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Ipazia, Agorà: splendore dell'ozio e orrore della civiltà


Tao
 Tao
Illustrious Member
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E' un po' tardi per fare pubblicità a un film minore, che se non è già scomparso da tutte le sale d'Italia, poco ci manca: Agorà.

E' un po' ingenuo, è bello, dignitoso e abbastanza fedele al pochissimo che si sa della filosofa Ipazia ( http://www.alessandracolla.net/?p=111 ) ; mentre ciò che il regista aggiunge e inventa mi sembra abbastanza plausibile, o comunque non impossibile.

Ma ciò che trovo affascinante è il divario radicale tra la cultura filosofica alessandrina e platonica di cui Ipazia è stata esponente, e la lettura della sua vicenda ai tempi dei media e delle contrapposte tifoserie identitarie.

Il tema del film, infatti, non avrebbe interessato quasi nessuno, se non fosse stato inserito a forza, nel gioco calcistico della Destra-Sinistra, o meglio nel suo riflesso Clericali-contro-Laicisti.[1] (

Sul feroce mercato spettacolare nazionale, lo spazio per film non statunitensi e non italiani è minimo -  senza presumere di intendermene, azzardo la cifra di dieci l'anno, ammessi ai circuiti che contano; e un film bello ma tutt'altro che eccezionale dal punto di vista artistico, che riguarda alcune oscure dispute del quinto secolo, non sarebbe mai passato.

Astutamente, qualcuno - non so se il produttore o un ammiratore - ha tradotto questa debolezza in forza, lanciando una truffaldina ma efficace campagna di marketing virale: credo che tutti abbiamo letto i messaggi che circolavano in rete, dicendo che il clero stava tramando per impedire la diffusione del film in Italia.

 Ora, quando qualcuno mi dice una cosa del genere, io chiedo sempre, bene, dimmi chi, in che data, ha cercato di fare che cosa e presso chi. Nessuno dei complottisti ha saputo rispondere.

Però la tendenza normale è non porsi simili domande da filosofi: siccome sappiamo che i preti sono malvagi, allora sappiamo che il complotto per sopprimere il film è vero; e il fatto che complottino conferma l'assunto di partenza, cioè la malvagità dei preti. Simili ragionamenti circolari non sono monopolio dei laicisti, anche dalla parte opposta le cose funzionano esattamente allo stesso modo.

Eppure il film avrebbe potuto aiutarci a ragionare su cose molto meno banali, che riguardano le fondamenta della vita sociale.

Ipazia appare nel film come una donna ricca e colta, che vive in una splendida villa, contornata da schiavi; è figlia di un uomo ozioso, nel senso latino della parola. E non c'è motivo di credere che il regista si sia sbagliato.

Ipazia faceva parte quindi del ceto su cui si fondava l'impero romano: i proprietari terrieri, o gli armatori di navi che mandavano il grano egiziano a Roma. In questo ceto, l'etnia contava poco: ci si riconosceva grazie al censo e alla cultura, quest'ultima gestita - per nostra eterna fortuna - dai grammatici e dai filosofi.

Questo ceto ebbe un parallelo in un altro ceto, che ha creato ciò che io ritengo sia stata la più bella civiltà della storia. Parlo dell'Inghilterra vittoriana, dove - non a caso - il platonismo ebbe grande diffusione.

In cima alla piramide, l'Inghilterra vittoriana era caratterizzata da un'umanità che si distingueva per sensibilità, curiosità, grande attenzione al diritto, disponibilità al dialogo, profondo rispetto delle lettere, amore dei piccoli piaceri della vita e - cosa rara nella storia - senso dell'umorismo. Una simile società permetteva quindi anche ad alcune donne di esprimersi in una maniera che non aveva precedenti altrove.

Ma quell'umanità si reggeva sull'esproprio delle terre comunali (ed ecclesiastiche) e sul triangolo commerciale che prendeva il cotone degli schiavi americani, lo faceva trasformare nelle fabbriche da operai irlandesi affamati e inebetiti dall'alcol, e imponeva i prodotti agli indiani, distruggendone l'indipendenza economica.

