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perchè arrivano i barconi?

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Tonguessy
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Ai fattori finora elencati ne aggiungerei uno di non secondaria importanza: la falilità di trasferimento che i moderni mezzi di comunicazione offrono. Una volta il Grand Tour era un viaggio culturale con il quale le elites aristocratiche si concedevano il lusso di visitare il nostro paese, mentre i poveracci degli africani venivano ridotti in schiavitù e venduti nel Nuovo Mondo in quell'operazione commerciale che si chiamava triangolo d'oro.
Lo sviluppo di reti di comunicazioni per fini mercantili permette oggi di equiparare il trasporto di merci al trasporto di persone, che non hanno più quelle difficoltà a raggiungere posti lontani come i loro antenati. Ad una frazione minima del prezzo di un Grand Tour oggi i popoli possono tranquillamente spostarsi da un posto all'altro del globo, esattamente come si sono spostati da una parte all'altra del barcone, causandone l'affondamento. Tanto chi affonda sono sempre i soliti poveracci, ieri come oggi.


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yakoviev
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Tanto chi affonda sono sempre i soliti poveracci, ieri come oggi.

E' vero ripensando a certe tragedie del passato abbastanza remoto non è cambiato poi molto. Fra l'altro, a quanto dicono i testimoni diretti del naufragio dell'altro ieri, chi aveva pagato di più stava sulla plancia, chi di meno era rinchiuso nella stiva. Praticamente colare a picco era un rischio contemplato, anche con diverse tariffe a seconda del livello: paghi meno ma se succede qualcosa sei condannato a morte certa. Resta da capire, e io ancora non riesco a darmi una spiegazione convincente, come facciano a raccattare le migliaia di euro che, a quanto si dice, servono per un passaggio sui barconi: disperati nullatenenti affamati che tirano fuori di tasca una o più migliaia di euro? Nei paesi da cui provengono anche mille euro sono un capitale non da poco...


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Matt-e-Tatty
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Tanto chi affonda sono sempre i soliti poveracci, ieri come oggi.

E' vero ripensando a certe tragedie del passato abbastanza remoto non è cambiato poi molto. Fra l'altro, a quanto dicono i testimoni diretti del naufragio dell'altro ieri, chi aveva pagato di più stava sulla plancia, chi di meno era rinchiuso nella stiva. Praticamente colare a picco era un rischio contemplato, anche con diverse tariffe a seconda del livello: paghi meno ma se succede qualcosa sei condannato a morte certa. Resta da capire, e io ancora non riesco a darmi una spiegazione convincente, come facciano a raccattare le migliaia di euro che, a quanto si dice, servono per un passaggio sui barconi: disperati nullatenenti affamati che tirano fuori di tasca una o più migliaia di euro? Nei paesi da cui provengono anche mille euro sono un capitale non da poco...

Sembra l'affondamento del Titanic, i passeggeri di terza classe chiusi ai livelli bassi.
Parlano di alcune migliaia di €, non ci centinaia di migliaia.
I profughi siriani arrivano anche con dei rotoli di dollari cuciti nei vestiti, me lo ha spiegato l'estate scorsa un ufficiale di marina che ha preso parte a mare Nostrum.
Chi non se ne va da certi luoghi credo sia chi non può, chi non ha nessun mezzo.


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Tonguessy
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come facciano a raccattare le migliaia di euro che, a quanto si dice, servono per un passaggio sui barconi: disperati nullatenenti affamati che tirano fuori di tasca una o più migliaia di euro? Nei paesi da cui provengono anche mille euro sono un capitale non da poco...

E' una domanda che mi sono fatto anch'io: con quei soldi nel terzo mondo puoi avviare una piccola impresa, e resti pur sempre a casa tua, parli la tua lingua, vedi la tua gente, mantieni i tuoi costumi ed usanze. E non rischi di andare a picco.
Com'è sta storia?
Dalla tragedia corrente mi nasce una speranza: che quei disperati si rendano conto che il gioco non vale la candela, così come se ne resero conto gli albanesi di qualche decennio fa.


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vendicatorerosso
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come facciano a raccattare le migliaia di euro che, a quanto si dice, servono per un passaggio sui barconi: disperati nullatenenti affamati che tirano fuori di tasca una o più migliaia di euro? Nei paesi da cui provengono anche mille euro sono un capitale non da poco...

E' una domanda che mi sono fatto anch'io: con quei soldi nel terzo mondo puoi avviare una piccola impresa, e resti pur sempre a casa tua, parli la tua lingua, vedi la tua gente, mantieni i tuoi costumi ed usanze. E non rischi di andare a picco.
Com'è sta storia?
Dalla tragedia corrente mi nasce una speranza: che quei disperati si rendano conto che il gioco non vale la candela, così come se ne resero conto gli albanesi di qualche decennio fa.

gli albanesi del 91 non pagarono il viaggio, fu il loro governo (accordatosi con il nostro) a spingerli a partire...

oggi ci sono leggi ad hoc per chi si presenta in Italia su di un barcone, se fosse come tu dici perché appena giunti qui chiamano in fretta i parenti per invogliare loro a fare la stessa trafila?


