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Il "mito", il monoteismo e la reincarnazione


GioCo
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Eccomi qui, di nuovo. Stavolta il mio demone mi ha dato tempo per riflettere: la "pausa" concessa è stata decisamente più lasca del solito. Per un po' mi sono "rilassato" con cose di poco conto (finalmente).

Ieri mattina (intorno le 4) è arrivato senza preavviso (al solito) giù pesante come il maglio di Efesto e d'improvviso mi sono parsi chiari i suoi inusitati "silenzi". Te pareva... Non vi tedio con l'argomento del "buon giorno", non è il momento. Troppe cose confuse che agitano la Mente Collettiva, troppo clamore mediatico, troppo troppo.

Sono argomenti che abbisognano di estrema pacatezza e non è di certo il periodo corretto per trattarli. Per togliervi però la curiosità (anche perché non ho motivo di provocarla) si tratta di questioni attorno il libero arbitrio (che non c'è) e certe sue conseguenze delicate quanto "spinose" di cui non mi ero resto conto ma che rientrano perfettamente nel completamento di quel quadro coerente allargato che tante volte ho indicato nei miei POST.

Però possiamo trattare qualcosa che (secondo me) vale la pena approfondire e che in qualche modo "sfiora" proprio quegli aspetti, matenendo un profilo di coinvolgimento emotivo tutto sommato basso. Vorrei riprendere qui gli argomenti trattati dal canale "my little croccodile" di Susi che ci ha omaggiato delle sue libere riflessioni su quella che ritiene una fregatura, cioè la reincarnazione (QUI) da cui si deve fuggire perché l'idea dell'esperienza che si viene a fare nel corso della Vita (sempre a suo dire) è una evidentissima stupidaggine.

Mi catalogo come il meno adatto in assoluto ad affrontare questioni che rimangono parecchie spanne sopra la mia miserabile figura. Se lo faccio è unicamente su pressione del mio demone che mi impone di condividere. Se no me le terrei per me, dato che la mia esperienza nel fare questi tentativi è ricca più che altro di estremo disagio "inutile" o in alternativa di "diffidente" menefreghismo. Per ciò se e quando riscuoto interesse, paradossalmente, mi trovo quasi a disagio.

Una delle cose che ci ha tenuto a specificare Susi è che per Lei questa realtà che viviamo è "finta". Si tratta di una simulazione, tecnologicamente avanzatissima ma solo una simulazione. La "verità" la possiamo trovare solo dentro di noi quando scopriamo chi c'è dietro i nostri occhi, cosa si nasconde oltre il "nostro sguardo". Ha detto anche che l'insistenza circa la "Luce" che fanno spesso le guide spirituali è un altra "fake news", cioè un informazione fuorviante che mette fuori pista il ricercatore "vero".

A rinforzare le sue tesi un altro "ricercatore" (un certo Claudio) che avrebbe consultato Guru in giro per il mondo (quindi ha scritto un libro) ponendo domande che non hanno ricevuto risposta soddisfacente. In particolare proprio sui temi in questione, come l'utilità della reincarnazione per una supposta esperienza "del dolore" (e della disperazione aggiungo). Un esempio fatto nel primo video che (giustamente) ha scatenato una ridda di polemiche che ha sommerso la nostra eroina, era quello del bambino: cosa c'entra l'esperienza se a pagarne lo scotto è un bambino che per esempio muore sotto le bombe di un qualsiasi teatro di guerra ? Lui l'esperienza non ci arriva a farla... Non fa proprio in tempo a sviluppare una coscienza e in specie se è (come capita) appena nato.

Aggiungo all'esempio i tanti mai nati che nemmeno ci arrivano al parto. Non ce la fanno e sono tanti. Più di quanti si possa immaginare. Il punto comunque secondo me riguarda (come sempre) la coerenza e i discorsi di Susi sono per me fondamentali per riflettere proprio sull'efficacia di un quadro coerente allargato che a Lei evidentissimamente manca. Tuttavia rimane un lavoro impagabile il suo, perché solleva limpidamente questioni che ci interrogano nelle viscere e quindi non possono essere elusi.

Questioni che non hanno lasciato gli antichi scevri da identiche posture. La stessa religione monoteista e in specie proprio quella cattolica, nasce, cresce e prospera sulla base di questi postulati e corroborando esattamente le posizioni (inconsapevoli) che la nostra (amatissima, potentissima) mitica ripropone sotto altre spoglie. Anche se per Lei le risposte sono date da una ricerca "personale" e tutto sommato rimangono tali per sua stessa ammissione.

