IL fondamento è...
 
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IL fondamento è...


GioCo
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A volte mi sento così inutile, così impotente, come un granello di polvere nella tempesta. Proprio oggi discutevo con una delle persone che hanno avuto il merito di riuscire a non cedere emotivamente alla situazione fuori dall'ordinario che abbiamo appena passato e a contribuire nel mantenere l'associazione per cui collaboro e che ho contribuito a fondare aperta, quando tutto il fertile Mondo dell'Associazionismo chiudeva i battenti.

Per sempre.

Sierata certamente e che a suo tempo si è dotata di pass e ha preteso che l'associazione si adeguasse ai decreti per non incorrere in guai ulteriori, tentando anche di convicere me (con metodi più che discutibili) che era necessario che provvedessi in tal senso. All'epoca, era settembre del 2021, ero ancora presidente della mia associazione. Mi dimisi volontariamente perché nel cartello che impediva alle persone senza pass di entrare non ci volevo apporre la mia firma che in quanto presidente era obbligaria per legge.

Dissi all'epoca che si stava preparando un periodo lungo e buio perché i disagi che stavamo passando poi li avremmo dovuti affrontare, dato che ci occupiamo come associazione di autismo. Già per una famiglia media è stato un incubo, figuriamoci per chi in casa faticava già a gestire la semplice convivenza.

Siamo arrivati oggi a discutere e a sfiorare questi temi. Allora come oggi sono perfettamente cosciente che avere anche solo affrontato una condizione di quel genere uscendone tutto sommato interi (come associazione) è già un bell'andare.

Eppure so anche che non basta. Nonostante tutto ci vuole di più e non posso pretenderlo. Ora sta arrivando un vero diluvio di persone con esistenze spappolate. Individui che già prima erano attaccati a niente e ora persino quel niente è stato negato loro. Individui che muoiono e al loro funerale ci trovi qualche suora (mai viste e conosciuta) e magari un volontario che aveva incrociato quell'anima dispersa per puro caso.

Abbiamo talmente tante di quelle situazioni difficili (emotivamente) e non perché non ce ne fossero anche prima, ma perché ora, dopo questi due anni, arrivano moltiplicate in numero e in gravità. Come in guerra.

E' veramente difficile parlarne, perché ogni storia è personale e intima. Ma non dovrei, dovrebbe bastare il cuore e l'umanità di ciascuno, una umanità che è stata anestetizzata e che viene mantenuta in quello stato con pesanti dosi di continui interventi di distrazione.

Alla fine conta solo il cuore e la sua ragione.

Nel 2021 lo ammetto, sbagliando ho dato fuori di matto. Perché ogni stramaledetta conseguenza l'avevo lucidamente presente e non potevo condividerla con nessuno. Era l'evidenza evidente più stramaledettamente evidente e nessuno la stava considerando. Non dico di chi era per la strada, un ignoto qualsiasi, ma anche tra persone che collaboravano con me da anni e per queste stesse identiche tematiche: cosa ci voleva a fare 1+1?!?

Era impossibile. Uno strazio che mi ha lacerato dentro. Qualcosa che sto con molta fatica cercando di recuperare e che a ogni più piccolo passo mi obbliga a riconsiderare le mie valutazioni. Ecco, dicevo, proprio oggi ero con una di queste persone con cui collaboro da tempo ormai. Ci conosciamo abbastanza bene. Due vite e due percorsi diversissimi che si incontrano e lei mi confessa che prenderebbe le che si presentano in associazione e che trattano male i loro figli autistici senza rendersene conto e gli viene da tratterle male e che "non resiste", gli viene troppa rabbia e preferisce se ne occupino altri per questo. Dice che lei di certo fa cose terribili ma non fino a quel punto...

Com'è possibile, meccanicamente intendo, una dissociazione cognitiva così ENORME? Nel 2021 tenevi fuori da qui la gente "per seguire un dettato burocratico" senza considerare le conseguenze e creavi con ciò le premesse per quello che poi inevitabilmente sarebbe successo e adesso ti lamenti perché è scoppiato il bubbone prevedibilissimo?

"Ecco," gli ho detto senza mai riferirmi ai fatti che osservato direttamente, "è sempre così, ciò di cui non ci rendiamo responsabili poi alla fine inevitabilmente lo paghiamo dopo". Lei incalzava con un "si, ma non ascoltano!".

Aah, la natura umana, quanto mi fa impazzire!!! 😋 🙄 😍 😎 😊 

Il mio demone si presentò a me "la prima volta" proprio con questo aforisma: "ognuno parla di se stesso sempre e comuque". La mia prima reazione fu esattamente quella che hanno tutti quelli che sentono per la prima volta questa frase: "Ghu?!".

Così dirompente, così POTENTE che dopo più di vent'anni che cerco ed esploro i suoi infiniti significati, mi ritrovo da capo a vedere che il percorso per arrivare a capirne qualcosa è stato persino più importante della stessa comprensione.

Vedete da autistico non è banale arrivare a chiarire che l'autismo è tutto tranne che una condizione non ordinaria. Le persone sono autistiche, di base intendo. Non potrebbe essere altrimenti dato che il sistema nervoso principalmente si sviluppa per alimentare se stesso. Non "gli altri" sistemi nervosi. Gli altri si svilupperanno per i fattacci loro e in coincidenza al massimo, per un effetto di reciproca influenza. Basta.

Proprio quell'influenza poi reciproca fornisce l'illusione che l'attenzione si possa rivolgere al prossimo.

Se metto però un individuo attaccato a un apparecchiatura che rende il contatto umano indiretto, come uno spartphon e i social, la conseguenza è che il sistema nervoso si adatterà alla realtà dei social, "disadattandosi" a quella del rapporto "off line". Questo è uno degli infiniti aspetti da cui l'aforisma procede...

