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Grandi e piccole Fake News


GioCo
Noble Member
Registrato: 2 anni fa
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Personalmente se fossi stato parte del "main-stream" (e non ringrazierò mai abbastanza Dio o chi per esso per non esserne parte) con la coscienza che ho adesso non mi sarei mai e poi mai messo in questo "cul-de-sac" della "fake-news", ovviamente tra gli infiniti possibili a disposizione dell'armamentario dell'ingegneria sociale, altrimenti detta "propaganda". Lo considero infatti IL "biggest mistake" occidentale per antonomasia.

La ragione è semplice, l'Uomo è fallace e questa, anche se oggi sembra una assurdità scriverlo è la sua qualità migliore e più grande in assoluto. Essere infatti capaci di errore non è necessariamente un problema, non lo è per l'indagine di un crimine e nemmeno per quella scientifica. Non sarebbe infatti possibile senza "errore" ne avere la motivazione per scoprire colpevoli, ne avere quella curiosità che è la base di qualunque ricerca, soprattutto scientifica. Se infatti nessuno sbaglia, perchè andare a cercare colpevoli? Se poi nessuno ha difficoltà nell'indagare la realtà che ci circonda, perché dovremmo "essere curiosi" e approfondire ciò che riteniamo di sapere? Quindi il dubbio che promuove la ricerca antropologica in tutti i campi è una conseguenza del principio d'errare umano, cioè del procedere spesso e volentieri senza un idea precisa della direzione, della strada o della destinazione.

Se è difficile ricostruire e comprendere i processi (circa i colpevoli e la curiosità) queste poche righe ci svelano però un segreto più immediato: perché fa tanto comodo alla propaganda (nel suo significato più lato, quindi anche tra le persone non necessariamente tra un sistema di governo e i cittadini) che la massa percepisca negativamente l'errore. Ricordiamo quindi l'etimo: errore deriva da errare, cioè "andar vagando" senza sapere dove. Ora, voi mi dite se c'è qualcuno, anche solo uno, che sa dove sta andando l'Uomo? Ma allora, se non sappiamo determinare dove stiamo umanamente andando, la massima cristiana che vuole l'Uomo nato nell'errore semanticamente è corretta, anche se rimane molto poco probabile che la genesi sia quella religiosamente indicata.

Ma andiamo oltre e iniziamo a esplorare questo nuovo mondo delle "big fake news", una finestra di opportunità spalancata su una realtà umana come mai accaduto in precedenza, che ci fornisce la possibilità di verificare ogni verosimiglianza sistemica mettendo in dubbio tutto anche ciò che è graniticamente è sempre stato fuzionale al sistema dominante. Però, impariamo a farlo nel modo corretto perchè svarioni ed abbagli sono di certo i più facili da ottenere. Ricordiamoci della ciclicità storica di certi epifenomeni, come ad esempio il periodo del "1500" in cui terminò una fase, quella medioevale e carolingia in virtù delle nuove scoperte geografiche. La nostra epoca sta esaurendo quel periodo di scoperte geografiche che iniziarono con "l'errore" di cercare un paradiso dove invece c'eranole americhe ed è evidente che ci troviamo davanti a una nuova frontiera oltre la quale si dischiudono territori inesplorati, territori fisici di cui possiamo solo immaginare (come nel medioevo si poteva solo immaginare il mondo nuovo) che ci pongono davanti a nuove sfide e nuove vaste prospettive d'errore.