Ora, il garbuglio di "buchi" nella narrazione di Susi è relativamente facile da estrapolare ed è quello che mi accingo a fare. Non è lo stesso per la chiesa cattolica: questa istituzione per elaborare una "fantasia" dottrinale così terribilmente affascinante, ermetica, cioè saldata attorno a dogmi secolari, robusta nella sua verosimiglianza inquisitoria (cioè capace di marginalizzare qualsiasi altro argomento logico che le si contrapponga) tale da rendere implicitamente complici praticamente chiunque, basta essere "infettati" dalla scolastica fin da bambini, manco aderire al dogma, ci ha messo migliaia di anni. La nostra eroina ha speso la sua vita che è molto, ma in confronto è niente.

Però ci fornisce un occasione per mettere in evidenza proprio questi punti dottrinali così nevralgici. Secondo me se non si allarga il contesto, non si riesce a uscire dalla tremenda tenebra di un "pensiero" cattolico. Come ho avuto modo di ribadire tante volte, tale pensiero si fonda su due pilastri: l'esaltazione del "libero arbitrio" come principio che Dio avrebbe concesso agli uomini (fondamentalmente quello di poter commettere il Male) e la natura fisica (quindi storica) del figlio incarnato che è uno e trino (cioè è anche Dio). Non discettero su questi punti perché non mi interessa, ma sulle loro dirette conseguenze: l'idea che conserviamo è di una scelta tra il bene e il male e quindi che sussistano i motivi per operare un giudizio (esercizio che sta al di sopra di quello divino evidentissimamente se no non avrebbe senso considerarlo) al fine di capire che l'unico "giudizio" giusto è quello divino che siccome invariabilmente non sappiamo stabilire, alla fine stabilisce "la qualsiasi" un ente terzo per conto nostro ma "a capocchia". Dai roghi alle streghe fino alle crociate, tante facezie del tipo sono nate per grazia di sto schifo di impostazione e non ci importa la loro entità, ma (putroppo) il fatto che possono ripetersi senza soluzione di continuità. Basta adottare lo stesso dogma come "vero".

Personalmente non mi importa se sia o meno "vero", non faccio discorsi che hanno a che fare con la verità che non cerco o spaccio. Semplicemente traccio quadri coerenti e li esamino al fine di verificarne la robustezza semantica. Tutto qui.

Sul secondo punto (la trinità) l'evidenza è l'esaltazione (implicita) del corpo e dell'esistenza materiale. Quello di Cristo certo, ma per estensione anche il nostro. Siccome la stessa chiesa ci dice poi che il Signore indiscusso della materia è il demonio va da sé che il senso della passione di Cristo è per estensione quella esperienza (dolorosa) portata alle sue estreme conseguenze che la chiesa propone come "esperienza" che veniamo a fare sulla terra. Cioè traccia una linea abbastanza diretta tra esperienza e dolore.

Peccato che il dolore non centra un beneamato ca%%o di nulla con l'esperienza.

La questione è così apertamente lapalissiana che sto male a doverlo specificare. Non perché sono più bello, fico e fotomodello, ma perché la questione mi rende evidenti le condizioni di spaventosa sudditanza succube e prostrante (mentale) in cui ci troviamo tutti. Sono orridamente e sincercamente spevantato del livello di possessione generale (sempre implicita) che esercita su di noi questo "modello di pensiero" a un punto che fatico a descrivere. Si tratta veramente del livello più basso di sempre di una qualsiasi ricerca spirituale.

Il dolore (sia fisico che emotivo) è un tratto ineludibile, ineliminabile ma comunque consequenziale a un certo tipo di Opera. In particolare è un tratto conseguente l'esercizio attivo di quella "ignoranza" di cui tante volte ho parlato. Susi è un esempio: nell'assumersi l'onere di essere "esperta" di certi argomenti, finisce per spalmare ignoranza dolorosa. Che poi è confusione (esercitata e propagata). Che poi è pensiero scolastico (implicito) di matrice catto~aschenazi.

Certo lo fa su basi "solide" e "serie" che riguardano lo studio (accorto, intelligente e critico) di esperienze "esotiche" (per quanti mi leggono la prima volta specifico che uso questa parola con tono blandamente scherzoso e in sostituzione di "esoterico" o comunque proprio di una ricerca introspettiva) di varia natura. In particolare sullo studio delle ipnosi regressive di presunti addotti (di presunti alieni) e di chi le ha studiate approfonditamente arrivando a conclusioni di tutto rispetto.

