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Piccola lezioncina di economia spicciola

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gelsomino
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Ci sono due negozi di scarpe, uno di fronte all'altro, con gli stessi articoli. Uno però vende le scarpe il trenta per cento meno dell'altro perchè è gestito direttamente dal proprietario del negozio mentre l'altro esercizio commerciale è gestito da dei dipendenti cui non viene permesso di abbassare i prezzi ed essere quindi concorrenziali. Il negozio più caro naturalmente vende di meno ed è destinato a fallire.
Con le monete è la stessa cosa: come possono i Paesi dell'euro stare alla pari con Giappone, USA, Cina, Regno Unito, Corea del Sud, Svezia,ecc. se vendono i loro prodotti a prezzi maggiori dei concorrenti che possono svalutare liberamente le loro valute?


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Georgejefferson
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INFATTI

MINCUO SCRIVE

Svalutazione e inflazione sono due cose diverse. Il pass-through solitamente è 1/10 e anche meno. Per noi nel 92 quando uscimmo da SME (che era un simil EUR un pò annacquato dalle bande consentite) fu positivo, cioè calò inflazione dopo la svalutazione.
Ed è abbastanza logico per il nostro Paese che ha PMI votate ad esport, molto dinamiche, ma client-oriented, sensibili al prezzo.
Quel che si dice su stipendi Cinesi o Indiani bassissimi è giusto, ma vale per tutti. Quello andrebbe semmai risolto con tariffe, cosa che fanno gli stesi Cinesi ad esempio nei confronti di molti beni (prodotti dì oreficeria ad esempio dove hanno barriere doganali altissime, noi invece no, così distruggiamo Valenza Pò e Vicenza, ma siamo molto democratici e "multietnici" e un pò cog.lioni). Per non parlare delle barriere US.
Comunque la storia dell'EUR è che ora importi ANCHE da Germania ecc...e distruggi pure il mercato interno, e non esporti a loro molto, mentre con una tua moneta e un cambio che si aggiusterebbe in modo naturale sulla tua economia esporteresti, come hai sempre fatto.
I Cinesi sul groppone, ammesso di non avere una politica doganale, ti restano, ma anche agli altri. MA non ti restano US, Germania, Francia, Svezia, ecc...Noi facevamo +40mld di surplus di c/a nel 1999 e ora -60mld all'anno dopo l'EUR. Fanno -100mld all'anno tra andare e venire. 1000 miliardi in 10 anni.
Te li puoi guardare, sono dati pubblici.

L'"erosione" del cambio è terribile se siamo noi, ma se è il dollaro che "erode" ed erode eh se gli conviene, eccome se "erode", allora quella non si chiama "erosione". E non è "cattiva". Pensa un pò. Nemmeno quella Inglese è cattiva quando erode la Sterlina.
E nemmeno quella giapponese se erode lo Yen. La Cina poi ha sempre "eroso" attaccandosi al dollaro secco secco al centesimo dal 1994 al 2005. E così molte economie Asiatiche. Ma quasi tutte.
Praticamente nessuno è "cattivo" se ha una moneta e adegua il cambio alle sue esigenze, alla sua competitività, salvo noi. Accidenti!!! Solo noi se eroddavamo eravamo cattivi!
Guarda che è un bel fatto eh!
Così ci hanno dato una moneta forte, e fissa. Una furbata. Neanche un'associazione per deliquere di stampo mafioso avrebbe avuto il pelo sullo stomaco di far questo a un Paese com l'Italia. O la Grecia. O la Spagna.
Noi siamo un paese esportatore, non abbiamo molte materie prime, le compriamo le lavoriamo e le esportiamo. Il cambio favorevole è una necessità. E poi non abbiamo mica sempre "eroso", abbiamo anche rivalutato, il cambio si aggiusta da solo con la bilancia commerciale essenzialmente.
Ma noi eravamo cattivi. Per fortuna Prodi, Amato, Padoa Schioppa, Draghi ecc..ci hanno salvato. E siamo diventati buoni.

RICOPIO L'ESTRATTO CHE DOVREBBE INTERESSARE DI PIU:

Quel che si dice su stipendi Cinesi o Indiani bassissimi è giusto, ma vale per tutti. Quello andrebbe semmai risolto con tariffe, cosa che fanno gli stesi Cinesi ad esempio nei confronti di molti beni (prodotti dì oreficeria ad esempio dove hanno barriere doganali altissime, noi invece no, così distruggiamo Valenza Pò e Vicenza, ma siamo molto democratici e "multietnici" e un pò cog.lioni). Per non parlare delle barriere US.
Comunque la storia dell'EUR è che ora importi ANCHE da Germania ecc...e distruggi pure il mercato interno, e non esporti a loro molto, mentre con una tua moneta e un cambio che si aggiusterebbe in modo naturale sulla tua economia esporteresti, come hai sempre fatto.

I Cinesi sul groppone, ammesso di non avere una politica doganale, ti restano, ma anche agli altri. MA non ti restano US, Germania, Francia, Svezia, ecc...Noi facevamo +40mld di surplus di c/a nel 1999 e ora -60mld all'anno dopo l'EUR. Fanno -100mld all'anno tra andare e venire. 1000 miliardi in 10 anni.


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Il negozio più caro naturalmente vende di meno ed è destinato a fallire.

Sbagliato. Il negozio più caro fa una campagna di marketing che convince i consumatori di vendere uno status symbol. Il negozio meno caro chiude.
Così va il mondo.

Ed è abbastanza logico per il nostro Paese che ha PMI votate ad esport, molto dinamiche, ma client-oriented, sensibili al prezzo.