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Matt-e-Tatty
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Se non si parla dei più poveri Dell'Africa, si perla di persone/famiglie che arrivano a qualche decina di migliaia di dollari. Una casa in Senegal o egitto o marocco o Tunisia costa poco agli occhi di un romano o di un bolognese. Evidentemente su 800000000 di africani alone decine di migliaia o qualche milione (a seconda del lasso di tempo) ritiene che valga la pena puntare tutti i propri averi, in un viaggio della speranza (che è una fuga da zone di guerra nel caso dei profughi). Un errore è pensare che ragionino come un europeo, tipo "non c'è lavoro per noi, generazione mille euro" e cose simili. Uno che è abituato a due vedrà cinque come ricchezza, mentre uno abituato a dici vedrà miseria negli stessi cinque. Funziona così anche per gli italiani che se ne vanno... vanno in Australia, Svizzera, Norvegia, o in pesi del sud America in forte crescita con propositi imprenditoriali.


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PietroGE
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Ho notato il silenzio assordante dei rappresentanti dei Paesi di provenienza dei disperati di fronte a simili tragedie, specie di quelli dell'Africa Sub Sahariana.
Ho la brutta impressione non solo che non gliene freghi un accidente dei morti, ma che siano contenti di avere bocche in meno da sfamare.


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vendicatorerosso
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Se non si parla dei più poveri Dell'Africa, si perla di persone/famiglie che arrivano a qualche decina di migliaia di dollari. Una casa in Senegal o egitto o marocco o Tunisia costa poco agli occhi di un romano o di un bolognese. Evidentemente su 800000000 di africani alone decine di migliaia o qualche milione (a seconda del lasso di tempo) ritiene che valga la pena puntare tutti i propri averi, in un viaggio della speranza (che è una fuga da zone di guerra nel caso dei profughi). Un errore è pensare che ragionino come un europeo, tipo "non c'è lavoro per noi, generazione mille euro" e cose simili. Uno che è abituato a due vedrà cinque come ricchezza, mentre uno abituato a dici vedrà miseria negli stessi cinque. Funziona così anche per gli italiani che se ne vanno... vanno in Australia, Svizzera, Norvegia, o in pesi del sud America in forte crescita con propositi imprenditoriali.

un altro utente che ignora i miei spunti di riflessione...
e che guarda troppa tv...
p.s. se fosse come tu dici non verrebbe scelta l'Italia ma altre mete con più prospettive...


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Matt-e-Tatty
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p.s. se fosse come tu dici non verrebbe scelta l'Italia ma altre mete con più prospettive...

Infatti i più cercano di raggiungere il nord europa, ma per raggiungere la meta passano dalla Grecia (meno prospettive rispetto all'Italia ma confinante con la Turchia), cercano di passare in Spagna (idem) e in Italia.
E' una questione geografica il punto di passaggio, burocratica, e anche logistica (le organizzazioni malavitose che organizzano il servizio di traghetto).
E comunque, è già un miglioramento notevole l'Italia per uno che viene dalla Liberia o dalla Costa D'Avorio. Dipende da che prospettiva la guardi.


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vendicatorerosso
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p.s. se fosse come tu dici non verrebbe scelta l'Italia ma altre mete con più prospettive...

Infatti i più cercano di raggiungere il nord europa, ma per raggiungere la meta passano dalla Grecia (meno prospettive rispetto all'Italia ma confinante con la Turchia), cercano di passare in Spagna (idem) e in Italia.
E' una questione geografica il punto di passaggio, burocratica, e anche logistica (le organizzazioni malavitose che organizzano il servizio di traghetto).
E comunque, è già un miglioramento notevole l'Italia per uno che viene dalla Liberia o dalla Costa D'Avorio. Dipende da che prospettiva la guardi.

ho seri dubbi...
io vedo che quelli che arrivano si piazzano...

ho avuto a che fare con molti che hanno attraversato il mare, accettano il rischio perché sanno che faranno la pacchia e questo concetto non se lo tengono per loro te lo assicuro...


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The_Essay
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cut....

ho seri dubbi...
io vedo che quelli che arrivano si piazzano...

ho avuto a che fare con molti che hanno attraversato il mare, accettano il rischio perché sanno che faranno la pacchia e questo concetto non se lo tengono per loro te lo assicuro...

@vendicatorerosso
Non voglio esere polemico ma vorre fare alcune riflessioni per amore della verità:
a)quanto afferma Matt-e-Tatty sul passaggio dei migranti in Italia è vero,
giungono in Italia,tenendo conto del filtro colabrodo rappresentato dalle nostre frontiere e i più informati (leggi chi ha amici ad es in altre nazioni)preferiscono non fermarsi in Italia.
b)Che ci sia una quota di immigrati che si è fermata( e che continua a fermarsi)è vero fuori di dubbio, ma che facciano proprio la pacchia non lo credo!
Alcuni con capacità artigianali,hanno avviato anche attività in Italia.Però,
ti basti un dato su tutti,leggi i numeri che riguardano i carcerati italiani e troverai un bel numero!
Che significa che molti di coloro che arrivano senza arte e ne parte
finiscono per fare da manovalanza (precisiamo NON TUTTI) per il crimine.
Bye,Bye The Essay


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Matt-e-Tatty
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The Essay mi ha preceduto, sottoscrivo.

