uomo e le sue ragioni? Questo mostro, questo Frankenstein lo abbiamo creato noi, ma non saremo soddisfatti finché non avrà vita. Tuttavia se il mito o il romanzo fantastico hanno ragione, non Orwell ma la Shelley ci dice come va a finire: con il fedifrago creatore che non sapendosi relazionare con la creatura da lui stesso generata che ha comunque pretese di orrore puro, la insegue per il resto dei suoi giorni con il solo scopo di distruggerla, senza troppo successo e mentre questa lascia al suo passaggio una interminabile apocalittica scia di sangue umano e tragedia. Ovunque si guardi, tutto ci parla di questa tragedia immanente.

Quello che mi perplime è come mai sembra proprio che nessuno riesca a vederla.


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vic
 vic
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GioCo,

sempre interessanti le tue riflessioni. Soprattutto le domande.
Questa mi piace assai: "La questione che pongo è differente: può qualcosa che è concepito da quest'era e da questa struttura sociale avere chiaro quali sono i veri problemi umani originali e quindi offrire una reale via d'uscita alle questioni umane?"

Siccome la risposta dovranno cercarsela quelli delle generazioni a venire,
forse conviene pensare di incidere la domanda su qualche grande pietra in bella vista. Magari su un neo-obelisco ad hoc, eretto in mezzo a qualche piazza. E non fa niente se lo scalpellino scolpisce a macchina, per stavolta.
Anche se qualche dubbio ce l'ho che gia' gli Egizi scolpissero certe incisioni con qualche aiutino meccanico. Troppo precise sono.


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Primadellesabbie
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"...può qualcosa che è concepito da quest'era e da questa struttura sociale avere chiaro quali sono i veri problemi umani originali e quindi offrire una reale via d'uscita alle questioni umane? Può la macchina essere considerata in termini umani e quindi costituire un reale passaggio evolutivo per un "Sapiens 2.0"?"

L'umano prevalente é in grado di venire a capo del groviglio di problemi che la sua esistenza comporta?

Sottovoce: (Accertarlo é tra le finalità dell'esperimento in corso?)


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esca
 esca
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Hai ragione, GioCo, a sostenere che troppo pochi si accorgono del cambiamento disumanizzante e coercitivo in corso. E' forse questo uno dei disastri piu' gravi, insieme alla convinzione dell'ineluttabilita' di un destino tanto grottesco. Tutto' cio' sta portando alla deriva del significato di Umano.
Si respira in ogni step della vita, in ogni piu' banale operazione quotidiana.
Questo meccanismo della macchina che deve prendere vita deve essere stato architettato da qualcuno che per la vita stessa nutre una sorta di odio e refrattarieta'.
Qualcuno che tratta la vita con evidente superiore disprezzo e che calpesta il libero arbitrio.


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abc
 abc
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dobbiamo riuscire a fermare tutto questo adesso non è accettabile e non dobbiamo accettarlo passivamente ,concordo pienamente con te


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GioCo
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"...può qualcosa che è concepito da quest'era e da questa struttura sociale avere chiaro quali sono i veri problemi umani originali e quindi offrire una reale via d'uscita alle questioni umane? Può la macchina essere considerata in termini umani e quindi costituire un reale passaggio evolutivo per un "Sapiens 2.0"?"

L'umano prevalente é in grado di venire a capo del groviglio di problemi che la sua esistenza comporta?

Sottovoce: (Accertarlo é tra le finalità dell'esperimento in corso?)