Il problema dell'adattamento o radicamento all'ambiente (che è la risposta comportamentale a un carico nervoso significativo precostituito con l'esperienza) è presente sempre. Facciamo un esempio: se incrocio un leone nella foresta non sto a ragionare con lui dei massimi sistemi, mi giro e scappo. La reazione è ovviamente precaricata in me e serve ad aumentare al massimo la mia possibilità di sopravvivenza all'incontro con il pericolo.

Essa (l'ho già scritto più volte in altri miei POST) ha due caratteristiche chiave: la rimozione e l'istintività con cui agisce, l'azione indiretta (rispetto la volontà). Non interviene la volontà dopo che scatta il comportamento emotivamente guidato, ma prima e nella precarica. Ma noi agiamo inconsapevolmente nel periodo di addestramento e pre-carichiamo in modo del tutto incosciente e sconsiderato quei comportamenti che come mine disperse sul nostro cammino futuribile rischiano continuamente di scoppiarci da sotto il culo.

Nel momento in cui punto però il dito sul problema "direttamente" constato (=scopro) che non sono solo pre-caricate per agire e fare quel che sono state programmate a fare (male) ma anche sempre per conservare se stesse. Sempre! Quindi aggredirle per rimuoverle (ad esempio) in quanto pericolose oggettivamente, significa sempre ottenere una reazione scomposta di autodifesa. Sempre!

Non solo se lavoriamo su qualun'altro ma anche e persino verso noi stessi e nel nostro spazio privato e intimo. Cioè alla conclusione (ad esempio) di un nostro ragionamento logico se andiamo toccare un tema che è per noi di un qualche valore e quel procedimento logico tende a stravolgerne il significato che abbiamo incorporato in precedenza, la nostra reazione sarà di auto-difesa instantanea e involontaria e contemporaneamente ad essa la negazione di quell'autodifesa. Sempre!

Fosse poi così "meccanicamente semplice" sarebbe bellissimo. Perché le emozioni hanno diversi aspetti che le rendono spesso difficili da gestire, come le previsioni meteo. Riserbano infinite sorprese.

Allora per esempio la rimozione lavora a molti livelli. Rimuove il senso del nostro agito ma non quello che osserviamo nel prossimo, così che possiamo facilmente ritrovarci a "condannare" il nostro prossimo degli stessi identici comportamenti che noi stessi abbiamo emesso anche a poca distanza temporale. Riducendo il nostro comportamento ad esempio a "qualcosa di diverso" (a livello significativo) in modo che possa convivere con il giudizio che lo condanna.

Così ci troviamo a condannare chi non rispetta i "diritti naturali minimi" (per esempio in Ucraina) di qualcun'altro, pur avendo emesso gli stessi identici comportamenti, avendoli persino pretesi ed imposti ad altri. Oppure ci troviamo a far convivere l'idea che "i sieri siano una scelta" mentre li stiamo imponendo con la forza e il ricatto più bieco.

Dopo poco tempo, dimentichiamo i nostri torti e non li rimettiamo ai nostri debitori... Perché ricordare i nostri debiti ci fa stare male e noi crediamo che la priorità vada al benessere.

Ci convinciamo con ciò di fare ed essere nel bene e quindi facciamo il bene per fare il Male. Vorrei essere chiaro, nessuno si può esimere da tale meccanismo: NESSUNO!

Chi dice di non esserne coinvolto (=nega) si mette in una posizione più pericolosa e precaria per gli altri e se stesso. Perché significa che vi pone semplicemente meno attenzione, non argina gli effetti e con ciò libera i lati più incontrollabili e nefasti. Gli altri che invece riconoscono l'agito di tali meccanismi, possono solo allenare la propria capacità residua di gestione emotiva, riconoscendo i limiti dei propri interventi e agendo in via più o meno efficace ma comunque sempre per tramite di un apprendimento intuitivo, non verbale e non proprio di un "pensiero pensato" e quindi oltre personale poco o per nulla divulgabile.

Non si procede quindi collettivamente a gestire le proprie emozioni e averne piena coscienza e in particolare della centralità e dell'importanza che rivestono. Perché a parte questo scritto, nessuno pone la questione e prova a indicare almeno le basi più semplici di questi meccanismi. Che nel tempo che viviamo e nel prossimo futuro faranno la differenza.

Eppure al contempo è obbligatorio anche tenere conto che non si lavora in favore di chi ci educa. I nostri padroni non amano vederci autonomi e indipendenti, emotivamente, nella misura in cui noi non ameremmo vedere in tale condizione le bestie di cui ci occupiamo.

Chiudo con un altra provocazione. La Surrealtà non è affatto destinata a terminare. I deliri di Moloch ci sconquasseranno l'esistenza e ci tormenteranno in un crescendo che parrà senza fine. Siamo chiamati per forza a renderci conto che i tempi sono cambiati. Che non possiamo continuare a dormire. Che la realtà, quella merda orrenda che ci ha accompagnato fin'ora, era un incubo e noi abbiamo invece creduto fosse solo il Mondo migliore possibile. "Whatever we take" di Draghi o "there is no alternative" della Thatcher, è quella merda lì di leviatano che si contorce e produce la "tempesta perfetta" perché si contorce dal dolore e consapevole della sua prossima fine. Di tanto in tanto sembrerà calmarsi ma sarà solo per rinnovare più prepotentemente di prima le pretese surreali, bizzare e folli che teteranno di sradicare ogni buon senso e ogni oggettiva analisi basata sulla logica.

Tanto più se radicata nella realtà che ci circonda. Siamo sotto attacco, è una guerra e non ci possono essere esclusioni di colpi anche molto bassi. Ma la strada è segnata e Moloch non ha scelta per ciò non ne lascia a noi.

La sua dipartita è già cosa fatta.


