" Vertice NATO di V...
 
Notifiche
Cancella tutti

" Vertice NATO di Vilnius: 30 anni di provocazioni e di conflitti "di Jan Oberg


marcopa
Illustrious Member
Registrato: 2 anni fa
Post: 8299
Topic starter  

https://serenoregis.org/2023/07/04/vertice-nato-di-vilnius-30-anni-di-provocazioni-di-conflitti/

Vertice NATO di Vilnius: 30 anni di provocazioni di conflitti

Jan Oberg


Il prossimo vertice NATO avrà luogo a Vilnius, Lituania, il 11-12 luglio 2023, quasi esattamente 26 anni dopo (8-9 luglio 1997) quello tenutosi a Madrid, che confermò ”L’atto di Fondazione di Mutui Rapporti, Cooperazione e Sicurezza fra la NATO e la Federazione Russa” – in altre parole, un Forum permanente NATO-Russia – che era stato firmato da Yeltsin e Clinton a Parigi il 27 maggio.

Vertice NATO

Foto di Ralph Alswang White House Photograph Office. Pubblico dominio, Collegamento

La brillante analisi in 550 pagine di M.E. Sarotte ”Not One Inch. and the Making of Post-Cold War Stalemate” [Non un solo pollice, America, Russia, e il prodursi della stasi post-Guerra Fredda – ndt] si può leggere come una lunga illustrazione di come gli USA – e pertanto la NATO – in realtà abbia agito con atteggiamento da grande fratello, accondiscendente e manipolatore verso la Russia. Che non s’intese mai che divenisse un partner uguale, e qualunque fossero le preoccupazioni russe prese in considerazione, le decisioni furono prese per promuovere gli interessi USA/NATO in quello che era – e rimane – un rapporto di fatto molto asimmetrico. La Russia si poteva comprare ma né la Russia né la NATO avevano interesse a farlo sembrare tale al pubblico.

Yeltsin promosse l’Atto citato come una mossa incoraggiante per la Russia; Clinton lo vide come una pillola zuccherata perché la Russia inghiottisse l’espansione NATO con o senza consenso.

L’amministrazione Clinton – più che quella di G.W. Bush – ideò tale politica. Come tutti possono vedere oggi, ha condotto a una Guerra Fredda 2.0 molto peggiore e più pericolosa per tutti noi.

Quel che finora si sa sull’imminente Vertice di Vilnius non offre indicazioni che la NATO abbia imparato lezioni di sorta o ripensi alcunché alla luce delle dichiarazioni russe di preoccupazione per circa 30 anni, per non parlare della sua guerra per l’Ucraina.

Sarotte conduce il lettore per tutta la documentazione che attesta come alla Russia – cioè a Gorbaciov – si siano davvero fatte promesse che la NATO non si sarebbe espansa di ”un pollice” se si fosse accettato che la Germania unificata fosse un membro NATO a pieno titolo. Ciò non fu scritto nel trattato, ma la documentazione ’a cascata’ – all’Archivio Nazionale di Sicurezza all’Università George Washington in particolare – è cionondimeno sovrabbondante. E spiega l’intero procedimento delle politiche espansive NATO di quel tempo e conclude a pagina 261: ”Benché il presidente USA non lo dicesse esplicitamente, ”non un solo pollice” stava assumendo un nuovo significato: non un solo pollice era off-limits per l’alleanza”.

Ecco due dichiarazioni sulla pagina del Vertice NATO Vilnius 2023:” La NATO ha attualmente di fronte l’ambiente securitario più pericoloso e imprevedibile dalla Guerra Fredda. Come continuerà l’Alleanza a proteggere il suo miliardo di cittadini e ogni pollice di territorio Alleato? … I Leader NATO s’incontreranno per trattare la sfida più urgente per l’Alleanza, rafforzare ulteriormente la deterrenza e la difesa NATO ed avvicinare l’Ucraina all’Alleanza stessa”.

Ecco dove stiamo oggi. La NATO lo sa ma non ha alcuna capacità morale o intellettuale di porsi quella domanda di una sola parola: perché?

Avvicinare ancora l’Ucraina alla NATO, cioè mirare alla sua completa associazione, e tre decenni di NATO in Ucraina coerentemente ignorando che in tutti i sondaggi d’opinione fino all’invasione, solo una minuscola minoranza di ucraini fosse a favore dell’associazione alla NATO. Però quasi 70% di tutti gli ucraini erano a favore di tenere un referendum per decidere i futuri rapporti dell’Ucraina verso Russia, NATO e UE. Né la NATO né i capi ucraini hanno mostrato alcun rispetto per quel desiderio democratico.  Si viene rammentati in proposito della risposta scellerata dell’ex- Segretario Generale NATO a una recente domanda su come pensasse che i russi avrebbero presa la sua proposta di stanziare delle truppe di paesi NATO in territorio ucraino: ”Non m’importa!”.

No, per dirla schietta, indorare la pillola dell’espansione, la Russia non la prendiamo sul serio, solo i nostri interessi definiti, cioè – come dichiarato dal Segretario alla Difesa USA -: Indebolire la Russia militarmente e perdipiù economicamente, di modo che non sia mai più ”un problema”. Poi volgere la piena potenza NATO al confronto con la Cina, dichiarato come sfida avendo essa valorie interessi differenti da quelli NATO – motivo intellettualmente fiacco ma il solo citato sulla propria homepage.

Ciò indica un’altra tendenza, o strategia, per buone ragioni mai messa in risalto nei media main-stream Occidentali: la violazione quotidiana da parte NATO delle clausole stesse del proprio trattato del 1949 e la sua espansione globale.

