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L'impossibilità del movimento dal basso

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Primadellesabbie
Illustrious Member
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Post: 5039
 

@ DesEsseintes

Mi scuso per l'esempio che farò e che potrebbe disturbare qualcuno, ma per quanto cerchi non trovo altro modo per rendere ciò che voglio dire.

Ti sarà capitato talvolta di sedere accanto ad una famiglia con un figlio handicappato, e può essere che tu abbia notato come i genitori e i fratelli abbiano "fatto proprio" il disturbo che ha colpito il loro congiunto, al punto di prevederne le mosse e prevenirne con grande naturalezza le reazioni ai vari stimoli che via via lo interessano.

In un testo di antropologia, che purtroppo non ricordo, mi sono imbattuto nella descrizione del comportamento di certi trogloditi che avevano un comportamento reciproco molto simile a quello che ho cercato di descrivere qui.

Ciascuno di loro "era" anche tutti gli altri, lo studioso si era imbattuto probabilmente nella più remota forma di convivenza che possiamo immaginare, non c'era competitività ma una forma di immedesimazione e di totale conoscenza ed assunzione da parte di ciascuno della personalità degli altri componenti il gruppo.


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MarioG
Famed Member
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Post: 3055
 

Vogliamo diventare tutti "trogloditi"?


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Primadellesabbie
Illustrious Member
Registrato: 2 anni fa
Post: 5039
 

MarioG;235175 wrote: Vogliamo diventare tutti "trogloditi"?

Mi pare che la maggior parte di noi concordi sul fatto che il nostro famoso "progresso" ci abbia arricchito da un lato ed impoverito da un altro.

Ed é di questo che cerchiamo di parlare qui.

Chi invece non vede le cose a questo modo può godersi la sua soddisfazione in tutta libertà...e ricordarci la sua felice condizione rivolgendoci, come da consuetudine, qualche puntuale battutina provocatoria.

Ad ogni modo la scelta che proponi é a disposizione solo di chi non lo sia già.


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Tibidabo
Noble Member
Registrato: 2 anni fa
Post: 1331
Topic starter  

Primadellesabbie;235176 wrote:
Mi pare che la maggior parte di noi concordi sul fatto che il nostro famoso "progresso" ci abbia arricchito da un lato ed impoverito da un altro.

Ed é di questo che cerchiamo di parlare qui.

Chi invece non vede le cose a questo modo può godersi la sua soddisfazione in tutta libertà...e ricordarci la sua felice condizione rivolgendoci, come da consuetudine, qualche puntuale battutina provocatoria.

Ad ogni modo la scelta che proponi é a disposizione solo di chi non lo sia già.

Hai toccato due punti essenziali.
Secondo me (ma anche secondo alcuni...) è indispensabile cercare di scegliere fra le opinioni di persone competenti nel campo in cui noi non lo siamo.
Per esempio di economia capisco poco ma dall'inizio della crisi cercavo di dipanare in qualche modo la matassa.
Non so dire esattamente come ma mi sono subito orientato verso un rifiuto delle tesi di Alesina-Giavazzi.

Lo si fa in modo del tutto empirico e spesso ci si accorge di essersi sbagliati ma se non operi un prima scelta riflettendoci sopra anche se con mezzi insufficienti non si è in grado di proseguire ossia in qualche modo devi iniziare a costruire da subito, non puoi aspettare di aver preso la laurea in quel determinato campo.
In sostanza è come nuotare, un minimo di istruzioni ci vogliono ma a un certo punto devi per forza entrare in acqua e cercare di galleggiare tu, non lo impari sui libri.
Vale anche per l'andare in bicicletta e per un'altra cosa sempre di tipo ricreativo.

Il punto è che non è importante avere ragione o torto, ma riuscire a creare un discorso con altri. È la condivisione delle interpretazioni che dà la vera "verità", molto più della inoppugnabile dimostrazione oggettiva che per avere realmente senso presuppone appunto l'esistenza del discorso.
Sarebbe il finale di "Blow Up" di Antonioni sul quale devo scrivere un lungo papiro...
Per chi lo ha visto il protagonista sente con le proprie orecchie il suono delle palline da tennis inesistenti e in quel momento capisce che la "fotografia" apparentemente "vera" non gli diceva nulla se non fosse stato in grado di comunicarlo ma proprio la pretesa di "verità" oggettiva lo portava a non poter più comunicare.

La seconda è:

"Ciascuno di loro "era" anche tutti gli altri, lo studioso si era imbattuto probabilmente nella più remota forma di convivenza che possiamo immaginare, non c'era competitività ma una forma di immedesimazione e di totale conoscenza ed assunzione da parte di ciascuno della personalità degli altri componenti il gruppo."

Questa è veramente la chiave per sperare di trovare una via per la "salvezza".
Naturalmente sono cose che non capisce quasi nessuno e ti rispondono che stai parlando di telepatia o altre osservazioni senza molto significato che rivelano, a mio avviso, una sorta di sacro terrore di perdere la propria "individualità".

Siamo immersi in un mindset subalterno in cui "condivisione" significherebbe "perderci qualcosa", "regalare gratis qualcosa di tuo a un altro".

Condivisione invece è l'unico modo per moltiplicare quello che hai sostanzialmente all'infinito e passa per una iniziale rinuncia alla nostra "individualità" di moderni ma superandola per arrivare a un livello superiore.

È quello che dico quando parlo di andare oltre il concetto di un "io" centrale che sussume sotto di sé tutto il resto.

Per chiudere che sono tanto facondo: se uno considera la "guarigione" presso i popoli primitivi non può fare a meno di osservare che non saprebbero curare una carie o una appendicite.
Però la loro magia terapeutica consiste nel rendere interpretabile dal malato e dal gruppo la situazione patologica e come è ovvio anche la stessa morte.
Da noi si guarisce meglio fisicamente ma quell'aspetto più spirituale di comprensione del senso del dolore e della fine che comunque anche da noi sono inevitabili si realizza pienamente solo in quelle culture dove la dimensione collettiva è ancora presente e primaria rispetto al'obbligo sociale di individualismo.


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