Teopratico e sarah hanno apprezzato
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sarah
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La metto lì un po' brevemente: io credo che la rimozione a cui siamo oggi "obbligati" onde tenere il passo con i tempi che hanno già superato " se stessi", si potrebbe dire, sia essa stessa fonte di grande malessere per noi. E penso noi tutti, anche coloro che si sono mossi agevolmente all'interno di questi quasi tre anni distopici. La rimozione può sembrare da un lato tanto naturale e irrinunciabile quanto, dall'altro, un atto francamente impossibile. 

A mio modestissimo avviso, quanto abbiamo vissuto non rientra facilmente nella categoria delle cose "removibili" poiché non si tratta di una semplice ( passami il termine ) esperienza traumatica ma di una inversione dei significati a carico del nostro sistema di riferimento. Rimuovere, dimenticare cosa? Si può "rimuovere" un torto subito, una disgrazia, una perdita o per lo meno le si può "superare" in tutte le possibili accezioni date al concetto dalla moderna psicologia e non solo. Ma qui c'è d'altro: come si fa a rimuovere la confusione, il caos... Come si esce da una sorta di lavoro fatto a metà? Potremmo anche aver vissuto il tutto senza renderci conto di ciò che è avvenuto ma anche in questo caso, inconsciamente, è come se ci chiedessimo: e allora, come è andata a finire, chi aveva ragione? Cosa è bene che creda ora? E' tutto in sospeso.

Nel periodo che ricordi nel tuo racconto, il settembre 2021 e anche oltre, ci eravamo parlati attraverso questo forum e avevamo scambiato impressioni molto autentiche perché entrambi le stavamo vivendo "in diretta". Ti confesso che da alcune conversazioni con te io ho tratto un certo sollievo, un prezioso sollievo che derivava dalla condivisione di quel dolore con chi era in grado di comprenderlo. Anche a me sembrava di non poter più leggere la realtà, non mi capacitavo del comportamento di molti e cercavo affannosamente di riconoscermi in qualche modello che era rimasto, per così dire, incorrotto pena la totale confusione esistenziale. 

Tu racconti di aver lasciato un incarico per non sottoscrivere un atto discriminatorio e dunque conservi un ricordo nitido di un fatto chiaro e circostanziato ma altamente significativo, una di quelle cose che non accadono di frequente nella vita e a volte non accadono mai. Io di allora ricordo, come molti, la lotta assurda che contrapponeva la necessità di percepire uno stipendio e quella di non rischiare consapevolmente l'integrità fisica o ciò che ne resta. Visto che sono in vena di confessioni, te lo racconto anche se non so se dovrei ( questa volta è il mio di demone che mi chiede insistentemente di farlo ): io ho accettato il wa cino per paura della perdita materiale di denaro che mi permette tuttora di sopravvivere abbastanza dignitosamente pur con due genitori anziani di cui mio padre malato e poco autosufficiente. Nel novembre del 2021 ho sofferto di un doppio episodio di ischemia cerebrale che a me è parso l'anticamera della morte: la confusione mentale, la gamba destra che non mi reggeva più, la mano destra debole, la difficoltà ad articolare le parole. Per una ventina di giorni sono vissuta di succhi di frutta e altro cibo ridotto in poltiglia perché non ero in grado di deglutire bene. Grazie alle cure di un paio di medici ( tra l'altro di una struttura pubblica e regolare di una città grande che applicava i protocolli demenziali ) e probabilmente grazie al cielo e ad una relativa fortuna, il tutto si è risolto senza lasciarmi conseguenze né segni sul corpo. Uno dei due medici, che penso abbia agito con grande umanità verso di me nonostante il contesto, dietro una porta chiusa mi ha detto "adesso però non faccia la 3a d.". Ho resistito fino allo scoppio della guerra in ucraina che ha magicamente fatto sparire il grin coso. Tre mesi di galleria dell'orrore: un'immagine che non mi si cancella dalla memoria è quella di una donna medico ( dottoressa è troppo affettuoso ) che mi sbraitava contro con occhi indemoniati dentro un hub mentre io mostravo l'esito della risonanza magnetica e il resoconto che sconsigliava il vaccino. "Io non la esento e non me ne frega niente dei suoi problemi economici!". All'epoca ti scrissi che avevo incontrato un tale marciume umano di cui avrei di gran lunga preferito ignorare l'esistenza. Ecco, mi riferivo a quello. 

Ora possiamo anche andare tutti al mare e sulle piste da sci fingendo che non sia accaduto nulla ma i dubbi sulla natura umana, anche di coloro che vivono ad un centimetro da noi, non sono cose che si possono "rimuovere". Scusami per la lungaggine e grazie per questo confronto che per me ha sempre un sapore liberatorio e di conforto. Adesso conosci meglio anche la mia storia.


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Teopratico
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Apprezzo incondizionatamente gli interventi di GioCo, anche se non lo manifesto sempre, si capisce... Questa volta scrivo a GioCo e a Sarah: grazie, di cuore, grazie.

 

 

 

 

 

Questo post è stato modificato 1 anno fa da Teopratico

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GioCo
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Per fortuna @sarah non sono un prete e non sento (per fondamento e principio) alcun dovere di condannare o di promuovere nessuno. Proprio io poi... Rimane giusto la voglia di conoscere (noi stessi principalmente, singolarmente e come umanità) di sapere e di coltivare saggezza che poi in soldoni è il banale atavico esercizio del buon senso comune. Pare banale ma non sempre lo è...

Certo che non si può e (aggiungo) non si deve dimenticare, ma l'Uomo non segue percorsi per noi desiderabili, segue i suoi e basta. La visione va quindi allargata. Noi conviviamo con tante altre "anime", chi più sagge, chi meno, chi niente o quasi. Come constati, il niente o quasi è l'assoluta maggioranza senza appello... E si, la condizione della maggioranza è quella di fare da gusci vuoti per qualsivoglia cosa li possieda.