Beh, non so se è in grado, di sicuro però @Primadellesabbie l'umano non può nemmeno provarci finché non ha idea di chi è, qual'è la sua origine e il suo destino. Se (lo dico solo a titolo di esempio) fossimo qui a scontare una pena detentiva per qualche reato commesso in un altro tempo, luogo e con un altro corpo, il significato della nostra esistenza non sarebbe lo stesso che essere qui "per caso" o perchè lo abbiamo deciso in un altra vita. Poi, proviamo a pensare a rovescio: se fossimo morti e la vita fosse quella che viene dopo?
Forse semplicemente non c'è un significato, siamo qui e basta. Il punto però è che gli indizi ci portano verso alcune considerazioni: sembriamo un collage di pezzi solo in parte compatibili con il pianeta su cui viviamo e non sembra che sia così per nessun'altra specie vivente con cui condividiamo il pianeta. Il conflitto quindi potrebbe non essere originato da noi, ma dal collage che non è del tutto armonizzato con il contesto. Se fossimo come suggerisce Sitchin una specie originaria del pianeta manipolata da un altra specie allo scopo di diventarne schiava, nata sterile e poi resa fertile per qualche motivo (forse un capriccio o una curiosità scientifica?) e che doveva essere distrutta come suggerisce il mito del diluvio, ma che poi è sopravvissuta (per qualche motivo), direi che avrebbe senso considerarci "venuti un po' male" con tutte ste batoste. Questo però vuol dire che proprio questa origine potrebbe darci (insieme ai difetti straordinari) anche qualità straordinarie: il solo fatto di vivere ancora nonostante tutto dovrebbe essere considerato un miracolo che ci garantisce la possibilità di trovare soluzione per il pasticcio che siamo nostro malgrado. La vita breve per esempio ci da una capacità creativa e intuitiva straordinarie su cui possiamo contare certamente anche in futuro.

Allora la domanda che mi pongo è: cos'è l'intuito? Se fossimo connessi a un super-cervello pensante, potremmo goderne ancora? Non c'è il rischio di ritenere superflua questa facoltà? Peccato che ogni scoperta è intimamente legata a quella facoltà: senza cosa rischio?
E poi: se il significato che diamo all'esistenza è intimamente collegato alla fatica e alla sofferenza (non necessariamente in modo diretto) non rischiamo di perdere il senso delle cose che facciamo per un inutile "corpo perfetto"?

Credo che intuito e creatività siano l'altra faccia del significato che diamo alla vita. Ma se il significato è dato proprio dal nostro modo di essere "sbagliati" come siamo e per la storia che portiamo incisa nei nostri corpi, allora forse è meglio pensarci bene prima di scegliere un esistenza artificialmente perfetta da immortale ... o no?


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Primadellesabbie
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Credo che intuito e creatività siano l'altra faccia del significato che diamo alla vita. Ma se il significato è dato proprio dal nostro modo di essere "sbagliati" come siamo e per la storia che portiamo incisa nei nostri corpi, allora forse è meglio pensarci bene prima di scegliere un esistenza artificialmente perfetta da immortale ... o no?

Talvolta richiamo un momento della mia vita riposto intatto nella memoria: sono seduto nel mio banco, in uno dei primissimi anni delle elementari e la maestra, aiutandosi con la lavagna, illustra qualche cosa con la consueta chiarezza, i miei compagni ed io siamo attenti e comprendiamo bene ciò che intende insegnarci.
Io, però, sono perplesso, provo la sensazione nitida che l'apprendimento di quell'informazione, di quell'insegnamento, di quella nozione stia riducendo, limitando le mie possibilità di indagine, l'orizzonte, il mondo in cui mi trovo. Penso, "so", che ci sono altre possibilità e comincio a sospettare che forse devo rassegnarmi, sono capitato in questa situazione e, come dici: "...siamo qui e basta...".......

Ora: la macchina, l'automa, non sarà l'esito finale, la concretizzazione inesorabile, di una determinata strada esplorativa, di una precisa modalità culturale (non solo scientifica) affermatasi, imboccata con umana (?) arbitrarietà ......questa volta?

PS. Mi scuso per il richiamo ad un episodio personale, ma mi é sembrata la via più breve per spiegarmi (posto che ci sia riuscito).


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GioCo
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Ora: la macchina, l'automa, non sarà l'esito finale, la concretizzazione inesorabile, di una determinata strada esplorativa, di una precisa modalità culturale (non solo scientifica) affermatasi, imboccata con umana (?) arbitrarietà ......questa volta?

PS. Mi scuso per il richiamo ad un episodio personale, ma mi é sembrata la via più breve per spiegarmi (posto che ci sia riuscito).

