Il mio demone... Si, lui. Quella forza forte che è poi l'Origine a cui prima o poi torniamo, perché proveniamo da lì... Anche se non ce lo ricordiamo. Come si fa a non intenderla brutale e ferina, quando ci da lezioni di Vita ?! Come il genitore che punisce, ma non per veicolare il Male. Perché rimaniamo inconsapevoli e sciocchi, oltre ogni ragionevole ragione e lasciarci soli a riflettere, spesso non ha contraltare o alternativa. Nemmeno per lui...
Cosa succede al bambino quando lo si punisce ? Cosa, quando sa che è giusta la punizione, dentro nel profondo, ma non vuole accettarla ? Che si arrabbia. Grida contro il genitore che è cattivo e forse fa anche peggio. Lo pensa ? Si, certo !
Eppure, reagire significa rifiutare il Significato che porta in sé la Vita e che prescinde poi da quello che accade. Ciò che ci circonda è anche il risultato di quanto compiuto da chi ci ha preceduto, senza ombra di dubbio. Ma in che senso il passato veicola significato per noi che siamo nel presente ?
Qual'è la colpa, se esiste ? Generazione dopo generazione, quale se ogni volta si rinnova la schiatta di coloro che sono chiamati a Vivere ? Se siamo attori col "mandato" per recitare un copione in accordo con l'infinito, non faremo che recitare "quella" parte prendendo su di noi l'onore del passato, ognuno il suo e tutti quello condiviso. Non importa quanto saremo identificati nella pena e nella gioia che ci riguarda, comunque reciteremo "solo" una parte nella tragicommedia. Rivestiremo i panni della nostra stessa persona...
Siamo straordinari ! Da rimanere abbagliati... Abbastanza da dimenticarci persino che stiamo recitando, abbastanza da ingannare tutti, insieme a noi stessi, abbastanza da prendere seriamente quello che accade.
Dalla serietà arriva la pensantezza e dalla pesantezza la fatica... Poi anche il dolore. Perché un grano di polvere nell'aria può persino volare se abbastanza piccolo e chissà dove potrà arrivare, mentre un macigno può sia cadere che rompersi, alla fine del precipizio, comunque si sposta di poco (in genere) e ogni spostamento importante richiede sforzi assurdi... Come i cataclismi.
"Spostarsi" significa essere consapevoli. Nella coscienza, non ci si sposta se grava "peso" e più è il carico, meno ci si sposta. Nell'etimo è l'emozione, "emòtus", che genera movimento interiore e se siamo pesanti, prevarranno emozioni grevi. Il corpo, in ogni caso, si muoverà solo nell'illusione "di andare da qualche parte" per fare qualcosa.
Un tempo, il movimento concreto, reale, non era quello che spostava il corpo. Questa massa di carne e ossa che straparla quando non pensa, come una radio rotta fissata su qualche assurdo canale che tramette solo telenovele di basso profilo e se pensa è pure peggio. Perché darà la falsa impressione che quel pensiero ci appartiene.
Allora cosa ci appartiene ?! Se non il passato, non il tempo e nemmeno quello che pensiamo, cosa ?!
L'Origine. L'Infinito. Non basta ? Allora, in cambio, c'è solo la miserabile incoscienza di una esistenza falsa e ipocrita, dolorosa, faticosa e violenta. Da condannare, certamente, come fa il bambino, quando urla contro i genitori che sono cattivi e ingiusti con lui...
La tragedia della separazione sta nella colpa data all'Origine e il senso di colpa così riflessa dentro di noi sta nell'impossibilità di accettare che non esiste alcun libero arbitrio. Se infatti siamo "liberi di decidere", allora porteremo il peso delle colpe, tutte le colpe, quelle del passato, quelle del presente e persino quelle del futuro. Non c'è via di mezzo: o tutto o niente.