In altre tradizioni si parla di "spazio" e di dimensioni dell'anima. Potremmo dire, della "quantità" di anima che poi fa capolino nel nostro "qui ed ora". Se ce ne poca, c'è spazio per altro e questo altro viene per agire nel corpo come padrone, ma ha l'essenza del servo. Se occupa tutto lo spazio, l'anima esprime se stessa e sempre allo stesso modo, quello proprio del Principio Perfetto. Ma per estendersi e occupare tutto lo spazio del corpo deve avere macinato molta esperienza. In molte forme, in molti corpi e in innumerevoli vite, tempi, luoghi e piani (fisici) dell'esistenza. Contando che la Vita si estende ben oltre questa qui e si eprime in corpi che rispondono a differenti principi fisici. Di fatto non "moriamo" mai, ma passiamo da un esistenza all'altra senza soluzione di continuità, come dalla veglia al sonno. Ogni volta con la necessità di ricominciare da capo per capire come sbarcare il lunario.

Come l'andamento ciclico di un Ordine, passiamo da fasi in cui ci realizziamo in Mondi più grevi a quelle in cui sperimentiamo i più leggeri. Tendenzialmente però tutto procede sempre verso la fonte che ha generato ogni cosa. Non è facile il "salto di specie" (Spirituale) che ci porta verso la fonte come salendo gradini. Ne per quelli che hanno come massimo desiderabile questo Mondo ne per quelli che ce l'hanno come minimo. Anzi, è quasi impossibile per tutti. Eppure, accade. Chi sperimenta i più leggeri e poi discende qui "non dimentica". E' impossibile, come dici tu. Poi guarda in faccia chi invece in questo Mondo trova sede per il suo proprio piacere (perché giudica questa esistenza il massimo) e con ciò si fa possedere anche volentieri da "altro" e la vista di tale scempio lascia sconvolta l'anima più pura. L'aggressività e la cattiveria disarmonica getta nello sconforto perché se ne comprende il senso ma in una dimensione infinitamente più Vasta. Questo è "il piacere" (in un certo senso) del Basso Astrale. Come i vampiri, il posseduto sugge sostentamento dal principio vitale che gli manca. Perché in un certo Ordine Maggiore è "giovane" e con ciò incapace di predere da sé "il latte" che gli occorre per crescere. Non conosce se non quel poco che lo circonda, come il bebè. Per ciò pretende "fringnando" quel che intende come suo e come bisogno e con ciò si impone con ogni mezzo a sua disposizione all'ambiente. Il frignare, morboso e proprio della brama che osserviamo in tanti, che poi si traduce in violenza più spesso che volentieri. L'incapacità di trattenersi ad esempio nel piacere carnale e con ciò di abusare dell'innocenza. Ma gli esempi si sprecano.

Allora cosa stiamo qui a fare? Subire? Ognuno di noi ha un percorso stabilito ben prima di nascere e nel dettaglio. Che lo sappia o meno è del tutto ininfluente. Così si viene qui come in un videogame a fare quel che dobbiamo e lo faremo. C'è libertà ma non nel percorso d'ascesi. Quel che è programmato si farà comunque. Si può perdere tempo ma solo fino a un certo punto perché poi gli eventi travolgono ogni nostra vanitosa velleità di controllo... E bastonano. C'è chi vede e chi no, che gli eventi sono quel che sono. Non c'è alcuna "magia" nella veggenza. Solo la constatazione della condizione in cui versiamo. Allora "sai" della tua propria miseria. Rimani il Pirla di prima, non cambia niente, solo che vedi e con ciò smetti di preoccuparti. Smetti di trarre significati che gli eventi non hanno ma che fanno comodo al Basso Astrale.

Allora ascolta un Pirla qualunque... Tu hai fatto quel che hai fatto perché dovevi. Non avevi scelta e il solo motivo per cui hai sofferto è perché hai creduto che invece una scelta l'avevi. Ti ha procurato danno? Ogni esperienza lascia le sue ciccatrici. Hai trovato attorno a te persone che si sono prese cura di te e altre che invece sono state ostili? Erano lì perché i loro percorsi glielo imponevano e tu sei stata per il breve tempo di quell'incontro il loro tramite. Il vostro incontro, nel Bene come nel Male, ha avuto un sapore Cosmico e solo nella misura in cui hai partecipato a quel Significato Superiore lo hai saputo. Sempre saputo. Temevi quel che sapevi sarebbe successo e infatti (guarda un po') è proprio successo. 🙂 

Noi in questo malefico esercizio, siamo educati a vivere nella colpa e sono perfettamente cosciente che il discorso porta inevitabilmente il segno dell'inquisizione: se vivi come predestinato, allora tutto ti è concesso e dov'è la colpa? Dov'è la condanna? Ecco, il fatto che gli eventi siano quel che sono non prevede che tu li viva o gli possa dare uno specifico significato, per esempio "indicizzato". Cioè armonico e in sé coerente. Così vivi nella tua propria disarmonia, senza riuscire a conciliare l'accadere e la seconda volontà (che gestisce l'accadere) con la tua. Il tutto ho trovato sia condensato in una bella metafora Zen (la cito a memoria) di un monaco che viveva in una soffitta. Sotto di lui una famiglia con una giovane figlia la quale a un certo punto fu scoperta in cinta. Gli fu chiesto chi era il padre e lei disse che era il monaco. Allora appena nato gli portarono il bimbo perché se era lui il padre doveva occuparsene. Lui apri la porta gli consegnarono il bambino e gli dissero che siccome era padre doveva occuparsene. Lui disse "Ah, si?". Prese il bambino e lo allevò con la massima cura senza mai protestare e in mezzo a molta difficoltà perché in qualità di prete avere abusato di una giovane ragazza lo screditava. Ma lui si comportava esattamente come il padre più premuroso che si possa desiderare. Alla fine la giovane dopo qualche tempo veduto tutto ciò scoppio a piangere e tra le lacrime confessò che era stato un giovane panettiere, non il monaco. Allora la famiglia tornò dal prete, chiese indietro il bimbo e si scusò tantissimo per lo spiacevole accaduto sentendosi mortificati. Il prete udite le loro parole disse "Ah, si?", gli consegno il bimbo e torno alle sue faccende come niente fosse.
 