A parte il linguaggio da broker-trader, che fa tanto "io ne so a pacchi e voi no", qui si sostiene che solo svalutando, il nostro disgraziato paese tornerebbe ai fasti del boom economico, perchè tornerebbe ad esportare vagonate di prodotti. Ridicolo. Come se uscendo dall'euro le condizioni fossero le stesse di 40 anni fa, fuori e dentro l'europa. Come se un paese avanzato vivesse solo di esportazioni di beni e per venderli bastasse la semplice capacità produttiva.
I've got some news for you folks: no, non basta. Ci vuole qualità, ad esempio, cosa che in Italia abbiamo già perso. E tutta una serie di cose, che riguardano la classe dirigente del paese in questione, la sua società, il problema energetico, e robe del genere.
Ma qui il discorso si farebbe complicato, dimostrando che magari non è solo l'euro il problema o il ritorno alla "moneta sovrana".
Però a dire cose come questa bisogna stare attenti qui dentro, si rischia di venire additati come complici di Soros...
Molto più semplice dire che se va male è colpa degli "altri", l'euro, il Bilderberg, i 'mericani kattivi, il gombloddo, la mi' nonna in carriola...


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Georgejefferson
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Il negozio più caro fa una campagna di marketing che convince i consumatori di vendere uno status symbol. Il negozio meno caro chiude.
Così va il mondo.

Sbagliato,in questo modo semplicistico va solo il mondo nella testa di alcuni,poi ogni opinione e' legittima,anche quella dei luoghi comuni che "hanno capito tutto"

A parte il linguaggio da broker-trader, che fa tanto "io ne so a pacchi e voi no"

A parte il tentativo di dibattere legando il torto al "linguaggio da broker-trader,che fa tanto "io con la geopolitica ho capito tutto e voi no"

qui si sostiene che solo svalutando, il nostro disgraziato paese tornerebbe ai fasti del boom economico, perchè tornerebbe ad esportare vagonate di prodotti. Ridicolo.

Chi sostiene?Problemi con l'edit del testo?Eppure e' semplice,quali vagonate di prodotti?Che vuol dire vagonate di prodotti?Ma non dicevi di sapere "come va il mondo"?Non sai che i paesi non sono tutti uguali come robottini allineati ed ognuno ha le sue peculiarita?L'Italia DEVE esportare per pareggiare almeno la bilancia dei pagamenti con l'estero e aquisire le materie prime che le mancano,a meno che si voglia elogiare la tesi che sia giusto depredare le risorse degli altri paesi rubando...ridicolo

Come se uscendo dall'euro le condizioni fossero le stesse di 40 anni fa

L'euro non e' la causa di tutti i mali dell'universo,pensa che scoperta,pensavo che grandi economisti spacciavano questa verita' da bar dello Sport

fuori e dentro l'europa.

L'euro non e' " Europa",lo e' solo nella testa della propaganda e degli"anti sistema" utili alla causa imperiale

Come se un paese avanzato vivesse solo di esportazioni di beni e per venderli bastasse la semplice capacità produttiva.

Ripetiamo per la scuola e lavagnetta,i paesi non sono tutti uguali ed ognuno ha le sue peculiarita',l'Italia e' ancora paese avanzato ANCHE...e ripetiamo per chi ha problemi a leggere

ANCHE

ANCHE

ANCHE

NON SOLO...ANCHE grazie alla sovranita di decidere le politiche macroeconomiche che aveva e che ora con l'euro demenziale non puo piu.

Ci vuole qualità, ad esempio, cosa che in Italia abbiamo già perso.

Ci hanno fatto perdere,per essere precisi,dalla fine degli anni 70 e lo smantellamento graduale delle sovranita' dello Stato,che pur con tanti difetti,viaggiava bene nei fondamentali,prima che privatizzassero i gioielli piu importanti e ci imposero la moneta non sovrana,pesante e fissa al cambio con l'estero

E tutta una serie di cose, che riguardano la classe dirigente del paese in questione, la sua società, il problema energetico, e robe del genere.

Quali serie di cose?Parli di problema energetico e non ritieni influente l'euro?Ma scherzi o parli per luoghi comuni,ma studi qualcosina appena appena?Oppure basta capire la geopolitica?

Ma qui il discorso si farebbe complicato, dimostrando che magari non è solo l'euro il problema o il ritorno alla "moneta sovrana".

Ma dai che scoperte,non e' la moneta la causa di tutti i mali dell'universo,meno male che c'e' chi lo ricorda perche tutti gli euroscettici sono bambini che ragionano come al bar

Molto più semplice dire che se va male è colpa degli "altri", l'euro, il Bilderberg, i 'mericani kattivi, il gombloddo, la mi' nonna in carriola...

Infatti,molto piu facile paragonare argomenti difficili e professionali paragonandoli ai puffi e omini verdi,sai che figurone al bar.Giusto,euro non centra nulla,gli omini cattivi sono e la geopolitica


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Georgejefferson
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Non c'e' bisogno che tu lo legga Durruti,anche se e' facile,e' per chi fosse interessato al serio e non al "ridicolo"

A...anche questo NON E' LA CAUSA DEI PROBLEMI DELL'UNIVERSO,sia chiaro,non sia mai che qualcuno fraintenda e crede che l'economia non esista e che si dia la colpa agli omini blu.

http://goofynomics.blogspot.it/2012/11/il-romanzo-di-centro-e-di-periferia.html

Il romanzo di centro e di periferia

I protagonisti sono due: quello maschile è un paese sviluppato, lo chiameremo “il centro”, con una forte base finanziaria e industriale; quello femminile è un paese, o un gruppo di paesi, relativamente arretrato, che chiameremo “periferia”.

