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Ignavia: attenzione ancorata ai fenomeni marginali


GioCo
Noble Member
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L'evidenza evidente
 
non è solo quello che possiamo tutti sperimantare, non è solo la maggioranza assoluta dell'esperienza che facciamo, ma anche quello che nel vicino tra tutti gli accadimenti possibili costituisce la parte fondamentale dell'esperienza. Ciò che non è ovvio ma comunque è qualcosa di cui facciamo esperienza è semplicemente per definizione marginale.
 
Facciamo degli esempi. Portare il cane a passeggio è un esperienza comune che potrebbe essere in certa misura seccante e in altra piacevole ma non è fondandamentale, dato che nessuno ci obbliga ad avere un cane. Quindi non è un evidenza evidente, anche se è un esperienza abbastanza diffusa da permettere a quasi tutti (facilmente) di sperimentarla almeno una volta nella vita. Magari con il cane del vicino che ci ha dato in custodia per le vacanze. Il grado di importanza che diamo a questa esperienza è però spesso esagerato e spesso sento persone mettere la relazione con il cane decisamente al di sopra di quella con gli altri esseri umani. Per me questo corrisponde ad autoaugurarsi di diventare cani, ma lasciamo perdere.
 
Fare la spesa è un altra esperienza comune, ma nella nostra società non è semplicemente frutto di una scelta. Fa parte di un ordine sociale superiore rispetto al nostro quotidiano che imposta uno stile di vita "obbligato" nella sostanza e mascherato nella superficie in modo che appaia come frutto di una scelta senza esserlo per davvero. Diciamo per differenziarlo meglio dal caso del cane che quest'ultmo potrebbe vivere benissimo dentro una villetta tutta la sua vita senza che sia necessario portarlo in giro per il mondo. Mentre per il nostro quotidiano siamo comunque obbligati a fare la spesa con o senza autonomia.
 
Prendiamo un esempio limite: siamo proprietari di una casa e di un terreno che coltiviamo. Abbiamo quindi una buona autonomia alimentare. Ma la corrente? La benzina per gli automezzi? Gli impianti di sicurezza per dissuadere i malintenzionati? Le sementi? Gli attrezzi anche agricoli? I vestiti? Il sapone per l'igene della casa e personale? La salute? Il riscaldamento? L'acqua corrente? Le fogne? Infine, come possiamo rispondere in caso di disastro ambientale, ad esempio quale resilienza abbiamo in caso di terremoto o di trombe d'aria? Possiamo continuare, magari notando che per ogni voce abbiamo comunque un certo grado di autonomia da vantare. Magari con eolico e pannello solare riusciamo persino a vendere corrente elettrica, ma non possiamo nasconderci dietro l'evidenza evidente che comunque non siamo più in grado di accettare la perdita della maggioranza dei beni e dei servizi da cui dipendiamo e la cui sostituzione comporterebbe per lo meno una rinuncia pesante allo sitile di vita e al benessere psicofisico più desiderabile per tutti.
 
Ecco allora che abbiamo definito meglio l'evidenza evidente, cioè quello che nel totale degli accadimenti più prossimi a noi, rappresenta la parte comune fondamentale di tutta la nostra esperienza.
 
Con questa premessa ci aspetteremmo che sia quindi del tutto inutile parlare dell'evidenza evidente. Ancora più cretino dovrebbe essere scrivere qualcosa a riguardo. Sarebbe come spiegare una fiaba semplice per bambini ad uno molto intelligente come Einstein che magari ne sarebbe deliziato se a farlo fosse una splendida fanciulla in déshabillé e in privato ma non certo perché è la fiaba a interessarlo.
 
Eppure, eppure non è così e l'evidenza evidente stessa ci dice anche perché: la nostra è una società che esige (per sussistere) che l'attenzione sia costantentemente deviata sulla questione marginale, principalmente tramite propaganda, dove infatti ritroviamo spesso l'allusione (sensuale) fuori luogo. Magari per pubblicizzare prodotti di bellezza? Non necessariamente quindi l'attenzione è deviata sull'inutile, ma comunque lontano dal fondamentale. Vi prego di cogliere la sfumatura perché è nei dettagli che si nasconde il demonio.
 