Io invece mi chiedo alcune cose e chissà se esistono studi in proposito.
Si fa tanto parlare dei migranti ma non ho trovato discussioni che chiariscano alcuni aspetto. Premetto che è tanto per parlare, perché anche conoscendo queste cose che non so, non potrei comunque fare nulla, come voi.
Vorrei sapere quanti abitanti può sfamare il nostro territorio, intendo proprio terreni coltivabili vs. popolazione volendoli destinare tutti a sostentamento autarchico, al netto dei terreni oramai inquinati irrimediabilmente, edificati o inutilizzabili per altri motivi, questo anche se questi terreni fossero oggi di proprietà estera e utilizzati per fine agricolo altrui (per esempio le vigne di brunello che viene imbottigliato e spedito direttamente negli USA).
Vorrei avere questo dato per l'Africa, sempre con le medesime condizioni, quindi considerando anche i terreni sottratti per alimentare le vacche del popolo più obeso ignorante laido flautolente e untuoso della storia dell'umanità.

Senza questi dati non si può ragionare o fare previsioni che abbiano un minimo di senso.


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brumbrum
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The Essay mi ha preceduto, sottoscrivo.

Io invece mi chiedo alcune cose e chissà se esistono studi in proposito.
Si fa tanto parlare dei migranti ma non ho trovato discussioni che chiariscano alcuni aspetto. Premetto che è tanto per parlare, perché anche conoscendo queste cose che non so, non potrei comunque fare nulla, come voi.
Vorrei sapere quanti abitanti può sfamare il nostro territorio, intendo proprio terreni coltivabili vs. popolazione volendoli destinare tutti a sostentamento autarchico, al netto dei terreni oramai inquinati irrimediabilmente, edificati o inutilizzabili per altri motivi, questo anche se questi terreni fossero oggi di proprietà estera e utilizzati per fine agricolo altrui (per esempio le vigne di brunello che viene imbottigliato e spedito direttamente negli USA).
Vorrei avere questo dato per l'Africa, sempre con le medesime condizioni, quindi considerando anche i terreni sottratti per alimentare le vacche del popolo più obeso ignorante laido flautolente e untuoso della storia dell'umanità.

Senza questi dati non si può ragionare o fare previsioni che abbiano un minimo di senso.

chiunque ti fornirà numeri in proposito lo farà in malafede
impossibile avere risposte reali
troppe variabili
l'unico dato certo, molti in meno di quelli che siamo


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Matt-e-Tatty
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The Essay mi ha preceduto, sottoscrivo.

Io invece mi chiedo alcune cose e chissà se esistono studi in proposito.
Si fa tanto parlare dei migranti ma non ho trovato discussioni che chiariscano alcuni aspetto. Premetto che è tanto per parlare, perché anche conoscendo queste cose che non so, non potrei comunque fare nulla, come voi.
Vorrei sapere quanti abitanti può sfamare il nostro territorio, intendo proprio terreni coltivabili vs. popolazione volendoli destinare tutti a sostentamento autarchico, al netto dei terreni oramai inquinati irrimediabilmente, edificati o inutilizzabili per altri motivi, questo anche se questi terreni fossero oggi di proprietà estera e utilizzati per fine agricolo altrui (per esempio le vigne di brunello che viene imbottigliato e spedito direttamente negli USA).
Vorrei avere questo dato per l'Africa, sempre con le medesime condizioni, quindi considerando anche i terreni sottratti per alimentare le vacche del popolo più obeso ignorante laido flautolente e untuoso della storia dell'umanità.

Senza questi dati non si può ragionare o fare previsioni che abbiano un minimo di senso.

chiunque ti fornirà numeri in proposito lo farà in malafede
impossibile avere risposte reali
troppe variabili
l'unico dato certo, molti in meno di quelli che siamo

Ma forse qualcosa c'è, di variabile c'è solo il clima. Ettari x produttività media / fabbisogno medio pro capite = numero di persone che può sostenere un territorio

E' messa giù in modo semplicistico, ma un conto della serva non è possibile per un agronomo che si consulta due dati? E' possibile e proabilmente eiste qualche studio in proposito.