L ewis Carroll riuscì a far parlare persino le bambine ( http://kelebek.splinder.com/post/19408259/la-disputa-di-alice-e-babbo-natale ) e senza mediazioni,  ma non a far parlare i poveri. 

La rapina dietro la bellezza non poteva che sfociare nella Grande Guerra ( http://kelebek.splinder.com/post/18937986/4-novembre-gran-festa-degli-assassini ) . E non dimentichiamo la tremenda sorte di un ceto per alcuni versi simili, quello raffinato dei proprietari terrieri russi.

Non diversamente, la libertà di Ipazia era possibile in una società che poteva permettersi l'ozio e che dava più importanza al censo che al genere. Ipazia aveva certamente un ruolo insolito, ma gli autori degli scarni resoconti della sua vita non sembrano trovare assurdo il fatto che una donna godesse di tanta autorità.  

Accanto a questa società, il tardo impero romano ne esprime un'altra: quella delle plebi urbane.

L'affermazione del cristianesimo è in fondo un mistero. Non di tipo metafisico, ma perché ne sappiamo troppo poco; e perché il cristianesimo si è espresso quasi esclusivamente attraverso il linguaggio della teologia: un po' come cercare di capire cosa motivava un sedicenne borghese del '68, leggendo solamente certi astrusi trattati teorici sulla lotta di classe nelle fabbriche che venivano pubblicati all'epoca.

Ma è evidente che il cristianesimo è stato un fenomeno unico, perché è sorto come grande fenomeno di massa aggirando lo stato. Non combattendolo - lo spirito di compromesso con il mondo è antico nel cristianesimo - ma mobilitando le persone attraverso altri canali. Tra questi canali, il riconoscimento dei bisogni umani era certamente importante.

Mentre Ipazia, a dar retta alla tesi (indimostrabile ma plausibile) del regista, si occupava del moto dei corpi celesti, i suoi futuri aguzzini si definiscono parabolani, coloro che mettono a rischio la propria  vita curando o seppellendo gli appestati e distribuendo il pane agli affamati. Tutte cose che richiedono molta più fede e determinazione che umorismo e ragione.

Che Cirillo fosse un capopopolo austero e fanatico, ma anche astuto e spietato, è assai probabile; e Alessandria era segnata da secoli di scontri etnici e non. Ma senza togliere nulla all'episodio dell'assassinio di Ipazia, i lunghi tempi della storia ci fanno dimenticare un'altra cosa.

Dopo il 1200, la violenza delle istituzioni cristiane diventa sistematica e rimane tale, almeno nelle intenzioni, fino a quando viene sconfitta dall'assolutismo monarchico del Settecento.

Ma tra Cirillo e i primi rudimenti dell'Inquisizione, è passato all'incirca lo stesso tempo che è trascorso tra noi e Dante: la violenza dei parabolani non fu la stessa cosa dei roghi dei valdesi e dei catari, che segnavano invece l'affermazione del controllo burocratico di Roma sull'Europa feudale. E dove i ruoli erano in una certa misura rovesciati: lo spirito dei parabolani era casomai quello degli eretici, anche se tra i dominanti di allora non è facile trovare un'Ipazia.

Miguel Martinez
Fonte: http://kelebek.splinder.com
Link: http://kelebek.splinder.com/post/22707202/ipazia-agora-splendore-dell-ozio-e-orrore-della-civilta
11.05,.2010

Nota

[1] Visto che la mia cultura di provenienza è in parte quella della Società Teosofica ( http://kelebek.splinder.com/post/12236581/L%27universo+e+una+fumatrice+di+ ) , segnalo che la seconda Presidente della Società Teosofica, Annie Besant, nel solco della cultura anticlericale e protofemminista dei suoi tempi, fu dichiarata una reincarnazione di Ipazia. Ma non sono stati i teosofi a determinare il successo di Agorà.


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