Per capire meglio facciamo quindi ancora qualche esempio. La grande massa non sceglie (potendo permetterselo) di acquistare un autovettura qualunque, sceglie un SUV. Ci vuole poco a capire che un tale mezzo per struttura sovrabbonda in peso specifico (peso diviso per volume) rispetto a una utilitaria, manco fosse un mezzo agricolo o per il trasporto pesante, cioé un mezzo adibito ad usi speciali. Deve solo traportare persone ma nel mito, nella leggenda, nella fiaba o meglio ancora, nella propaganda che plasma l'immaginazione collettiva e con essa i nostri stili di vita, il SUV rimane legato al massimo della sicurezza. Il tema della sicurezza oggi è un tema particolarmente delicato che ovviamente come tutti i problemi fondamentali è sempre deviato su questioni marginali.
 
Mano a mano che andiamo avanti a scoprire il quotidiano di questa nostra esperienza terrena comune, ci sentiamo tutti un pochino meno sicuri. Non si capisce bene perché la propaganda spinga così prepotentemente l'accelleratore sulla paura, ma l'evidenza evidente ci racconta che tutto l'arco della nostra esperienza vicina è interessata da una questione di sicurezza con sempre maggiore insistenza. Poco alla volta come le spire del pitone, veniamo stritolati da un esigenza inevitabile (e spesso non soddisfabile) di sicurezza. Percepiamo il pericolo che però è sottile, diffuso e in continuo e costante aumento. L'ansia è quindi il fattore emotivo più comune sperimentabile. Da qui l'utilità (e il relativo successo) del SUV per sedarla almeno un poco anche se il SUV non risponde al fattore cruciale del disinquinamento, altro evidente pericolo a cui siamo esposti. Stesso identico discorso vale per l'auto elettrica, altra soluzione marginale per evitare di rispondere al problema fondamentale che è ambientale e comprende più forme di inquinamento, non ultima quello elettromagnetico. Spostare dal particolato e gas di scarico il problema dei trasporti verso l'elettromagnetismo non è solo puerile è proprio demente ed equivale a infilare la testa sotto la sabbia come gli struzzi per affrontare il problema smettendo di osservarlo.
 
L'ansia è una paura che corrisponde al campanello d'allarme di un pericolo potenziale non meglio identificabile (quindi generico e diffuso). Il modo migliore per placare l'ansia sarebbe quindi fermarsi e ragionare finché non si mette a fuoco bene l'origine (che può essere molteplice) del fenomeno ed eventualmente elaborare risposte adatte al contesto da affrontare. Ma noi non viviamo in una società che tollera la pacata e contemplativa osservazione dei fenomeni interni ed esterni all'essere umano al fine di diventarne responsabili. Un atteggiamento di questo tipo infatti viene dissuaso con estrema meticolosità fin dall'infanzia, promuovendo attivamente una critica aggressiva e prepotente che ridicolizza chiunque s'azzarda a praticare qualsiasi "prassi responsabile". Solo l'attenzione verso il fenomeno marginale è tollerata. Si va dal "va a laurà barbun", come se l'attenta contemplazione fosse fare niente, fino alla melliflua e untuosa prerogativa clericale dell'essere saccenti massimi di moralirmo e virtù altrui (con poca messa in pratica e molto paternalismo predicatorio) per cui ci si sente in dovere di  giudicare, dove "sollevati dall'onere del peccato", ma mai di osservare l'evidente evidenza in silenzio. "Sono una persona a posto", possiamo dire di noi stessi, "non come questo  pubblicano ... (QUI)".
 
Abbiamo rinunciato alla chiesa e ai preti, ma non a quel senso di colpa che la stessa educazione cattolica ha sfruttato nei secoli con operosa efficacia e che ci ha trasformato tutti in piccoli pezzi di merda "cattolicheggianti".
 
Noi siamo pieni per ciò di paradossi propriocettivi (cioé non sappiamo bene dove collocarci, dov'è la nostra "nicchia ecologica" opportuna) e questo fa somigliare il nostro quotidiano al Paese delle Meraviglie di Alice, cioé al paese delle assurdità promosse a normalità. Da tempo ormai quella società umana "di sostanza" a cui facciamo riferimento non esiste più, ma non siamo ancora pronti ad accettare d'averla perduta. La maggioranza assoluta nemmeno è disponibile a discutere d'averla perduta.
 