Però però, partendo da ciò che si vede da un buco della serratura (cioè informazioni estremamente vaghe e limitate) trarre qualsivoglia cosa pare più un esercizio per enigmisti che per ricercatori "seri". Tuttavia quel che si conclude alla fin fine è l'estrema versatilità con cui queste informazioni si prestano alla manipolazione semantica (e interpretativa). Somigliano un poco alle sacre scritture: alla fine ci tiri fuori tutto e il suo contrario ogni volta confermando come "certa, certissima e Vera" la conclusione. Cioè esente da critica, inoppugnabilmente dogmatica e da difendere a tutti i costi.

Tutto ciò ci riporta al problema emotivo: il dogmatismo o più prosaicamente il credere in qualcosa, equivale mentalmente alla contenzione del pensiero. Tutto ciò che supera le barriere del credo viene in automatico escluso perché ci "mette in crisi" (emotivamente). In altre parole si decide di rimanere attivamente ignoranti in quanto superare quella barriera di fede significa poi dover affrontare le nostre emozioni. Per esempio quando avvisiamo l'interlocutore di non toccare argomenti scottanti, come oggi può essere l'identità di genere o l'ecologismo (accattone) di cui la signorina Thumberg è perfetto simbolo (propagandista).

Al rovescio, tutte le volte che ci lasciamo andare in qualche tipo di emozione bassa, come la rabbia, in realtà ci scontriamo solo con le nostre ignoranze, ad esempio per difenderle (o piangerle disperatamente se non riusciamo a difenderle).

Se non possiamo fare a meno di stabilire dei limiti, in quanto poi ci sono questioni di natura morale e civile che vanno considerate, perché è fatta così la nostra Mente (che mente) però un conto è saperli affrontare per rimodellarli alla bisogna e quindi "essere elastici" considerandoli per ciò che sono (arbitrari) ben altro è dipendere da muri ideali eterni e invalicabili, preoccupandosi solo dell'efficacia delle armi che siamo disposti a usare per difenderli. Ad esempio, uso l'atomica per resettare il Mondo piuttisto che rinunciare alla possibilità di ingannare aprioristicamente chi voglio e quando voglio perché "io son io e voi nun siete un ca%%o" e senza pagarne lo scotto. Modello bamboccio stronzo ed esageratamente viziato che ha ormai perso definitivamente la brocca perché non ce la fa a mettere la testa a posto.

"Mettere la testa a posto" corrisponde a mettere avanti al bisogno di accodiscendere alle emozioni, la necessità di imparare a gestirle. Che da questo semplice ragionamento emerge chiaro come cozzi contro l'ideale fondativo scolastico.

Che fonda sul dolore tutta la dogmatica catto~askenazi. Il dolore diventa il centro, addirittura il SOLO e UNICO fondamento spirituale senza il quale ogni senso della trascendenza si svuota, si svilisce, diventa privo di sostanza e valore. Quindi in buona sintesi noi veniamo a fare esperienza del dolore e poi abbiamo una poverina, tipo Susi che si rende conto di essere stata in qualche modo "fregata" come e peggio di un pesciolino vivo buttato in padella e per questo inizia a diffidare di qualsiasi cosa cozza contro l'unico ideale in cui crede, senza saperlo. Non c'è in lei una ricerca approfondita dei principi su cui sta fondando la coerenza di quanto va a sostenere. Parte da quelli della religione e siccome non si fida (giustamente) tenta una coraggiosa sincresi tra la scolastica (introiettata in età giovane in terra nostrana) ciò che di sacro e sapienziale promana da oriente ed è considerato più "vero" e completo (ad esempio gli stritti vedici) e quanto raccolto in una vita di ricerca su temi esotici tra cui i rapimenti alieni.

Un bel mischione.

Iniziamo con fare ordine. Il libero arbitrio (che per esempio ci permetterebbe di interrompere "quando vogliamo" la reincarnazione) è una stupidaggine e ci si mette davvero poco a capirlo. Per esempio (ma ne potrei fare a bilioni ormai) la nostra percezione lavora su un arco di previsione di qualche istante in anticipo sul dato sensibile. Noi non "vediamo" quello che accade, viviamo entro una specie di "allucinazione preveggente", sulla base di un calcolo. Che a volte fa cilecca ma viene costantemente "corretto" e quindi la velocità della correzione rende difficile (ma non impossibile) rendersene conto. Il punto quindi non è falsare l'idea di essere qui a fare esperienza ma allargare il dato per chiarire la sua propria coerenza interna. Che Susi mette in discussione (giustamente) perché è un esperienza non correlata al dolore.