Allora, sconsolato, vedrai al cappezzale del martirio quanti si siederanno accando a te per consolarti e per dirti che ti capiscono e che ti sono vicini. Vogliono aiutarti perché anche loro soffrono come te, più di te e sanno quindi come affrontare la pena: ti vogliono bene. Ma è una relazione disgraziata, parassita, persino quando sincera. Non vuoi rimanere da solo e non vuoi affrontare la tua evidente condanna, che è la condanna del Mondo e quindi dell'Origine che ti ha abbandonato. Anche se hai fede nel volere divino, il semplice senso di colpa che è figlio della condanna che è figlio di un amore povero e pregno di tradimento ineludibile, ove lo dirigi non importa, se è in te finisce sempre e per forza nel riflettersi nello specchio dell'Origine e nel peso che porterai. Tutto il peso e per sempre perché l'Origine è Infinito.
Senza soluzione di continuità.
Il mio demone... Comanda. Non lo fa perché "vuole". Anzi... E' la sua semplice "presenza" a imporsi. Come quella di una foresta incantata. In quella presenza, non c'è fretta, non c'è inganno, non c'è clamore. In essa, non fai quello che "vuoi", perché la volontà non è mai tua, ma sempre "altra", in quanto procede da un qualche genere di possessione che è illusione. Come quella del Gatto e la Volpe. Come il cuore, nessuno fa quello che "vuole". Procede (o no) secondo Armonia ed è allora che diventa l'ora di apprezzare un altro genere di libertà impossibile da non riconoscere altrimenti, se la vedi. Una "libertà" (dall'inferno della tua condizione interiore) che non ha niente a che fare con la follia, la menzogna e il disagio che si vive tra i perduti, in questa dimensione miserabile.
Noi, nella realtà del palcoscenico, viviamo entro un "frenetico cambiamento", come fosse una tempesta perfetta, dove però le cose alla fine mutano esattamente e solo per non cambiare mai. Perché non cambia la relazione di potere (miserabile) che deriva dalla separazione dall'Origine: chi controlla chi senza Armonia ? Il controllore sarà sempre in "ansia" e in lui dominerà sempre la "volontà" di conservare la sua propria fragile e discutibile posizione di predominio, perché non ha di sé alcun dominio che non sia inganno. Egli conserverà la volontà ferrea di dominare, perché manca la pretesa di ottenere altrettanto in lui. Proietterà questa sua sconfitta nel Mondo e nella rinuncia definitiva a cambiare qualcosa, tutto ciò che gli importerà sarà trovare il modo di scaricare la condanna (del suo proprio fallimento) fuori. Da qualche parte.
L'Origine è Infinito e non c'è altro da cui deriva qualcosa che non sia finito. Per ciò l'Abbondanza è unicamente sorgiva se deriva dall'Infinito e in esso torna. Ma nell'Infinito non esiste alcuna necessità di controllo, alcuna "dipendenza", alcuna necessità di possesso. C'è una specie di "rispetto" che è quello per l'Ordine e che nel suo proprio preocedere, garantisce quell'abbondanza che è prima di tutto consapevolezza.
Ne deriva che se in noi non domina l'Infinito, ma queste cose miserabili, il peso ci ancora a terra e nel corpo come una zavorra. Siamo come farfalle in gabbia. Non possiamo che agitarci in spazi ristretti per fare anche noi i "buoni samaritani", nel languido tentativo di amare quanti condividono con noi quello spazio, al massimo. Un amore che veicola coscienza, certo, umili stracci scambiati per oro colato, cioè illusioni di poco valore per illusioni di grande valore che poi è questa assurda idea di "sapere" e di "insegnare" a Vivere. La fregola di intervenire. Di risolvere. Di provare a sotituirci all'Origine per sentirci "grandi" non appena abbiamo "il potere" sufficiente...
Basta spesso poco, una divisa, soldi, la sapienza che deriva dai libri... "Abbiamo capito tutto", cioè niente. Siamo quindi pronti a imporlo... Perché nell'esercizio del libero arbitrio, il nostro, la sola cosa a muoversi è l'identificazione. La proiezione corporea che è poi la maschera di scena per recitare la parte, aprioristicamente, pedissequamente. Una maschera che può solo desiderare di imporsi, perché non ha nessun altro fine, anche quando si limita a giudicare... Abdicando la constatazione che è sempre nemica giurata di quanto non riusciamo ad accettare.