Facciamo altri esempi per chiarire sempre meglio. Tante volte ho introdotto il problema di genere riconoscendo che esiste in concreto una potenziale difficoltà nell'inquadrare la propria identità da sempre, in tutto il mondo e che questa può tranquillamente includere il senso di profonda inadeguatezza fisica sessuale: ci si ritrova in un corpo di un sesso che non riusciamo a riconoscere e che non esprime biologicamente quello che emotivamente proviamo. Questo è un fenomeno molto serio che andrebbe di certo esplorato con estrema accortezza evitando ogni genere di superficialità, perché ci racconta tantissime cose di noi umani a livelli di profondità insospettabili, ma intuibili. Lo stiamo facendo? No, la risposta rozza e gretta a questa evidenza evidente umana (la pezza piazzata col nastro adesivo da pacco) riassume certamente alla perfezione la disperazione generata da questa schifezza di società, sia in chi subisce l'incertezza e non sa dare risposta se non quella di fatto promossa "un tanto al chilo" (la "giusta" trasformazione fisica di un "corpo sbagliato") sia al pari tutti gli altri che rappresentano reali o presunti detrattori critici allo stato di malessere, reali o presunti accorati e conformi alla norma imposta dell'identità di genere (e di gregge). Tutti impegnati unicamente in un azione di facciata, un maquillage ricostituente l'apparenza del benessere, un trucco di superficie che come i sepolcri imbiancati ha lo scopo preciso di riaffermare la legge del marginale sopra ogni valore fondamentale ed esattamente per scappare dalla realtà.
 
L'ecologia è un altro tema estremamente serio che prendo spesso ad esempio. Noi abbiamo l'atrazina, il molinate, il bentazone, il glifosato e tante, tantissime altre molecole estrememante pericolose libere nell'ambiente che beviamo e mangiamo quotidianamente, come la diossina derivata dai detersivi, pericolose soprattutto perché tendono ad essere stabili e hanno il brutto vizio di bioaccumularsi entrando nelle catene alimentari fino a esaurimento. In altre parole quando la natura non riesce a liberarsi di certe molecole perché troppo stabili e tossiche, usa noi (e gli altri viventi) come cestini della spazzatura per evitare che vadano in giro a perseguitare le future generazioni. Ma noi perché siamo furbi e intelligenti e pensiamo con la nostra testa solo ca%%ate estreme (cioé marginali) alla "Bill Gates" (attenzione che non ce l'ho con il personaggio, ma con lo stile di pensiero che rappresenta) ogni anno aumentiamo decisamente la produzione, lo stoccaggio e il consumo di queste sostanze, fottendocene allegramente il ca%%o della loro pericolosità. Lo dice persino l'ISPRA (QUI) in un rapporto del 2018 per ciò possiamo esserne abbastanza certi. Eppure non è neppure l'evidenza evidente più grave che ignoriamo a proposito di ecologia. Omega Click ad esempio (QUI) in qualità di ottimo megafono del futuro (marginale) che avanza incontrastato, ci propone la soluzione "sicura", anzi che dico "sicurissima!" (per l'azienda che li produce) di un microchip a reazione nucleare composto da diamanti che fornisce energia elettrica per 20mila anni tirata fuori dai reattori delle centrali atomiche, così abbiamo un altra bella scusa per edificarne chissà quante in futuro, acriticamente. Una batteria inesauribile che non dobbiamo nemmeno caricare, pare una manna dal cielo che metterà definitivamente in soffitta la combustione fossile.
 
Ora, per me ribattere che sta "figata" è persino suicida, diventa imbarazzante. Ma capisco anche che l'omologazione al pensiero unico si trova a uno stadio troppo avanzato per dare alle persone la possibilità pratica di arrivarci con poco sforzo. Allo stadio attuale ogni risposta al nuovo (marcio) che avanza ha bisogno di una lunga, spesso lunghissima contemplazione silente, prima di arrivare a una critica precisa, coerente e costruttiva. Quindi iniziamo: secondo voi tutti i giocattolini elettrici che vediamo spuntare da ogni dove, sono la soluzione ecologica perfetta e sicura o un altro problema ambientale che prima o poi dovremo risolvere che si aggiunge agli altri? Se guardo la pulizia da certi agenti chimico-fisici, come il particolato o i gas di scarico che compongono l'atmosfera, la risposta sembra scontata. Ma se guardo le discariche la risposta "scontata" inizia a vacillare. In una società che deve cambiare il cellulare per forza ogni ciclo di pochi mesi, per sostenere un economia in debito e al costante collasso che di certo il passaggio dalla cartamoneta al traffico digitale non risolve nella sostanza, dove metteremo mai questi aggeggi infernali pieni di batterie inesauribili? E quando avremo una montagna di sti prodotti elettromagneticamente attivi perché inesauribili a chi li regaleremo, al Sole? Al signor Vulcano? E quali saranno gli effetti se ce li teniamo come tutto il resto dell'inquinamento perpetuamente spostato su altro inquinamento?
 
Il disastro non è un atto del fato inevitabile, ma una profezia autoavverante così facile da vaticinare che (ribadisco) diventa persino imbarazzante parlarne.

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