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[Utente Cancellato]
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Non credo sia il modo di procedere, nel senso che dipende da cosa vuoi mangiare (composizione della dieta, apporto calorico desiderato), quale è il livello di sussistenza che ritieni appropriato, ecc ecc. Inoltre che significa “sostentamento autarchico”? cioè, se io volessi rinunciare a qualche foglia di radicchio trevigiano e a qualche bistecca di chianina in cambio di un Iphone? Io la prenderei più "larga", almeno per iniziare.
Comunque in linea di massima condivido il tuo approccio, cioè tre sono le variabili da considerare: popolazione, risorse e crescita sostenibile. Qui c’è una vecchia discussione sull’argomento: http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=Forums&file=viewtopic&p=221866&highlight=ttip#221866 . Dovresti leggerti dalla fine di pagina 7 (il link) in poi. Naturalmente sono solo chiacchere tanto per parlare ma se consideri che la popolazione mondiale: http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=Forums&file=viewtopic&p=233736&highlight=unlikely#233736
Qui c’è qualcosa su popolazione, risorse e crescita:

La crescita della popolazione mondiale.

Nell'anno 1650, la popolazione mondiale contava circa mezzo miliardo di persone e cresceva all'incirca dello 0,3% annuo, con un tempo di raddoppio di circa 240 anni. Nel 1900, la popolazione era giunta a 1,6 miliardi di individui, con un tasso di crescita oscillante dallo 0,7 allo 0,8% l'anno e un tempo di raddoppio di circa 100 anni.
Nel 1965, la popolazione era di 3,3 miliardi. Il tasso di crescita era salito al 2% l'anno, con un tempo di raddoppio di circa 36 anni. Perciò, dal 1650, la popolazione era cresciuta in modo non solo esponenziale, ma iperesponenziale, con un tasso di crescita a sua volta crescente. E cresceva per una lieta ragione: i tassi di mortalità scendevano. Anche i tassi di natalità scendevano, ma più lentamente, donde il brusco aumento della popolazione. Dopo il 1965, i tassi di mortalità hanno proseguito il declino, ma i tassi di natalità, in media, si sono ridotti ancor più rapidamente (figura 2.4). Mentre la popolazione tra il 1965 e il 2000 saliva da 3,3 miliardi a 6 miliardi, il tasso di crescita scendeva dal 2 all'1,2%.5 Quella del tasso di incremento demografico è un'inversione di tendenza sorprendente, che sta a indicare importanti mutamenti nei fattori culturali da cui dipende il numero di figli che le persone decidono di avere e nei fattori tecnici che permettono loro di attuare quella decisione. Nella popolazione mondiale, il numero medio di figli per donna è diminuito da 5 nel decennio 1950-59 a 2,7 nel decennio 1990-99.


Il divario tra nascite e decessi determina il tasso al quale la popolazione cresce. Fino al 1965 il tasso di mortalità medio scendeva più rapidamente rispetto a quello di natalità, cosicché il tasso di crescita della popolazione era in aumento. Dal 1965 in poi, il tasso di natalità medio ha cominciato a diminuire più velocemente rispetto a quello di mortalità. Perciò il tasso di crescita della popolazione si è considerevolmente ridotto, anche se la crescita continua a essere esponenziale. (Fonte: ONU)

In Europa, all'inizio del XXI secolo, la famiglia tipo contava in media 1,4 figli per coppia, nettamente sotto il livello di sostituzione della popolazione. La popolazione europea sta andando incontro a un lento declino, dai 728 milioni del 1998 ai 715 milioni del 2025. La diminuzione della fecondità non significa che la crescita della popolazione mondiale si sia arrestata, né che non sia più esponenziale. Significa solo che il tempo di raddoppio è aumentato (da 36 anni al tasso del 2% annuo, a 60 anni al tasso dell'1,2% annuo), e che può aumentare ancora. Di fatto, nel 2000 il numero netto di persone che si sono aggiunte alla popolazione mondiale è stato maggiore che non nel 1965, benché il tasso di crescita fosse inferiore. La tabella 2.3 mostra il perché: nel 2000, il tasso di crescita era moltiplicato per una base di popolazione più numerosa.

Intorno alla fine del decennio 1980-89, il numero di persone che si aggiungevano ogni anno alla popolazione mondiale ha smesso di crescere. Ciò nonostante, l'incremento di 75 milioni registrato nel 2000 equivale ad aggiungere, in quell'anno e in ognuno degli anni successivi, la popolazione di più di nove città come New York messe insieme. Più appropriatamente, dal momento che quasi tutto l'incremento ha avuto luogo nel Sud del mondo, equivale ad aggiungere la popolazione totale delle Filippine, oppure di circa dieci Pechino o sei Calcutta. Anche secondo le più ottimistiche proiezioni su ulteriori declini del tasso di natalità, la popolazione è destinata ad aumentare ancora e di molto, specialmente nei paesi meno industrializzati (figura 2.5).