Per ciò e per logica, la condanna è una condanna a rimanere identificati nella parte che è sempre miserabile ed è sempre, per forza di cose, separata dall'Origine. Poi però l'Origine non rimane silente. Sussurra e finché l'Animo è giovane è facile non ascoltarla, dato che non ha nessun desiderio di imporsi. Ma con l'età, Vita dopo Vita, la monotonia di una realtà troppo povera uccide ogni velleità, ogni Superbia e ogni Vanità. Si smette di correre e ci si guarda attorno: che cos'è la Vita ? Perché si va cianciando d'essere qualcosa o qualcuno e per fare freneticamente cose che richiamano se stesse al fine di guadagnare solo quello che verrà perduto, nella misura in cui lo abbiamo guadagnato ? Perché vivere nel timore di perdere o nell'ansia di cumulare ? Perché nulla è mai abbastanza ?
Perché nell'Animo del miserabile è chiarissimo: non si possiede che stracci e disagio trattenuti a stenti e con infinita fatica.
Il mio demone... Si, lui. Quella forza forte che è poi l'Origine a cui prima o poi torniamo, perché proveniamo da lì... Anche se non ce lo ricordiamo. Come si fa a non intenderla brutale e ferina, quando ci da lezioni di Vita ?! Come il genitore che punisce, ma non per veicolare il Male. Perché rimaniamo inconsapevoli e sciocchi, oltre ogni ragionevole ragione e lasciarci soli a riflettere, spesso non ha contraltare o alternativa. Nemmeno per lui...
IL DEMONE CHE CI È TOCCATO IN SORTE
Il quarto trattato “Il demone che ci ha avuto in sorte” è il quindicesimo scritto da Plotino ed è probabile che sia stato scritto dopo un particolare evento narrato da Porfirio: “Un sacerdote egiziano giunto a Roma […] portò Plotino a contemplare l’evocazione del suo proprio demone che lo custodiva. Dopo che questi accettò, l’evocazione avvenne nel tempio di Iside: l’egiziano infatti sosteneva che a Roma soltanto quel luogo fosse puro. Il demone fu evocato sotto i loro occhi, ma comparve un dio che non apparteneva al genere dei demoni; allora l’egiziano esclamò: “Beato te, che hai un dio per demone, e non un custode di grado inferiore!”” La concezione che troviamo in Plotino è sostanzialmente quella espressa da Platone nella “Repubblica”.
“Chi, dunque, diverrà un demone? Uno che lo è stato anche in questa vita. E un Dio? Colui che lo è stato fin da quaggiù. Insomma, l’operare di un uomo diviene la sua direttrice, dato che anche qui lo era. È questo il demone che lo ebbe in sorte da vivo? No, ma quello che è ancora precedente, e mentre questo presiede, ma senza operare, quello che lo segue agisce: di conseguenza, ciò che concretamente opera è il nostro apparato sensibile, mentre il demone è la facoltà razionale.”
E' l'esplicazione per quanto indiretta ed in termini oramai desueti, del concetto orientale della metempsicosi, a cui si unisce come prodromo l'evocazione del 'doppio' animico, in veste di 'psicopompo' non solo nell'aldià ma anche qui, adesso in questa nostra dimora mortale: 'doppio animico' in realtà inficiato da un elemento estraneo, che chiamo il 'daimon' per semplicità.
Interessante la nota: ''..l' operare di un uomo diviene la sua direttrice..'' nella sua vita successiva, in quanto ''..ciò che concretamente opera ( adesso ) è il nostro apparato sensibile, mentre il 'demone' è la facoltà razionale ” ovvero aggiungo io, l'elemento che 'orienta' le direttrici sensibili ( ed extrasensibili ) sulla base dell' imprinting animico precedente.