Fra centro e periferia l’attrazione è subitanea e fatale (soprattutto per la periferia), ma, come in ogni trama che si rispetti, la diversità di origini pone qualche problema. Dove sarebbe altrimenti l’interesse della storia? La storia è interessante proprio perché i protagonisti sono diversi, molto diversi.

Il centro è un ragazzo moderno, spregiudicato, mentre la periferia è una ragazza all’antica, risparmiatrice, saggia, e un po’ repressa. Che pensate? No, non sessualmente repressa! Questo, al centro, non interessa. Non ricordate? Il centro è virtuoso. Lapida le adultere (dopo esserci andato a letto).

No, la periferia è, come dicono gli economisti, un po’ repressa finanziariamente, il che significa, in buona sostanza, che nella periferia lo Stato mantiene un certo grado di controllo sul circuito del risparmio e dell’investimento.

Ad esempio, pensate un po’ che idea bislacca, nella periferia si considera la politica monetaria come uno strumento a disposizione dell’azione del governo, da mantenere, sia pure in forma mediata, sotto il controllo della sovranità democratica dei cittadini. Avete capito bene: è esattamente quello che gli intellettuali della nostra sinistra definirebbero “populismo”, che è poi il termine con il quale certi sinistri intellettuali etichettano qualsiasi circostanza nella quale il popolo non fa ciò che loro hanno deciso che faccia. Che ne sa il popolo della moneta?

La periferia è repressa e populista, e da questo scaturiscono tutta una serie di vetuste pratiche: la banca centrale non è “indipendente” (che poi significa indipendente dai lavoratori, ovviamente, non dai capitalisti), e una serie di istituzioni finanziarie (banche, fondi pensione) sono sotto il diretto o indiretto controllo dello Stato; il costo del denaro quindi non è fissato ad arbitrio del mercato, ma è gestito, indirizzato, dallo Stato; e per realizzare questo obiettivo i movimenti internazionali di capitali sono sottoposti a controlli, perché altrimenti i capitali fuggirebbero in cerca di miglior remunerazione altrove; ma non solo i deflussi, anche gli afflussi di capitali sono controllati, dalla periferia repressa: l’idea moderna che le aziende (pubbliche o private) nazionali siano lì per essere messe in vendita al miglior offerente, questa idea tanto progredita, nella periferia ancora non è arrivata; e questo vale soprattutto in ambito finanziario, dove si applica alle banche estere quel principio che i paesi progrediti applicano solo ai lavoratori esteri: “Io non sono razzista, basta che ognuno stia a casa sua”; principio che fa rabbrividire quando è applicato alle persone, e anche quando non è applicato alle banche; invece, guarda un po’, la periferia è talmente repressa che perfino le istituzioni finanziarie nazionali vengono controllate dallo Stato, che impone loro vincoli di portafoglio, che poi significa che queste istituzioni sono obbligate ad acquistare una certa quota di titoli del debito pubblico; e impone anche massimali sul credito, che significa che le banche non possono prestare troppo, cioè che i privati non possono indebitarsi troppo; del resto, nemmeno lo Stato si indebita troppo, e anzi il suo debito in rapporto al Pil scende, perché i tassi di interesse sono tenuti sotto controllo, e quindi non è necessario rincorrere, aumentando la pressione fiscale e diminuendo la spesa per i servizi essenziali, l’esplosione della spesa per interessi (che poi significa redistribuire reddito dai contribuenti che contribuiscono ai detentori dei titoli del debito... che spesso non contribuiscono).

Ecco: questa è la repressione finanziaria. Non se n’è occupato Sigmund Freud, ma Carmen Reinhart (fra gli altri). Qualcuno, più cortese, la chiama “regolamentazione” dei mercati finanziari.

Vi sembra un mondo così strano, così vetusto? Be’, avete memoria corta: fino agli anni ’80 questo mondo è stato il nostro mondo, il mondo occidentale, ed è ormai chiaro che occorre che torni nuovamente a esserlo.
Comunque, quel mondo ora non è più il nostro, e quindi così non va: il centro, che è un ragazzo evoluto, non può mica presentare ai propri genitori, i mercati, una ragazza così fuori moda! E allora il centro “suggerisce” alla periferia qualche riforma, anzi, due riforme a caso, sempre quelle: l’adozione di un tasso di cambio fisso e la liberalizzazione, dei mercati finanziari, e anche, a valle, dei movimenti internazionali di capitale.

Il centro, che è un po’ un furbetto, ottiene così due vantaggi. Vantaggio numero uno: in periferia la liberalizzazione dei mercati finanziari necessariamente fa salire i tassi d’interesse. Pensate: lo Stato non può più contare su una serie di acquirenti istituzionali per i suoi titoli (non la Banca centrale, che diventa “indipendente”; non le banche e i fondi pensione, che piano piano passano in mano al settore privato), e quindi per finanziarsi deve offrire tassi d’interesse più alti.

Ma anche i tassi del settore privato vengono liberalizzati, e quindi tendenzialmente crescono. Pensate: in periferia di capitali in effetti bisogno ce n’è, visto che, come abbiamo detto, la sua base industriale è arretrata, il che necessariamente comporta che i tassi d’interesse tendano ad essere alti. Ma prima, quando la periferia era repressa, lo Stato in qualche modo controllava il costo del denaro, mantenendolo entro limiti da lui stabiliti. Certo, in questo modo il denaro costava relativamente poco, ma se l’economia si surriscaldava, perché gli imprenditori ne prendevano troppo in prestito, lo Stato interveniva, magari con strumenti di tipo quantitativo, come il massimale sugli impieghi: se, per un dato costo del denaro, il settore privato si stava indebitando troppo, finanziando in debito la propria domanda di beni, semplicemente lo Stato proibiva alle banche di prestare oltre un certo limite. Ma ora i controlli quantitativi vengono aboliti: che brutta cosa, sa di economia pianificata, mica siamo bolscevichi! Il mercato sa cosa fare, lasciamo che domanda e offerta siano guidate dal prezzo, liberalizziamo i tassi! Quindi, se si vuole evitare che venga erogato troppo credito necessariamente bisogna lasciare che il tasso di interesse cresca. Certo: in questo modo gli imprenditori locali ci pensano due volte a indebitarsi a tassi più alti (legge della domanda e dell’offerta: costa di più, compro di meno).