Fino a tempi recenti, il numero di individui che si aggiungevano ogni anno alla popolazione mondiale è andato aumentando. Secondo le previsioni delle Nazioni Unite, il numero di persone in più ogni anno avrà presto una brusca caduta. Queste previsioni presuppongono una rapida diminuzione dei tassi di natalità nei paesi meno industrializzati. (Fonti: ONU; D. Bogue)

La fondamentale struttura di retroazione alla base del sistema della popolazione è mostrata nella figura in basso della pagina precedente. A sinistra vi è l'anello positivo che può produrre la crescita esponenziale. Quanto più è numerosa la popolazione, tanto più numerose sono le nascite ogni anno. A destra si vede un anello di retroazione negativo. Mentre gli anelli positivi generano una crescita illimitata, quelli negativi tendono a regolare la crescita, a contenere un sistema entro confini ritenuti accettabili, o a ricondurlo a uno stato stabile nel quale gli stock del sistema abbiano valori approssimativamente costanti nel tempo. Un anello di retroazione negativo propaga a ritroso le conseguenze di una variazione avvenuta in un elemento fino a far cambiare quell'elemento in direzione opposta alla variazione di partenza.
Il numero annuo di decessi è uguale al prodotto della popolazione totale per la mortalità media (la probabilità media di morte). Il numero di nascite è uguale al prodotto della popolazione totale per la fecondità media. Il tasso di crescita di una popolazione è dato dalla sua fecondità meno la sua mortalità.
Naturalmente, né la fecondità né la mortalità sono costanti. Esse dipendono da fattori economici, ambientali e demografici quali il reddito, l'istruzione, i servizi sanitari, i metodi di pianificazione familiare, la religione, i livelli di inquinamento, la composizione per età della popolazione.

La teoria più diffusa sul modo in cui la fertilità e la mortalità cambiano e sulle cause per cui i tassi di crescita della popolazione globale sono in declino è detta della transizione demografica. Secondo questa teoria, nelle società preindustriali sia la fertilità sia la mortalità sono elevate, e la crescita della popolazione è lenta. Col miglioramento dell'alimentazione e dei servizi sanitari, i tassi di mortalità si abbassano.
I tassi di natalità mostrano un intervallo di una generazione o due, e ciò crea uno scarto tra fecondità e mortalità che porta a una rapida crescita della popolazione. Infine, quando modi e stili di vita si evolvono e assumono le forme tipiche di una società pienamente industriale, anche i tassi di natalità si abbassano, e il tasso di crescita della popolazione rallenta.
[Ndt]:




Come si pu
ò vedere, nei paesi di antica industrializzazione, come la Svezia, i tassi di natalità e di mortalità hanno avuto un declino assai lento. Lo scarto fra i due tassi non è mai stato molto ampio, e la popolazione non è mai cresciuta più del 2% l'anno. Nel corso dell'intera transizione demografica, nella maggior parte dei paesi del Nord del mondo la popolazione è cresciuta, al più, di un fattore 5.

Alla soglia del 2000, erano pochi i paesi industrializzati nei quali il livello di fecondità fosse superiore al livello di sostituzione. Negli anni a venire, nella maggior parte dei paesi, la popolazione è destinata al declino. In alcuni, la crescita è ancora in corso a causa dell'immigrazione, dell'inerzia demografica (i giovani che entrano nell'età riproduttiva sono più numerosi degli anziani che ne escono), o di entrambe le cose. Nei paesi del Sud del mondo, dove i tassi di mortalità si sono abbassati più tardi e più rapidamente, vi è un ampio scarto fra tassi di natalità e tassi di mortalità.

Queste regioni hanno avuto tassi di incremento demografico molto maggiori di quelli che il Nord abbia mai conosciuto (eccezion fatta per l'America Settentrionale, che ha assorbito forti tassi di immigrazione dall'Europa). Le popolazioni di numerosi paesi del Sud sono già cresciute di un fattore 10, e continuano a crescere. Le loro transizioni demografiche sono lontane dall'essersi concluse. Le cause del fatto che l'industrializzazione sia connessa, come appare, a una transizione demografica, sono oggetto di dibattito tra i demografi. I fattori cruciali vanno al di là del mero aumento del reddito. La figura 2.7, per esempio, mostra la correlazione tra reddito pro capite (espresso nei termini del prodotto nazionale lordo - PNL - annuo per persona) e tasso di natalità in vari paesi del mondo. Com'è evidente, vi è una stretta relazione fra redditi elevati e tassi di natalità bassi. Come altrettanto evidente, vi sono notevoli eccezioni, specialmente nel caso di redditi bassi. La Cina ha tassi di natalità anomali, più bassi di quelli attesi dato il livello di reddito. Altri paesi, nel Medio Oriente e in Africa, hanno tassi di natalità troppo elevati rispetto ai loro redditi.


Allorché una società diventa più ricca, il tasso di natalità tende a declinare. Nei paesi più poveri si registrano tassi di natalità annui compresi tra 20 e oltre 50 nascite ogni 1000 abitanti. Nessuno dei paesi più ricchi conosce un tasso di natalità annuo superiore a 20 nascite ogni 1000 abitanti. (Fonti: PRB; Banca Mondiale)

La conclusione è che i fattori che influenzano più direttamente la diminuzione del tasso di natalità non siano tanto la ricchezza o le dimensioni dell'economia, quanto la profondità dei mutamenti provocati dal progresso economico nella vita delle famiglie, e specialmente nella vita delle donne. Più del PNL procapite contano fattori quali l'istruzione e l'occupazione (in particolare quella femminile), la pianificazione familiare, una bassa mortalità infantile e una distribuzione relativamente egualitaria del reddito e delle opportunità.9 Paesi come Cina, Sri Lanka, Costa Rica, Singapore, Thailandia, Malaysia e diversi altri hanno dimostrato che quando l'istruzione elementare, i servizi sanitari di base e la pianificazione familiare sono alla portata della maggior parte delle famiglie, i tassi di natalità possono diminuire anche quando i livelli di reddito sono modesti.