Ecco, noi non siamo capaci di un tale distacco. Di sicuro per quanto mi riguarda non lo sono. Lotto con impegno e costanza per non smettere MAI di amare il mio prossimo ma proprio quello che è più gramo e magari si comporta male anche con me. Perché disse anche "lui", se non ameremo chi ci vuole del male allora chi?
 
Vedi, con il principio della colpa che ti guida, segue in te il pensiero della "necessaria giustizia" che poi è quella terrena ed è frutto del giudizio, quello della Superbia. Gli eventi sono solo il frutto di un Ordine Superiore. Così come non hai scelta per le cose positive, non ce le hai nemmeno per quelle negative. Non è che siccome sei giustificata dalla predestinazione allora puoi andare a fare gli sfracelli che ti pare. Semplicemente non puoi evitare in un senso positivo o negativo gli eventi che ti coinvolgono (e spesso travolgono). Se non è previsto che tu uccida, puoi tentare quanto ti pare, si muoverà Cielo e Terra se necessario e sarai impedita. Non ci riuscirai e basta. Ma è difficile per noi accettarlo, tremendamente difficile.

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sarah
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@ Teopratico. Grazie a te, grazie del tuo apprezzamento perché contribuisce a dare un senso a questo sforzo di condivisione che a volte facciamo anche senza conoscerci di persona.


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sarah
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@ GioCo. Dici bene. Io, educata in un contesto fortemente cattolico ( per lo più familiare ), faccio davvero una gran fatica ad accettare lo "scenario" che hai descritto. Più che la predestinazione in quanto tale, stento ad accettare il fatto che il tempo che viviamo non sia in sé una prova nella quale possiamo comportarci "bene" o "male". Non mi piace credere che la malvagità o la crudeltà siano da attribuire solo ad una relativa "giovinezza" dell'anima ancora alle prese con le prime esperienze. Stento a credere che i magnanimi non abbiano meriti qui ed ora. Si direbbe "colpa" dell'educazione che ho ricevuto, dei principi che mi sono stati trasmessi fin da bambina basati su colpevolezza, responsabilità individuale, rispettabilità e forse fiducia nella "giustizia" umana e divina. Già, però c'è più di un però. La tua lettura, che tengo in grande considerazione proprio perché l'hai scritta dopo essere sceso tanto in profondità nella questione, in effetti sembra rientrare in un alveo molto più coerente e in grado di spiegare ciò che altrimenti non si comprende. La prova, o una delle prove, potrebbe essere questa: gran parte di chi condivideva e condivide ( o crede di condividere ) gli stessi principi di cui prima ( giustizia, responsabilità, rispettabilità, ecc.) in effetti è cascata come un pollo nella trappola e si è ritrovata ad aver paura, ad odiare e a comportarsi irrazionalmente a spese di altri. La stragrande maggioranza lo ha fatto, il principio allora non ha funzionato. Mi è capitato anche di ascoltare il parere di un prete ( persona intelligente non certo ammaliata dalle buffonate tv ): lui parla di un periodo, questo, di grandi prove che vedono l'individuo al centro con il suo libero arbitrio. Una versione che, sulle prime, sento di fare mia ma che poi annacqua e annienta se stessa quando si vede costretta a compromessi fin troppo acrobatici: la guerra ( che guarda caso questa volta è giusta ), le scelte politiche che, pur andando palesemente contro i principi che mettiamo al centro del discorso, vanno comunque rispettate perché prese da persone " per bene". Infine c'è il bisogno di giustizia che, se ho ben compreso, tu consideri un forte limite alla comprensione dei fatti. Che posto ha in tutto questo? E' una condizione che connota l'uomo da sempre e sulla quale è intervenuta l'azione modellante delle varie culture e forme di spiritualità. "Beati coloro che hanno fame e sete di giustizia, perché saranno saziati": dunque il "bisogno" di giustizia c'è ma non siamo noi in grado di assicurarla perché la facciamo derivare dai nostri principi imperfetti, per esempio la superbia, come dici tu. E' vero, questa posizione di ferma richiesta della necessaria giustizia può inchiodarci in posizioni scomode e irrisolvibili a meno che non vogliamo ammettere che essa non dipenderà da noi e non spetterà del tutto a noi lo sforzo di applicarla. Ma è difficile davvero.


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GioCo
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Pubblicato da: @sarah

@ GioCo. [...] Infine c'è il bisogno di giustizia che, se ho ben compreso, tu consideri un forte limite alla comprensione dei fatti. Che posto ha in tutto questo? E' una condizione che connota l'uomo da sempre e sulla quale è intervenuta l'azione modellante delle varie culture e forme di spiritualità. "Beati coloro che hanno fame e sete di giustizia, perché saranno saziati": dunque il "bisogno" di giustizia c'è ma non siamo noi in grado di assicurarla perché la facciamo derivare dai nostri principi imperfetti, per esempio la superbia, come dici tu. E' vero, questa posizione di ferma richiesta della necessaria giustizia può inchiodarci in posizioni scomode e irrisolvibili a meno che non vogliamo ammettere che essa non dipenderà da noi e non spetterà del tutto a noi lo sforzo di applicarla. Ma è difficile davvero.

Aah, la giustizia! Nell'apocalisse la vediamo come un cavaliere bianco ed è il primo. In sé non è che invocata da tutti perché le ingiustizie proliferano come nient'altro in questo Mondo.