Ma... forse avete dimenticato un dettaglio. Eh già! Abbiamo liberalizzato anche i movimenti internazionali di capitali. E allora cosa succede? Succede che i creditori del centro, le grandi banche del sistema maturo, attirati dai tassi più alti, esportano i capitali in periferia. Capitali ne hanno, e come! Il centro ha un’industria che guadagna bene, e gli industriali non son soliti tenere i soldi sotto il materasso, sapete? Quindi le banche del centro i soldi ce li hanno, e li spostano in periferia, dove lo Stato e i privati pagano interessi più alti che nel centro, maturo, sazio e repleto di capitali.

Come fanno? In mille modi: aprono filiali delle loro banche nella periferia (ora si può); aprono finanziarie che gestiscono il risparmio o erogano credito al consumo (ora si può); magari integrano queste finanziarie nelle ca
tene di distribuzione (supermercati, concessionarie) che nel frattempo si sono acquistate (ora si può); e poi possono sempre intervenire nei mercati borsistici e acquistare pacchetti di controllo di aziende nazionali (ora si può); e se qualche azienda nazionale che fa bei soldi fosse, malauguratamente, pubblica, non c’è problema: si comprano due o tre giornali (ora si può) e un po’ di ministri (questo si è sempre potuto), e si comincia a diffondere ventiquattro ore su ventiquattro l’idea che lo Stato è inefficiente e fonte di ogni male, e che quindi bisogna privatizzare le aziende pubbliche, partendo da quelle che funzionano, e il gioco è fatto.

Illustri economisti, dalle colonne di prestigiosi quotidiani, annuiranno compiaciuti.

Ma perché siamo partiti dalla fissazione del cambio? Ma è semplice! Perché i capitalisti del centro desiderano (legittimamente) lucrare lo spread, la differenza, fra i tassi d’interesse, senza patire rischio di cambio, cioè senza correre il rischio che la periferia svaluti, come sarebbe in fondo naturale per un paese che diventa importatore netto di capitali e quindi di merci. In fondo non c’è nulla di male: giochi innocenti, purché si sappia smettere al momento debito (cioè: al momento giusto, ma non so perché mi è venuta la parola “debito”).

E poi, pensateci un momento. Se anche i tassi d’interesse fossero uguali al centro e alla periferia, fissando il cambio, un effetto comunque lo si ottiene. Sapete quale? Ve lo dico subito: aumenta lo spread. “Come?” direte voi “Ma adottando un cambio credibile non si abbassano forse gli spread, com’è successo in Europa, dove i greci e gli spagnoli hanno potuto beneficiare di tassi tedeschi?” Aspettate un attimo: al vostro ragionamento manca un pezzo.

Se si effettua un investimento in un’altra valuta, nel rendimento complessivo bisogna anche considerare la rivalutazione o svalutazione attesa di questa valuta. Esempio pratico: prima dell’euro, il tedesco che prestava allo spagnolo doveva guardare non solo ai tassi d’interesse (più alti in Spagna), ma anche a cosa avrebbe fatto il cambio. Ti serve a poco guadagnare un punto di interesse in più prestando a Carlos anziché a Hans, se poi Carlos svaluta, poniamo, del 4%, giusto? Dice: ma noi quando parliamo di spread confrontiamo solo due tassi di interesse, mica parliamo di cambio. E certo, appunto: oggi il cambio non c’è più: è 1 euro (italiano) per 1 euro (tedesco). Per questo non parliamo di cambio, perché il cambio non c’è. Ma quando c’era se ne parlava.

Vuoi un esempio? Nel 1998, un anno prima dell’entrata in Eurolandia, il tasso d’interesse sui titoli a lungo termine era 4.8 in Spagna contro 4.6 in Germania (dati IFS, 2010), e quindi lo spread era 0.2, cioè 20 punti base. Ma siccome la peseta nel 1998 perse circa l’1.2% sul marco, lo spread effettivo, cioè corretto per la svalutazione, fu negativo: 0.2-1.2=-1.0, cioè l’investitore tedesco prestando a Carlos in fondo ci avrebbe rimesso. Meglio prestare a Hans. Nel 1999 i due tassi erano entrambi scesi, di conserva: Spagna 4.7, Germania 4.5. Lo spread quindi era 0.2, come l’anno prima. E quello corretto per la svalutazione? Ehi, amico, sveglia! Nel 1999 c’era l’euro, quindi non bisognava più correggere per la svalutazione. Capisci cosa significa? Significa che lo spread della Spagna era passato da -1.0 a 0.2, cioè era aumentato di 1.2, di 120 punti base. Con l’euro, meglio prestare a Carlos, no? Sembra poco, lo so, a me e a te che movimentiamo un conto corrente a tre zeri (se va bene): ma se tu muovessi milioni di euro, questa differenza di rendimenti diventerebbe significativa, credimi, e porteresti i tuoi soldini dove essa è positiva: nell’esempio, in Spagna.