Sono io a scusarmi @Primadellesabbie a non aver capito il tuo POST e ti ringrazio sinceramente per aver condiviso l'episodio personale. Le minuscole finestre d'esperienza possono aprire infinite possibilità da esplorare. Alla tua ne affianco una di cui ho già scritto da qualche parte in questo blog. Anche questa è una lezione, di fisica per l'esattezza. L'insegnante avendo compreso come si poteva arrivare dalle osservazioni alle formule, aveva ricostruito il percorso cognitivo per arrivare alla formula della gravitazione universale. Finita questa "fatica" di ore, chiede se abbiamo domande. Sollevo la manina e chiedo "che cos'è la gravità?" (avevo circa16 anni). L'insegnante si indigna: "è quello che ho scritto alla lavagna!", io replico ingenuamente "no, lei ha scritto una formula che non ci dice cos'è la gravità". In effetti la formula descrive come funziona, non cos'è: Einstein era ben conscio di questo "piccolo" difetto della fisica, una scienza nata con lo studio della gravità che non sa spiegare cosa sia la gravità, ma solo come funziona e provò a metterci la pezza inventandosi il "tessuto elastico dello spazio-tempo" che poi era la vecchia idea dell'etere (la sostanza più densa che ci sia in cui siamo immersi come i pesci nell'oceano) di medievale memoria, riciclata in con una tipica formula da propaganda spiccia, insomma un idea fatta passare per camuffamento e perchè la scienza ridicolizza qualsiasi tentativo di parlare di questo fantomatico "etere".
Ma i problemi dei paradossi che i fisici affrontano con la gravità vanno ben oltre quello che sottolineavo con la mia docente tanti anni fa e l'ho scoperto dopo. Ad esempio è l'unica forza a non avere un opposto: secondo lo stesso Einstein l'antigravità non esiste, ma dato che qualunque altra forza osservabile non si comporta così (si chiama parallelismo) la domanda sorge spontanea: perchè? Quindi non si ha nemmeno un idea precisa del funzionamento della gravità, tant'è che fenomeni come i buchi neri sono stati oggetto di discussioni per decenni, perché in tanti li ritenevano fenomeni fisici impossibili. Un altro aspetto è che si tratta della interazione tra le quattro fondamentali più piccola, diciamo addirittura "minuscola" in proporzione alle altre, ma l'unica che esercita un influenza su scala cosmica. E ci sarebbe tanto altro da dire sulle "stranezze" della gravità, come per esempio che è la spaccatura apparentemente insanabile che separa nettamente lo studio dell'astrofisica, dalla fisica atomica: nel primo caso la gravità è LA forza fondamentale, per la seconda praticamente non esiste.

Questo lungo preambolo era per dire che hai perfettamente ragione, la tua sensazione è la sensazione che ha chiunque non rimane totalmente soggiogato dall'ipnotica idea del sapere. Il sapere è fondamentale come punto di partenza, ma è un arma a doppio taglio e per un effetto "strutturale" del cervello. Come animali nasciamo per apprendere ciò di cui abbiamo bisogno per vivere nel contesto in cui abitiamo, nulla più, nulla meno. A cosa ci serve la matematica? Non a lavorare, non a guadagnare, non a risolvere conflitti affettivi o di altra natura. Insomma, apparentemente non serve a un tubo. Uguale la geometria o la fisica. Si, certo, poi ci fai cose meravigliose, come gli aeroplani e i gli smarphone, ma c'è sempre qualche "pazzo" l'ha fuori che ci può pensare per te, per noi ce altro. C'è sempre "altro", rispetto quello che ci occorre.