Alla fine la questione è sempre quella, quale significato stiamo dando alla parola "giustizia"? Un bambino che chiede alla cassa del supermercato le cose messe apposta alla portata delle sue leste manine per mettere alla prova la resistenza e la pazienza materna (che non ha di certo bisogno) se ne viene privato e viene pure sgridato, è ingiustizia? Dipende. Può essere. Nella maggioranza dei casi però no.

Putroppo come ripeto continuamente (perché lo so che siamo duri di cervice e io stesso ci casco come un pollo un giorno si e l'altro pure) le emozioni comandano sempre. Non potrebbe essere altrimenti, sono "solo" l'epicentro del nostro "fare". In senso immaginifico e ideale, proprio del pensiero, quindi addirittura ben prima di un comportamento emesso qualsiasi. Noi "pensiamo" con le emozioni ma non riusciamo ad ammetterlo e non riusciremo finché vivrà il dogma del libero arbitrio. Perché cozza terribilmente, non può essere che sei comandato dal cuore e allo stesso tempo libero di fare quel che vuoi: "fare" cosa? Il cretino mi verrebbe da dire. Chi comanda alla fine dentro sto corpo? Lo chiedo a volte al mio interlocutore e di solito ricevo occhiate stralunate quando lo faccio... 🙄 

Diciamo che una risposta rapida potrebbe essere che ognuno di noi sa perfettamente dentro di sé cos'è giusto e cosa no. Il punto è che lo sa per se stesso epperò il desiderio che ciò valga per tutti è insopprimibile. Quindi non c'è una giustizia comune? Si certo, solo che non la amministriamo noi. Cioè... Non la amministriamo perché non ce ne prendiamo la responsabilità e prendersene la responsabilità significa cercare attivamente un armonia tra ciò che noi proviamo e ciò che osserviamo. La Vita è passata da ognuno a scaricare il barile della responsabilità collettiva, perché in effetti è un disastro. L'opera di equilibrismi quotidiani a cui siamo chiamati è circense. Non tutti ce la possono fare! In effetti poi chi riesce un pochino meglio di altri è fatto subito santo. Così ce lo leviamo dai coglioni e non abbiamo l'onere di emularlo. Oh no?

Ho detto tante volte che la via Spirituale cattolica è quella più d'accatto. Non è che non produce comunque risultati di un qualche valore, perché poi questi dipendono da altro, semplicemente ti riduce a una cosa... Miserabile. Dentro. E poi esalta quella condizione che ovviamente ci fa abbastanza schifo. Coerentemente. La questione quindi è che si può giungere agli stessi risultati senza quella miseria. Quello è il punto. Ma noi non riusciamo a "crederlo", dopo migliaia di anni di incessante martellamento, semplicemente non ci crediamo. Per essere "santo" (qualsiasi cosa questa parola voglia dire ovviamente) devi essere per forza avviato al tuo proprio martirio. Più sei martirizzato più sei "santo". Poi ti spuntano cose da ribrezzo come i flagellanti o il Malleus Maleficarum, ovviamente. Cioè la pena corporale eseguita con il fine di portare sofferenza per purificare l'animo e allora si bruciano vive le persone. Non so, c'è qualcosa di più aberrante? Ecco, noi crediamo, abbiamo fede in quella cosa lì... Ne siamo intimamente impregnati e quella per noi è "giustizia". Per ciò, per i meccanismi che ci abitano, è molto difficile metterli in discussione. Ci vorrebbe una sorta di educazione addizionale che però vuole tempo, attenzione, saggezza.

In un Mondo che non fa che toglierti tempo, attenzione e buon senso? E' come gridare nella tempesta. Il ruggito del topo direbbe qualcuno. Il nulla Cosmico.

Per ciò non si può che lavorare attendendo. Cosa? Che meccanismi infinitamente più grandi di noi operino e osservarli è sempre un immenso piacere. Tutto qui. Non guadagniamo di certo "giustizia" (qualsiasi giustizia) ne diventiamo Dio... Ci mancherebbe! Rimaniamo le teste di ca%%o che siamo sempre stati, putroppo (o meno male non so). Però almeno (...per Dio! Lasciamelo dire...) ci mettiamo il cuore in pace. E questo è sicuramente già un bel dono.

Oh no?


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sarah
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Sì. Ma infatti io ho parlato della mia formazione cattolica non per tentare una difesa a spada tratta o farmi portavoce di qualche principio, ma solo per sottolineare come una mentalità consolidata fatichi ad approcciarsi ad una visione differente, che in buona sostanza "assolve" l'uomo da alcune colpe che egli tende ad auto attribuirsi in base ad una certa visione del mondo. Ho detto infatti che fatico ad entrare in questa ottica e non che la rifiuto a priori. In questo discorso così vasto e complesso, penso che sia sempre utile ricordare la ragione che ci spinge ultimamente a porci tanti interrogativi profondi. La ragione di tutto questo, io ne sono sempre convinta, è il rapido stravolgimento che riguarda l'intero nostro sistema di riferimento e che ci ha messi spesso di fronte a scelte alle quali non eravamo del tutto preparati indipendentemente dal nostro background culturale. 