Iniziamo da quelle a noi più vicine, più interessanti. Prendiamone una tranquilla: "il lavoro del futuro è di concetto". Il lavoro futuro? Ma chi è quell'infingardo che ci dice che il futuro sarà semplicemente un proseguimento dell'attuale presente occidentale? Voglio dire che se anche lo sarà per una assoluta minoranza, la stessa che ha goduto in qualche misura le gozzoviglie dell'era tecnofrenica meglio conosciuta come "industruale", il grado di permeabilità tra i sistemi non restituisce nessuna garanzia a nessuno di conservazione dell'esistente, a nessun livello: l'incertezza è l'unica certezza che si affaccia nel quotidiano contemporaneo. Per ciò noi non abbiamo idea di qual'è il grado effettivo di utilità futura della abilità manuale umana, sappiamo solo che sarà diversa, ma il sospetto nato dagli indizi ci dice tutto l'opposto: il vero terreno di @GioCo dove si consumeranno tutti i confronti sociali futuri, le peformance e le attitudini più necessarie, saranno totalmente corporee e non totalmente concettuali, non fosse altro per la necessità di riformulare completamente un rapporto tra l'Uomo e il suo ambiente secondo termini educativi che adesso sono solo timidamente accennabili. Pensiamo ad esempio alla "tuta alare", un modo di interagire con l'aria del tutto sconosciuto solo pochi decenni fa, oggi alla portata umana. Ovviamente questo è un esempio "sportivo" e tra l'altro di uno sport estremo che non indica nessun tipo di impiego produttivo futuro, ma è qui citato per osservare come la tecnologia fuori dall'ambito ludico e sportivo non è solo quella oppressiva (ad esempio dei cellulari) ma può essere anche espressiva e quindi rilanciare entro nuovi spazi e nuove sfide il corpo come creativamente produttivo in spazi del tutto nuovi e per ora inesplorati. Ciò presuppone però che sia lasciata intatta la componente creativa umana (oggi fortemente depressa e al centro di un ferocissimo attacco globale) e anzi che questa sia rilanciata in termini produttivi, pena la fine dell'Uomo entro gli spazi cognitivi ristretti e oppressivi della ripetitività asfittica dell'esistente, pericolo che insidia l'Uomo se inisisterà a ritenere il futuro confinato nel concetto e non nella resistenza fisica e nell'intelletto corporeo. Oggi infatti è fuori dubbio che l'intelligenza è corporea e poi sociale, quindi organica e non cerebrale o propria di un singolo organo-sistema isolato.

Il lavoro futuro riguarderà coloro che sapranno affrontare le sfide ambientali che già adesso iniziano a imporsi alla nostra attezione, sfide che sono tutte corporee e richiedono una reazione organica, corporea che include competenze molto fisiche, molto educative, molto "corporee": o questa sarà la prospettiva "di lavoro" oppure perderemo ogni contatto con un qualsiasi governo dei fenomeni così come sta avvenendo già adesso, quindi la possibilità di perdere quel contatto è già adesso in divenire e quello sì che non potrà che aumentare nei prossimi anni.

Facciamo pochi esempi, solo per capire che non si tratta di concetti astrusi o complicati o di eventi improbabili e distanti, ma estremamente vicini e del tutto concretizzabili "subito": una crisi ambientale (ad esempio un terremoto, una tempesta tipo Katrina, un maremoto), una crisi chimica (ad esempio scopriamo che il glifosato ha effetti sulla biosfera "un tantino" differenti da quelli pianificati da chicchessia, come la stimolazione alla proliferazione micotica suicida per l'Uomo), una crisi nucleare (se non vi basta Fukushima aggiungiamo che la Russia sta usando motori nucleari di ferraglia da guerra che sparpaglia per il mondo come il sale sulle patatine fritte per rispondere alla minaccia di invasione americana, nata dalla incapacità strategica di fare un minimo di autocritica e ripensamento degli obbiettivi globalisti), una crisi culturale (qui possiamo sbizzarrirci, ma forse è la sostanza che sfugge: senza difese culturali, come le affrontiamo tutte queste sfide? Mancano le risorse educative), una crisi sociale (pensate che l'Italia non possa entrare in guerra? Pensate davvero che non ci siano già i prodromi per il caos sociale? Allora guardate cos'è successo a Firenze ...), una crisi economica (non mi spreco), una crisi ... vabbé andate avanti voi, credo che sia chiaro.

Quello che non è chiaro è un punto: tutte queste crisi, che impatto avranno sul nostro "stile di vita" e sull'impiego potenziale delle nuove tecnologie in futuro? Il rapporto tra l'Uomo e il suo ambiente rimarrà lo stesso? La necessità che l'Uomo non si occupi più di lavoro manuale, fisico, è sotto questa luce ancora proponibile o forse è proprio la perdita del contatto con il corpo e la capacità umana di "fare" che ci sta condannando inesorabilmente tutti?

Riflettiamoci, prima di dire che "il futuro è per il lavoro di concetto". Forse competenze utili anche solo necessarie a gestire un giardino, non delegabile a nessuna macchina, di saper aggiustare le cose, per esempio quelle inventate al momento e che ci procurano energia rinnovabile o inesaribile o scarsamente esauribile e quindi cibo, acqua e la possibilità di far funzionare le macchine da cui dipendiamo, di saper resistere o affrontare l'imprevisto, per esempio un cataclisma ambientale, potrebbe fare la differenza. Non solo per noi, ma per chiunque nel futuro.

Per ciò quello a cui dovremmo aspirare è prima di tutto una rivoluzione culturale che riprenda il passato per rigettare il presente riduzionista: un futuro per l'intelligenza corporea e quindi organica.


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