Non perché non si faccia esperienza (che è un dato oggettivo evidentissimo, altrimenti le sue stesse conclusioni non avrebbero senso).

Inoltre, affermare che viviamo dentro una simulazione (anticamente si parlava di Sogno e in fase più moderna di una specie di "allucinazione" perpetua) non aggiunge nulla alla tesi proposta da Susi. E' solo un dato riconfermato da una ridda di evidenze che mettiamo (per ora) in sordina. Lo dico in altro modo: il fatto che si viva entro una simulazione non formula per forza l'intento di un ingannatore che ne muove le fila per fregarci. Nemmeno che supposti "alieni" (qualsiasi cosa siano) si profittino degli sprovveduti per fargli le peggio cose in rapimenti dissimulati da "opera di sacrificio per il bene di tutti" (quindi di nuovo forze dedite all'inganno). Se la chiesa impianta pensieri miserabili con cui poi si fa casino intrepretando i dati, mi viene da dire che lì fuori c'è un coerente Cosmo di parassiti extra~dimensionali che ha senso se ne profitti, come in natura accade per qualsiasi preda facile e succulenta. Allo stesso modo fino almeno il 1800 i parassiti che infestavano ambienti e persone, dato che l'igene è un invenzione abbastanza recente.

Diciamo che se abbiamo acquisito una certa idea di igiene corporea, non abbiamo ancora l'equivalente spirituale. Per ciò rimaniamo pieni (come un bigné) di merda mentale. Che difendiamo tanto quanto un tempo i pitocchi e guai a chi ce la tocca.

La reincarnazione non è nulla poi di quanto descrive la "scienza" esotica orientale. Non è che muori e poi decidi dove reincarnarti. Si tratta di un percorso esperienziale che va ben oltre il corpo e la vita, ma abbraccia TUTTO l'arco di rinascite, dal suo inizio alla sua fine, per ogni dettaglio. Il corpo è solo una protesi che viene obbligatoria per una fase specifica dell'esperienza e di un processo selettivo che "costringe" l'attenzione a seguire un certo specifico "filo narrativo" che è quello del nostro destino (in Vita). Tale costrizione è di natura emotiva.

Fuori dal corpo (che è solo un meccanismo, una protesi atta a fare quella specifica esperienza dell'attenzione "guidata") l'emozione continua a giocare un ruolo primario ma funziona da "estensione corporea". Cioè da condensato energetico riorganizzato. Di fatto è il risultato della massa stessa di esperienza in divenire che facciamo. Ne conserva tutti i passaggi fin nei dettagli, passati, presenti e futuri. Solo che la massa emotiva evolve nel "leggere" questi passaggi incarnazione dopo incarnazione, passando per molteplici esperienze. Invecchia, si depura e certe reazioni (esasperate, esagerate, controproducenti) tipiche della gioventù dell'animo, fanno mano a mano posto alla pacatezza e alla saggezza. Il percorso è fisso, non si torna indietro e non si può interrompere. Non avrebbe senso.

Queste esperienze non hanno il sapore di una prospettiva personale. Non sono "esperienze del corpo" o di qualcuno. Non possono ad esempio essere "l'esperienza di un bambino neonato" isolato da tutto il contesto dove avviene la sua dipartita. E' "l'insieme di tutte le relazioni d'attenzione" con cui si misura quell'evento che conta, non l'episodio del neonato. Per esempio la reazione di disappunto e di orrore per quel che sta accadendo oggi a Gaza e che difficilmente ci lascia indifferenti. C'è chi lo percepisce come un aggressione (il neonato che muore) perché mette in crisi i dogmi di cui si fa latore e c'è invece chi lo percepisce come un orrore senza se e senza ma e questo può portare a derive diametralmente opposte ma ugualmente assurde, come "stare con Hammas", dove l'intera faccenda può tranquillamente essere una false flag atta a coprire inciuci di dimensioni inaccettabili quasi per chiunque (ma in specie per l'individuo medio che si sente magari legato a un ideale di retorica rivoluzionaria generata da palesi ingiustizie, come il nostro intramontabile Grimaldi che possiamo per questo comprendere e accettare nel suo limite).