Questa accelerazione degli eventi, se posso chiamarla così, è forse proprio uno degli elementi che ci spinge ad interrogarci sull'esistenza di meccanismi o di forze "infinitamente più grandi di noi" e indipendenti da noi che seguiranno il proprio corso, magari riportando quell'ordine di cose che ora sembra perduto. Hai ragione, sarebbe infinitamente più "lieve" per noi potersi porre come osservatori degli eventi consapevolmente assolti da colpe ataviche o circostanziate che rabbuiano la nostra esistenza senza peraltro darci nessun ruolo o potere nel cambiamento che desideriamo. D'accordo. Si potrebbe però obiettare come una simile impostazione possa dar luogo ad una sorta di "vuoto esistenziale". Prima di giungere all'estrema deduzione per cui l'uomo potrebbe "amare" la sofferenza e cercarla come mezzo per migliorare se stesso ( ciò che spesso si addebita, e direi spesso con ragione, alla visione cattolica ), io mi chiederei perché l'uomo distingue così chiaramente il "bene" dal "male" e tende anche emotivamente a schierarsi seguendo questo dualismo? Quale sarebbe il significato della nostra esistenza se "le forze immensamente più grandi di noi" non avessero un qualche elemento che ci rispecchia, o meglio se non fossimo noi il riflesso ( magari attenuato ) di quelle forze stesse? Credo sia una questione vecchia come l'uomo. La tensione verso l'eterno, verso una sorta di completezza o di pienezza, il desiderio insopprimibile di fare qualcosa di armonico e coerente rispetto a quelle stesse forze e magari di "compiacerle"... Questo è un compito che non ci ha assegnato nessuno, non siamo formalmente obbligati a farlo nemmeno all'interno di strutture sociali e culturali consolidate. Mi si potrebbe rispondere che, inconsapevolmente, questo "ordine" ci viene dato dall'educazione, dalla famiglia, dallo stato o dalla religione però se ci pensiamo bene forse notiamo che molte volte questa azione scaturisce da noi stessi così come le strutture di cui prima ( che tendono ad un ordine preciso ) sono creazioni degli uomini. La contemplazione delle forze superiori senza un ruolo attivo potrebbe allora essere un auspicabile punto di arrivo oppure solo una tappa ancora imperfetta della nostra consapevolezza spirituale? Non so rispondere, mi sono fatta apposta la domanda troppo difficile. 

Considera sempre le mie parole, in questi casi, non come obiezioni ferme che non sarei in grado di fare ma come libere riflessioni che seguono la traccia del tuo pensiero che con grande buona volontà cerca di spingersi nelle profondità di questo particolare frangente della storia che, questa volta è proprio il caso di dirlo, siamo costretti a vivere.


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GioCo
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Pubblicato da: @sarah

Sì. Ma infatti io ho parlato della mia formazione cattolica [...] La tensione verso l'eterno, verso una sorta di completezza o di pienezza, il desiderio insopprimibile di fare qualcosa di armonico e coerente rispetto a quelle stesse forze e magari di "compiacerle"... Questo è un compito che non ci ha assegnato nessuno, non siamo formalmente obbligati a farlo nemmeno all'interno di strutture sociali e culturali consolidate. Mi si potrebbe rispondere che, inconsapevolmente, questo "ordine" ci viene dato dall'educazione, dalla famiglia, dallo stato o dalla religione però se ci pensiamo bene forse notiamo che molte volte questa azione scaturisce da noi stessi così come le strutture di cui prima ( che tendono ad un ordine preciso ) sono creazioni degli uomini. La contemplazione delle forze superiori senza un ruolo attivo potrebbe allora essere un auspicabile punto di arrivo oppure solo una tappa ancora imperfetta della nostra consapevolezza spirituale? Non so rispondere, mi sono fatta apposta la domanda troppo difficile. 

Considera sempre le mie parole, in questi casi, non come obiezioni ferme che non sarei in grado di fare ma come libere riflessioni che seguono la traccia del tuo pensiero che con grande buona volontà cerca di spingersi nelle profondità di questo particolare frangente della storia che, questa volta è proprio il caso di dirlo, siamo costretti a vivere.

Vorrei rassicurarti sul punto. Non sfioro nemmeno la questione che riguarda la tua posizione di fede personale. Non mi interessa e forse questa è la garanzia migliore che posso offrirti. Non ho secondi fini. Parlo dell'argomento mai della dimensione personale. Ognuno affronta quello che deve e che gli compete e se lo affronta allora significa che è quello adatto, il perfetto per quel compito. Che poi "vediamo" noi stessi in quel modo o meno è tutta un altra faccenda. Spesso (se non sempre) ci osserviamo inadeguati, inadatti. Solo "dopo" capiamo che no... Non era esattamente così. Che poi le tue siano obiezioni ferme o libere riflessioni, quel che conta per me è che sono intelligenti e coerenti e che richiedono il mio massimo rispetto e impegno, nel rispondere. Stimolano e con ciò "sono certo" che non ti appartengono, non appartengono cioè alla tua parte identificata. Fanno parte di un dialogo che travalica l'esistente e con ciò non può che essere percepito dagli interlocutori che si fanno tramite di quel dialogo come vasto, tipo un eco interiore, anche nel suo aspetto semplice e immediato. E' sempre così, ogni volta è sempre così...

Capita parlando col fruttivendolo, con un parente o un perfetto sconosciuto. Non ci è dato sapere come, quando e con chi sarà la prossima volta. Come faremo ad essere "pronti"? Come si fa ad essere "pronti" per una sfida del genere? Ovviamente non saremo mai "pronti". Verremo colti sempre e comunque "di sorpresa" e dovremo improvvisare. Perché è così che togli di mezzo il mediatore importuno, la Mente che mente, il tormentatore, il disturbato, l'alienato, l'antitesi della Saggezza: il Nemico. Esso è parte di quel dialogo interiore proprio dell'identificato che ciarla di sciocchezze e porta con sé solo un carico infinito di ignoranza, ma che ha per noi un effetto ipnotico e suadente straordinario. Egli ci fa cadere, ad esempio nel timore di non riuscire, di non farcela se non "saremo pronti". L'altra parte di noi ride, perché è sempre pronta ed è comunque pronta. Aspetta da tempo atavico tutto quel che accadrà e sa perfettamente di cosa si tratta in dettagli così minuti che a noi parrebbero folli e con ciò come va affrontato e cosa ne ricaveremo. A noi manca solo di masturbarci con l'idea di gestire chissà cosa se riusciremo a portare avanti obbiettivi che procedono dalla Mente che mente, oppure coprirci il capo di cenere se non ci riusciremo, perché se siamo "perfetti" allora dov'è sta perfezione? Non si vede.