Il modello […] tiene conto di molti fattori tendenti a rallentare i tassi di natalità.
Un primo assunto è che un'economia più ricca migliori l'alimentazione e i servizi sanitari (ciò che fa abbassare i tassi di mortalità) e che promuova la pianificazione familiare e riduca la mortalità infantile (ciò che fa abbassare i tassi di natalità).
Un secondo assunto è che, con l'industrializzazione, le dimensioni desiderate della famiglia - sul lungo periodo e dopo un ritardo - diminuiscano, perché il costo di allevare i figli aumenta e il loro beneficio economico immediato per i genitori diminuisce.
Un altro assunto è che un incremento di breve periodo del reddito faccia sì che le famiglie possano permettersi più figli (entro i limiti del numero di figli desiderato), mentre una stagnazione di breve periodo del reddito ha l'effetto opposto.

In altri termini, il modello incorpora (e usualmente genera) la transizione demografica a lungo termine, modulata, a breve termine, da piccole risposte a variazioni del reddito verso il basso e verso l'alto. Nel modello, la tendenza della popolazione alla crescita esponenziale è dapprima alimentata, poi frenata, da pressioni, opportunità, tecnologie e vincoli della rivoluzione industriale. Nel «mondo reale», al volgere del millennio, la popolazione continua a crescere esponenzialmente, benché il tasso di crescita si stia abbassando. Le cause di tale diminuzione vanno al di là del reddito pro capite. La crescita economica non garantisce che il benessere aumenti, che le donne abbiano maggiore libertà di scelta o che i tassi di natalità diminuiscano, ma aiuta certamente a raggiungere questi obiettivi.

Con alcune notevoli eccezioni, i lassi di natalità più bassi si registrano nelle economie più ricche del mondo. È perciò doppiamente importante comprendere le cause e le conseguenze della crescita economica nel «mondo reale».

[...]

Più popolazione, più povertà, più popolazione.
La crescita è necessaria per porre fine alla povertà. Questa tesi appare ovvia. È meno ovvio, agli occhi dei suoi molti sostenitori, il fatto che la crescita nel sistema economico così com'è strutturato oggi non porrà fine alla povertà. Al contrario, le forme attuali di crescita perpetuano la povertà e ampliano il divario fra ricchi e poveri. Nel 1998, più del 45% degli abitanti del pianeta doveva accontentarsi di un reddito medio quotidiano pari o inferiore a 2 dollari, il che significa più poveri di quanti non ve ne fossero nel 1990, nonostante un decennio nel quale il reddito di molti è salito vertiginosamente.
Dal 1930 a oggi, il prodotto industriale mondiale è aumentato di quattordici volte:
ciò ha reso alcuni molto ricchi, ma non ha sradicato la povertà.
Non vi è ragione di credere che un altro incremento di quattordici volte (se pure fosse possibile senza oltrepassare i limiti del nostro pianeta) metterebbe fine alla povertà, a meno che il sistema globale non fosse ristrutturato per indirizzare la crescita a beneficio di chi ne ha più bisogno.
Nell'attuale sistema economico, la crescita ha luogo generalmente nei paesi già ricchi e, all'interno di questi, favorisce in modo sproporzionato la parte più ricca della popolazione. La figura 2.10 mostra le curve di crescita del prodotto nazionale lordo pro capite nei dieci maggiori paesi del mondo (per popolazione) e nell'Unione Europea. È evidente come decenni di crescita abbiano sistematicamente aumentato il divario tra paesi ricchi e paesi poveri.

Secondo il Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo, nel 1960 il 20% della popolazione mondiale residente nei paesi più ricchi aveva un reddito prò capite pari a trenta volte il reddito del 20% residente nei paesi più poveri. Nel 1995, il rapporto tra il reddito medio del 20% più ricco e quello del 20% più povero era passato da 30:1 a 82:1. In Brasile, nel 1960, la metà più povera della popolazione disponeva del 18% del reddito nazionale; nel 1995, appena del 12%. Nel 1960, il 10% più ricco dei brasiliani beneficiava del 54% del reddito nazionale; nel 1995, del 63%.15 Nel 1997, i consumi di una famiglia media africana erano diminuiti del 20% rispetto al 1972. Un secolo di crescita economica ha prodotto nel mondo enormi disparità tra ricchi e poveri. La figura 2.11 mostra due indicatori di questo stato di cose: la quota del prodotto nazionale lordo e la quota del consumo di energia secondo il livello di reddito.