L’arrivo di liquidità in periferia apre nuove opportunità d’investimento e di consumo, sia perché l’afflusso di denaro dall’estero, piano piano, dopo la fase iniziale, fa diminuire tassi e spread (legge della domanda e dell’offerta), sia perché la liberalizzazione dei mercati finanziari crea nuove possibilità di spesa. Nel mondo represso non si “fanno le rate” per un televisore. In quello libero sì. Gli economisti li chiamano “mercati finanziari perfetti”, quelli dove si può avere tutto subito, perché trovi sempre qualcuno che ti finanzia, ovviamente pagando un prezzo. Quindi la periferia è euforica: le sembra di toccare il cielo con un dito: titillata dai capitali del centro raggiunge vette di piacere consumistico per lei insospettate fino a pochi mesi prima. Orgasmi multipli, lubrificati dalle rate: nuova automobile, nuovo frigorifero, nuovo televisore... Per non parlare della possibilità di contrarre mutui per acquistare prime, e anche seconde case (perché spesso, nella periferia, la prima casa una famiglia ce l’ha)...

Come avrete capito, qui subentra il secondo vantaggio per il centro: drogando coi propri capitali la crescita dei redditi della periferia, il centro si assicura un mercato di sbocco per i propri beni, che i cittadini della periferia possono ora acquistare grazie agli effetti diretti e indiretti di un più facile accesso al credito.
Insomma: è la solita storia. Il centro versa da bere, la periferia, distratta (d’accordo, non sempre), beve, e accorda al centro gli estremi favori... dei suoi cittadini, che comprano, comprano, comprano, assorbendo il sovrappiù del maturo sistema industriale del centro.

Inizia la parte triste della storia.

La periferia si gonfia.

E anche qui siete fuori strada: non è una gravidanza, ma una bolla.

Cos’è una gravidanza lo sapete, questo è decisamente un libro per adulti. Ma siete sicuri di sapere cos’è una bolla? Come la definireste? Va bene, dai, non voglio mettervi in difficoltà. In fondo, se qualcuno chiedesse a me cos’è esattamente una gravidanza, non sono sicuro che saprei rispondere in modo tecnicamente esatto. Una bolla è lo scostamento del prezzo di un’attività finanziaria dal suo valore fondamentale. Mi spiego. Il valore attuale di un’azione, in linea teorica, dipende dal valore dei dividendi futuri, da quanto reddito l’azione ti garantisce nel lungo termine. Un valore incerto, naturalmente. L’azione però può anche essere comprata e venduta liberamente, lo sapete. Ora, succede che se qualcuno si aspetta che i rendimenti futuri crescano, offrirà di più per acquistare una data azione. E se qualcuno si aspetta che qualcun altro offra di più per acquistare un’azione, cercherà di acquistarla, per venderla quando l’altro sarà disposto a pagarla di più, ma così facendo (cioè acquistandola) contribuisce a farne salire il prezzo. Si chiama “aspettativa che si autorealizza” (self-fulfilling expectation). Ora, siccome al primo che fa questo ragionamento le cose vanno, evidentemente, bene, anche un secondo, e poi un terzo, e poi un quarto, si accodano, domandando quell’azione, il cui prezzo viene spinto su da una domanda che non ha più alcuna relazione con il rendimento atteso a lungo termine (i dividendi futuri), ma solo con l’aspettativa che tutti hanno che il prezzo cresca.

Capite cosa vuol dire che il prezzo si scosta dal valore fondamentale? La matematica finanziaria ci insegna che con tassi al 5%, ha un senso pagare 20 un pezzo di carta che ogni anno ti paga un reddito di 1. Ma se per qualche motivo quel pezzo di carta lo vogliono tutti, tu magari ti trovi a pagarlo 100, e lo fai volentieri, perché pensi che dopodomani lo vendi a 150. Perbacco! Vuoi mettere il 50% in due giorni rispetto al 5% in un anno?

Ma quanto possano essere lunghe quarantotto ore lo sanno bene quelli che avevano azioni in portafoglio il 25 ottobre del 1929, aspettando la riapertura dei mercati il lunedì successivo, sì, proprio quello passato alla storia come “lunedì nero”.

E la bolla immobiliare? Semplice: tornate indietro di qualche riga, sostituite alla parola “azione” la parola “appartamento”, e alla parola “dividendo” la par
ola “affitto”, ed ecco la bolla immobiliare. La quale, però, una differenza ce l’ha: che gli appartamenti sono meno “liquidi” delle azioni: non basta telefonare al proprio promotore finanziario per disfarsene...

Insomma: la periferia, grazie ai capitali esteri, cresce. Crescono i consumi, crescono anche gli investimenti. Allettati dalla sua crescita, i mercati convogliano verso di essa capitali in misura sempre maggiore, tanto più che la crescita drogata dal debito privato (i capitali esteri prestati a famiglie e imprese) causa un miglioramento delle finanze pubbliche: il rapporto debito pubblico/Pil si stabilizza o scende. I grulli (o i furbi?) per i quali “l’unico debito è quello pubblico” sono così rassicurati. Quanto sembra virtuosa la periferia agli sceriffi (ingenui o conniventi?) del Fondo Monetario Internazionale! Vedi? La periferia è una brava ragazza, ha fatto quello che dicevamo noi, gli sceriffi: si è data un cambio “credibile” (infausto eufemismo), si è fatta un tantinello zoccola, cioè si è liberalizzata, e i risultati si vedono...

Libertà (finanziaria), quanti delitti si commettono in tuo nome!

L’afflusso di capitali non è più guidato dallo spread, dalla differenza fra tassi della periferia e tassi del centro. Può infatti accadere (ma non sempre accade) che questa differenza si riduca: la mobilità dei capitali, dicono i libri degli economisti, eguaglia i rendimenti da un paese all’altro (legge della domanda e dell’offerta). Non è sempre così, ma anche fosse, ormai quello che attira i capitali in periferia non è il tasso d’interesse, il rendimento a lungo termine, ma il guadagno in conto capitale, la crescita convulsa del prezzo delle attività.