La mia risposta per ciò non si concentrava sulla dimensione cattolica in quando fede che individualmente poi sposiamo o meno, perché la vita ci porta in quella direzione, ma sui principi cattolici e che da essa procedono. Il principio del Liberio Arbitrio che non è mai posto dove dovrebbe ed è con ciò reso totalmente illusorio. Il principio della Fede che colma l'incapacità di spiegare i paradossi di una dimensione Spirituale teologicamente insostenibili e con ciò ci lascia emotivamente incapacitati nel contrasto con l'esperienza materiale, trasformandoci di fatto in pecore in un Mondo di evidenti Lupi (che più spesso sono solo Maiali). Ora, non dico di diventare Leoni, ma un semplice ariete sarebbe già sufficiente a metterne in fuga di Lupi (e di Maiali). E non siamo nemmeno usciti dall'ambito ovino per ciò la questione è meramente simbolica e serve più a giustificare il pastore (la Chiesa) e la sua presenza oltre che il suo ruolo che la necessità di indicizzare la coscienza perché sia più adatta ad affrontare le cose. Spiritualmente, ovviamente.

Quale contesto? La Chiesa ha fatto di tutto per eliminare l'evidenza e la centralità del Mondo invisibile che conosce bene, così che viviamo immersi in una idea del Mondo che ce lo rende accessibile solo in superficie. Quel che i sensi più grezzi ci suggeriscono. Come dei pesci che vivono in un acquario di una pescheria e pensano che quello sia l'Oceano. Pura finzione. Teatro. Potremmo anche raffinare i sensi e iniziare a vedere ben oltre le apparenze, non ce lo vieta nessuno e questo li terrorizza perché mette in discussione le basi teologiche. Cioè il fatto che questa possibilità sia ancora per noi accessibile li terrorizza. Ma sarebbe orrendo per chiunque provarci, come per la classica "Casalinga di Voghera" colta da un fulmine a ciel sereno. Possiamo uscirne solo bruciati se non siamo indicizzati. Millenni a ripetere che tutto è Male e che l'Uomo ha in sé quel Male, terrorizzandoci, ci ha chiuso dentro ogni accesso a misura stagna ed ermetica. Siamo diventati i peggiori aguzzini di noi stessi e godiamo perfino a torturarci, senza vedere, capire la perversione che ci abita. L'estrema misura evidente, nell'evidenza, è il fatto che sia esistita una cosa come il sadomasochismo. Se sai indicarmi un altra cultura che sia riuscita a produrre una tale aberrazione, non avrò che orecchi per ascoltare. Temo sia però una causa persa e lo dico sinceramente con il cuore in mano e con le lacrime. Vedo bene come ci si esalti per essere il massimo in un Mondo che esprimendo il minimo rappresenta quel che deve e basta.

La Chiesa opera attivamente pervertendo ogni tentativo di raddrizzare la situazione con l'azione inquisitoria. La radice della perversione e tutta lì... Ed è educativa, scolastica, procede dall'atto di Fede e dal Libero Arbitrio. Puoi vederla o no, ma agli occhi del Cosmo (come dell'Innocenza del Bambino che è in Noi) è nuda e se la riconosci per la ributtante realtà che veicola mentre finge d'essere altro, non riesci a giustificarla... Fai fatica anche solo a sostenerne lo sguardo e rimani senza parole. Il cuore impazzisce. Beata per ciò l'ignoranza... E' quello che ripeto. Se da una parte capisco che non sarà concessa ancora a lungo quell'ignoranza, dall'altro però non sono tra coloro che non vedono l'ora arrivi la coscienza escatologica accettata da tutti collettivamente. Perché chi non vede l'ora non ha capito un ca%%o. Immaginare una qualche salvezza che cali dall'alto e con ciò che ci trarrà tutti in salvo, felici e beati dall'oggi al domani, è quanto di più lontano possa esserci dal concreto ed è "solo" la logica me lo suggerisce. Siamo obbligati a un risveglio duro che bastonerà tanto il Saggio come il Cretino anche se sarà il Cretino a riportare i lividi più vistosi. Sarà un bastonamento alla cieca e sarà furioso perché non risparmierà nessuno. Nessuno! Ogni tentativo di salvare il salvabile ci riporterà semplicemente da capo davanti all'inquisizione che ricomincerà la sua tortura senza soluzione di continuità e senza apparente ragione. Sadomasochisticamente.

Dimmi, quale ragione c'è per tutto quel che è successo fin'ora se togli la componente Spirituale? Cioè emotiva e del cuore? Quale? Se non vedi che è lui sotto attacco diretto e da parte di forze che travalicano la dimensione grezza materiale che ci sovrasta e che procede dalla Mente che mente, tutto ciò che ti rimane tra le dita e follia e a quel punto dovrai decidere se adattarti e con ciò divenire a tua volta un folle fingendo di non esserlo, oppure di fissare con tutta l'intensità interiore e la fermezza che ti rimane quel Male senza recedere, nemmeno di tanto così. Perché noi siamo ben coscienti di cos'è Male e cos'è Bene, ma siamo sconnessi ogni volta da ciò che ci permette di vederlo con l'occhio del Saggio. Veniamo sconnessi dal cuore e non parlo tanto di me o di te, ma della collettività e con ciò siamo sconnessi e basta. Tra di Noi. Questo è orrore puro. Come altro descriverlo?

Ci vorrà tempo e se il tempo sarà compresso, anche le "prove" in mezzo lo saranno. Con tutto ciò che questo significa.


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