Dal punto di vista della dinamica dei sistemi, se si osserva una regolarità in più parti di un sistema per un lungo arco di tempo, si può assumere che essa abbia le sue radici nella struttura di retroazione del sistema. Il sistema può essere fatto funzionare più a lungo o più rapidamente, ma se la struttura non viene modificata la regolarità resterà inalterata. La crescita, seguendo la vecchia strada, ha aumentato il divario tra ricchi e poveri. Solo cambiando strada il divario potrà essere colmato.
Per riuscirvi, occorre modificare la struttura - le concatenazioni di cause ed effetti - del sistema.
Ma qual è la struttura che mantiene inalterato il divario tra ricchi e poveri anche quando la crescita economica è fortissima? Sono all'opera, a nostro giudizio, due strutture generali.
La prima ha a che fare con gli ordinamenti sociali - alcuni comuni a un gran numero di culture, altri peculiari di singole culture - che per ragioni sistemiche danno al privilegiato potere e risorse per accrescere il proprio privilegio. Gli esempi variano dalla discriminazione etnica latente o manifesta all'elusione fiscale dei contribuenti ricchi; dalla malnutrizione dei figli dei poveri a una migliore istruzione scolastica per i figli dei ricchi; dall'uso dei soldi per avere influenza politica, anche in quelle che siamo soliti chiamare democrazie, al semplice fatto che i pagamenti di interessi trasferiscono denaro dalle tasche di chi ne ha di meno di quanto gliene servirebbe alle tasche di chi ne ha di più. In termini sistemici, si tratta di anelli di retroazione della forma «piove sul bagnato». Sono anelli positivi che danno a chi ha successo i mezzi per continuare ad averne. Essi tendono a essere endemici in qualunque società, se questa non introduce coscientemente strutture di compensazione per contrastare le disuguaglianze. (Leggi contro la discriminazione, imposte progressive sul reddito, standard universali per scuole e servizi sanitari, «reti di sicurezza» per aiutare chi si trova in difficoltà, imposte sul patrimonio, processi democratici che separino la politica dall'influenza del denaro: ecco solo alcuni esempi di strutture di compensazione.)
Nessuno di questi anelli della forma «piove sul bagnato» è rappresentato esplicitamente nel modello World3. World3 non è un modello della dinamica dei redditi o della distribuzione della ricchezza o del potere; esso riguarda la relazione complessiva tra l'economia mondiale e i limiti della crescita.
Perciò esso non presuppone alcuna soluzione di continuità negli attuali modelli di distribuzione. Vi è però una struttura di World3 che rispecchia il nesso tra il sistema della popolazione e il sistema del capitale quali sono stati descritti in questo capitolo. È una struttura che perpetua la povertà, la crescita demografica e la tendenza del sistema planetario a superare i suoi limiti. E, come mostreremo nei capitoli successivi, è una struttura che occorre cambiare se si vuole approdare a un mondo sostenibile.
Questa struttura che perpetua la povertà deriva dal fatto che per le popolazioni ricche, rispetto a quelle povere, è più facile risparmiare, investire e moltiplicare il proprio capitale, e non solo perché i ricchi hanno più possibilità di controllare le condizioni di mercato, procurarsi nuove tecnologie e controllare le risorse, ma anche perché secoli di crescita hanno messo a loro disposizione un ampio stock di capitale che può moltiplicarsi ancora di più.

La maggior parte dei bisogni primari sono soddisfatti, e perciò sono possibili tassi di investimento relativamente alti senza privare del necessario la popolazione presente. Una bassa crescita demografica permette di allocare più prodotto per alimentare la crescita economica e meno per soddisfare i bisogni di sanità e di istruzione, come accadrebbe se la popolazione fosse in rapido aumento.

Nei paesi poveri, invece, la crescita del capitale fa fatica a tener dietro alla crescita della popolazione. Il prodotto che avrebbe potuto essere reinvestito serve piuttosto per costruire scuole e ospedali e per soddisfare le necessità di un'economia di sussistenza. Siccome i bisogni immediati sottraggono prodotto agli investimenti industriali, la crescita dell'economia è lenta.

La transizione demografica resta invischiata nella sua fase intermedia, con un ampio scarto tra i tassi di natalità e quelli di mortalità. Se le donne non vedono nello studio o nell'attività economica un'alternativa attraente rispetto all'allevamento dei figli, questi ultimi vengono a essere una delle poche forme di investimento a disposizione, e la popolazione diventa più numerosa senza diventare più ricca, confermando il vecchio adagio secondo il quale il ricco fa soldi e il povero fa figli.

I consessi internazionali possono essere paralizzati da interminabili discussioni su quale freccia dell'anello di retroazione nella figura sia più importante:


la povertà causa la crescita della popolazione o è la crescita della popolazione a causare la povertà?