Il bambino è (dal punto di vista esotico) perfettamente concorde e compartecipe nel costruire "l'esperienza" che non è (ne MAI potrà essere) privata e personale, cioè corporea di chiccessia. Fa parte della Mente Collettiva e in quella sede si consuma l'intera Saga Cosmica del nostro destino, intrecciato a quello di tutti gli altri.

Vi assicuro che mi viene il magone a doverlo dire !!! E' talmente ovvio, scontato, evidente, fuori discussione per la coerenza che ne deriva che mi chiedo come sia possibile sostenere qualsivoglia altra posizione, se non per l'azione inquisitoria catto~aschenazi. Forse con "canoscenza" che per ora rimane a me inaccessibile potremmo superarla, ma di sicuro con quello che vedo, considero e osservo nel discorso della Susi, anche NO.

Tocchiamo ora il dolore come punto critico. Tutta l'esperienza è emotiva. Ma c'è emozione ed emozione. C'è quella fuori dal corpo e quella mediata dal corpo. Non è lo stesso vissuto. Cambia radicalmente la percezione. Quando siamo nel corpo abbiamo anche l'altra percezione ma "addormentata". Cioè "il rumore" che produce quella del corpo la sovrasta e la "spegne". Come non ci fosse.

Detto in altri termini: noi siamo enti investiti da una quantità infinita di stimoli che vanno ben oltre quelli elettromagnetici della realtà fisica. Di tutto questo marasma che ci attraversa, solo una frazione risibile viene trattenuta. Il corpo è anche definibile come "filtro pesante". Un po' come i fondi di bottiglia che può indossare un miope. Non ci vedi una mazza ma qualcosa fa e noi ci adeguiamo quel qualcosa. Vediamo poco più che ombre ma siccome è tutto ciò che dal corpo filtra, con l'abitudine tendiamo ad associare il tutto con questa "esperienza miserabile". Da qui emerge l'ignoranza attiva e la sua conseguenza che è il dolore.

Il dolore è un dolore emotivo e poi, solo poi anche corporeo. Potremmo dire che tutto il disagio e i malanni (fisici) sono un sottroprodotto dell'attività della psiche. Una specie di estensione della psicosomatica che va oltre la Vita corrente per quanto appena detto. Nell'antichità questo era un dato acquisito, da noi oggi meno.

Questo infinito tsunami continuo di stimoli se alla fine è ridotto a ciò che considera la nostra attenzione di volta in volta, però non è perso. Non è scartato. Rimane. Perché rappresenta tutto il Cosmo oltre che l'Infinito entro cui rimaniamo immersi. Non si perde nulla !!! Ma allora dove va a finire ? Semplicemente viene "escluso" anche in questo caso però attivamente (per poter essere selezionato va prima considerato "da escludere"). Cioè una parte di noi (nel profondo) ce lo nasconde. Esattamente come nel cinema, quando si va a vedere un film, il resto della sala è buia. Non sparisce, rimane, ma non si vede e non viene considerata nel mentre che si guarda il film. Non serve. Quanto alle luci se rimanessero accese darebbero fastidio e vengono spente apposta, di comune accordo, tra gestori del locale e avventori.

Chiaro, ci possono essere poi in sala un sacco di "profiterol" che coglieranno l'occasione (del buio) per fare tutt'altro. Ma questo non toglie che l'Ordine più generale sia un altro e che anche se il film è falso, questo non rende meno sensato andarlo a vedere e non mette il cinema nella condizioni di essere condannato per falso ideologico al punto di dover scappare !!! Questo anche se stiamo vedendo drammoni supermelensi strappalacrime fatti apposta per produrre il più possibile nel pubblico quella specifica reazione. Anzi, ci si va quasi per sfida e per dimostrare a noi stessi che "non ci faremo fregare" dal pianto facile dato che siamo più forti di una merda di simulazione. Poi guardi il film ti immedesimi (cioè ti proietti nell'identificazione) e piangi come una vite tagliata.

Certo, si può anche arrivare a coltivare una sana e coerente ROTTURA DI PALLE, nel rendersi conto che si sta guardando solo il miliardesimo straca%%o di film, di cui siamo spettatori compartecipi, perché a un certo punto viene a vomito l'esperienza stessa. Ma è ben diverso dal dire che si vuole fuggire da un mostro che ci opprime e inganna nel buio...

Oh no?


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