L'azione concreta che ne risulta ha dunque due aspetti, due vettori: un elemento 'sincronico' dovuto all'apparato sensibile, connesso ai moti profondi della psiche attuale ( anche di origine sessuale ) mentre l' aspetto diacronico innesta la serie degli atti nella trama delle vite precedenti ed in questo 'innesto' può anche non essere 'esplicabile' sulla base della prima e sopratutto può essere 'aberrante', in quanto l'orientamento può essere 'deviato': il demone occupa la razionalità 'attuale' e la offusca sino a prenderne il possesso ed a questo punto si salda col 'daimon'. La possessione diventa completa.
Vediamo di capirlo, anche se si tratta di aspetti estremamente complessi.
Innanzitutto, molti fatti di cronaca si possono intendere con le complesse interrelazioni occorse in fasi precedenti l'attuale vita: dalla catena delle vite 'riemergono' grumi irrisolti razionalmente e moralmente che motivano il soggetto ad agire, anche in senso distruttivo qualora la 'ratio', ma oggi diremmo l' inconscio, entri nella psiche e la possegga.
Problema sempiterno che rende biunivoco il rapporto con la nostra facoltà maggiore.
Da un lato vi agisce questo elemento precedente e gli dà un carattere 'attivistico' 'meccanico' impulsivo' terribilmente difficile da domarsi e chiarirsi e qui ovviamente il 'daimon del sesto cielo' vi ha la sua sede eminente ( il demonio è 'loico' ed indirizza il complesso formatosi precedentemente in senso disumano facendolo apparire come propria espressione 'veritiera': attenzione è tutto qui il problema...).
Sotto un altro aspetto, correlativo ed in stretta simbiosi 'inversa' col primo, la ratio può riverberare la nostra Coscienza individuale primigenia solo in tanto in quanto l'abbiamo resa prevalente e vittoriosa: ''..“Beato te, che hai un dio per demone, e non un custode di grado inferiore ! '' ( inferiore nel senso di 'infero' e 'demone' nel senso di funzione superiore sovrarazionale, a questo punto: il mondo antico non differenziava ancora le diverse attività spirituali ).
Che fare dunque ?
E' semplice: la ricetta buddista ( ed induista ) è eterna e vuole che ognuno compia ogni cosa con animo sereno e lontano da violenza gratuita ed interesse 'egoistico', depotenziando così di significato i residui mnestici precedenti e quella orrida veste 'necessitante' che obbliga l' uomo concreto ad atti falsamente razionali a cui si sente obbligato, a questo punto condannandolo all'eterna trasmigrazione nel dolore e nella tragedia.
Anche per la guerra questo vale. Perchè purtroppo di nuovo la campana, che suona a raccolta gli uomini per il sacrificio supremo, ha cominciato a battere i suoi tristi ed orrendi rintocchi di morte, abituando sin nella quiete domestica ad immagini di dolore, sofferenza, morte e sterminio, predisponendo la 'ratio' preconscia, per i troppi resa serva del 'daimon' del sesto cielo ( l' immagine è del buddismo Nichiren e del Sutra del Loto ) in quanto agente su individualità immature spiritualmente, a sortire i suoi nefasti effetti.
E questa responsabilità profonda ricade su gli americani sionisti ed i suoi padrini israeliani, nonchè sugli occidentali e le loro religioni, per quanto si affannino certuni ad esimerle da responabilità.
Hanno preparato il terreno della irresponsabilità individuale su cui cresce la mala pianta dell'attività del 'daimon'.
Il primo, con l'esaltazione della povertà in ( di ) spirito, bestemmia orrenda condita oggi con l'obbedienza agli ordini quali che siano: noi non sappiamo ne vogliamo sapere, siamo mondi da ogni accusa proprio perciò, dunque lasciamo fare alle guide spirituali alcune delle quali ci diconmo che siamo 'superiori' a tutto e dunque 'che ce frega' ?
Secondariamente con l'apologia mistificatrice del perdono, richiesto a piè sospinto sempre ed ovunque, folle ed assurdo depotenziamento della razionalità derivante dalla responsabilità per i propri atti, unico argine per quanto modesto allo scatenarsi della follia, individuale e collettiva su cui si innesta l'attività feroce del 'daimon del sesto cielo', il vero padrino occulto della nostra storia.