Nell’economia drogata sale la febbre: l’accesso al credito facile fa salire l’inflazione, e se all’inizio ci si rivolgeva all’estero per comprare beni di lusso, col tempo i prodotti esteri diventano competitivi anche sulle fasce più basse, perché i prezzi interni sono cresciuti, quindi il deficit commerciale si approfondisce, e occorrono nuovi capitali esteri per finanziarlo. Del resto, lo abbiamo detto prima: un importatore netto di capitali è anche un importatore netto di beni.

Proprio così: drogata, la periferia è drogata di capitali esteri, e la dose deve essere sempre maggiore, per fare effetto. Non c’è crimine verso se stessa che la periferia non perpetri pur di ottenerla. Si prostituisce in ogni modo, distruggendo in pochi anni lo stile di vita e le ragionevoli aspettative di reddito dei suoi cittadini, che si vedono privati dall’oggi al domani di diritti che ritenevano acquisiti, come quelli all’assistenza e alla previdenza; smantellando il proprio sistema industriale, che tanto non le serve più, perché i capitali arrivano, quindi arriveranno sempre, e sarà sempre possibile acquistare all’estero, dove lo fanno tanto meglio, quello che non si ha più convenienza a produrre in casa; cedendo insomma il meglio di se stessa, tutta se stessa, al centro.

“Mi ami, centro?” “Certo, periferia!” “E mi amerai sempre, vero?” “Certo, sciocchina, che domande sono! A proposito, ma cosa te ne fai di quell’industria petrolifera, come si chiama... Ani, Azienda nazionale idrocarburi... Dai, dammela, su, dammi l’Ani, che in cambio avrai un afflusso di capitali che neanche te l’immagini” “Ma devo darti anche questo?” “Ormai mi hai dato tutto!” “Ma la mamma mi ha detto...” “La mamma? Ma hai visto Solone e Licurgo dalle colonne del Corriere? Vedi come ti incitano a vendere l’Ani” “Ma io ho un po’ paura...” “Ma io ti amo, periferia. Dai, dimmi di sì, e vedrai quanta liquidità inietterò nel tuo circuito...”

La sventurata rispose.

Il fatto però è che esiste una legge non so se dell’economia o proprio della natura, quella che dice che “il troppo stroppia”. In economia penso la chiamino legge dei rendimenti decrescenti. Trovare impieghi produttivi per masse enormi e crescenti di capitali non è facile, e gli afflussi di capitali (sì, proprio quelli dei quali i nostri Quisling tanto lamentano la carenza in Italia), sono, per il paese che li riceve, debiti esteri, che occorrerà rimborsare, e che però, quanto più crescono, tanto meno producono i redditi necessari a ripagarli.

Ah, non lo sapevate? Come? Proprio voi, i luogocomunisti, gli spaghetti-liberisti, gli araldi del libero mercato e dell’economia ortodossa, mi ignorate quest’altra semplice verità: non ci sono pasti gratis, no free lunch, non puoi avere qualcosa per niente. Ah, capisco, capisco... In effetti, sì, mi era sembrato di leggere qualcosa del genere nei giornali italiani. Sapete, io ormai li uso solo per incartare il pesce, e così, fra una squama di branzino e uno schizzo di nero di seppia mi era sembrato in effetti di intravvedere che esiste in Italia una sinistra genia di imbecilli che pensa che i capitali arrivino dall’estero gratis, che gli imprenditori esteri comprino azioni italiane, o comunque acquisiscano il controllo di aziende italiane, perché noi siamo simpatici, creativi, insomma, perché ci vogliono bene. E che quindi gli afflussi di capitali sono un bene: noi ne abbiamo bisogno, loro ce li danno, e la storia finisce lì. Ma pensavo di aver letto male, sapete, nella fretta, la padella sul fuoco, gli ospiti in terrazza... Invece voi mi dite che c’è veramente qualcuno che è così cretino da pensare che l’estero i capitali li regali!? E quindi che la svendita delle aziende pubbliche e private italiane a investitori esteri vada non solo non ostacolata, ma addirittura favorita!? E mi dite addirittura che glielo fanno scrivere sui giornali!?

Ma io, da domani, con quei giornali non ci incarto più nemmeno il pesce. Il nobile branzino non merita un sudario tanto abietto...

Vi spiego: chi presta, che deve farsi ridare i soldi con gli interessi, lo sa. Mica pensa di regalarli. Fosse scemo! E questo vale per tutti i tipi di prestiti, capite?

Esempio: chi acquista un’azienda in periferia non lo fa perché vuole portare in periferia lavoro e crescita (in effetti, in due casi su tre comincia col licenziare qualcuno, ci avevate fatto caso?). No: lo fa perché vuole giustamente far profitti e poi riportarli al centro (e magari, per farne di più, di profitti, passa sopra a qualche regola, ci avevate fatto caso?). Ecco, cercate di chiavarvi in capo questa semplice realtà: quello che oggi è un afflusso di capitali domani diventa un deflusso di redditi. L’afflusso di capitali dall’estero (per comprare un titolo pubblico, per finanziare l’acquisto della seconda casa o del primo televisore al plasma di un privato, per acquistare un’azienda), domani diventa un deflusso di redditi verso l’estero (interessi o profitti). Capito? Oggi entrano i soldi, sotto forma di credito (per il centro), cioè debito (per la periferia). Domani i soldi escono, sono redditi passivi in bilancia dei pagamenti, redditi che ampliano ancora di più il deficit estero della periferia, la quale, come usura insegna, a un certo punto è costretta a farsi prestare altri capitali, non più per finanziare investimenti produttivi, e nemmeno per finanziare consumi, ma semplicemente... per pagare gli interessi! E quei capitali, la periferia, all’inizio nemmeno voleva, all’inizio non ne aveva nemmeno bisogno, ricordate? Perché nel mondo “represso” il circuito del risparmio si chiudeva all’interno del paese: alla periferia bastavano i risparmi dei suoi cittadini, che ne avevano, perché siccome non tutto era stato privatizzato, e quindi i servizi essenziali non costavano somme sempre maggiori, in fondo non si stava così male, qualcosa si risparmiava.