In quanto al Trattato – che pochi sembrano essersi mai curati di leggere – si tratta a tutti gli effetti pratici, di una copia dello Statuto ONU con l’aggiunta dell’articolo 5 sulla mutua difesa fra i suoi membri europei. Distintamente difensiva per natura. L’Alleanza, provocatoria, tutto fuorché ‘difensiva’ – ha infranto il proprio Trattato nel 1999, quando fece la sua prima operazione fuori zona in Jugoslavia, violando il diritto internazionale, tra ‘altro basata sulle menzogne a proposito di un genocidio in atto in Kosovo e di un presidente Milosevic, per Clinton ‘nuovo Hitler d’Europa’.

In altri termini, il Trattato NATO riguarda i propri membri, e tutti essi devono essere europei. A un certo punto, l’espansione – unica ragione d’essere dell’odierna NATO – è sprovvista di nuovi membri – e certamente non la Russia che peraltro mostra dal 1954 interesse ad associarvisi. Che fare allora? S’inventa una nuova categoria, inesistente nel Trattato NATO: partner/soci. La NATO adesso ha 31 membri; la Svezia non è citata in relazione a Vilnius ed è probabilmente alle prese con guai pluriennali autocreati. Ma ha 39 stati partner e ha in programma di aprire un ufficio a Tokyo in congiunzione con il proprio tentato contenimento della Cina con l’AUKUS, e d’immischiarsi nel tema Taiwan – anche contro l’accordo storico.

Vilnius trasformerà inoltre l’assurdo obiettivo di spesa per i membri del 2% del proprio PIL da tetto come finora in un minimo. Assurdo anche perché un bilancio militare deve decidersi in base a un’analisi complessiva delle minacce, seguita da una discussione sulle priorità e mai essere legata agli alti e bassi economici di un paese.

Riassumendo, assistiamo a militarismo esclusivista rampante, cui ‘non importa’ dell’altro versante o delle conseguenze delle proprie politiche provocatorie prive delle capacità d’empatia, prudenza e conduzione di uno stato, che ‘compensa’ sempre i suoi maggiori sfrondoni da hybris intensificando i propri piani d’espansione contro ogni calcolo razionale.

Ci sono ragioni sostanziali – come ho argomentato altrove – per considerare il militarismo come fattore principale su cui i paesi NATO e UE cercano di restare uniti. Non penso che ci si riuscirà: è una sorta di religione laica preapocalittica, una faccenda di fede.

Farsi forti in una dimensione mentre si perde in tutte le altre dimensioni di potere – diplomazia, economa, legalità, creatività, visione e cultura – è una ricetta per il disastro. La NATO non argomenta o analizza più; postula e giudica – giudica tutti gli altri.

È sconcertante e molto scoraggiante che tale militarismo non venga problematizzato e contrastato bensì ampiamente tacitamente accettato come la ’nuova normalità’ in politica nei media e anche nella ricerca – quest’ultima sostanzialmente finanziata dai governi NATO. A parte un minuscolo Gruppo di accademici critici della NATO, il discorso vitalmente importante – per la democrazia – sulla guerra e la pace è stato silenziato e gli studi sulla pace chiusi, ‘mainstreamizzati’ o mutati in studi sulla ’sicurezza’. Basti dire SIPRI.

Se la NATO ’vince’ questa partita dopo essere stata il creatore trainante de ”il più pericoloso e imprevedibile ambiente securitario dalla Guerra Fredda”, il resto del mondo probabilmente s’avvierà a un momento escatologico.

La ricerca sulla pace dovrebbe avere da dire più di quanto abbia fatto finora.

 

Questa argomento è stata modificata 10 mesi fa da marcopa

Citazione
Tag argomenti
marcopa
Illustrious Member
Registrato: 2 anni fa
Post: 8299
Topic starter  

Il prof. Jan Oberg, Ph.D. è direttore della Transnational Foundation for Peace and Future Research, TFF e membro della TRANSCEND Network for Peace Development Environment. CV:  http://transnational.live/jan-oberg

 

IL CENTRO STUDI SERENO REGIS di Torino

Il Centro Studi Sereno Regis è uno spazio culturale che opera dal 1982 nel settore della ricerca per la pace, dell’educazione alla pace e della documentazione delle lotte nonviolenteÈ uno dei più importanti e riconosciuti centri italiani  di promozione della cultura della nonviolenza e della trasformazione nonviolenta dei conflitti. 

La mission del Centro Studi Sereno Regis si declina attraverso tre ambiti trasversali: ricercaformazione e azione.

L’attività istituzionale del Centro Studi Sereno Regis, prevede un forte investimento nella valorizzazione del proprio patrimonio e dei propri studi, attraverso un programma di attività mirate a raggiungere pubblici specifici, a intensificare la relazione con il territorio, al coinvolgimento di ampi strati della società attraverso un approccio libero, inclusivo e cooperativo.

La programmazione culturale, benché si fondi sull’utilizzo di discipline diverse in dialogo tra loro non ha caratteristiche di svago e intrattenimento, ma è indirizzata all’approfondimento, alla discussione, al confronto sui temi cardine su cui si fonda la nostra azione. 

Il Centro Studi Sereno Regis prende il nome da Domenico Sereno Regis, partigiano nonviolento, fu un instancabile animatore dei primi comitati di quartiere nella Torino del dopoguerra. Il tema della partecipazione consapevole e diffusa ha accompagnato da sempre la vita associativa. Facilitare i processi partecipativi, dare voce a chi non ha voce, accompagnare lo sviluppo di associazioni e movimenti verso il raggiungimento dei loro obiettivi fa parte delle competenze che negli anni l’associazione ha sviluppato insieme all’approfondimento delle “tecnologie sociali” che permettono a questi processi di raggiungere i propri obiettivi  in un’ottica di inclusività e equità.


RispondiCitazione
Condividi: