Grazie, Marco, grazie a chi non si perde dietro le ragioni e i torti, gli aggrediti gli aggressori, gli invasi gli invasori, ma invoca tutti a essere uomini, immagine di Dio, ognuno di noi un minuscolo frammento del caduto Adamo, nessuno è dunque estraneo all'altro e per questo Gesù Cristo ci ha detto "che vi amiate l'un l'altro, da questo riconosceranno che siete miei discepoli", Lui che sulla croce non ha mai abbandonato il comandamento dell'amore chiedendo al Padre di perdonarli, "perchè non sanno quello che fanno".
Grazie per avercelo ricordato
Si, belle parole. Su di una tomba suonano assai bene. Nella vita di tutti i giorni è obbligo non porgere nessuna altra guancia, né propria né altrui, nè far opera di perdono ipocrita per le malefatte: neppure per le proprie. Bisogna avere questo coraggio che notoriamente latita assai qui da noi.
Per essere davvero umani dobbiamo prima essere uomini e non entità sacrificabili a piacere, senza mai avere un' idea propria, senza mai discutere niente, senza mai ribellarsi in niente, felici che siano gli altri a pagare le conseguenze della propria ignavia, cristianissima ignavia...tutti a belare in coro tipo messa cantata: siamo buoni siamo buoni quando in realtà siamo solo pecore inoffensive e codarde.
Schiena dritta, consapevolezza del proprio valore, non accettare le prepotenze altrui. Se ti mostri forte e responsabile la morale non ha niente da insegnarti che già non sai.
L'ignavia o la "complice" passività di fronte ad ingiustizia e soprusi sono infatti una pessima base anche per il cosiddetto perdono. Spessissimo ormai si tende a confondere il "perdono" con l'accettazione prona dell'atteggiamento dell'usurpatore che finisce poi anche col diventare un'idea vincente e complessivamente ammessa. Se c'è un solo aspetto che si possa cogliere dal messaggio, è quello di non incitare ad odio e vendetta permanenti. L'uomo cessa di essere tale, nel senso più nobile del termine, sia quando rinuncia ai propri principi per non assumere posizioni "scomode", sia quando inizia a disumanizzare l'avversario. La disumanizzazione degli "altri" è un processo orribile che negli ultimi tempi torna drammaticamente in auge: prima sottotraccia, nella vicenda pandemica, poi nella questione russo-ucraina ed ora clamorosamente in Medio Oriente. Raffigurare l'avversario, l'indesiderato, come un soggetto abietto e privo di prerogative umane "superiori" è un buon pretesto morale per usare nei suoi confronti la violenza più brutale. Questo "escamotage" è di casa presso la cultura pragmatica anglosassone ed è stata la cornice culturale che ha inquadrato il lungo, lunghissimo scontro tra i.srael.e e pa. lestina.
Su questa orribile vicenda si potrebbe tentare una difficile considerazione sui concetti espressi qui da voi: in questo caso "perdonare" o tentare la nobile impresa di sostituire l'odio con il perdono si scontra con un dato di fatto, con l'impossibilità di applicare questo schema di pensiero. Una delle due parti ( indovinate quale ), oltre ad "avere il coltello dalla parte del manico" in quanto a denaro ed equipaggiamenti militari, non familiarizza con il concetto di "perdono" quanto piuttosto con quello di vendetta. Il salto culturale che ha tentato di superare la logica della legge del taglione non sembra trasparire molto dai discorsi fatti da quelle parti e non aggiungo altre considerazioni che ora potrebbero essere considerate oggetto di censura. In un simile contesto, rafforzato da un quadro internazionale di confusione e superficialità, l'appello a "restare umani" rischia seriamente di rimanere un timido e patetico auspicio, ben lontano dalla realtà, ma questo principalmente perché esso è espresso in un linguaggio non compreso in quel teatro. Questo significa che il messaggio non è valido? No, a mio avviso no, anzi spero che contribuisca a far comprendere le vere intenzioni che muovono gli attori del conflitto, così piccoli rispetto alla vera nobiltà umana. Occorrerebbe ricordare loro che chi perdona ( nel vero senso del termine ) non è un uomo perdente, non è un uomo che ha mercanteggiato i propri principi per pochi spiccioli e nemmeno che si è voltato dall'altra parte. Il vero perdono presuppone la ferma integrità morale di chi lo offre. Ma in questo caso la strada è lunga, tuttora impercorribile viste le premesse.