Ci si avvicina al triste epilogo.

Un bel giorno la periferia si sveglia, ha le nausee, vomita. Una grossa azienda va in crisi finanziaria? Le banche accusano “sofferenze” (che poi significa che capiscono che i loro debitori non ce la faranno a restituire i soldi)? Insomma, succede
qualcosa, e l’amore finisce, lasciando il posto a una certa insofferenza. Il centro comincia a dubitare della capacità della periferia di rimborsare i propri debiti. Esige così il pagamento di interessi sempre più alti a copertura del rischio, lo spread, che era partito alto (vi ricordate?), e poi si era annullato, decolla di nuovo. La periferia si avvita nella spirale del debito estero, si gonfia sempre di più, e per sapere il seguito basta aprire un giornale. Non è un happy ending.


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Anonymous
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Ci hanno fatto perdere,per essere precisi,dalla fine degli anni 70 e lo smantellamento graduale delle sovranita' dello Stato,che pur con tanti difetti,viaggiava bene nei fondamentali,prima che privatizzassero i gioielli piu importanti e ci imposero la moneta non sovrana,pesante e fissa al cambio con l'estero

Ecco, appunto: la colpa è sempre degli altri, che ci hanno fatto perdere... ci hanno imposto e bla bla bla... come se nel Britannia Soros stesse puntando una pistola alla tempia di Ciampi. Mica è un film. E' ridicola e funesta questa tendenza all'autoassoluzione di noi italiani, questo vittimismo atroce.
Le privatizzazioni non ci sono state imposte, sono figlie di una cultura che discende ancora da Locke e Hume... altro che Bilderberg...
L'euro ha la sua importanza in questa storia, ma non è responsabile della situazione più di un De Benedetti che ha distrutto l'Olivetti o dei responsabili dell'AnsaldoBreda che hanno venduto dei treni farlocchi all'Olanda (che dopo averli provati li ha rimandati al mittente col messaggio: questa m...da tenetevela voi, noi annulliamo tutti i contratti)... delle mafie che impediscono lo sviluppo del meridione, del sistema giudiziario a pezzi... altro che fondamentali che "viaggiavano bene"...

Non c'e' bisogno che tu lo legga Durruti,anche se e' facile,e' per chi fosse interessato al serio e non al "ridicolo"

No guarda, Bagnai proprio no. Mi rifiuto.
Piuttosto mi leggo Gawronsky, il che è tutto dire...


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Georgejefferson
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Vedo il "non ridicolo" come grande analisi.La persona la persona...mi rifiuto,non centrano i temi...la persona che scrive brutta e cattiva,quindi i temi sbagliati "a prescindere"..sai che logica.Come quella del pubblico/privato...non sono le associazioni a delinquere,ma l'aggettivo pubblico/privato a far la differenza.E l'interesse dei popoli dipende dall'etichettina davanti,se pubblico o privato.Lascia perdere Hume o Locke,e' meglio.


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Anonymous
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"Uscire dall'euro" è una soluzione incompleta. Bisogna uscire dalla trappola della moneta debito. I debiti non sono tutti uguali: bisogna specificare quando sono solo delle invenzioni contabili... erogazione di numeri su conti elettronici o banconote in cambio di titoli di stato... è questa la grande truffa che nessuno, proprio nessuno ha il coraggio di denunciare. Ed è così semplice che perfino bdurruti è in grado di comprenderla.

Finchè non si smaschererà pubblicamente la grande truffa planetaria che permette a una ristrettissima elite, tramite il controllo e il monopolio della creazione della moneta, di fare il bello e il cattivo tempo e obbligare governi e nazioni a fare quello che essi vogliono, non c'è alcuna speranza.

Informare, ecco cosa dovrebbero fare i giornalisti con un po' di sale in zucca e, soprattutto, con un po' di coscienza e morale


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Anonymous
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Finchè non si smaschererà pubblicamente la grande truffa planetaria che permette a una ristrettissima elite, tramite il controllo e il monopolio della creazione della moneta, di fare il bello e il cattivo tempo e obbligare governi e nazioni a fare quello che essi vogliono, non c'è alcuna speranza.

Invece Lock e Hume sono fondamentali proprio per scardinare questa visione: non c'è nessuna "ristrettissima elite" che obbliga i governi... i governi sono complici. E' anche per questo che l'uscita dall'euro è una soluzione incompleta, fra le tante altre ragioni...

la persona che scrive brutta e cattiva,quindi i temi sbagliati "a prescindere"

Bagnai sostiene che in fondo "i fondamentali andavano bene", un po' come Barnard. Guardacaso, due monomaniaci che insultano chi non aderisce ai loro dogmi. Bei riferimenti. E comunque, a mio parere, quel presupposto da cui partono è sbagliato, quindi ha forse senso leggermi i loro pipponi ?


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Georgejefferson
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Si.L'euro non e' la causa di tutti i mali dell'universo,lo sappiamo,gia detto innumerevoli volte.Ma invece il "pippone" di Bagnai,se lasciassi perdere la persona,pur antipatica che sia,lo apprezzeresti,io penso,sul contesto dell'euro/DEregolamentazione dei flussi dei capitali/Soppressione indicizzazione salari...essendo anche facile tra l'altro.Che i fondamentali vadino bene,non significa il paradiso in terra,e anche questo abbastanza risaputo e stradetto migliaia di volte.