Però attenzione che non sto indicando "il sapere". Sto cercando di dire questo: la mente tende a spendere meno energia possibile per ottenere il massimo possibile rispetto quel minimo. Cioè lavora per spendere il minimo che occorre (lavora per efficienza e sul risparmio e non per efficacia e per obbiettivi, come qualunque altro esempio in natura).
Questo significa che se vogliamo avere "la mente aperta", dobbiamo sapere che questo ci comporta una fatica e che questa "fatica" frena il tentativo di mantenere la mente aperta. Con l'allenamento le cose migliorano, i Tarahumara ad esempio ci insegnano che si può vivere correndo, quindi perchè non si potrebbe vivere con la mente aperta? In altre parole quello che è una fatica, potrebbe diventare parte della nostra cultura. Per iniziare è necessario capire che le conoscenze che abbiamo sono limitate dal desiderio di non conoscere che è la chiusura a riccio sulle "fatiche" della mente aperta, che non ha nulla a che fare con la conoscenza. Ti faccio solo un esempio. Proviamo a disegnare "la famiglia" su un foglio. Un idea stupida? Infantile? Forse, ma è incredibile quante cose si scoprono di se e degli altri da questo banale "stimolo" a partire da come decidiamo di "organizzare" le informazioni sul foglio. Se però lo stimolo iniziale è "aperto", riusciremo a non giudicare o peggio "psicoanalizzare" il risultato, per cogliere le opportunità di "apertura", nuove prospettive di indagine? Capisci che è una enorme fatica che richiede molto esercizio.

Se pensiamo che questo sia risolto per tramite di un computer, per quando straordinari possono apparire gli orizzonti di conoscenza che promette, credo proprio che faremo un buco nell'acqua. Ce ne accorgeremo, credo. Alcuni hanno cominciato già a rendersi conto del problema: abbiamo davanti a noi una trappola con dentro un succulento formaggio e noi siamo il topo. Alla fine bisogna vedere se vincerà la fame per le soluzioni semplici e rapide o la fame per la libertà del pensiero.


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ignorans
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Io ho forti dubbi che possa accadere un qualsiasi "futuro cibernetico". Non bisogna dimenticare che il mondo dei media è un mondo immaginario o la proiezione di un mondo immaginario. E il nostro turbamento deriva proprio dal "sentire" di essere tra due fuochi.
Da un lato c'è questo mondo immaginario, futuribile, sconosciuto e dall'altro c'è questo essere umano profondamente umano che deve mangiare, bere, cagare, vestirsi. Indubbiamente c'è una corsa "ideale" al mondo delle macchine, ma questa corsa dovrà sempre fare i conti con questo essere "goffo", in fondo inadatto. Potrebbe sembrare che questa goffaggine giochi a favore del mondo delle macchine, invece credo che ne rallentera' di molto l'avanzata.
Credo che delle macchine, più che il loro diretto controllo su di noi, sia da temere il fatto che ci trastulliamo con loro. Ci fanno perdere tempo ed energie.


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GioCo
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...
Credo che delle macchine, più che il loro diretto controllo su di noi, sia da temere il fatto che ci trastulliamo con loro. Ci fanno perdere tempo ed energie.

A questo proposito @ottavino ho avuto in passato (nei primi anni del nuovo millennio) una visione lucida di un possibile futuro. Da una parte quelli che seguiranno la strada dei Mormoni ma non per questioni religiose, quanto etiche e filosofiche, in un pianeta che via via diverrà sempre più inabitabile per l'Uomo (ma non per gli scarafaggi e altri animali "adatti" alle difficili condizioni future) e gli spazi per stare "fuori" dal contatto con i gingilli con cui ci trastulliamo corrisponderà sempre di più a morte certa. Dall'altra ci sarà chi per inerzia o timore, sceglierà di rimanere nel paese dei balocchi hi-tech per essere assimilato da un processo che lo renderà sempre meno simile a un uomo. Se hai visto "Immortal Ad Vitam", basta la scena che va vedere come sia pratica "normale" sostituire organi umani malati con parti meccaniche (è il motivo per cui il Dio Horus che nel film fa le veci di un ribelle anarchico alieno non riesce a possedere i corpi e li fa "esplodere" dall'interno nei tentativi falliti). Già adesso siamo molto vicini a quel tipo di pratiche transumaniste e comunque ricordo che la fantasia è sempre superata dalla realtà.


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Primadellesabbie
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