Restiamo umani
sono due parole con cui Vittorio Arrigoni chiudeva i suoi racconti da Gaza,
dove si trovava con l' ISM, se non sbaglio ma si verifica in 5 minuti,
Vittorio Arrigoni è stato poi ucciso a Gaza ancora non si sa, o almeno io non so, il perchè
poteva stare nel suo paese, professare a parole la sua solidarietà, e sarebbe ancora vivo.
Questa frase è passata di moda, venerdì alcune ragazze mi hanno chiesto di fotografare il cartello,
ho avuto l' impressione che fossero convinte fosse una frase mia,
invece pochi anni fa erano parole conosciute da tutti nell' ambiente della solidarietà alla Palestina
Quanto alla violenza, io sono per la nonviolenza attiva di Gandhi, per il Sathyagraha, il conflitto ma nonviolento,
è un pensiero pieno di potenzialità, ben conosciuto da Yurii Sheliazhenko, il pacifista ucraino
ai domiciliari notturni per le sue idee.
Il 3 ottobre però, quando gli hanno allungato i domiciliari, in Italia la notizia non è arrivata subito,
è arrivata da il manifesto il 5 ottobre. Io ne avevo già scritto su questo forum e lo stesso post l'avevo inviato a il manifesto
con l' indicazione del tweet di Yurii che raccontava la cosa.
La mia lotta nonviolenta serve a poco se la faccio da solo,
e conosco chi in precedenza, Peacelink e azionenonviolenta, ha dato in tempo reale le notizie su Yurii e questa volta ha ritardato. Anche loro si dichiarano in sostanza "gandhiani" e diffondono molte idee nonviolente, questa volta hanno fatto un'altra scelta.
Forse perchè il 7 ottobre hanno manifestato con Elly Schlein
Arrigoni è stato ufficialmente ammazzato dal suo amante palestinese, poi condannato ma senza che si sia fatta luce su mandanti e collaterali. Nei giorni precedenti c'erano state delle avvisaglie di aggressione, era stato minacciato da elementi sionisti e sul suo profilo FB gli avevo consigliato di non esporsi, di fare attenzione perchè 'quelli' quando dicono 'qualcosa' poi la fanno: avevo avuto degli 'insight' importanti.
Vittorio mi rispose, con una certa sufficienza, che lui sapeva, era tranquillo, di chi preoccuparsi, quasi mi impicciassi di storie stravaganti. Ha sottovalutato il nemico credendosi invulnerabile in quanto protetto dall' istituzione internazionale per cui lavorava.
Poi l'hanno rapito e nella sostanziale inerzia delle autorità italiane, su cui ci sarebbe molto da dire, lo hanno torturato e ammazzato ( il post su FB forse c'è ancora insieme alla mia risposta a nome G. Attanasio ). Poi mi levai per questo ed altro da FB, pieno di odio ma anche di spunti intellettuali importanti ( appresi da lì il mio interesse per certi aspetti delle scivaismo non dualista kashmiro ) nonchè sito di parecchi malati di mente che interpretano il loro delirio in chiave politica. Levandomi feci forse un errore ma un errore giustificato da questo fatto.
Povero Vittorio...uomo buono e difensore dei deboli sul campo, troppo forse fiducioso nella vita e sopratutto negli altri: mai fidarsi dei nemici come degli amici. Ma occorre dire che era un' altra epoca, anche se non sono passati molti anni.
All'epoca esisteva una comunità internazionale di giovani attivisti pro-palestina, non certo questi attivisti pro-clima di oggi, poi nel tempo finita, specie dopo l'episodio della Navi Marmara, anche lì senza alcuna razione fattiva della comunità internazionale. All'epoca appunto esistevano dei giovani coraggiosi ed 'idealisti', come devono essere i giovani, soggetti alla denigrazione ed al disprezzo dei media 'embedded' e poco o nulla appoggiati dalla sx, quella della Schlein tanto per capirci, che parteggiava per una improbabile equidistanza...sotto la stella di davide.
Arrigoni era una persona a me cara. La sua fine tragica ha coinciso con l'inasprimento mortifero delle azioni criminali del sionismo, cabalista e talmudista, a danno di chi non si può difendere.
Una prece...anche se lo so oramai nei Campi Elisi dei difensori dell' Umanità.
Nell' articolo di Agata Iacono, segnalato nel mio nuovo post, si legge questo stralcio,
" Infatti molti comitati contro la guerra hanno scelto di scendere in piazza con le frasi di Vittorio Arrigoni, il giornalista italiano ucciso a Gaza nel 2011: "Restiamo umani"."
come vedi qualche volta i piccoli gesti servono
e conosco chi in precedenza, Peacelink e azionenonviolenta, ha dato in tempo reale le notizie su Yurii e questa volta ha ritardato. Anche loro si dichiarano in sostanza "gandhiani" e diffondono molte idee nonviolente, questa volta hanno fatto un'altra scelta.
Forse perchè il 7 ottobre hanno manifestato con Elly Schlein
Non hanno fatto un'altra scelta.
Hanno pagato il tributo al padrone. Sì, proprio come nel feudalesimo: sono cambiate solo le forme esteriori.
La mafia khazara domina l'occidente. E nessuno che abbia un minimo di visibilità, un qualsivoglia ruolo pubblico, può permettersi di sgarrare. Se aspiri a incarichi governativi devi fare atto formale di sottomissione: come la Meloni, e Salvini, e tutti gli altri; se sei soltanto un attivista di sinistra, come i tuoi amici, è sufficiente astenersi dal rompere i coglioni, se si vogliono evitare grossi problemi: perciò puoi manifestare per Yurii, ma non per i palestinesi.
È così che funziona. Altro che "antisemitismo".
PS: a proposito, con tutto il rispetto per le tue convinzioni, la non violenza di Gandhi ebbe successo solo perché i massimi poteri globali avevano deciso di ridimensionare l'impero britannico ed avviare la cosiddetta decolonizzazione. Altrimenti - cioé, se gli inglesi non avessero avuto le mani legate dal padrone - i seguaci di Gandhi sarebbero stati asfaltati, e tanti saluti.
Il problema dei pacifisti è che i loro nemici non lo sono affatto.
Bruno, o noi o loro. Non c'è altra scelta.
Brunowald,
Il problema dei pacifisti è che spesso non identificano nemmeno il nemico, rischiando così di finire per sostenerlo.
Il problema di coloro che vogliono restare umani è che il loro nemico non è affatto umano.
Il problema dei pacifisti è che non capiscono che talvolta per avere la pace è necessaria la guerra.
Si vis pacem, para bellum
Per quanto riguarda il discorso Arrigoni, pur riconoscendone l'alto valore umano e il coraggio (fu veramente dura anche per me apprendere la notizia della sua morte), dovetti in seguito un pò ricredermi su di lui, perché troppo ideologizzato, spinto in questo anche dal mio allontanamento dalla sinistra in quegli stessi anni.
Gentile @Sarah e caro @marcoPa, capisco le vostre esitazioni e perplessità.
Sono dovute ad una idea importante: attraverso la non-violenza possiamo conservare il senso segreto dei nostri valori, anzi questa è la maniera migliore per realizzarli, e forse è l' unica per non tradirli.
Storicamente questo non è avvenuto che a sprazzi e per tempi limitati. Non saremmo in questa situazione, in cui tutti noi porgiamo volenti o nolenti tutte le guance possibili e non solo quelle, dico in questa infernale situazione se questi valori fossero conservati e realizzati o anche solo realizzabili secondo modalità 'pacifiste', in cui siamo costretti a forza, anche dall' immenso potere che il moloch nostrano, lo stato, esercita con tutti i mezzi possibili.
La realtà attuale dice appunto il contrario.
Se oggi ne parliamo è perchè proprio la nostra impotenza ( di cui non siamo che in parte responsabili ) vanifica la loro realizzazione.
E' dunque il contrario: la non-violenza dimostra la nostra impotenza se non è assistita da altro.
Occorrono altre modalità.
La prima: la coscienza. Secondo: la volontà. Terzo: l'azione.
Solo se le prime due sono realizzate la terza ha qualche lontana possibilità di essere realizzata con metodi non-violenti, intendendosi con questi metodi comunque esercitare un 'pressione' convincente sul male: dunque effettività, proporzionalità e temporalità senza cedimenti, compromessi e quant'altro.
Sono solo schizzi estemporanei i miei, non prendeteli che per tentativi di chiarire le cose in modo provvisorio.
Quanto a Gandhi, tenete conto che la lotta di liberazione fece milioni di morti tanto fra gli indù che fra i muslim, tanto che portò alla sciagurata scissione dell' India in tre tronconi, senza considerare l' isola di Ceylon, facente parte anch'essa storicamente della cultura Indù ( Rama ) da allora resecata dall'origine stessa della sua storia antica.
Tanto per chiarire le cose ed a parte la figura stessa del Mahatma, molto romanzata ( basta considerare la sua disistima per le donne, oggi impensabile e sopratutto alla luce dello scivaismo predominante in India oggi che assegna alla parte femminile la 'potenza', ovvero la realizzazione di SadaShiva, altrimenti dormiente ).
Un abbraccio a tutti voi !
Caro @oriundo2006, grazie per questa risposta acuta che rilancia il dibattito sul tema, partito in questo caso dalla riflessione personale di un uomo profondamente e intimamente legato all'esercizio della non violenza. Questo ha senza dubbio influenzato, in un modo o nell'altro, il tenore delle nostre affermazioni. Nel mio lungo intervento ammetto di aver espresso concetti un po' vaghi e di non essere stata particolarmente precisa nella scelta delle parole, il che può aver reso il tutto poco comprensibile o inconcludente; si è trattato di una misura di prudenza perché temo, ancora adesso, che le espressioni pubbliche sul tema possano essere oggetto di controllo. Forse sono paranoica e torno comunque volentieri ai concetti astratti.
Trovo estremamente interessante l'idea che lei ha espresso sulla nostra "impotenza" di esercitare una pressione convincente sul male: niente di più vero, ciò che lei esplicita è un dato di fatto. Tralasciando un attimo i metodi del pacifismo puro, che troppo spesso ha indugiato nella comoda narrazione terzomondista approdando a volte a conclusioni surreali, prendiamo atto della confusione che ci porta oggi a considerare l'inazione come sinonimo di nobile volontà di pace. Questa è una convinzione di comodo che, come dice lei, non solo ha dato scarsi risultati ma spesso e volentieri ha oliato gli ingranaggi della violenza e della sopraffazione. Quali le alternative? Ecco, forse abbiamo trovato una domanda degna di attenzione in questi tempi sospesi. Non so se definirmi perplessa rispetto a strade diverse rispetto a quelle che finora si sono dimostrate inefficaci, il timore di tradire la propria coerenza e abbandonare valori e profonde convinzioni personali sono messi però a dura prova dalla realtà dei fatti. Ma sono proprio i primi due elementi che lei ha ricordato, la volontà e la coscienza, che sono oggi sempre più disallineati: in un contesto sradicato da ogni eredità culturale condivisa, allo sbando e multi - qualsiasi cosa, spesso si risponde con l'inerzia che viene confusa con l'atteggiamento pacifico e quando la volontà si esprime, perché qua e là si esprime, essa è sempre meno guidata da una coscienza formata e tende a rivolgersi verso oggetti banali quando non addirittura verso veri e propri disvalori. Nei tre anni passati, quante persone "pacifiche", pigre e innocue si sono prontamente risvegliate rivolgendo la loro improvvisa e ritrovata volontà di azione nella direzione sbagliata? Si è riscoperta la delazione ma anche l'odio, l'insulto gratuito, la partigianeria più volgare. La tremenda esperienza covid ci ha mostrato la cifra del radicamento e della condivisione dei "valori" in un consesso sociale che stentiamo ancora a riconoscere, per lo meno, parlando a titolo personale. L'alternativa al comodo pacifismo pilatesco e da salotto ( anche se so che non è sempre così ) dovrà allora necessariamente passare da un riallineamento quanto meno tra coscienza e volontà, con quest'ultima sperabilmente guidata dal buon senso e non dai significati invertiti che oggi invadono ogni campo. So che sarebbe un discorso lungo che non ha ancora toccato gli aspetti più scottanti e controversi, né quelli che ci metterebbero più in difficoltà. Con la mente libera da pregiudizi, penso comunque che sia possibile, e forse anche doveroso, affrontarlo.
Un caloroso saluto anche da parte mia!
Sarah, posso dire una cosa ? Che peccato che noi membri di CDC non possiamo vederci in un contesto pubblico e parlare e finalmente aver di fronte i nostri VERI interlocutori…non so cosa ne verrebbe fuori, ma forse anzi sicuramente tanto.
Davvero, un tempo la politica con i suoi cenacoli fungeva da sostegno a tutto ciò. Oggi è tutto sparito, chiuso, sprezzato, obliterato…Siamo come le foglie d’autunno…costretti a dar voce interiore attraverso lo scritto, che spesso tradisce i moti profondi dell’animo e non li rappresenta adeguatamente.
Guardi adesso Gaza, questo immenso cimitero a cielo aperto, indice orrendo di questa schifosa disumanità di chi si vuole ‘superiore’, ‘eletto’ e quant’altro, solo per aver mano libera e distruggere la vita dell’ Umanità povera e disgraziata, che però resiste ancora: cosa che a costoro pare uno schiaffo di fronte alla loro tracotanta ed al loro orgoglio di razza. Come si permettono ?
Davvero questi infami sarebbero la luce del mondo, del nostro mondo ? Sono solo gli architetti di Lucifero, il negatore del valore di tutti noi.
Mai come oggi siamo soli.
Per essere davvero umani dobbiamo prima essere uomini
«Io ho una certa pratica del mondo; e quella che diciamo l'umanità, e ci riempiamo la bocca a dire umanità, bella parola piena di vento, la divido in cinque categorie: gli uomini, i mezz'uomini, gli ominicchi, i (con rispetto parlando) pigliainculo e i quaquaraquà… Pochissimi gli uomini; i mezz'uomini pochi, ché mi contenterei l'umanità si fermasse ai mezz'uomini… E invece no, scende ancor più giù, agli ominicchi: che sono come i bambini che si credono grandi, scimmie che fanno le stesse mosse dei grandi…E ancora più giù: i pigliainculo, che vanno diventando un esercito… E infine i quaquaraquà: che dovrebbero vivere come le anatre nelle pozzanghere, ché la loro vita non ha più senso e più espressione di quella delle anatre… Lei, anche se mi inchioderà su queste carte come un Cristo, lei è un uomo…» Leonardo Sciascia, Il giorno della civetta.
@oriundo2006. Anch'io immagino da tempo un ipotetico momento in cui noi che commentiamo da tempo qui potessimo vederci e parlarci, gli uni con gli altri. Vedere chi siamo, parlare liberamente senza il vincolo del testo scritto e il timore di incorrere in forme di censura o delazione. Abbiamo fin qui espresso molto di noi, delle nostre convinzioni e della nostra interpretazione del mondo e senza dubbio uno scambio "umano" e diretto sarebbe in grado di far scaturire qualcosa di davvero significativo. Chissà. Quasi sempre i dialoghi con i conoscenti e i colleghi si devono necessariamente ridurre a questioni fredde e pratiche, quando non inutilmente banali, proprio per mancanza di basi condivise sulle quali conversare. Specialmente a partire dai tre anni qovid, inutile sottolinearlo, questo mi dà una sensazione di aridità e di freddezza che vorrei colmare altrimenti, ma non è facile. Pur senza pretesa di darle conforto, non si senta solo, per lo meno non più di quanto si sentano "gli altri". La maggioranza che a noi sembra refrattaria e sicura di sé in questo mondo vive anch'essa una condizione sociale alquanto singolare. Oggi parlavo con una ragazza che lavora in un supermercato: sui diciannove - vent'anni, alla moda e apparentemente a proprio agio in questa realtà, mi ha poi confessato di sentirsi strana, sola per l'appunto e felice di questi giorni grigi con la pioggia che non la costringono a continui "obblighi" di conformarsi al rituale di divertimento "anni Venti". Strana opinione per una ragazza. Vent'anni fa, quando io ero circa come lei e pur avendo già un animo inquieto, credo di non aver sperimentato questo vuoto. Anche se non traspare molto, è tutto più difficile per tutti e questo, pur tra mille difficoltà e incertezze, mi fa desiderare ancora di "restare umana" partendo da molti dei principi che lei ha espresso nel suo messaggio.