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se lasciassi perdere la persona,pur antipatica che sia,lo apprezzeresti,io penso,sul contesto dell'euro/DEregolamentazione dei flussi dei capitali/Soppressione indicizzazione salari.

Ho letto. Sforzo enorme, ma vabbè...
Provo a metterla in un altro modo. L'euro è uno strumento che ha permesso di raggiungere certi obiettivi di dominio più velocemente. Ma il suo crollo porterebbe inevitabilmente al crollo di una certa idea di Europa unita, che sicuramente è stata la foglia di fico sotto cui nascondere i veri interessi dietro alla moneta unica e al Trattato di Lisboa, ma che esiste e non si può mettere da parte. Io non credo affatto che quella certa idea d'europa sia impossibile da realizzare per insormontabili differenze culturali, storiche o linguistiche che ci renderebbero diversi dagli Usa, ad esempio. Sono balle. A mio parere, quello che frena l'unione sono le lotte di potere delle borghesie locali di ogni Stato tra loro e le nuove borghesie globali. Ma qui si aprirebbe una parentesi enorme, perciò andiamo avanti...
Quindi, se l'euro è solo uno strumento, non vedo su quali basi si dica che un suo crollo (con conseguente inevitabile ritorno alle monete nazionali e agli Stati-Nazione), supponga meno sforzi e sofferenze, per i popoli europei, che non provare a mantenerlo cambiando le modalità di gestione e i soggetti che lo gestiscono.
L'unica base che vedo, nei discorsi di Bagnai, è che, appunto, i "fondamentali erano buoni" e che lo Stato si potrebbe riappropiare del ruolo di "buon padre" che aveva prima.
Ma, diosanto, quando mai lo Stato fu un "buon padre" dai "buoni fondamentali"?
Prendi l'Inghilterra. Ha la Sterlina, ma ha gli stessi problemi che soffre l'eurozona. Deindustrializzazione, tagli alla spesa pubblica, privatizzazioni, ecc.. ecc.. Questo non dimostra che il problema è ideologico e sistemico, più che della moneta?
Io a queste domande non ho mai visto nessuna risposta sensata, se mi vuoi illuminare tu George, sono disposto a leggerti...


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Anonymous
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Prendi l'Inghilterra. Ha la Sterlina, ma ha gli stessi problemi che soffre l'eurozona. Deindustrializzazione, tagli alla spesa pubblica, privatizzazioni, ecc.. ecc..

bdurruti tu è un pezzo che non fai un soggiorno in UK vero? perchè se ci fossi stato recentemente, intendo per periodi abbastanza lunghi da apprezzare l'andazzo generale, capiresti che in fondo, poter gestire la propria moneta (sia pure con tutti i limiti del solito sistema a debito) e le proprie politiche monetarie e di spesa pubblica, diciamo che sì, un "aiutino" (altro che aiutino!) lo dà proprio! 8)


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Arazzi
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Ma è palese che bdurruti (qualcuno diceva ricbo?) sia pagato per trollare. E solo perchè oggi son buono, altrimenti penserei che lo fa aggratis.

Grazie alle risposte che ha dato qui non ho più dubbi e quindi ora posso trattarlo come lui stesso fa con Bagnai & co, non lo cago più.


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Georgejefferson
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Sono contento tu lo abbia letto Durruti.Davvero.

Tutto dipende dalle scelte politiche,sempre..insieme al diritto di utilizzo di strumenti.Battere moneta,controllo dei flussi dei capitali,indicizzazione dei salari per i meno abbienti,misurati dazi verso beni prodotti da schiavi ( Sic ),Tutela del risparmio e tanto e tanto altro.Non c'e' mai una sola causa o unica soluzione.Ogniuno poi faccia il suo percorso.Ci sono tanti economisti,anche Marxiani,che scrivono cose interessanti.

E' ovvio che se continuiamo ad avere delinquenti nelle classi dirigenti (Statali e Private) non c'e' moneta che tenga.Il problema dell'euro,della trappola dell'euro,e' che non e' una moneta.Approfondire questo punto aiuta a comprendere cosa significa una moneta senza Stato e relativa legittimità democratica.


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Anonymous
Illustrious Member
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Sono contento tu lo abbia letto Durruti.Davvero.

Tutto dipende dalle scelte politiche,sempre..insieme al diritto di utilizzo di strumenti.Battere moneta,controllo dei flussi dei capitali,indicizzazione dei salari per i meno abbienti,misurati dazi verso beni prodotti da schiavi ( Sic ),Tutela del risparmio e tanto e tanto altro.Non c'e' mai una sola causa o unica soluzione.Ogniuno poi faccia il suo percorso.Ci sono tanti economisti,anche Marxiani,che scrivono cose interessanti.

E' ovvio che se continuiamo ad avere delinquenti nelle classi dirigenti (Statali e Private) non c'e' moneta che tenga.Il problema dell'euro,della trappola dell'euro,e' che non e' una moneta.Approfondire questo punto aiuta a comprendere cosa significa una moneta senza Stato e relativa legittimità democratica.

D'accordo, ma non hai risposto alla mia domanda: su quali basi si sostiene che l'Europa non potrebbe diventare un'unione federale, con una moneta ed un Tesoro unici ed una BC legata ad esso, sulla falsariga degli Usa?
Non mi rispondere che è tutta colpa dei krukki o con discorsi su basi identitarie e nazionaliste come fa il 90% dei frequentatori di questo sito, sono cose che rifiuto totalmente.


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