In realtà, tutti gli elementi di questo anello di retroazione positivo esercitano una forte influenza sul comportamento delle popolazioni dei paesi più poveri. Essi originano una «trappola sistemica », un anello che aggiunge disgrazia a disgrazia: mantiene povero il povero e continua a far crescere la popolazione. Sottraendo prodotto dagli investimenti a favore dei consumi, la crescita della popolazione rallenta la crescita del capitale. La povertà, a sua volta, perpetua la crescita della popolazione tenendo le persone in condizioni in cui non hanno istruzione, né assistenza sanitaria, né pianificazione familiare, nessuna possibilità di scelta e nessun potere: l'unico modo per cavarsela è fare figli e sperare che possano apportare reddito o dare una mano nel lavoro dei familiari.

Una conseguenza di questa trappola è illustrata nella figura 2.12. Nei paesi del Sud del mondo la produzione alimentare è cresciuta molto negli ultimi vent'anni; in molti casi, è raddoppiata o triplicata. Ma, a causa della rapida crescita demografica, la produzione alimentare pro capite è migliorata ben poco, e in Africa è costantemente diminuita. Le sole aree nelle quali la produzione alimentare ha sopravanzato nettamente la crescita della popolazione sono l'Europa e l'Estremo Oriente.

I grafici della figura 2.12 illustrano una duplice tragedia.


La prima è una tragedia umana: un grande successo dell'agricoltura - il formidabile incremento della produzione alimentare – è stato utilizzato in massima parte non per nutrire le persone più adeguatamente ma per nutrire inadeguatamente più persone.
L'indice della produzione totale di alimenti (indice = 100 nel 1952-56) è raddoppiato o triplicato negli ultimi cinquant'anni nelle aree del mondo più afflitte dalla fame, ma l'indice della produzione alimentare pro capite, nelle stesse aree, è cambiato ben poco perché la popolazione è cresciuta quasi altrettanto rapidamente. Nel caso dell'Africa, la produzione di cibo pro capite, tra il 1996 e il 2001, è diminuita del 9%. (Fonte: FAO)
[Ndt: qui la questione della produzione destinata all’export e all'allevamento è solo sottointesa perchè viene sviluppata più avanti. Comunque sia tale aspetto non inficia la validità della presente analisi, anzi, la corrobora]

La seconda è una tragedia ambientale: l'incremento della produzione alimentare è stato ottenuto danneggiando i suoli, le acque, le foreste e gli ecosistemi, e questo è un costo che renderà più difficile una maggiore produzione nel futuro.
Ma l'azione di qualunque anello di retroazione positivo che spinga un sistema verso il basso può essere invertita, e il sistema può risollevarsi. Più povertà implica più popola
zione, che implica più povertà. Tuttavia meno povertà implica una più lenta crescita della popolazione, che implica meno povertà. Con investimenti adeguati protratti abbastanza a lungo, accompagnati da prezzi equi per i prodotti e per la forza lavoro, da quote di produzione crescenti allocate più direttamente a favore dei poveri, e specialmente a sostegno dell'istruzione e dell'occupazione femminili e della pianificazione familiare, gli effetti dell'anello popolazione-povertà possono essere rovesciati. I progressi sociali possono rallentare il tasso di crescita della popolazione.

Ciò può portare a maggiori investimenti nel capitale industriale, che produrrà maggiori beni e maggiori servizi. L'incremento del consumo di beni e servizi può contribuire a ridurre ulteriormente la crescita della popolazione. In numerose parti del mondo, dove il benessere dell'intera popolazione, e specialmente dei poveri, è al centro dell'attenzione pubblica, tale rovesciamento è in atto.

Questa è una delle ragioni per cui il tasso di crescita della popolazione mondiale è in calo e la transizione demografica sta andando avanti.
Ma in altre parti del mondo - dove la disuguaglianza è culturalmente endemica, dove mancano le risorse o la volontà di investire per il benessere collettivo, o dove le difficoltà finanziarie hanno portato all'imposizione di «aggiustamenti strutturali» che sottraggono investimenti al sistema educativo e quello sanitario - non vi sono stati grandi miglioramenti nella vita degli abitanti. Invischiate nella povertà e ancora in rapido aumento, quelle popolazioni corrono il grave pericolo di vedere interrotta la loro crescita non per la discesa dei tassi di natalità ma per l'innalzamento dei tassi di mortalità.
Di fatto, si prevede che Zimbabwe, Botswana, Namibia, Zambia e Swaziland, all'inizio del XXI secolo saranno prossimi alla crescita zero della popolazione, e per una ragione tragica: la morte di bambini e giovani adulti a causa dell'AIDS.

La crescita esponenziale della popolazione e della produzione industriale è insita nella capacità di autoriproduzione del sistema socioeconomico del «mondo reale», ma le complicazioni non mancano: in alcune aree del mondo viene rallentata la crescita demografica e accelerata la crescita industriale; in altre aree viene rallentata la crescita industriale e accelerata la crescita demografica. In entrambi i casi, però, la popolazione e il capitale fisico continuano a crescere. È realistico supporre che questa crescita fisica possa proseguire indefinitamente? La nostra risposta è un secco no.


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